CONFINDUSTRIA - GIOVANI IMPRENDITORI
CARMEN VERDEROSA
SALVATORE AMITRANO
CARLO VARRICCHIO
GIANLUIGI TRAETTINO
ANTIMO CAPUTO
MAURO MACCAURO
L'IMPRESA AL CENTRO
Matteo COLANNINO
Presidente Giovani Imprenditori
Confindustria
Con il recente fallimento del Doha Round sulla liberalizzazione dei commerci, il mondo è entrato nella "seconda era" globale.
Il sogno di un sistema economico multilaterale senza barriere sembra essere svanito, a causa delle resistenze protezionistiche di molti Paesi. È la prima volta dal dopoguerra che fallisce un negoziato multilaterale sugli scambi: dal secolo delle alleanze ideologiche siamo ormai passati al secolo delle alleanze strategiche per la difesa di interessi comuni, relativi all'approvvigionamento delle "risorse scarse" del pianeta.
Di fronte alla crisi delle istituzioni globali, si moltiplicano e si rafforzano, infatti, le aggregazioni regionali e le intese bilaterali, che coprono la metà circa del commercio mondiale.
Emblematici, in quest'ottica, gli accordi siglati nei mesi scorsi in campo energetico tra Usa e Russia, al termine del summit G8 di San Pietroburgo, e tra Russia e Algeria: paradossalmente, nell'era del mercato planetario, sembrano tornati i "Muri".
In questo scenario, l'Europa e l'Italia rischiano di diventare altrettanti "vasi di coccio" di manzoniana memoria, in pericolo tra i "vasi di ferro" della potenza americana e di quelle asiatiche. Per scongiurare uno scenario simile, il nostro Paese può e deve assumere l'iniziativa e la leadership nel rilancio dell'Europa politica.
Intensificando l'azione diplomatica, anzitutto, per portare a compimento - con le opportune modifiche da apportare al testo bocciato dai referendum popolari di Francia e Olanda - il complesso varo della Costituzione europea, promuovere lo spostamento di risorse nel bilancio comunitario dall'agricoltura alla ricerca e sviluppo, investire risorse economiche e attenzione politica nella creazione dell'area di libero scambio euro-mediterranea.
Peraltro siamo testimoni, oggi, di un grande paradosso: nell'era del trionfo dell'economia e del mercato planetario, aumenta l'importanza delle scelte politiche compiute dai governi nazionali, perché capaci di determinare la centralità o la marginalità di un Paese nel mondo unificato. È indubbio che nei prossimi anni vinceranno la dura competizione globale quei Paesi che sapranno puntare su tre fattori principali: infrastrutture, risorse intellettuali e un governo efficiente, "leggero" e credibile che sappia attrarre investimenti.
L'allocazione dei capitali esteri, infatti, dipende in larga parte anche dalla stabilità politica dei Paesi di destinazione degli investimenti. Si tratta di un indicatore che negli ultimi anni penalizza fortemente l'Italia, soprattutto a causa della scarsa coesione delle coalizioni politiche. Tuttavia, nella seconda era globale l'Italia ha una carta vincente da giocare: mettere l'impresa al centro dell'azione politica.
A partire dal dopoguerra, l'impresa è divenuta in Italia il primo patrimonio e l'unico vero fattore di dinamismo sociale, ma non è mai stata al centro dell'agenda politica e del dibattito culturale del nostro Paese e - ancora oggi - è costretta a operare in un clima tendenzialmente anti-economico.
Le nostre imprese sono lasciate sole sui mercati del mondo e sono guardate ancora con una certa diffidenza in Patria. In particolare, per quanto riguarda il "business environment", l'ultimo rapporto della Banca Mondiale colloca l'Italia al 76° posto su 155 Paesi - al penultimo posto tra i Paesi Ocse - a causa dei forti vincoli alla crescita dimensionale delle imprese. Tra questi, non solo la rigidità in uscita del mercato del lavoro ma soprattutto le difficoltà nel far rispettare i contratti tra privati.
Le procedure per far rispettare un contratto privato in Italia, infatti, richiedono un tempo di espletamento cinque volte superiore alla media mondiale, con un costo del 70% più alto. Sotto questo aspetto, la giustizia civile diventa un deterrente agli investimenti e all'attrazione dei capitali.
Mettere l'impresa al centro delle priorità del Paese significa anche investire nelle infrastrutture. È necessario selezionare le Grandi Opere che risultano strategiche per il posizionamento dell'Italia e provvedere subito allo stanziamento di adeguati fondi in questa Finanziaria.
Soltanto adottando scelte forti e di lungo periodo, l'Italia potrà sfruttare il ciclo economico favorevole e costruire le basi per rimanere nel ristretto club delle potenze mondiali.
A Capri i Giovani Imprenditori chiedono di mettere l'impresa al centro, affinché nei prossimi anni l'Italia possa essere al centro della seconda "era globale".
|