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Il Decreto Bersani preoccupa
il comparto edile
Subito tavoli di confronto con le categorie produttive interessate dalle nuove norme
per rivedere alcune disposizioni dubbie
L’Ance nazionale trova inaccettabile che le aziende debbano, per conto dello Stato, anticipare l’IVA ai propri fornitori
Antonio LOMBARDI
I primi interventi legislativi varati dal nuovo Governo hanno riproposto, non senza conflittualità anche accese, le svariate problematiche legate allo sviluppo e al rilancio economico del Paese. Il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 30 giugno scorso, su proposta del Ministro allo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani, nel quadro di un pur comprensibile e auspicabile anelito di liberalizzazione e semplificazione dei mercati, ha introdotto una serie di novità non tutte condivisibili.
Tra queste ultime, spiccano le norme che penalizzano le imprese del comparto dell'edilizia e che rischiano di produrre conseguenze estremamente preoccupanti soprattutto per realtà economiche come quella salernitana, fortemente condizionate dal punto di vista congiunturale ma anche occupazionale dal settore delle costruzioni.
Il provvedimento legislativo non a caso è stato duramente contestato dall'Ance nazionale, che ha auspicato l'immediata attivazione di tavoli di confronto con le varie categorie produttive, segnatamente con quelle interessate più da vicino dalle nuove norme, per rivedere alcune disposizioni che, altrimenti, potrebbero incidere, in negativo, sul sistema imprenditoriale.
Per le aziende edili il "Decreto Bersani" ha introdotto incomprensibili obblighi di controllo su soggetti terzi, che esulano del tutto da incombenze e prerogative delle imprese. Basti pensare alla norma che impone di effettuare controlli su soggetti terzi, ad esempio in materia di versamento IVA da parte delle imprese subappaltatrici. Non è chiaro perché, e in che modo, le aziende debbano realizzare siffatti controlli che esulano del tutto dalle loro competenze. In un quadro normativo e procedurale che necessita di una organica e complessiva rivisitazione improntata alla ineludibile esigenza di semplificare iter e procedure, questa nuova incombenza ispettivo-fiscale in capo alle aziende davvero non risponde ad alcuna logica.
Una ulteriore disposizione del "Decreto Bersani" è stata definita dall'Ance, senza remore, come "aberrante": si tratta di una prescrizione che impone alla stazione appaltante di versare direttamente l'IVA allo Stato, senza corrisponderla all'impresa aggiudicataria.
In questo modo l'azienda si trova costretta ad effettuare anticipazioni IVA ai propri fornitori, chiedendone poi il rimborso allo Stato, che lo disporrà nei modi e nei tempi che ben conosciamo: un'inchiesta condotta da un noto settimanale nazionale ha quantificato di recente in undici anni il tempo medio che occorre attendere per un rimborso fiscale.
È ovvio che una simile disposizione rischia davvero di portare al tracollo molte imprese, soprattutto quelle sottodimensionate che possono vivere come un "colpo di grazia" un'anticipazione IVA per conto dello Stato per lavori di medie e grandi dimensioni.
Le conseguenze di queste nuove prescrizioni, secondo l'ANCE Salerno, potrebbero rivelarsi particolarmente gravi in realtà come quella salernitana, dove il 90% delle imprese opera in lavori pubblici. Gravità che assume proporzioni ancor più considerevoli se rapportate ai recenti provvedimenti che hanno imposto, in Campania, l'aliquota IRAP ai massimi livelli consentiti dalla legge, per sanare il ben noto "buco" della sanità. Paradossalmente, il decreto Bersani potrebbe amplificare ulteriormente gli effetti del caro-Irap campano: questa imposta, difatti, si paga anche sugli interessi passivi. Vale a dire che le imprese edili non solo si troveranno costrette ad anticipare l'IVA per conto dello Stato, ma, ove dovessero coprire queste nuove incombenze con anticipazioni bancarie (a tassi d'interesse notoriamente elevati ed a condizioni d'accesso sempre meno agevoli), dovranno pagare, su queste anticipazioni, livelli di tassazione Irap incomparabili con altre realtà nazionali.
Alla luce di queste considerazioni appare evidente che, lungi dal colmare un gap sempre più marcato con le realtà settentrionali, le nuove norme finiranno per rendere ancor più difficoltoso il lavoro dell'imprenditore meridionale. Così, insomma, il Mezzogiorno e Salerno perdono ulteriori punti in termini di competitività.
È necessario che queste problematiche segnino il dibattito politico di questa stagione autunnale in vista del varo della nuova legge Finanziaria: il pur auspicabile taglio del cuneo fiscale sembra dominare tutte le discussioni, ma vi sono a nostro avviso problematiche e situazioni che impongono attenzioni (e provvedimenti) altrettanto urgenti. Basti pensare al tema delle infrastrutture, da tutti i partiti di maggioranza indicato come una priorità assoluta, ma che ad oggi non è stato ancora accompagnato da adeguate politiche volte da un lato a reperire i necessari finanziamenti, dall'altro ad integrarli con risorse private.
Il project financing, che pur potrebbe sopperire ai deficit finanziari pubblici, stenta ancora a decollare e le procedure attuative ed autorizzative rimangono scoraggianti, tralasciando le difficoltà di dialogo con le istituzioni locali, che spesso si traducono nella predisposizione di bandi assolutamente sconvenienti, ove non insostenibili, per gli investitori privati.
Ma un altro tema che pure meriterebbe una riflessione organica (se non altro per gli ormai periodici fatti di cronaca che affondano le loro radici proprio nel degrado e nell'emarginazione), è quello legato alla riqualificazione delle città che, dopo il fervore preelettorale, sembra già caduto nel dimenticatoio. Nel Dpef 2007-2011 non v'è alcuna disposizione in materia: eppure le aree urbane possono (e devono) assumere un ruolo strategico per rinnovare le basi della competitività e aumentare il potenziale di crescita rafforzando la coesione sociale. Non a caso l'Ance ha a più riprese rimarcato che il capitale umano costituisce uno dei fattori più importanti per lo sviluppo. Riqualificare le città vuol dire, soprattutto al Sud, individuare funzioni cardine su cui fare sviluppo, e adattare spazi e luoghi perché ciò si realizzi attraverso il miglioramento delle infrastrutture, la promozione di piani urbani per la mobilità urbana e sovraurbana, la realizzazione di piani della qualità urbana per i cittadini e la predisposizione di politiche abitative e di coesione sociale.
Presidente Ance Salerno |