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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
ottobre 2006
 


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Le filiere produttive meridionali tra innovazione e mercato

Francesco Saverio COPPOLA

L’SRM presenta, con un approccio
quali-quantitativo, uno spaccato significativo delle realtà produttive del Sud

L’interrogativo che più spesso ci si pone oggi, alle prese con un contesto economico e produttivo sicuramente difficile e di complessa decifrazione, è se l'impresa meridionale (quale particolare e ben noto sottoinsieme dell'imprenditoria nazionale) sia stata lasciata sola nel suo percorso di crescita. La risposta finale, volutamente forzata e provocatoria, può essere ad una prima valutazione senz'altro affermativa.
Da queste considerazioni prende spunto la ricerca "Le filiere produttive meridionali: localizzazione geografica e sentieri di sviluppo", realizzata dall'SRM la cui presentazione avverrà nei prossimi mesi, la quale analizza l'imprenditoria meridionale delle filiere. Nonostante i tentativi di policy, nonostante gli aiuti e le sovvenzioni statali che si sono protratti nel corso dei decenni con diverse intonazioni e anche con diversi strumenti e obiettivi, il risultato più manifesto è che il mercato ha di fatto svolto il suo lavoro spesso indipendentemente dalle azioni a sostegno (spesso addirittura con direzioni opposte a quelle preventivate) a conferma che non è assolutamente facile comprendere quello che può essere lo scenario futuro ed agire di conseguenza con azioni specifiche.
Potrebbe, forse, essere più efficace svolgere azioni a sostegno del contesto in cui le forze imprenditoriali e quelle sociali svolgono il proprio compito.
Un'affermazione questa che declina varie e diverse responsabilità, che chiama tutti gli attori ad essere attenti a fare scelte precise, a capire e ad interpretare gli scenari economici. E se si sbaglia nel proporre azioni di politica economica e/o industriale e nelle strategie di sviluppo territoriale, di fatto il mercato reagisce come può e con gli strumenti che ha a disposizione.
Ci si chiede, quindi, se l'azione della Shumpeteriana «distruzione creatrice» che dovrebbe - forse solo in teoria - sgombrare il mercato dalle imprese meno capaci di competere e da quelle cosiddette marginali - cosa che è apparsa comunque evidente in questi ultimi anni - ha fatto il suo tradizionale lavoro o si poteva fare qualcosa di meglio.
Capire i fenomeni sottostanti consente di andare oltre, consente di cavalcare l'onda del rinnovamento e della ripresa.
L'intensificarsi dell'ormai ben noto processo di globalizzazione, infatti, comportando una maggiore integrazione dei mercati, accresce il grado di varietà e variabilità con cui gli attori economici devono confrontarsi ed enfatizza l'importanza della capacità competitiva di imprese e sistemi territoriali, nell'acquisizione di un vantaggio duraturo e difendibile.
L'analisi, pur evidenziando i punti di debolezza del panorama di imprese meridionali vuole, però, rimarcare le differenze presenti tra le diverse aziende, anche appartenenti allo stesso settore, e valorizzarne le novità e le caratteristiche.
Pertanto la ricerca ha seguito una logica di sviluppo di cluster comportamentali che rappresentano attualmente una formula di sviluppo alternativa ai modelli che si sono affermati in precedenza.
L'analisi ha seguito una logica di comportamenti contigui di filiera che per l'industria meridionale si sono concretizzati in due macro atteggiamenti aggregativi: endogeni, e cioè tipici della capacità produttiva del Mezzogiorno, ed esogeni e cioè di matrice derivata, dove a fare da traino è la "grande impresa" leader che però non è (ancora) riuscita a sviluppare un tessuto autonomo di impresa.
Ulteriore peculiarità evidenziata è certamente la forte presenza di piccole e medie imprese accanto a quelle più grandi; il lavoro mette in evidenza, anche nel Mezzogiorno, la profonda trasformazione ed il ruolo sempre più significativo della media impresa. Il processo di crescita che in questi casi si instaura tra imprese e mercati globali è stato - a nostro avviso - ben definito da Viesti come esempio di fenomeno di "causazione circolare", cioè di un nesso che si istituisce tra l'essere media impresa e essere impresa che esporta e compete: «le imprese (leader) che dimensionalmente sono le più strutturate tendono ad inserirsi più facilmente in un percorso autoalimentativo di crescita» e riescono a sfruttare l'ampliamento di domanda riveniente dall'apertura dei mercati che da ostacolo alle imprese si tramuta in una occasione di sviluppo.
La ricerca che è partita da una "mappatura dei poli produttivi meridionali", sia in senso statico che dinamico, in relazione alle modifiche strutturali e di mercato che si sono evidenziate negli ultimi anni nell'economia italiana ed internazionale, ha quindi, diretto le sue analisi alla individuazione e all'interpretazione dei possibili driver di crescita e di competitività delle imprese produttive del Mezzogiorno, attraverso un'analisi qualitativa e quantitativa, pervenendo ad alcune ipotesi interpretative che di seguito sinteticamente riportiamo.
Dall'indagine risulta che le vie per il cambiamento seguono sostanzialmente quattro direttrici di competitività: l'aumento della dimensione delle imprese (o ancora meglio un corretto "dimensionamento" delle imprese) e l'innovazione tecnologica, la specializzazione produttiva e il connesso rafforzamento finanziario, il fattore culturale e l'internazionalizzazione. Tutti questi driver vanno, peraltro, inseriti in un contesto dinamico che potremmo definire "esogeno e concorrente" fatto di livelli idonei allo sviluppo di infrastrutture materiali ed immateriali e adeguato grado di coesione sociale nei diversi territori.
La novità dell'indagine non sta tanto nei driver individuati, ma nel fatto che essi sono la sintesi di un'approfondita indagine empirica che partendo da una molteplicità di variabili, le aggrega attraverso l'analisi in componenti principali dando vita ai quattro driver di azione, stabilendo poi tra questi un nesso di casualità e una priorità.
In quest'ottica, paradossalmente, il ruolo della dimensione "locale" non si esaurisce nella sospensione globale dell'economia, la competizione si consuma sul terreno dei vantaggi comparati legati ai localismi e pertanto si conferma e addirittura si rafforza il legame a livello locale tra attori produttivi, società civile e capacità di un territorio di fare sistema e di relazionarsi in modo forte e duraturo.

Direttore Associazione SRM
segreteria@srmezzogiorno.it

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