I SISTEMI LOCALI DEL TURISMO IN ITALIA
FATTI STILIZZATI E PROPOSTE DI POLICY
L’economia della
conoscenza nell’ue
Politiche e strumenti comunitari
SERVIZI ICT DI QUALITÀ
UTILI INDICAZIONI PER AZIENDE E P.A. L’economia
della conoscenza nell’ue
Politiche e strumenti comunitari
Ricerca e Sviluppo Tecnologico
sono fattori strategici per il futuro delle imprese
Anna
Robustelli
Area Scienze Merceologiche Dipartimento Studi e Ricerche
Aziendali
Facoltà di Economia Università degli Studi di Salerno
arobust@unisa.it
Ricerca e Sviluppo Tecnologico sono aspetti fondamentali
e imprescindibili per rafforzare la competitività delle
imprese e migliorarne la capacità di creare occupazione,
oltre che per sostenere politiche a valenza sociale, come
la protezione dell'ambiente e la tutela del consumatore.
Peraltro, la dimensione globale dello sviluppo scientifico
e tecnologico impone forme di cooperazione e di coordinamento
a livello europeo e internazionale in tema di politiche
adottate, attraverso collegamenti in rete dei Gruppi di Ricerca,
nonché mobilità di
persone e idee. Negli anni ‘80 le politiche per l'innovazione
- attuate attraverso forme di sostegno governativo esterno
- avevano scisso i due caratteri fondamentali della ricerca
e sviluppo (R&S): il carattere scientifico (legato alle
attività di ricerca) da quello tecnologico (connesso
allo sviluppo industriale). Infatti, fino alla metà di
quegli anni la maggior parte dei governi europei adottava
politiche volte a finanziare le sole attività di ricerca,
senza considerare il naturale collegamento con lo sviluppo
tecnologico. Con il passar del tempo, la debolezza di questa
impostazione ha fatto sì che l'aspetto tecnologico
avesse un peso preponderante e, pertanto, sostenuto finanziariamente
dalle adottande politiche europee.
Successivamente, a partire dal "Primo piano d'azione per
l'innovazione in Europa - L'innovazione al servizio della crescita
e dell'occupazione" del 1996, sono state adottate dall'UE
diverse politiche e misure tese a promuovere un'autentica cultura
dell'innovazione. Ciò mediante sia l'elaborazione di
un quadro giuridico, normativo e finanziario a sostegno dell'innovazione
- specie in considerazione della necessità di migliorare
radicalmente il sistema europeo dei brevetti - sia attraverso
un'efficace articolazione degli aspetti legati alla ricerca
e all'innovazione. Ogni Stato membro, infatti, è stato
incoraggiato a fissare obiettivi ambiziosi, onde aumentare la
quota del prodotto interno lordo (PIL) destinato alla ricerca,
allo sviluppo e all'innovazione. Inoltre, tale Piano - saldamente
fondato su una visione di tipo "sistemico" consolidatasi
nel corso degli anni - considera l'innovazione non come modello
lineare, nel quale ricerca e sviluppo si trovano al punto di
partenza, quanto piuttosto come un modello in cui l'innovazione
nasce da complesse interazioni tra i singoli, le organizzazioni
e l'ambiente operativo. Con il Quinto Programma Quadro di Ricerca
e Sviluppo Tecnologico (V PQ) - adottato nel 1998 - è stato
ribadito che l'innovazione deve rappresentare un obiettivo prioritario;
la competitività industriale da scopo è divenuta
un mezzo per raggiungere finalità comuni per la società.
In particolare, con il programma orizzontale "Promuovere
l'innovazione e incoraggiare la partecipazione delle PMI" venivano
varate misure volte alla promozione e alla formulazione di idonee
politiche a sostegno dell'innovazione, nonché misure
specifiche a vantaggio delle PMI. L'esperienza acquisita attraverso
i programmi tematici e orizzontali nel campo della ricerca e
dell'innovazione è confluita nel dibattito sulle proposte
della Commissione per la realizzazione di uno Spazio Europeo
della Ricerca (SER) e nella preparazione di future azioni comunitarie
in tale campo. Nell'ambito della riorganizzazione della Commissione,
avvenuta nel 1999, la politica per l'innovazione - nonché la
responsabilità per l'attuazione del citato programma
orizzontale "Promuovere l'innovazione" - è stata
assegnata alla Direzione Generale Imprese (DG Imprese) con l'obiettivo
di creare un ponte tra ricerca, industria e imprenditorialità.
Tuttavia, nel corso degli anni, nonostante i progressi compiuti
dagli Stati membri - raggiunti non solo per effetto dell'introduzione,
a livello nazionale e regionale, dell'ampia gamma di politiche
e misure citate, ma anche all'impegno della Commissione in relazione
alle attività imprenditoriali - la prestazione complessiva
dell'Unione, nel campo dell'innovazione, non ha mostrato segnali
di miglioramento rispetto a quella dei suoi principali concorrenti
(Stati Uniti e Giappone). Pertanto, in occasione del vertice
di Lisbona del 2000 sono state introdotte importanti novità nella
guidance delle politiche economiche degli Stati membri e dell'area
nel suo insieme, individuando tre obiettivi collegati e complementari:
- la realizzazione dello Spazio Europeo della Ricerca, un
obiettivo per il futuro della ricerca in Europea, attraverso
un mercato interno della scienza e della tecnologia in grado
di incentivare l'eccellenza scientifica, la competitività e
l'innovazione, anche mediante la promozione di migliori forme
di cooperazione e coordinamento tra gli operatori della ricerca;
- l'aumento al 3% del PIL dell'Unione, entro il 2010, degli
investimenti globali per la ricerca, avviando un'ampia consultazione
con tutte le parti interessate e, particolarmente, con l'industria,
al fine di individuare i percorsi più idonei per favorire
tale crescita. Il relativo risultato è stato sintetizzato
nella Comunicazione "Investire nella ricerca: un piano
d'azione per l'Europa". Quest'ultima identifica un'ampia
gamma di nuove azioni necessarie per favorire in Europa la ricerca
e l'innovazione, offrendo un quadro coerente e una molteplicità di
orientamenti comuni, tali da permettere - a ciascuno Stato membro
- di tracciare il proprio percorso per la relativa realizzazione;
- il rafforzamento dell'eccellenza scientifica in Europa,
attraverso il sostegno alla ricerca.
Gli indirizzi di massima per le politiche economiche del
2000, quindi, raccomandano il perseguimento di misure e azioni
tese a stimolare in Europa lo sviluppo di un'economia fondata
sulla conoscenza, mediante il coinvolgimento del settore privato,
promuovendo partenariati nel campo della R&S e favorendo
la creazione di nuove imprese ad alta tecnologia. In seguito,
al Consiglio di Lisbona, la Commissione Europea ha adottato
il VI Programma Quadro 2002-2006, che ricopre un ruolo fondamentale
per l'attuazione di politiche per la ricerca nell'UE. Tale Programma
Quadro mira, sostanzialmente, a fronteggiare l'attuale vulnerabilità strutturale
della UE in tema di investimenti in tale campo, assumendo il
ruolo di strumento fondamentale per l'attuazione della Strategia
di Lisbona. I principi base su cui esso si fonda sono, prevalentemente,
focalizzati su specifiche aree tematiche, i cui effetti a carattere "strutturante",
dovrebbero promuovere la "creazione" di risorse e
di expertise, in grado di migliorare la competitività.
Un ulteriore aspetto innovativo riguarda la semplificazione
delle attività organizzative e gestionali attraverso
la razionalizzazione e l'armonizzazione delle procedure. Lo
stanziamento di bilancio del VI PQ, pari a 17,5 miliardi di
euro (il Sesto Programma Quadro rappresenta la terza linea operativa,
per importanza, del bilancio globale dell'UE, dopo la politica
agricola comune - PAC - e i fondi strutturali), destinati ai
soggetti che operano nei settori della ricerca e dello sviluppo
tecnologico in Europa, non rappresenta un mero cofinanziamento
dei progetti di ricerca, ma una spinta propulsiva per la realizzazione
degli obiettivi indicati, il cui conseguimento è articolato
su tre assi principali (v. Tabella): integrare la ricerca europea;
strutturare lo Spazio Europeo della Ricerca; rafforzare le basi
dello Spazio Europeo della Ricerca.Tuttavia, la strategia di
Lisbona, nel complesso, ha dato risultati assai deludenti, come
emerso nel Consiglio Europeo del marzo 2004, tanto da comprometterne
il raggiungimento nei tempi stabiliti. Gli indicatori, infatti,
non hanno mostrato avanzamenti significativi e nessuno degli
Stati Membri ha potuto vantare miglioramenti in un numero sufficientemente
ampio di variabili. Nel frattempo, il contesto economico è profondamente
cambiato. Nel 2000, a Lisbona, il Consiglio Europeo poteva constatare,
con soddisfazione, che l'Unione stava sperimentando il migliore
quadro macroeconomico: tre anni dopo non emergevano, dalle analisi
congiunturali, segnali di ripresa, dopo un lungo periodo di
rallentamento. Le ragioni per cui la strategia di Lisbona non
ha sortito i risultati sperati sono attualmente oggetto di un'ampia
riflessione, da cui sono emersi i principali elementi di criticità:
l'eccessiva numerosità degli obiettivi e degli indicatori
nonché la scarsa efficacia del coordinamento, in materie
in cui le competenze sono essenzialmente dei governi, in assenza
di una chiara condivisione delle priorità. Nel Consiglio
di Primavera del 22 e 23 marzo 2005, la discussione relativa
alla Comunicazione "Lavorare insieme per la crescita e
l'occupazione. Un nuovo inizio per la strategia di Lisbona",
ha evidenziato la necessità di rilanciare gli obiettivi
di Lisbona. Ciò attraverso due traguardi principali:
una crescita robusta e duratura e una maggiore occupazione di
migliore qualità. Il raggiungimento di tali obiettivi
richiede stabilità macroeconomica e sane politiche di
bilancio, liberando risorse necessarie a finanziare le "più vaste
ambizioni in campo economico, sociale e ambientale". Su
tali premesse, la Commissione ha sviluppato le proprie considerazioni,
articolandole in tre direzioni. In primo luogo, essa invita
il Consiglio Europeo a proporre agli Stati Membri una Partnership
Europea per l'occupazione e la crescita, con l'obiettivo di
facilitare e accelerare l'adozione delle riforme necessarie.
Punto cruciale è ridare credibilità politica all'intero
processo, sollecitando una idonea assunzione di responsabilità nella
delivery di risultati politici, soprattutto a livello nazionale.
L'emblema di questa ritrovata responsabilità dovrebbe
essere l'adozione di un unico programma di azione e di un solo
rapporto sull'attuazione della strategia di Lisbona, sia a livello
dell'Unione che dei singoli Stati Membri. In secondo luogo,
la Commissione suggerisce che il Programma di azione per Lisbona,
ristrutturato e semplificato, venga organizzato sulla base di
tre macro-obiettivi:
- rendere più attraente l'Europa come localizzazione,
portando a termine la costruzione del mercato interno (in particolare
nei servizi) e migliorando la regolazione per l'accesso ai mercati
(regole di concorrenza rigorosamente applicate all'interno e
maggiore apertura dei mercati terzi) e le infrastrutture;
- stimolare la conoscenza e l'innovazione, aumentando gli
investimenti in R&S, favorendo il trasferimento tecnologico,
promuovendo alcune grandi iniziative che trovano la necessaria
massa critica solo a livello europeo (tra cui un Istituto Europeo
di Tecnologia e alcune grandi Iniziative Tecnologiche Europee,
secondo il modello che ha prodotto il sistema di navigazione
Galileo);
- creare nuovi e migliori posti di lavoro, incentivando una
maggior partecipazione al mercato del lavoro, migliorando l'adattabilità dei
lavoratori e delle imprese ai cambiamenti e la flessibilità del
mercato del lavoro, investendo maggiormente in capitale umano
(sia nell'educazione che nella formazione professionale).
In terzo luogo, la Commissione propone di riorganizzare la
governance della strategia di Lisbona, onde renderla più efficace
e facilmente comprensibile, attraverso una trasparente assunzione
di distinte responsabilità politiche da parte dell'Unione
e degli Stati Membri, nei rispettivi Programmi Nazionali d'Azione.
Le istituzioni europee integrerebbero, nello stesso documento,
anche le Linee Guida attualmente formulate in sedi distinte
per la politica economica e l'occupazione. Il reporting delle
attività realizzate e da realizzare, nonché dei
risultati ottenuti, sarà semplificato adottando un unico "rapporto
Lisbona" sia a livello nazionale che comunitario. Ciò dovrebbe
consentire alle istituzioni nazionali ed europee di dedicarsi
con maggiore efficacia agli aspetti sostanziali dell'intero
processo. Tuttavia, è in corso un ampio dibattito sulle
future strategie della Commissione Europea; infatti è oggetto
di verifica la stessa "credibilità" della strategia
di Lisbona, oltre che dei processi di attribuzione delle responsabilità delle
politiche comunitarie, quali la responsabilità per la
crescita, la disoccupazione e l'innovazione. Questi, secondo
l'opinione prevalente, dovrebbero appartenere ai governi e ai
parlamenti nazionali.
Peraltro, è certo che, oltre alla capacità degli
Stati membri di rilanciare la crescita facendo leva sull'integrazione
europea a 25, sarà fattore strategico per il futuro proprio
il "valore aggiunto" generato dalle autonome iniziative
europee su questo terreno.
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