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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
ottobre 2005
 
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I SISTEMI LOCALI DEL TURISMO IN ITALIA
FATTI STILIZZATI E PROPOSTE DI POLICY

L’economia della conoscenza nell’ue
Politiche e strumenti comunitari

SERVIZI ICT DI QUALITÀ
UTILI INDICAZIONI PER AZIENDE E P.A.

L’economia della conoscenza nell’ue
Politiche e strumenti comunitari
Ricerca e Sviluppo Tecnologico sono fattori strategici per il futuro delle imprese

Anna Robustelli
Area Scienze Merceologiche Dipartimento Studi e Ricerche Aziendali
Facoltà di Economia Università degli Studi di Salerno
arobust@unisa.it


Ricerca e Sviluppo Tecnologico sono aspetti fondamentali e imprescindibili per rafforzare la competitività delle imprese e migliorarne la capacità di creare occupazione, oltre che per sostenere politiche a valenza sociale, come la protezione dell'ambiente e la tutela del consumatore. Peraltro, la dimensione globale dello sviluppo scientifico e tecnologico impone forme di cooperazione e di coordinamento a livello europeo e internazionale in tema di politiche adottate, attraverso collegamenti in rete dei Gruppi di Ricerca, nonché mobilità di persone e idee. Negli anni ‘80 le politiche per l'innovazione - attuate attraverso forme di sostegno governativo esterno - avevano scisso i due caratteri fondamentali della ricerca e sviluppo (R&S): il carattere scientifico (legato alle attività di ricerca) da quello tecnologico (connesso allo sviluppo industriale). Infatti, fino alla metà di quegli anni la maggior parte dei governi europei adottava politiche volte a finanziare le sole attività di ricerca, senza considerare il naturale collegamento con lo sviluppo tecnologico. Con il passar del tempo, la debolezza di questa impostazione ha fatto sì che l'aspetto tecnologico avesse un peso preponderante e, pertanto, sostenuto finanziariamente dalle adottande politiche europee.
Successivamente, a partire dal "Primo piano d'azione per l'innovazione in Europa - L'innovazione al servizio della crescita e dell'occupazione" del 1996, sono state adottate dall'UE diverse politiche e misure tese a promuovere un'autentica cultura dell'innovazione. Ciò mediante sia l'elaborazione di un quadro giuridico, normativo e finanziario a sostegno dell'innovazione - specie in considerazione della necessità di migliorare radicalmente il sistema europeo dei brevetti - sia attraverso un'efficace articolazione degli aspetti legati alla ricerca e all'innovazione. Ogni Stato membro, infatti, è stato incoraggiato a fissare obiettivi ambiziosi, onde aumentare la quota del prodotto interno lordo (PIL) destinato alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione. Inoltre, tale Piano - saldamente fondato su una visione di tipo "sistemico" consolidatasi nel corso degli anni - considera l'innovazione non come modello lineare, nel quale ricerca e sviluppo si trovano al punto di partenza, quanto piuttosto come un modello in cui l'innovazione nasce da complesse interazioni tra i singoli, le organizzazioni e l'ambiente operativo. Con il Quinto Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico (V PQ) - adottato nel 1998 - è stato ribadito che l'innovazione deve rappresentare un obiettivo prioritario; la competitività industriale da scopo è divenuta un mezzo per raggiungere finalità comuni per la società. In particolare, con il programma orizzontale "Promuovere l'innovazione e incoraggiare la partecipazione delle PMI" venivano varate misure volte alla promozione e alla formulazione di idonee politiche a sostegno dell'innovazione, nonché misure specifiche a vantaggio delle PMI. L'esperienza acquisita attraverso i programmi tematici e orizzontali nel campo della ricerca e dell'innovazione è confluita nel dibattito sulle proposte della Commissione per la realizzazione di uno Spazio Europeo della Ricerca (SER) e nella preparazione di future azioni comunitarie in tale campo. Nell'ambito della riorganizzazione della Commissione, avvenuta nel 1999, la politica per l'innovazione - nonché la responsabilità per l'attuazione del citato programma orizzontale "Promuovere l'innovazione" - è stata assegnata alla Direzione Generale Imprese (DG Imprese) con l'obiettivo di creare un ponte tra ricerca, industria e imprenditorialità. Tuttavia, nel corso degli anni, nonostante i progressi compiuti dagli Stati membri - raggiunti non solo per effetto dell'introduzione, a livello nazionale e regionale, dell'ampia gamma di politiche e misure citate, ma anche all'impegno della Commissione in relazione alle attività imprenditoriali - la prestazione complessiva dell'Unione, nel campo dell'innovazione, non ha mostrato segnali di miglioramento rispetto a quella dei suoi principali concorrenti (Stati Uniti e Giappone). Pertanto, in occasione del vertice di Lisbona del 2000 sono state introdotte importanti novità nella guidance delle politiche economiche degli Stati membri e dell'area nel suo insieme, individuando tre obiettivi collegati e complementari:
- la realizzazione dello Spazio Europeo della Ricerca, un obiettivo per il futuro della ricerca in Europea, attraverso un mercato interno della scienza e della tecnologia in grado di incentivare l'eccellenza scientifica, la competitività e l'innovazione, anche mediante la promozione di migliori forme di cooperazione e coordinamento tra gli operatori della ricerca;
- l'aumento al 3% del PIL dell'Unione, entro il 2010, degli investimenti globali per la ricerca, avviando un'ampia consultazione con tutte le parti interessate e, particolarmente, con l'industria, al fine di individuare i percorsi più idonei per favorire tale crescita. Il relativo risultato è stato sintetizzato nella Comunicazione "Investire nella ricerca: un piano d'azione per l'Europa". Quest'ultima identifica un'ampia gamma di nuove azioni necessarie per favorire in Europa la ricerca e l'innovazione, offrendo un quadro coerente e una molteplicità di orientamenti comuni, tali da permettere - a ciascuno Stato membro - di tracciare il proprio percorso per la relativa realizzazione;
- il rafforzamento dell'eccellenza scientifica in Europa, attraverso il sostegno alla ricerca.
Gli indirizzi di massima per le politiche economiche del 2000, quindi, raccomandano il perseguimento di misure e azioni tese a stimolare in Europa lo sviluppo di un'economia fondata sulla conoscenza, mediante il coinvolgimento del settore privato, promuovendo partenariati nel campo della R&S e favorendo la creazione di nuove imprese ad alta tecnologia. In seguito, al Consiglio di Lisbona, la Commissione Europea ha adottato il VI Programma Quadro 2002-2006, che ricopre un ruolo fondamentale per l'attuazione di politiche per la ricerca nell'UE. Tale Programma Quadro mira, sostanzialmente, a fronteggiare l'attuale vulnerabilità strutturale della UE in tema di investimenti in tale campo, assumendo il ruolo di strumento fondamentale per l'attuazione della Strategia di Lisbona. I principi base su cui esso si fonda sono, prevalentemente, focalizzati su specifiche aree tematiche, i cui effetti a carattere "strutturante", dovrebbero promuovere la "creazione" di risorse e di expertise, in grado di migliorare la competitività. Un ulteriore aspetto innovativo riguarda la semplificazione delle attività organizzative e gestionali attraverso la razionalizzazione e l'armonizzazione delle procedure. Lo stanziamento di bilancio del VI PQ, pari a 17,5 miliardi di euro (il Sesto Programma Quadro rappresenta la terza linea operativa, per importanza, del bilancio globale dell'UE, dopo la politica agricola comune - PAC - e i fondi strutturali), destinati ai soggetti che operano nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologico in Europa, non rappresenta un mero cofinanziamento dei progetti di ricerca, ma una spinta propulsiva per la realizzazione degli obiettivi indicati, il cui conseguimento è articolato su tre assi principali (v. Tabella): integrare la ricerca europea; strutturare lo Spazio Europeo della Ricerca; rafforzare le basi dello Spazio Europeo della Ricerca.Tuttavia, la strategia di Lisbona, nel complesso, ha dato risultati assai deludenti, come emerso nel Consiglio Europeo del marzo 2004, tanto da comprometterne il raggiungimento nei tempi stabiliti. Gli indicatori, infatti, non hanno mostrato avanzamenti significativi e nessuno degli Stati Membri ha potuto vantare miglioramenti in un numero sufficientemente ampio di variabili. Nel frattempo, il contesto economico è profondamente cambiato. Nel 2000, a Lisbona, il Consiglio Europeo poteva constatare, con soddisfazione, che l'Unione stava sperimentando il migliore quadro macroeconomico: tre anni dopo non emergevano, dalle analisi congiunturali, segnali di ripresa, dopo un lungo periodo di rallentamento. Le ragioni per cui la strategia di Lisbona non ha sortito i risultati sperati sono attualmente oggetto di un'ampia riflessione, da cui sono emersi i principali elementi di criticità: l'eccessiva numerosità degli obiettivi e degli indicatori nonché la scarsa efficacia del coordinamento, in materie in cui le competenze sono essenzialmente dei governi, in assenza di una chiara condivisione delle priorità. Nel Consiglio di Primavera del 22 e 23 marzo 2005, la discussione relativa alla Comunicazione "Lavorare insieme per la crescita e l'occupazione. Un nuovo inizio per la strategia di Lisbona", ha evidenziato la necessità di rilanciare gli obiettivi di Lisbona. Ciò attraverso due traguardi principali: una crescita robusta e duratura e una maggiore occupazione di migliore qualità. Il raggiungimento di tali obiettivi richiede stabilità macroeconomica e sane politiche di bilancio, liberando risorse necessarie a finanziare le "più vaste ambizioni in campo economico, sociale e ambientale". Su tali premesse, la Commissione ha sviluppato le proprie considerazioni, articolandole in tre direzioni. In primo luogo, essa invita il Consiglio Europeo a proporre agli Stati Membri una Partnership Europea per l'occupazione e la crescita, con l'obiettivo di facilitare e accelerare l'adozione delle riforme necessarie. Punto cruciale è ridare credibilità politica all'intero processo, sollecitando una idonea assunzione di responsabilità nella delivery di risultati politici, soprattutto a livello nazionale. L'emblema di questa ritrovata responsabilità dovrebbe essere l'adozione di un unico programma di azione e di un solo rapporto sull'attuazione della strategia di Lisbona, sia a livello dell'Unione che dei singoli Stati Membri. In secondo luogo, la Commissione suggerisce che il Programma di azione per Lisbona, ristrutturato e semplificato, venga organizzato sulla base di tre macro-obiettivi:
- rendere più attraente l'Europa come localizzazione, portando a termine la costruzione del mercato interno (in particolare nei servizi) e migliorando la regolazione per l'accesso ai mercati (regole di concorrenza rigorosamente applicate all'interno e maggiore apertura dei mercati terzi) e le infrastrutture;
- stimolare la conoscenza e l'innovazione, aumentando gli investimenti in R&S, favorendo il trasferimento tecnologico, promuovendo alcune grandi iniziative che trovano la necessaria massa critica solo a livello europeo (tra cui un Istituto Europeo di Tecnologia e alcune grandi Iniziative Tecnologiche Europee, secondo il modello che ha prodotto il sistema di navigazione Galileo);
- creare nuovi e migliori posti di lavoro, incentivando una maggior partecipazione al mercato del lavoro, migliorando l'adattabilità dei lavoratori e delle imprese ai cambiamenti e la flessibilità del mercato del lavoro, investendo maggiormente in capitale umano (sia nell'educazione che nella formazione professionale).
In terzo luogo, la Commissione propone di riorganizzare la governance della strategia di Lisbona, onde renderla più efficace e facilmente comprensibile, attraverso una trasparente assunzione di distinte responsabilità politiche da parte dell'Unione e degli Stati Membri, nei rispettivi Programmi Nazionali d'Azione.
Le istituzioni europee integrerebbero, nello stesso documento, anche le Linee Guida attualmente formulate in sedi distinte per la politica economica e l'occupazione. Il reporting delle attività realizzate e da realizzare, nonché dei risultati ottenuti, sarà semplificato adottando un unico "rapporto Lisbona" sia a livello nazionale che comunitario. Ciò dovrebbe consentire alle istituzioni nazionali ed europee di dedicarsi con maggiore efficacia agli aspetti sostanziali dell'intero processo. Tuttavia, è in corso un ampio dibattito sulle future strategie della Commissione Europea; infatti è oggetto di verifica la stessa "credibilità" della strategia di Lisbona, oltre che dei processi di attribuzione delle responsabilità delle politiche comunitarie, quali la responsabilità per la crescita, la disoccupazione e l'innovazione. Questi, secondo l'opinione prevalente, dovrebbero appartenere ai governi e ai parlamenti nazionali.
Peraltro, è certo che, oltre alla capacità degli Stati membri di rilanciare la crescita facendo leva sull'integrazione europea a 25, sarà fattore strategico per il futuro proprio il "valore aggiunto" generato dalle autonome iniziative europee su questo terreno.

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