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  Dicembre 2012

Articoli n° 6
Luglio 2005
 
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iL CONTENUTO DELLA RACCOMANDATA
la sola ricezione non costituisce prova

IL DECRETO LEGGE 35/2005
NUOVE REGOLE DEL LAVORO ACCESSORIO

LA “SOSTITUZIONE EDILIZIA”
IL COMUNE DI ROMA INNOVA

iL CONTENUTO DELLA RACCOMANDATA
la sola ricezione non costituisce prova
La Suprema Corte sposta le lancette all’indietro

Gennaro Stellato
Avvocato civilista

studiostellato@tiscalinet.it


La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10021 del 12/5/2005, ha sancito un principio che, in tempi di e-mail, fax, videoconferenze e altro, sembra portare l'Italia agli anni cinquanta. La Corte, decidendo relativamente a un caso di contenzioso conseguente a una cessione di credito, ha statuito, atteso che il debitore ceduto sosteneva di non aver mai ricevuto la comunicazione della cessione, che la prova del contenuto della raccomandata deve essere data da colui il quale invoca un diritto. In sostanza, pur essendo provata l'effettiva spedizione e avvenuta ricezione della raccomandata, spetta a chi chiede l'applicazione dei propri diritti provare il contenuto della raccomandata stessa, è colui il quale ha inviato la lettera che deve provare che la stessa conteneva veramente quanto da lui dichiarato. La Corte scrive che «la prova deve consistere nel fatto che la notizia è pervenuta a conoscenza del destinatario. Ma la lettera di cui, come nel caso in esame, ne sia contestato il contenuto, non vale a provare che la notizia in questione sia giunta nella sfera di conoscibilità del destinatario … poiché in tal caso l'onere gravante su chi ha inviato la lettera non è compiutamente assolto. La lettera, infatti, poteva avere qualsiasi contenuto … o poteva non averne alcuno, anche per semplice disguido di spedizione, pur sempre possibile. Pertanto devesi affermare il principio secondo cui la sola ricezione della lettera raccomandata da parte del destinatario non costituisce prova del contenuto di essa». Cosa vuol dire in sostanza: chiunque riceva una raccomandata potrà sempre dire di aver ricevuto una busta vuota o, magari, un foglio bianco eludendo di fatto gli effetti della lettera stessa. Non ci vuole molta fantasia per immaginare le conseguenze potenzialmente devastanti di una simile pronuncia anche in considerazione del fatto che la Corte ha, in questa fattispecie, mutato un indirizzo giurisprudenziale che sembrava ormai consolidato. Ovviamente sulla predetta pronuncia si possono fare svariate considerazioni di natura giuridica che, da un certo punto di vista, potrebbero anche attenuare la portata della decisione stessa ma, come spesso succede in tali situazioni, l'eco mediatico della massima riesce ad avere una valenza forse addirittura superiore al principio enunciato nella sostanza. Resta il fatto che chi oggi riceve una lettera raccomandata, anche di fronte a un ordine di esibizione del Magistrato, potrebbe tranquillamente dire e dimostrare che nella busta vi era un foglio bianco o, addirittura, che la stessa era vuota. La difficoltà del mittente di dimostrare il contenuto del plico raccomandato appare così ovvia da non meritare alcun commento. è palese che, in caso di contenzioso portato all'attenzione del Giudice, vi sono mezzi e principi di natura istruttoria che possono sopperire alla carenza di prova effettiva atteso che il Magistrato può raggiungere un convincimento, deducibile da altri elementi, circa il contenuto della busta a prescindere dall'esistenza di elementi concreti utilizzabili in tale ottica. Tuttavia queste considerazioni appaiono, proprio perché di natura strettamente processuale, di difficile comprensione per chi, inviando una raccomandata o addirittura assicurata, ritiene di trovarsi in una botte di ferro per il solo fatto di avere la certezza che la missiva è giunta a destinazione nel tempo e nei modi prefissati. Dedurre, invece, alla luce della sentenza citata che tutto questo può non servire a nulla è estremamente avvilente soprattutto in considerazione del fatto che potrebbero aprirsi scenari apocalittici di contenziosi quasi kafkiani aventi a oggetto il contenuto di una busta. A questo punto appare evidente anche al più sprovveduto degli operatori che l'iter processuale tracciato dalla Cassazione sembra irto di difficoltà e, certamente, di imprevedibili soluzioni. Occorre anche dire, per amore di verità, che il precedente indirizzo giurisprudenziale che stabiliva una sorta di presunzione legale relativamente al contenuto della raccomandata facendo coincidere la copia del mittente con quella presuntivamente ricevuta dal destinatario, appariva carente e poco equilibrato sotto altro profilo. Bisogna valutare allora le soluzioni potenzialmente perseguibili per avere certezza in situazioni similari che spesso possono avere importanza e rilevanza fondamentali. Ovviamente non si parla di scambio di corrispondenza ordinaria, sia pure propedeutica a rapporti di natura economico-commerciale, ma si fa riferimento a tutti quei casi in cui attraverso una lettera raccomandata si comunicano atti importanti che magari possono comportare decadenze o prescrizioni o far decorrere termini per l'esercizio della tutela del proprio diritto. Occorre dire che le soluzioni praticabili sono due almeno fino a quando qualcuno non brevetti qualche sistema che renda la busta e il contenuto una sola cosa. La prima e vecchia ipotesi è quella classica di inviare la raccomandata senza busta spillando direttamente il foglio facendo coincidere in tal modo la prova della ricezione della raccomandata con il contenuto della stessa: così il destinatario non potrà dire di aver ricevuto una busta vuota o un foglio bianco. La seconda soluzione è quella di inviare le comunicazioni importanti a mezzo Ufficiale Giudiziario con tutte le certezze che ne conseguono. Naturalmente questa seconda ipotesi, per chi quotidianamente pratica gli uffici giudiziari, comporterà una serie infinita di problemi. Il sovraccarico di lavoro che finirà per gravare sui notificatori creerà problemi aggiuntivi a quelli già esistenti, che di per sé sono rilevanti e di non facile soluzione, stante la cronica carenza di organico. Se poi si prendono in considerazione altre decisioni della Suprema Corte in tema di notifica, con le mille disquisizioni giuridico-dottrinarie conseguenti, appare evidente come la materia e la situazione si prestino a previsioni apocalittiche in ordine all'interpretazione dei vari casi. Il principio sancito dalla Cassazione, comunque, dovrebbe avere conseguenze su tutto il sistema delle comunicazioni e delle notificazioni che, anche sulla base della recente riforma del diritto societario, è stato allargato ai più moderni mezzi telematici. La certezza del contenuto e dell'effettiva ricezione può essere messa in discussione sempre. A questo punto appare necessario un intervento legislativo che regoli l'intera materia dando finalmente certezze a tutti coloro i quali, a prescindere dalle motivazioni, devono inviare comunicazioni importanti e vogliono naturalmente avere la certezza della ricezione dell'effettivo contenuto della stessa, così come appare meritevole di tutela il diritto contrario del ricevente, che deve essere messo nella condizione di dimostrare quello che ha effettivamente ricevuto. Bisogna dare un’accelerazione verso tale scopo perché non si può continuare ad avere incertezze in problemi così delicati che riguardano, è bene ricordarlo, indistintamente tutti noi. Un testo sistematico regolante tutta la materia è auspicabile nell'interesse generale.

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