sicurezza e TRASFERIMENTO DI FUNZIONI
IL DATORE DI LAVORO “DELEGATO”
Come separare responsabilità di impresa e obblighi prevenzionistici
Pasquale
Paolillo
Delegato Piccola Industria Ambiente & Sicurezza - Assindustria
Salerno p.paolillo@medilam.it
Il D.Lgs. 626/94 definisce datore di lavoro il soggetto che, in relazione
all'organizzazione dell'impresa, è titolare dei poteri decisionali
e di spesa. Il legislatore ha ritenuto che la coincidenza tra questi
poteri fosse esaustiva ai fini della tutela della sicurezza dei lavoratori,
liberando in linea di principio da responsabilità prevenzionistiche
il titolare formale dell'iniziativa economica. In questo modo si è abbandonata
la vecchia visione dell'imprenditore individuale, che direttamente organizza
e dirige l'attività produttiva, in favore di nuove realtà prevalentemente
caratterizzate da forme societarie con complessità strutturali, più livelli
decisionali ed estrema variabilità nell'organizzazione del lavoro.
Anche in questi casi deve vedersi soddisfatta l'esigenza dell'ordinamento
di individuare, sempre e comunque, un soggetto responsabile della violazione
delle disposizioni prevenzionali, ma spesso in un’organizzazione complessa
la garanzia fornita dall'imprenditore è astratta, o se vogliamo quasi
sacrificale, allorquando viene chiamato a rispondere di eventi che ricadono
al di fuori della propria personale ingerenza o possibilità di controllo
di decisioni e comportamenti altrui. In questi casi di sofferenza del
quadro normativo lo strumento della delega di funzioni, se utilizzato
per chiarire e rafforzare reali competenze e non per attuare forme di deresponsabilizzazione
programmata dei vertici aziendali verso gli anelli inferiori dell'organigramma
aziendale, contribuisce alla creazione di un più efficace sistema
di gestione della sicurezza sul lavoro. In questo articolo cercheremo
di capire se e in quali casi è possibile trasferire con atto legittimo
le funzioni di datore di lavoro. Il D.Lgs.626/94 invero sancisce la delegabilità di
tutti gli oneri, ad eccezione di quelli riconducibili alla fase promozionale
e programmatica dell'attività di prevenzione, cioè valutazione
del rischio, redazione del piano della sicurezza con indicazione delle
misure necessarie a mantenere la prevenzione efficace nel tempo e designazione
del RSPP. La tripartizione di responsabilità tra datore di lavoro,
dirigente e preposto è da intendersi solo potenziale fin quando non
si concreta in atti formali ed effettivo svolgimento della funzione.Quando
questa ricomprende poteri gestionali e di spesa per la prevenzione si
creano figure nuove, che si affiancano all'imprenditore, non coincidono
con esso ma rientrano in pieno nella definizione di datore di lavoro
data all'inizio. Tale situazione, definita a datore diffuso, è da
tempo applicata nelle imprese con più unità produttive, e
con le dovute differenze anche in talune pubbliche amministrazioni, ma le
responsabilità del
delegato in ambito sicurezza discendono da un trasferimento a monte di
più ampi
compiti gestionali. La vera novità si osserva quando il datore di
lavoro, inteso come reale responsabile dell'impresa, decide di delegare
le proprie funzioni solo in relazione alla gestione del sistema sicurezza.
Alla base del trasferimento deve esserci un atto privatistico, appunto
la delega, che rispetti alcuni requisiti oggettivi e soggettivi. Oggi
nuove pronunce giurisprudenziali hanno escluso che l'unico requisito oggettivo
sia la complessità organizzativa dell'impresa, intesa quale notevole
ampiezza della struttura aziendale tale da rendere impossibile l'adempimento
personale di tutti gli obblighi prevenzionistici da parte dell'imprenditore.
Secondo l'art.41 della Costituzione questi è libero di organizzare
la sua azienda, piccola o grande che sia, secondo criteri di efficienza,
per cui il vero requisito oggettivo della delega è permettere che
un dirigente o un preposto, operando concretamente, meglio dell'imprenditore
possa assicurare la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Particolare
rilievo ai fini della validità della delega viene attribuito a un
requisito soggettivo, rappresentato dalle capacità del delegato,
che va ricondotto non al titolo di studio ma alla competenza, passata
esperienza e capacità gestionali. Qui il problema diventa delicato
perché,
in caso di evento e successivo accertamento di colpevolezza, l'imprenditore
potrebbe rimanere titolare della posizione di garanzia in toto o in concorso
se per "culpa in eligendo" ha trasferito funzioni a una persona
non capace, oppure, con vero disegno criminoso, la delega è stata
conferita a un falso delegato con il solo intento fraudolento di sgravarsi
di responsabilità penali. Altro requisito oggettivo è l'attribuzione
dell'autonomia operativa ed economica, dato che ogni ingerenza datoriale
o la mancata assegnazione di un adeguato budget privano il delegato degli
strumenti con i quali esercitare i poteri conferitigli. Essendo impossibile
immaginare mandati in bianco, l'attribuzione di mezzi finanziari dovrà essere
ispirata a un rigoroso principio di congruità e rapportata all'ampiezza
e alla complessità dei compiti che il delegato è incaricato
di svolgere. Pur in presenza di tutti i requisiti appena citati, che
dovrebbero ricondurre al riconoscimento di un’efficacia pienamente
liberatoria della delega di funzioni, in passato la giurisprudenza ha
ritenuto il residuare in capo al delegante un obbligo di vigilanza e controllo
dell'attività posta
in essere dal delegato. Di questa contraddizione ha tenuto conto la Suprema
Corte che, con inversione di tendenza, ha affermato che se il responsabile
dell'impresa si sia curato di predisporre un apparato finalizzato al
controllo della persistenza delle condizioni di idoneità del sistema,
a suo carico non è consentito neppure il giudizio di colpevolezza
sotto il profilo della culpa in vigilando. Diversa è invece l'ipotesi
in cui il titolare dell'impresa sia stato informato dal delegato di carenze
e disfunzioni alle quali non si può porre rimedio con gli strumenti
messi a sua disposizione, ovvero allorquando il primo sia a conoscenza
di inadempienze del secondo: in tali casi, essendo stata concretamente
verificata l'insufficienza intrinseca della delega con pericolo di elusione
degli obblighi di sicurezza, la responsabilità penale di eventuali
reati verrà mantenuta
in capo al delegante. Meritevole di approfondimento è anche la delega
di funzioni datoriali a soggetti esterni all'impresa, non dipendenti
gerarchicamente dalla proprietà. L'art.2087 c.c. vincola l'imprenditore
ad adottare tutte le misure che, secondo l'esperienza e la tecnica, risultano
necessarie a garantire la sa-lute dei lavoratori. Nulla vieta che, nell'ottica
di una maggiore efficacia e specializzazione delle fi-gure attive nel
conseguimento di questo risultato, si possa far ricorso a un esterno altamente
professionalizzato che, tra l'altro, risulterebbe del tutto svincolato dall'ingerenza
direttiva tipica del rapporto di subordinazione. Quali applicazioni pratiche
po-trebbe avere quanto fin qui esposto? Premettiamo che questo articolo
trae origine da una specifica richiesta di un’azienda di medie dimensioni
che, dopo un grave infortunio sul lavoro, ci ha professionalmente incaricati
di strutturare un organigramma della sicurezza che rispecchiasse realmente
compiti, attitudini e capacità dei soggetti coinvolti nelle attività aziendali,
con conseguente ridistribuzione del carico di responsabilità. Prio-ritariamente
abbiamo dovuto creare un nuovo do-cumento di valutazione dei rischi,
redigere migliori procedure di sicurezza, formare lavoratori e preposti
e infine individuare alcuni indicatori di performance, utilizzati dal
C.d.A. dell'azienda per mo-nitorare la tenuta del sistema e l'efficienza
nel tempo della delega a datore di lavoro assegnata al proprio responsabile
di produzione. Altro caso di necessità di delega si osserva in tutte
quelle aziende che hanno, inconsapevolmente, più datori di lavoro.
Sono infatti tali tutti quelli che, a vario titolo, hanno poteri decisionali
e di spesa. In questi casi è necessario determinare con atto formale
chi tra questi ha la responsabilità degli interventi prevenzionistici,
perché in
caso di evento si potrebbe configurare, per lo stesso reato, l'inutile
coinvolgimento di più soggetti.
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