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  Dicembre 2012

Articoli n° 6
Luglio 2005
 
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POSTE ITALIANE SPA
IL BILANCIO 2004

BANCA DELLA CAMPANIA-GIFFONI FILM FESTIVAL
PARTNERSHIP TRIENNALE

FIRMA DIGITALE
IL SISTEMA DI SICUREZZA “IDENTRUS”

POSTE ITALIANE SPA
IL BILANCIO 2004
L'era del monopolio sta per chiudersi definitivamente


Sàntolo Cannavale
Esperto di mercati finanziari
s.cannavale@virgilio.it



Nel 2004 Poste Italiane SpA hanno conseguito un utile netto di 236 milioni di euro, a fronte di 9.044 milioni di ricavi. Nel 2003, grazie al contributo decisivo di 59 milioni di plusvalenza per la vendita della partecipazione nel corriere Bartolini, l'utile netto si era attestato a 90 milioni su 8.173 milioni di fatturato. Nel 2002 i medesimi dati risultavano pari, rispettivamente, a 22 e a 7.798 milioni di euro. Il risultato reddituale 2004 ha sorpreso un po' tutti e va ascritto per intero alla gestione ordinaria. La relazione semestrale chiusa al 30 giugno 2004 e pubblicata ai primi di ottobre evidenziava un utile modesto: 25,3 milioni di euro. Un comunicato del CdA avvertiva che per il secondo semestre era ragionevole attendersi un rallentamento del tasso di sviluppo rispetto al ritmo dei mesi precedenti. Tra giugno e dicembre 2004 le Poste avrebbero invece realizzato 211 milioni di utili. Il positivo risultato è stato letto da molti anche in funzione di una possibile privatizzazione dell'azienda postale. Vittorio Malagutti su L'Espresso n. 9 del 10/3/2005 ha parlato di «...utile record per addobbare una vetrina luccicante destinata ai potenziali investitori...». Dal suo articolo sono tratti alcuni dei dati qui riportati, visto che il sito internet di Poste Italiane ferma le sue evidenze di gestione al 2003. I ricavi di Poste Italiane provengono essenzialmente da due rami di attività: corrispondenza e comunicazioni elettroniche, e cioè i tradizionali servizi postali e da BancoPosta. Negli ultimi 4 anni i ricavi da servizi postali sono stati stazionari: 4.333 miliardi nel 2001 e 4.380 miliardi nel 2004, mentre quelli derivanti dai servizi finanziari di BancoPosta hanno evidenziato una forte crescita: da 2.671 miliardi nel 2001 a 3.762 miliardi nel 2004. Il bilancio 2004 ha beneficiato del compenso netto versato dal Ministero dell'Economia alle Poste pari a 1,3 miliardi di euro (1,1 miliardi nel 2003) per la gestione del suo conto corrente di tesoreria. I relativi depositi nel giro di 12 mesi sono aumentati da 26 a 31 miliardi di euro di giacenza media, su cui è stata applicata una commissione del 4,35%, come da convenzione. Il cliente più importante di Poste Italiane resta la Cassa Depositi e Prestiti (CDP), che vale oltre 2 miliardi di ricavi, incassati come compenso per la gestione del risparmio postale raccolto mediante libretti e buoni fruttiferi e messo a disposizione della stessa CDP. Le Poste vengono compensate dallo Stato per il servizio universale svolto attraverso i 14.000 sportelli postali dislocati sull'intero territorio nazionale. Per tale finalità, nel 2003, lo Stato ha erogato alle Poste 415 milioni di euro. Il bilancio 2004 ha registrato altresì 200 milioni di maggiori ricavi rivenienti da aumento delle tariffe postali. In definitiva, le Poste ricevono dallo Stato 3 miliardi di euro sui 9 di giro di affari complessivo. Malagutti rileva: «…Da una parte le Poste si aprono al mercato, lanciando prodotti nuovi e più competitivi in campo finanziario e nel tradizionale settore della corrispondenza. D'altra parte però si rafforza il vecchio rapporto di dipendenza dall'amministrazione pubblica, che si trova a indossare due cappelli: quello del cliente e quello di azionista. Con un evidente conflitto di interessi che rischia di penalizzare il conto economico delle Poste. Tesoro e CDP, infatti, possono sfruttare la loro posizione di forza per garantirsi condizioni contrattuali di favore nei confronti dell'azienda postale. É un rapporto che funziona nei due sensi. Lo Stato apre i cordoni della borsa garantendo ricavi, ma riesce anche a risparmiare sui propri debiti…». In vista di una eventuale quotazione in borsa, non appare privatizzabile il solo Bancoposta, che è legato a doppio filo alla Cassa Depositi e Prestiti. L'azienda pubblica sta cercando di migliorare la propria efficienza e i margini di redditività. I dipendenti attualmente in servizio sono 155.000, con riduzione di 35.000 unità negli ultimi sette anni. A breve termine le Poste non potranno più sfruttare nessuna nicchia di mercato protetta. L'era del monopolio postale sta per chiudersi definitivamente. Nel 2003 è entrata in vigore la direttiva europea che liberalizza il settore delle raccomandate. La piena liberalizzazione del mercato, con tappa intermedia nel 2006, è prevista a partire dal 2009. Poste Italiane stanno cercando di recuperare seguendo l'esempio della tedesca Deutsche Post e dell'olandese TPG, entrambe privatizzate e quotate in borsa. Sono due giganti che realizzano la parte importante del proprio fatturato grazie ai consolidati servizi postali a valore aggiunto, come le consegne espresso e la logistica (gestione e trasporto pacchi). A tale scopo possiedono due delle maggiori imprese internazionali del settore: DHL fa capo a Deutsche Post e TPG controlla TNT. Deutsche Post, in particolare, realizza all'estero 20 dei 43,1 miliardi di euro di fatturato. Poste Italiane, dopo l'arrivo del nuovo presidente Vittorio Mincato proveniente dall'ENI, dovrà decidere su una delicata questione posta dalla Banca d'Italia: la separazione radicale tra la posta e la banca. Fino a oggi è stato visto con favore lo sviluppo di BancoPosta, tenuto conto del suo importante contributo nel portare in attivo il bilancio di Poste Italiane che nel 1998 perdeva 1,3 miliardi di euro. Nei conti di Poste Italiane l'attività bancaria è oggetto di una contabilità separata ma non pubblica. Lo scopo è di evitare che la rete dei 14 mila sportelli, che riceve il contributo dallo Stato per il servizio universale, consenta di erogare prestazioni bancarie a condizioni di favore rispetto alle normali aziende di credito. La semplice separazione contabile non è ritenuta sufficiente e la Banca d'Italia sollecita Poste a una distinzione, attribuendo a BancoPosta un patrimonio autonomo anche sotto il profilo giuridico. Sono due le soluzioni suggerite: a) conferimento a una nuova società del ramo d'azienda BancoPosta; b) istituzione e disciplina di un patrimonio separato e autonomo come da codice civile. La situazione è analizzata da Massimo Mucchetti su Cor-rierEconomia del 30 maggio 2005: «…La questione è tanto più delicata oggi che il governo Berlusconi annuncia la privatizzazione della società e alcuni gruppi privati, in particolare Medio-lanum dove il premier condivide il controllo con Ennio Doris, hanno già stretto accordi operativi con il BancoPosta per la vendita dei loro prodotti finanziari e sono pronti a cogliere la palla al balzo…». In base a tale accordo del 2004 i clienti Mediolanum hanno accesso ai 14 mila sportelli postali, dove possono versare e prelevare denaro contante e in assegni. In vista della privatizzazione il presidente di Deutsche Post, Klaus Zumwinkel, si è detto interessato a rilevare un quarto del capitale di Poste Italiane proponendosi come partner strategico. BancoPosta, con una raccolta di 110 miliardi di euro destinata in larghissima parte alla CDP, potrebbe ricevere la prevista autorizzazione a operare come banca. In tal caso la valutazione di Poste Italiane, fissata a 7,1 miliardi in occasione della cessione del 35% del suo capitale alla CDP, aumenterebbe del 30-40%. In sede di privatizzazione consentirebbe un maggior incasso da parte del Ministero dell'Economia. La richiesta di separazione patrimoniale avanzata dalla Banca d'Italia, sostiene Mucchetti, «...avvicina la concessione del-la licenza, ma prima costringe Poste Italiane a mettere in tavola le carte e, di fatto, riapre il confronto con le banche che arricciano il naso quando agli sportelli postali offre servizi bancari un personale inquadrato con il contratto dei postelegrafonici e non con quello più oneroso dei bancari, o quando osservano il tasso d'interesse sopra la media di mercato che viene applicato al conto di tesoreria del Ministero dell'Economia, o ancora quando si riserva a Poste la raccolta per la Cassa depositi e prestiti. Ma sciogliere l'intreccio tra servizi diversi erogati negli stessi uffici non è solo complicato sul piano organizzativo e sindacale, è anche ricco di difficoltà da un punto di vista economico e industriale. Poste Italiane perde 700 milioni di euro per il servizio universale. A medio termine, riducendo di 20-30 mila addetti l'organico attraverso la chiusura o l'accorpamento di 2 mila sportelli minori e l'attribuzione di altre funzioni a ditte esterne, questa perdita potrà essere ridotta». Con la quotazione in borsa di Poste Italiane, e a maggior ragione se in ipotesi venisse privatizzato il BancoPosta, il ministero dell'Economia dovrebbe "ricontrattare" e ridurre il 4,35% che oggi paga sul suo conto di tesoreria con giacenza media di 31 miliardi di euro. Questo comporterebbe per le Poste un minor introito di circa 600 milioni di euro che bisognerebbe recuperare in altro modo.

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