“LA MASCHERA” DI AVELLINO
È DI SCENA LA BUONA CUCINA
Nella casa di “Pulcinella” ritroverete
cibi e profumi genuini
Ferdinando
Cappuccio
Cultore di enogastronomia
ferdinando.cappuccio@banca.mps.it
Questa affermazione «La tradizione diventa arte per il mezzo delle
intelligenze che sapientemente la interpretano», inserita nel menù,
spiega esattamente lo spirito col quale Luigi "Pulcinella" Oliviero
ha fondato e fatto assurgere ai massimi livelli enogastronomici nazionali "La
Maschera", locale sito nel centro storico di Avellino. Negli anni
'70-'80 la cucina irpina era caratterizzata da trattorie presenti
soprattutto nel serinese in grado di attrarre clienti, in special
modo campani, provenienti in massima parte dalle città costiere,
alla ricerca di una gastronomia semplice e genuina (fusilli al tegamino,
agnello al forno, formaggi stagionati…).
L'esplosione della viticoltura irpina di qualità (al posto di una
produzione quantitativa tanto cara alla cultura contadina) ha prodotto
negli anni '90 la conseguente nascita di locali che, pur non abiurando
giustamente le radici gastronomiche, hanno lavorato alla creazione
di un'offerta differenziata e basata sulla qualità. In tale orbita,
ristrutturando le cantine della settecentesca chiesa di San Francesco
Saverio (conosciuta in Avellino come chiesa di Santa Rita), il dottor
Oliviero, già in
precedenza noto commercialista del luogo, ha creato un locale dove
condividere con gli altri il gusto e i piaceri della vita. La riuscita è stata
perfetta! Tutto è misurato: infatti, l'eleganza non trasborda nell'ostentazione,
il servizio è impeccabile e non prevaricante, l'elaborazione gastronomica è conseguenza
delle esperienze e non mera costruzione di piatti che "devono" sorprendere
(la cucina, secondo Pulcinella Oliviero deve essere del luogo, riconoscibile,
tattile e materica, in quanto il cibo non è una elaborazione astratta,
ma va mangiato!). Non appena entrerete nel locale vi renderete conto
che i mobili d'arredo sono d'antiquariato, povero ma elegante; noterete
certamente i tavoli ben apparecchiati con giusti bicchieri, i quadri
di Lello Esposito alle pareti estremamente intriganti, il giardino
estivo ricavato dal chiostro esterno del '500 di rara suggestività.
Tutto è preparato
per offrire "il meglio" agli ospiti avventori, che sono accolti
con cordialità e orgoglio (perché no?) dal dottore proprietario.
Dopo aver visionato le belle e fornite cantine e aver visto il prosciutto
di Strurno e i formaggi podolici in bella vista vicino al forno antico,
seduti al vostro tavolo sarete pronti al viaggio gastronomico propostovi.
Durante l'ultima visita con l'amico notaio-esploratore del gusto,
abbiamo iniziato le nostre scoperte con un preantipasto, servito
in tazzine ampie da caffé, composto da passato di scarola con fagioli
cannellini e cipollina; ebbene quest'ottimo assaggio sintetizza appieno
la cucina proposta da "La Maschera". I prodotti, infatti, sono
rigorosamente del territorio e di stagione, l'elaborazione è frutto
di una rivisitazione dell'antica pietanza scarola e fagioli, con
la presenza di un maggior peso della cipolla che aumenta la forza
del piatto, mentre l'olio e i prodotti di base sono d'altissima qualità.
Territorio-Tradizione rivisitata-Qualità del
prodotto: ecco dunque il segreto della gran cucina del ristorante
irpino! Abbiamo proseguito con il sacchettino di pasta fillo con
friarielli di Volla, fonduta di mozzarella affumicata e piccola salsiccia
a punta di coltello. Anche questo piatto parte dalla tradizione evocando
il ricordo d'antichi sapori (salsiccia e friarielli) rielaborati
attraverso l'aggiunta di mozzarella che ne attutisce in parte la
spigolosità.
Presi alla gola, abbiamo ordinato un ulteriore antipasto: il filetto
di baccalà islandese
fritto in pastella di ortaggi con salsa di cicerchie. Il baccalà,
fritto senza untuosità, è stato esaltato dalle cicerchie,
ma soprattutto da una salsetta servitaci in un bicchiere; essa non
era altro che una rielaborazione dell'insalata di rinforzo (proprio
quel piatto che releghiamo soltanto alla vigilia di Natale!). Il
gusto della papaccella, del cavolo, dell'aceto, presenti nell'intingolo,
si sposava perfettamente con il filetto di baccalà che emergeva
dalla crosta. Dopo aver gustato un'ottima zuppa di cicerchie con
spinaci e noci del Terminio, ecco che è comparso
in tavola il timpano di paccheri "all'impiedi" con ricotta di
bufala al basilico e ragù napoletano. Così nasce un armonioso
piatto, sublimato dalla presenza del ragù. I sapori antichi del
sugo hanno determinato tra i commensali vecchi ricordi di profumi
e abitudini, dimenticati nella memoria, pronti ad affiorare nitidi
ed evidenti. Il nostro entusiasmo culinario, soprattutto dell'elegante
moglie del Real esploratore, ha incuriosito Pulcinella, che coinvolto
emotivamente, ci ha servito una sorpresa: una fetta di pane casereccio
condito con sugo del ragù,
ricordo di tante colazioni domenicali di anni passati…
Un magnifico filettino di maiale, con riduzione di Taurasi all'alloro
e tortino di patate all'arancia hanno concluso la superba parte salata
della cena; tutte le pietanze sono state accompagnate da cinque Taurasi
di produttori diversi, ma della stessa annata (Antico Borgo, Salvatore
Mollettieri, Perillo, Pietracupa, Urciuolo). Questo confronto tra vini è stato
possibile grazie alla concomitanza della serata organizzata in altra sala
dall'Ac-cademia di Degustazione Mediterranea. Infine, come tutti i locali
più importanti, non potevamo non concludere che con un degno dessert
di produzione della casa; così ci sono stati serviti un tortino
di riso al cardamomo con salsa di amarena e un tortino morbido di roccocò con
cuore di mandorle e cioccolato bianco, entrambi esaltati dalla Malvasia
delle Lipari di Hauner. Una domanda è in ogni caso restata nell'aria:
perché Pulcinella? Personalmente mi sono fatto un'idea, ma come
tutte le intuizioni resta nel personale; se siete curiosi e volete passare
una bella serata, cercate di scoprirlo a "La Maschera" di Avellino.
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