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  Dicembre 2012

Articoli n° 6
Luglio 2005
 
L'Impresa di cucinare - Home Page
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“LA MASCHERA” DI AVELLINO
È DI SCENA LA BUONA CUCINA
Nella casa di “Pulcinella” ritroverete cibi e profumi genuini

Ferdinando Cappuccio
Cultore di enogastronomia
ferdinando.cappuccio@banca.mps.it

Questa affermazione «La tradizione diventa arte per il mezzo delle intelligenze che sapientemente la interpretano», inserita nel menù, spiega esattamente lo spirito col quale Luigi "Pulcinella" Oliviero ha fondato e fatto assurgere ai massimi livelli enogastronomici nazionali "La Maschera", locale sito nel centro storico di Avellino. Negli anni '70-'80 la cucina irpina era caratterizzata da trattorie presenti soprattutto nel serinese in grado di attrarre clienti, in special modo campani, provenienti in massima parte dalle città costiere, alla ricerca di una gastronomia semplice e genuina (fusilli al tegamino, agnello al forno, formaggi stagionati…). L'esplosione della viticoltura irpina di qualità (al posto di una produzione quantitativa tanto cara alla cultura contadina) ha prodotto negli anni '90 la conseguente nascita di locali che, pur non abiurando giustamente le radici gastronomiche, hanno lavorato alla creazione di un'offerta differenziata e basata sulla qualità. In tale orbita, ristrutturando le cantine della settecentesca chiesa di San Francesco Saverio (conosciuta in Avellino come chiesa di Santa Rita), il dottor Oliviero, già in precedenza noto commercialista del luogo, ha creato un locale dove condividere con gli altri il gusto e i piaceri della vita. La riuscita è stata perfetta! Tutto è misurato: infatti, l'eleganza non trasborda nell'ostentazione, il servizio è impeccabile e non prevaricante, l'elaborazione gastronomica è conseguenza delle esperienze e non mera costruzione di piatti che "devono" sorprendere (la cucina, secondo Pulcinella Oliviero deve essere del luogo, riconoscibile, tattile e materica, in quanto il cibo non è una elaborazione astratta, ma va mangiato!). Non appena entrerete nel locale vi renderete conto che i mobili d'arredo sono d'antiquariato, povero ma elegante; noterete certamente i tavoli ben apparecchiati con giusti bicchieri, i quadri di Lello Esposito alle pareti estremamente intriganti, il giardino estivo ricavato dal chiostro esterno del '500 di rara suggestività. Tutto è preparato per offrire "il meglio" agli ospiti avventori, che sono accolti con cordialità e orgoglio (perché no?) dal dottore proprietario. Dopo aver visionato le belle e fornite cantine e aver visto il prosciutto di Strurno e i formaggi podolici in bella vista vicino al forno antico, seduti al vostro tavolo sarete pronti al viaggio gastronomico propostovi. Durante l'ultima visita con l'amico notaio-esploratore del gusto, abbiamo iniziato le nostre scoperte con un preantipasto, servito in tazzine ampie da caffé, composto da passato di scarola con fagioli cannellini e cipollina; ebbene quest'ottimo assaggio sintetizza appieno la cucina proposta da "La Maschera". I prodotti, infatti, sono rigorosamente del territorio e di stagione, l'elaborazione è frutto di una rivisitazione dell'antica pietanza scarola e fagioli, con la presenza di un maggior peso della cipolla che aumenta la forza del piatto, mentre l'olio e i prodotti di base sono d'altissima qualità. Territorio-Tradizione rivisitata-Qualità del prodotto: ecco dunque il segreto della gran cucina del ristorante irpino! Abbiamo proseguito con il sacchettino di pasta fillo con friarielli di Volla, fonduta di mozzarella affumicata e piccola salsiccia a punta di coltello. Anche questo piatto parte dalla tradizione evocando il ricordo d'antichi sapori (salsiccia e friarielli) rielaborati attraverso l'aggiunta di mozzarella che ne attutisce in parte la spigolosità. Presi alla gola, abbiamo ordinato un ulteriore antipasto: il filetto di baccalà islandese fritto in pastella di ortaggi con salsa di cicerchie. Il baccalà, fritto senza untuosità, è stato esaltato dalle cicerchie, ma soprattutto da una salsetta servitaci in un bicchiere; essa non era altro che una rielaborazione dell'insalata di rinforzo (proprio quel piatto che releghiamo soltanto alla vigilia di Natale!). Il gusto della papaccella, del cavolo, dell'aceto, presenti nell'intingolo, si sposava perfettamente con il filetto di baccalà che emergeva dalla crosta. Dopo aver gustato un'ottima zuppa di cicerchie con spinaci e noci del Terminio, ecco che è comparso in tavola il timpano di paccheri "all'impiedi" con ricotta di bufala al basilico e ragù napoletano. Così nasce un armonioso piatto, sublimato dalla presenza del ragù. I sapori antichi del sugo hanno determinato tra i commensali vecchi ricordi di profumi e abitudini, dimenticati nella memoria, pronti ad affiorare nitidi ed evidenti. Il nostro entusiasmo culinario, soprattutto dell'elegante moglie del Real esploratore, ha incuriosito Pulcinella, che coinvolto emotivamente, ci ha servito una sorpresa: una fetta di pane casereccio condito con sugo del ragù, ricordo di tante colazioni domenicali di anni passati…
Un magnifico filettino di maiale, con riduzione di Taurasi all'alloro e tortino di patate all'arancia hanno concluso la superba parte salata della cena; tutte le pietanze sono state accompagnate da cinque Taurasi di produttori diversi, ma della stessa annata (Antico Borgo, Salvatore Mollettieri, Perillo, Pietracupa, Urciuolo). Questo confronto tra vini è stato possibile grazie alla concomitanza della serata organizzata in altra sala dall'Ac-cademia di Degustazione Mediterranea. Infine, come tutti i locali più importanti, non potevamo non concludere che con un degno dessert di produzione della casa; così ci sono stati serviti un tortino di riso al cardamomo con salsa di amarena e un tortino morbido di roccocò con cuore di mandorle e cioccolato bianco, entrambi esaltati dalla Malvasia delle Lipari di Hauner. Una domanda è in ogni caso restata nell'aria: perché Pulcinella? Personalmente mi sono fatto un'idea, ma come tutte le intuizioni resta nel personale; se siete curiosi e volete passare una bella serata, cercate di scoprirlo a "La Maschera" di Avellino.

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