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  Dicembre 2012

Articoli n° 1
Gennaio/febbraio 2005
 


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IL MUSEO DEL TESORO DI SAN GENNARO
UN PERCORSO DI SPLENDORI LUNGO SETTE SECOLI

IL PERICOLO DEI NUOVI COMPETITORS
tutelare l’ingegno italiano

IL PERICOLO DEI NUOVI COMPETITORS
tutelare l’ingegno italiano
Uno studio di Unioncamere suggerisce una semplificazione delle regole dell'export

Giovanni De Maio
Vietri Ceramic Group

demaio@vietri-ceramic.it


A osservare gli indicatori economici nazionali c'è da ben sperare in una ripresa dei mercati, soprattutto quelli esteri e relativi a quei Paesi europei che, secondo i prodotti offerti, sono definiti contendibili, essendo disponibili a nuove offerte e non ancora saturi, ma soprattutto aperti a prodotti provenienti da quei Paesi dell'Estremo Oriente ad economia, per così dire "semplice", soprattutto nel rapporto manodopera-prezzo. Una serie di fattori, cui non sono estranei i sistemi di collegamento con i mercati dell'area euro e la caratterizzazione delle produzioni - più tendenti al manifatturiero e, se vogliamo, in alcuni casi di "nicchia" - indicano per il Mezzogiorno d'Italia una ripresa del Pil leggermente al di sotto degli indici nazionali. Non va, tra l'altro, sottovalutato il tradizionale "arroccamento" sul mercato domestico di alcune regioni meridionali, che devono combattere con un retroterra produttivo a percorso storico alquanto differenziato e condizionato da vincoli (spesso geografici) che riducono la competitività sui mercati lontani. In questo scenario, secondo dati rilevabili da uno studio della Camera di Commercio di Salerno e dell'Unioncamere, la Campania dovrebbe attestarsi per questo 2005 su un +2,3% e per il prossimo anno su un +2,4%, seguendo un percorso di crescita lento, ma costante. Non solo, le esportazioni farebbero, di conseguenza, registrare consistenti incrementi, qualora si raggiungesse, per il periodo in esame 2004/2006, un +3,4% contro il -0,8% del precedente triennio conclusosi alla fine del 2003. Salerno, dal canto suo, nello stesso periodo triennale vedrebbe una crescita delle esportazioni pari al +2,2%. Di certo da qualche tempo si devono fare i conti con nuovi "competitors" (in buona parte identificabili come Cina e Paesi europei extra mercato comunitario) che erodono quote di mercato. Il "pericolo cinese" in specie, in Campania (e regioni dell'Italia centrale caratterizzate da imprenditorialità diffusa), viene maggiormente percepito, soprattutto per il fatto di avere in comune con la potenza asiatica molte delle aree di mercato, dove i prodotti meridionali vengono forniti dalla Cina a prezzi nettamente inferiori e non sostenibili dalle imprese campane. Quel Paese, infatti, pur avendo scoperto la competitività dell'economia occidentale e pur avendo fatto il suo ingresso nel mercato internazionale, non ne rispetta ancora i patti commerciali. Basti pensare quanto costa, ad un'economia occidentale, un brevetto, che poi viene "utilizzato made in China" senza pagare i costi dell'ideazione e relativa possibilità di sfruttamento. La Campania è stata una delle prime regioni italiane a guardare al mercato cinese, ma è necessario che ci si cauteli, in modo da ridurre quanto più è possibile i fattori di rischio e sfruttare al meglio i fattori benefici che possono derivare da un mercato dove oltre un miliardo di persone sono in attesa di quei prodotti sinora appannaggio esclusivo del consumo occidentale o, se vogliamo, delle economie industrializzate e comunque a regime di libera concorrenza. La prestigiosa manifestazione Vinitaly, che si trasferirà in Cina nella prossima primavera per aprire nuovi mercati a un prodotto di pregio per la sua specificità italiana, è solo l'ultimo anello di una serie di interscambi tra l'Italia e la Cina. Prima c'è stata la moda, con abbigliamento e accessori, seguita dai prodotti di arredamento e corredo casa; e ci saranno di certo altri produttori che vorranno esplorare il mercato cinese. Il fattore rischio dei conseguenti "disturbi" commerciali, che si traducono in difficoltà di mercato estero per i produttori italiani, deve essere calcolato, perché sempre in agguato. Basti citare, una per tutte, l'industria ceramica italiana, frutto di un'autentica tradizione e di ingegno di designer, artisti e artigiani, che viene con disinvoltura copiata toucourt, venduta su mercati tradizionalmente italiani, a costi nettamente inferiori rispetto al prodotto nostrano. Si ritorna, quindi, a quel concetto di rispetto delle regole del commercio sopra citate, ma è indispensabile guardare anche a nuove iniziative di tutela delle produzioni nazionali. Non si può pensare che la corsa alla modernizzazione di un Paese sinora chiuso dietro cortine "protezionistiche" possa rappresentare una minaccia per le economie occidentali. Appare, pertanto, necessario, anzi impellente, la messa a punto di schemi e norme capaci di tutelare l'ingegno italiano. Già con la sola esportazione di brevetti o di ideazioni, gli italiani potrebbero ritagliarsi fette di mercato considerevoli. Il problema è che non sempre determinate economie trovano percorribile questa strada, ritenendo più facile (ed economicamente più appetibile) la via della riproduzione replicata. E bisogna vigilare sull'import di quei prodotti che rappresentano una scorretta concorrenza a quelli italiani sui nostri mercati. Lo stesso studio dell'Unioncamere suggerisce che sarebbe necessaria una semplificazione delle regole dell'export verso i Paesi contendibili, ma anche verso quei nuovi mercati che sembrano evolversi più rapidamente di quanto non si pensi. Sono concorrenti certamente agguerriti che stanno scoprendo i nuovi sistemi occidentali, competitors ma anche paganti in fattore guadagno e benessere individuale e sociale, per cui mercati da guardare con attenzione. In Europa vi sono poco meno di 20 milioni di imprese private extra-agricole. Di queste il 20% circa sono in Italia, nazione che risulta avere il maggior numero di imprese a piccola e media dimensione (-500 dipendenti). Queste aziende contribuiscono alla crescita della società civile italiana, offrendo occupazione e generando ricchezza. A queste imprese fa riferimento il 72% del valore aggiunto nazionale e l'82% dell'occupazione. Dati forniti da Unioncamere, che fotografano lo scenario esatto sul quale i responsabili delle politiche economiche e dell'export centrali dovranno muoversi per la tutela e la salvaguardia di un patrimonio nazionale, costituito da uomini e tecnologie, da idee e prodotti sinora targati "Made in Italy" e apprezzati sui mercati internazionali come manufatti di bellezza stilistica, originalità e durevolezza nel tempo. Le sfide di altre economie vanno accettate, non sottovalutate e affrontate per essere vinte in un contesto di sana concorrenzialità e non di scorrettezza commerciale.

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