COMPETERE PER CRESCERE
PER IL BUON PARTENaRIATO INDUSTRIALE
Concorrenza e internazionalizzazione
occasioni di sviluppo
Vincenzo
Boccia
Presidente Assafrica & Mediterraneo
presidenza@assafrica.it
Si parla molto d'internazionalizzazione delle imprese,
in un moltiplicarsi disordinato di voci che, anziché armonizzarsi
in un coro in cui le varie sezioni si fondono, finiscono
invece per essere un aggregato fastidioso e fragoroso di
rumori di sottofondo da cui allontanarsi. É passato
solo un anno da quando abbiamo cominciato a declinare sulle
pagine di Costozero il discorso sull'internazionalizzazione
delle imprese italiane nell'area del Mediterraneo, dell'Africa
e del Medio Oriente, zona geografica di attività di
Assafrica & Mediterraneo. Eppure, il contesto in cui
le imprese italiane si trovano a operare è profondamente
cambiato. L'accelerazione della globalizzazione dell'economia,
dei trasporti, delle comunicazioni, della finanza, della
scienza e di ogni attività umana e, sempre più,
della politica, impone un ripensamento dell'agire di ogni
cittadino e soprattutto di ogni imprenditore, che nella globalizzazione
deve non solo vivere ma soprattutto far sopravvivere la propria
azienda. Sopravvivenza sempre più difficile, in quanto
la globalizzazione e l'abolizione in corso di tutte le barriere
tariffarie e non tariffarie nell'ambito del WTO, l'Organizzazione
Mondiale del Commer-cio, impone una competizione globale
e una sempre più violenta concorrenza senza frontiere
che specie le piccole e medie imprese, che sono il tessuto
produttivo dell'Italia, hanno grandi difficoltà a
sostenere. La situazione è ulteriormente aggravata
in questo momento - e per il prossimo futuro - dalla fortissima
svalutazione del dollaro e di tutte le monete a esso legate,
in particolare quella cinese, che negli ultimi due anni ha
superato il 40% rispetto all'euro e che molti economisti
prevedono in ulteriore aumento nei prossimi anni. La criticità strutturale
della situazione è appena accennata dai dati relativi
alla quota italiana sull'export mondiale, che nel periodo
1996-2003 è scesa dal 4,3 al 3,4%, a prezzi costanti,
e dal 4,7 al 3,8% del totale, a prezzi correnti. La situazione
viene però mitigata, nel breve termine, dalla natura
dei mercati di destinazione specie delle PMI, il cui export è indirizzato
per più della metà verso i Paesi dell'Unione
Europea e, solo a congrua distanza, verso Europa orientale,
Nord America e Asia orientale. Anche in queste aree però la
concorrenza dei prodotti americani e cinesi (o, sempre più,
americani prodotti in Cina), in relazione alla forte svalutazione
del dollaro farà perdere rapidamente quote di mercato
alle imprese europee, e in particolare a quelle italiane,
che sono di dimensione media molto più piccola di
quelle degli altri Paesi di Eurolandia. Di fronte a questa
situazione, occorre certamente riposizionare i propri prodotti
e servizi ma anche trovare rapidamente nuovi mercati e nuove
localizzazioni produttive per far sopravvivere nei prossimi
decenni le nostre aziende. Cina, Russia, India: ciascuno
può scegliere, a seconda dei mercati emergenti che
vuole conquistare e della tipologia delle proprie produzioni.
Personalmente credo però che i Paesi del Mediterraneo
e del Medio Oriente prima e dell'Africa poi, siano il bacino
di sviluppo naturale specie delle piccole e medie imprese
italiane. Lo credo non tanto perché come Presidente
di Assafrica & Mediterraneo, l'Associazione di Confindustria
che rappresenta le imprese italiane presenti o interessate
allo sviluppo nei settanta Paesi dell'Africa, Mediterraneo
e Medio Oriente, ormai da 25 anni conosciamo e supportiamo
le aziende su questi mercati. Lo credo, invece, soprattutto
come imprenditore italiano, che in questi mercati naviga
e ha percepito che la globalizzazione sta realizzandosi attraverso
la creazione di macro-regioni commerciali, economiche e,
in tendenza, politiche, di cui la nostra naturale è quella
che, intorno all'Europa, raggruppa tutti i paesi ad essa
legati sia per vicinanza geografica che per legami storici
e culturali. In quest'ambito, due grandi processi politico-economici
in tempi strettissimi ci costringeranno a considerare nuovi
e ulteriori scenari economici, allorquando il nostro Sistema-Paese
sembra ancora non aver compreso, a cinque anni dal termine
finale, l'esplosività della zona euro-mediterranea
di libero scambio del 2010. Da un lato infatti c'è la
nuova Politica Europea di Vicinato e il relativo strumento
finanziario unico che ne rappresenta una delle maggiori novità,
che sostituirà tutti gli altri strumenti finanziari
attualmente in vigore (MEDA, TACIS, PHARE, ecc); dall'altro
quella del Medio Oriente Allargato, promossa dal G8 ma nata
in realtà a seguito di una iniziativa statunitense
di supporto alla forte azione di penetration market degli
Stati Uniti sull'area. Ambedue modificheranno in modo sensibile
i rapporti dell'Unione Europea - e quindi le dinamiche economiche
del nostro Mercato Unico - con i Paesi limitrofi. Non a caso
il Ministero degli Esteri italiano ha espresso forte interesse
al riequilibrio verso Sud di una policy europea che è nata
essenzialmente mirata nei confronti dei paesi vicini dell'Est
e non a caso ne stiamo seguendo l'evoluzione, insieme a quella
del Grande Medio Oriente Allargato, nell'ambito del quale
Assafrica & Mediterraneo rappresenta, attraverso un Membro
del Comitato Esecutivo, il Sistema imprenditoriale italiano,
obbligati a confrontarci severamente, per difendere gli interessi
delle imprese del nostro Paese operanti nell'area, con le
difficoltà legate a eleganti espressioni di un linguaggio
diplomatico internazionale, che in realtà sottende
una forte volontà protezionistica della presenza commerciale
americana nell'area. In questo contesto dobbiamo deciderci
ad ammettere che le imprese europee da troppo tempo sono
abituate a operare al riparo della competizione, all'interno
della risposta dei governi nazionali che di fronte alla globalizzazione
hanno reagito negli anni scorsi dapprima con il protezionismo
e poi con la creazione di macroaree prima commerciali e poi
economiche - e in tendenza politiche -, di cui il Mercato
unico europeo ne è esempio. In questo quadro, la nostra
capacità di penetrazione e consolidamento delle nostre
nicchie di mercato non può continuare a essere affidata
alla capacità di un numero circoscritto, anche se
in costante aumento, di imprenditori preveggenti, molti dei
quali sono in Assafrica & Mediterraneo fin dalla sua
costituzione nel 1980. Il nodo centrale, per riprendere un'acuta
considerazione di un nostro associato, peraltro attento autore
degli editoriali di Costozero sarà, come accade del
resto nel nostro Mezzogiorno, colmare non solo i deficit
infrastrutturali del nostro Paese, ma soprattutto il gap
comunicativo, attraverso la chiarezza e l'affidabilità delle
informazioni da dare a chi rischia i propri soldi, evitando
che troppe sirene distolgano i marinai dal loro cammino.
Entra quindi in gioco il nostro Sistema delle imprese, in
cui ruoli diversi e complementari spettano a Confindustria,
l'organizzazione centrale e alle Associazioni. Toccherà quindi
a Confindustria, come ha scritto il Presidente confederale
in un suo contributo per Assafrica & Mediterraneo, operare
per la circolazione delle informazioni sul nostro modo di
lavorare, il management e il funzionamento delle nostre imprese,
facilitando così le collaborazioni con gli operatori
esteri. Spetta, invece, a noi di Assafrica & Mediterraneo
lavorare, specie per le piccole e medie aziende, per l'informazione
e la formazione imprenditoriale e soprattutto per il rafforzamento
del partenariato industriale attraverso accordi, joint-venture,
trasferimento tecnologico e organizzativo, aumentando le
occasioni di incontro e la ricerca di partner: temi che Assafrica & Mediterraneo
sta sviluppando fortemente in questi ultimi mesi e che saranno
la nostra principale priorità nei prossimi anni. Solo
così sarà possibile operare un mutamento della
cultura d'impresa attuale, per portare le nostre aziende
a lavorare, con quella genialità che ci contraddistingue
e che ha permesso a un Paese, stremato dalla Seconda guerra
mondiale, di risollevarsi e diventare esportatore non solo
di beni e servizi ma sopratutto di modelli imprenditoriali.
Per portare il nostro tessuto imprenditoriale ad operare,
cioè, in regime di forte concorrenza internazionale:
perché la concorrenza non è solo una difficoltà da
governare ma è anche crescita e occasione di sviluppo.
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