espansionismo della
proprietÀ pubblica
interviene il presidente di confindustria
IL COMPARTO TESSILE IN CIFRE
LA CONCORRENZA TRUCCATA NON È PiÙ DI MODA
La strada
per Kyoto passa dal riciclo
La fotografia di Unire sul mondo dei rifiuti
La strada per Kyoto passa dal riciclo
La fotografia di Unire sul mondo dei rifiuti
Dal Rapporto “L'Italia
del Recupero” emergono problematiche ed eccellenze del settore
di Vito Salerno & Monica De Carluccio
“La strada per Kyoto passa dal riciclo dei rifiuti", è questo
il messaggio che emerge da "L'Italia del Recupero", l'indagine
sul riciclo dei rifiuti promossa dall'Unire (Unione Imprese di
Recupero), l'Associazione che aderisce a FISE - Federazione Imprese
di Servizi di Confindustria. Lo studio, realizzato con il Patrocinio
del Ministero dell'Ambiente, del Ministero delle Attività Produttive
e di Apat, in collaborazione con l'Osservatorio Nazionale sui Rifiuti
e con il contributo di Conai ed Ecomondo, è stato presentato
nel corso della Fiera Internazionale sul recupero di materia Ecomondo
di Rimini. Lo studio, promosso nelle precedenti 5 edizioni da Assoambiente, è stato
curato quest'anno per la prima volta da Unire. Il Rapporto si compone
di ben 9 indagini dei settori, curate dalle aggregazioni dei recuperatori
presenti in FISE UNIRE, con riferimento ai seguenti materiali/prodotti
a fine vita: carta (UNIONMACERI), vetro (GMR), imballaggi in acciaio
(SARA), alluminio (per quanto riguarda questo settore, lo specifico
rapporto è realizzato da CIAL-Consorzio Imballaggi in Alluminio),
plastica (ASSORIMAP), gomma (ARGO), apparecchiature elettriche
ed elettroniche (RAEE), fine vita auto (GRUPPO DEMOLIZIONE VEICOLI),
rifiuti inerti (ANPAR). Il Rapporto contiene, inoltre, un focus
sulla selezione e valorizzazione della raccolta differenziata. A oggi "L'Italia
del Recupero", rispetto ad altri studi di settore, costituisce
l'unica indagine a tutto campo sulle attività di riciclaggio,
con aggiornamenti annuali capaci di offrire una panoramica generale
delle diverse realtà presenti in questo settore. «L'incremento
registrato a livello generale dalle raccolte differenziate»,
dichiara il Presidente Unire Corrado Scapino, «sia pure in modo
non uniforme sul territorio nazionale, ha consentito lo sviluppo
delle attività di riciclo in particolare per i rifiuti di provenienza
urbana. Tuttavia se si guarda ad altri Paesi (soprattutto del nord
Europa) esistono ancora spazi per l'ampliamento del mercato e,
quindi, per un più ampio utilizzo da parte del sistema produttivo
dei materiali recuperati dai rifiuti».
Presidente Scapino quale scenario si prospetta per la gestione dei rifiuti?
Questo settore, oltre a essere una risorsa fondamentale per l'economia
italiana in termini di materie prime ed energia risparmiate, può offrire
un contributo importante nell'ambito degli impegni di Kyoto, soprattutto
se si considera che l'Italia detiene la maglia nera per il mancato rispetto
degli accordi sulla riduzione delle emissioni climalteranti. Nel 2004,
ad esempio, grazie al recupero della plastica si sono evitate emissioni
di gas a effetto serra per 105 mln di tonnellate. Tale sarebbe stato,
infatti, l'inquinamento immesso nell'ambiente se si fosse dovuto produrre
un quantitativo di nuove materie plastiche pari a quello riciclato.
Analizziamo ora i principali dati che emergono
dallo studio, cominciando dai settori "tradizionali". Che
anno ha vissuto il comparto della carta?
Il 2004 per il settore del recupero carta potrebbe essere definito come "l'anno
del sorpasso". Sono stati infatti 12 mesi in cui, come da previsioni,
la raccolta di macero nazionale ha superato il consumo da parte delle
cartiere di 100mila tonnellate. Di conseguenza, l'Italia è divenuta
un esportatore netto di macero, ovvero le importazioni hanno superato
le esportazioni in quantità, anche se in valore si trovano ancora
molto al di sotto di queste. Ciò avviene perché l'Italia è un
paese importatore di macero di qualità più pregiate, a maggior
contenuto di cellulosa, mentre esporta macero di qualità inferiore.
L'analisi dell'evoluzione dei tassi di raccolta, utilizzo e recupero,
evidenzia sostanziali differenze; infatti il tasso di raccolta presenta
una progressione di 8 punti percentuali a partire dal 2000, quello di
recupero cresce del 2,4%, mentre l'utilizzo risulta sostanzialmente stazionario.
Tale dinamica dimostra che l'accresciuta disponibilità di macero
non ha condotto i produttori nazionali a investire significativamente
in tecnologie che permettano un maggiore impiego di materiale recuperato
nella produzione cartaria. Anche il tasso di recupero presenta variazioni
di ordine trascurabile in particolare dal 2001 al 2004 (v. Grafico 1).
La raccolta differenziata cresce soprattutto al Sud. Aumenta in modo esponenziale
l'export verso i paesi asiatici, Cina in testa.
E per la plastica?
Nel 2004 in Italia su oltre 5 mln di tonnellate di materiali termoplastici
immessi al consumo, risultano avviati a riciclo meno del 17% del totale.
Il riciclo della plastica consente di risparmiare 105 mln di tonnellate
di emissioni di gas a effetto serra, 25 mln di tonnellate di petrolio.
Alla scarsa percentuale di materie avviate a recupero fa da contraltare
la crescita delle raccolte differenziate che salgono al 12,1%, anche se
esperienze estere dimostrano che sono perseguibili cifre ben più alte
(Francia 44%, Svizzera 70%, Belgio 60%, Germania 80%).
Dal rapporto si evincono particolari criticità per
l'industria del vetro e della gomma. Quali i principali motivi di tale
condizione?
L'Italia si conferma il terzo paese produttore di imballaggi in vetro
in Europa Occidentale (dopo Germania e Francia) raggiungendo 3.582.777
tonnellate. Dal censimento emergono dati discordanti con quelli registrati
da COREVE, che segnalano una riduzione dei flussi da raccolta differenziata
che cresce a ritmo più lento nel Sud del Paese dove rappresenta
solo il 15% del totale. Per quel che concerne il comparto della gomma,
l'Italia mantiene anche nel 2004 il triste primato come Paese che in Europa
recupera la minor percentuale di pneumatici fuori uso. La quota di recupero
di materia infatti sul totale dei pneumatici usati, circa 410.588 tonnellate
quest'anno, è inferiore alla media europea (il nostro 6% contro
il 25% circa in UE), mentre quella destinata alla discarica risulta ancora
troppo elevata rispetto alla media europea (47,5% in Italia contro il
25% circa in UE), nonostante il calo dal 51% registrato lo scorso anno.
In linea con la media europea, invece, sono la quota destinata alla ricostruzione
(12,94%) e quella al recupero energetico (27,20%). Tra le altre destinazioni
dei pneumatici usati: materie prime secondarie 6,03%, export 2%, stoccaggi
censiti (4,33%).
L'Italia del Recupero prende in considerazione anche settori emergenti,
in cerca di regole certe o che piuttosto attendono una concreta e pronta
attuazione delle normative di recepimento delle leggi europee. Ci riferiamo
alla gestione dei rifiuti provenienti dalla demolizione dei veicoli e
di quelli legati alle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)
dismesse.
Si tratta di settori che sul versante normativo attendono ancora delle
risposte e che sono spesso penalizzati dalle attività illecite
di operatori non autorizzati allo smaltimento. Veniamo ai dati. Nel 2004
sono stati demoliti 1.473.416 veicoli (-8,4% rispetto al 2000) per un
totale di 1,4 mln di tonnellate di materie recuperate. Anche fino a maggio
del 2005, la tendenza si è confermata tale. Attualmente circa il
25% dei veicoli demoliti viene smaltito in discarica, mentre il 75% viene
reimpiegato (mediamente, circa il 5%, ma molto dipende dall'età e
dalle condizioni dell'autovettura) e recuperato. Quasi del tutto assenti
i processi recupero energetico legati al comparto. Le difficoltà di
smaltimento spingono a esportare i rifiuti oltre confine, in Germania.
Da parte sua il consumo di apparecchiature elettriche ed elettroniche
(AEE), raffronto 2003-2004, è in forte ascesa: elettrodomestici
bruni +40% circa; piccoli elettrodomestici +15%; telefonia +10%; elettrodomestici
bianchi e office equipment +5%. L'analisi rileva la presenza di 138 impianti
(fonte Apat) che effettuano operazioni di recupero dei RAEE di provenienza
urbana e che trattano un totale di 89.739 tonnellate di RAEE, dei quali
il 58,7% è costituito da rifiuti pericolosi, il restante 41,3%
da rifiuti non pericolosi. A conferma del periodo di crescita dei consumi
che sta interessando il settore, il trend di immesso al consumo dal 1996
al 2004, in crescita costante per il settore dei grandi elettrodomestici
(comprendente lavatrici, frigoriferi, forni da cottura ecc.), registra
un'impennata nei settori della telefonia e delle apparecchiature di consumo
(i cosiddetti elettrodomestici bruni): tale variazione nel primo caso
risulta dovuta probabilmente all'ingresso nel mercato del terzo gestore
della telefonia mobile e dei telefonini di nuova generazione; nel secondo,
l'impennata è da attribuirsi alla crescita sempre maggiore del
comparto video (schermi per retroproiezione, e lettori DVD in primis,
ma anche componenti satellitari). Anche il comparto delle apparecchiature
informatiche mostra livelli di crescita molto elevati soprattutto in quanto
conseguenti a una fase congiunturale non positiva terminata nel 2003.
A fronte delle tante problematiche che il settore
sta vivendo esistono anche delle "eccellenze"?
Sono soprattutto due i comparti merceologici che confermano il progressivo
miglioramento del trend di gestione dei rifiuti: gli imballaggi in acciaio
e alluminio. La raccolta di imballaggi in acciaio nel 2004 ha raggiunto
quota 345.000 tonnellate, con un aumento di 9.000 tonnellate rispetto
al 2003, confermando il suo trend positivo. Centrato l'obiettivo di avvio
al riciclo posto dal Consorzio Nazionale Acciaio (CNA) che ha toccato
le 321mila tonnellate. Il Paese che guida la classifica europea della
raccolta degli imballaggi in acciaio è il Belgio (94%), mentre
l'Italia si attesta sul 57,9% dell'immesso a consumo (v. Grafico 2). Buone
notizie arrivano anche dall'alluminio. Si conferma anche nel 2004, infatti,
il primato dell'Italia nella speciale classifica del riciclo di questo
materiale. Non si tratta di una novità. L'industria italiana detiene
ormai da anni una posizione di rilievo nel panorama mondiale per quantità di
materiale riciclato. Il nostro Paese è infatti terzo al mondo insieme
alla Germania, dopo Stati Uniti e Giappone. Nell'ultimo decennio la produzione
italiana di alluminio riciclato è cresciuta del 65%, toccando nel
2004 le 619mila tonnellate; questa quantità rappresenta il 76%
dell'alluminio prodotto in Italia (dati elaborati dal Consorzio Imballaggi
Alluminio). Si tratta di risultati molto importanti che confermano una
tradizione ormai consolidata nella continua R&S di tecnologie per
riciclare e recuperare alluminio, pre e post consumo, da riutilizzare
nei diversi settori applicativi. È un primato ancora più interessante
se consideriamo gli aspetti legati alle performance ambientali di questo
materiale: infinita riciclabilità, salvaguardia dell'ambiente e
delle sue risorse naturali e importante contributo alla riduzione di emissioni
nell'atmosfera in linea con il protocollo di Kyoto. Dal riciclaggio dell'alluminio
deriva infatti un risparmio energetico pari a 2,2 mln di tep (tonnellate
equivalente petrolio) e quindi sono state evitate emissioni serra pari
a 6,2 mln di tonnellate di anidride carbonica. Ottimo anche l'apporto
per le fonderie italiane che hanno trattato oltre 804 tonnellate di rottami
di alluminio.
L'importazione di rottami di alluminio per una quota pari a circa il 40%
del potenziale produttivo installato, rende evidente la capacità d'assorbimento
di qualsiasi aumento delle quantità raccolte sul territorio nazionale
e destinate al riciclo.
Per il settore dei rifiuti inerti ci sono particolari
novità rispetto
alla precedente edizione?
Sostanzialmente poco è cambiato. In Italia nel 2004 sono stati
prodotti circa 40 mln di tonnellate di rifiuti inerti. Il settore vive
una situazione di profonda arretratezza: vengono infatti riciclate solo
3,7 mln di tonnellate, pari a circa il 10% del totale prodotto. Quasi
il 100% di questa tipologia di rifiuti appartiene alla categoria rifiuti
delle operazioni di costruzione e demolizione.
Alla luce di questi dati, quali priorità si
configurano per il settore?
Nonostante il quadro normativo del settore del recupero si sia recentemente
arricchito con nuove discipline speciali, complessivamente siamo ancora
molto lontani da un "approccio globale" alla realtà del
recupero e del riciclaggio, nell'ambito di una visione integrata della
gestione dei rifiuti. Analogamente a quasi tutti gli altri settori economici,
anche questo comparto risente ormai appieno della globalizzazione del
mercato e quindi degli influssi di Paesi, come la Cina, l'India e altre
nazioni del Far East, anche molto distanti geograficamente, ma le cui
scelte politiche ed economiche si ripercuotono visibilmente sul nostro
sistema. Il boom registrato dall'industria del riciclo di questi Paesi
(soprattutto per quanto riguarda i rifiuti post-consumo) sta causando
gravi ripercussioni a livello planetario. I centri di riciclo soprattutto
cinesi, fruendo di notevoli agevolazioni e di programmi governativi di
finanziamento, stanno infatti drenando dal mercato internazionale quantitativi
sempre più ingenti di rifiuti di ogni tipo da riciclare. La maggior
parte di questi materiali prende la strada dell'Est senza la qualifica
di rifiuti (quindi in violazione del diritto comunitario) ma sottoforma
di bene commerciale, quindi non soggiace alle garanzie e alle previsioni
sulle spedizioni internazionali dei rifiuti stabilite dalla Comunità.
Il fenomeno dell'esportazione di rifiuti porta a una ulteriore problematica
che i riciclatori italiani stanno scontando, ovvero quella dell'"eco-dumping" realizzato
da quei Paesi dove i livelli di attenzione ambientale sono nettamente
inferiori rispetto agli standard europei. Tali Paesi infatti esportano
verso i Paesi occidentali quantità crescenti di prodotti realizzati
in materiale riciclato non controllabili qualitativamente e a prezzi assolutamente "fuori
mercato" rispetto a quelli praticabili dalle imprese europee, che
sono soggette ad adempimenti, standard ambientali e costi di trasformazione
ben differenti. L'industria di riciclo si trova pertanto ad essere doppiamente
penalizzata, perché le viene sottratto del materiale da riciclare
e perché i semilavorati e i beni in riciclato importati in dumping
ambientale si presentano a prezzi molto più competitivi di quelli
prodotti in Europa. Lo spettro della deregulation nel campo dei rifiuti è sempre
presente, e non solo nel caso delle esportazioni. A livello italiano,
esso trova il suo terreno fertile nella fame cronica di materie prime
da parte del sistema produttivo nazionale e nella congiuntura economica
sfavorevole, che portano a risparmiare denaro sulla salvaguardia di quelle
risorse che invece sono di più lenta e complessa ricostituzione,
come il patrimonio ambientale. Fondamentale, quindi, è valutare
la questione dalle sue varie angolazioni, contemperando le esigenze dell'economia
con quelle della sostenibilità socio-ambientale. Questo, per non
parlare di altre problematiche a carattere più settoriale, per
così dire di definizione dell'assetto del mercato e della filiera,
ma che tuttavia hanno dei riverberi importanti sul sistema.
Ovvero...
Mi riferisco in particolare alla questione, ormai annosa, del rapporto
pubblico/privato. La possibilità di conferire al CONAI/Consorzi,
con il contestuale riconoscimento del contributo di raccolta, i rifiuti
di imballaggi ha spinto Comuni ed ex Municipalizzate a intervenire sostituendosi
ai privati (i quali operano senza contributo) tramite il meccanismo dell'"assimilazione" dei
rifiuti da industria e commercio ai rifiuti urbani. Conseguenza di questa
situazione, oltre a un aumento generalizzato dei costi a carico dell'intero
sistema, è stato, in più di un caso, un drastico abbassamento
della qualità dei rifiuti raccolti, che prima erano oggetto di
specifiche raccolte finalizzate da parte del produttore dei rifiuti stessi.
Il nuovo Accordo quadro ANCI-Conai ha offerto delle prime soluzioni operative
per limitare il fenomeno di un'assimilazione troppo spinta, ma bisogna
affrontare la questione nel quadro di un provvedimento organico come è,
appunto, il testo unico ambientale in corso di approvazione. |