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  Dicembre 2012

Articoli n° 10
dicembre 2005
 

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espansionismo della proprietÀ pubblica
interviene il presidente di confindustria

IL COMPARTO TESSILE IN CIFRE
LA CONCORRENZA TRUCCATA NON È PiÙ DI MODA

La strada per Kyoto passa dal riciclo
La fotografia di Unire sul mondo dei rifiuti


La strada per Kyoto passa dal riciclo
La fotografia di Unire sul mondo dei rifiuti
Dal Rapporto “L'Italia del Recupero” emergono problematiche ed eccellenze del settore

di Vito Salerno & Monica De Carluccio

“La strada per Kyoto passa dal riciclo dei rifiuti", è questo il messaggio che emerge da "L'Italia del Recupero", l'indagine sul riciclo dei rifiuti promossa dall'Unire (Unione Imprese di Recupero), l'Associazione che aderisce a FISE - Federazione Imprese di Servizi di Confindustria. Lo studio, realizzato con il Patrocinio del Ministero dell'Ambiente, del Ministero delle Attività Produttive e di Apat, in collaborazione con l'Osservatorio Nazionale sui Rifiuti e con il contributo di Conai ed Ecomondo, è stato presentato nel corso della Fiera Internazionale sul recupero di materia Ecomondo di Rimini. Lo studio, promosso nelle precedenti 5 edizioni da Assoambiente, è stato curato quest'anno per la prima volta da Unire. Il Rapporto si compone di ben 9 indagini dei settori, curate dalle aggregazioni dei recuperatori presenti in FISE UNIRE, con riferimento ai seguenti materiali/prodotti a fine vita: carta (UNIONMACERI), vetro (GMR), imballaggi in acciaio (SARA), alluminio (per quanto riguarda questo settore, lo specifico rapporto è realizzato da CIAL-Consorzio Imballaggi in Alluminio), plastica (ASSORIMAP), gomma (ARGO), apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), fine vita auto (GRUPPO DEMOLIZIONE VEICOLI), rifiuti inerti (ANPAR). Il Rapporto contiene, inoltre, un focus sulla selezione e valorizzazione della raccolta differenziata. A oggi "L'Italia del Recupero", rispetto ad altri studi di settore, costituisce l'unica indagine a tutto campo sulle attività di riciclaggio, con aggiornamenti annuali capaci di offrire una panoramica generale delle diverse realtà presenti in questo settore. «L'incremento registrato a livello generale dalle raccolte differenziate», dichiara il Presidente Unire Corrado Scapino, «sia pure in modo non uniforme sul territorio nazionale, ha consentito lo sviluppo delle attività di riciclo in particolare per i rifiuti di provenienza urbana. Tuttavia se si guarda ad altri Paesi (soprattutto del nord Europa) esistono ancora spazi per l'ampliamento del mercato e, quindi, per un più ampio utilizzo da parte del sistema produttivo dei materiali recuperati dai rifiuti».

Presidente Scapino quale scenario si prospetta per la gestione dei rifiuti?
Questo settore, oltre a essere una risorsa fondamentale per l'economia italiana in termini di materie prime ed energia risparmiate, può offrire un contributo importante nell'ambito degli impegni di Kyoto, soprattutto se si considera che l'Italia detiene la maglia nera per il mancato rispetto degli accordi sulla riduzione delle emissioni climalteranti. Nel 2004, ad esempio, grazie al recupero della plastica si sono evitate emissioni di gas a effetto serra per 105 mln di tonnellate. Tale sarebbe stato, infatti, l'inquinamento immesso nell'ambiente se si fosse dovuto produrre un quantitativo di nuove materie plastiche pari a quello riciclato.

Analizziamo ora i principali dati che emergono dallo studio, cominciando dai settori "tradizionali". Che anno ha vissuto il comparto della carta?
Il 2004 per il settore del recupero carta potrebbe essere definito come "l'anno del sorpasso". Sono stati infatti 12 mesi in cui, come da previsioni, la raccolta di macero nazionale ha superato il consumo da parte delle cartiere di 100mila tonnellate. Di conseguenza, l'Italia è divenuta un esportatore netto di macero, ovvero le importazioni hanno superato le esportazioni in quantità, anche se in valore si trovano ancora molto al di sotto di queste. Ciò avviene perché l'Italia è un paese importatore di macero di qualità più pregiate, a maggior contenuto di cellulosa, mentre esporta macero di qualità inferiore. L'analisi dell'evoluzione dei tassi di raccolta, utilizzo e recupero, evidenzia sostanziali differenze; infatti il tasso di raccolta presenta una progressione di 8 punti percentuali a partire dal 2000, quello di recupero cresce del 2,4%, mentre l'utilizzo risulta sostanzialmente stazionario. Tale dinamica dimostra che l'accresciuta disponibilità di macero non ha condotto i produttori nazionali a investire significativamente in tecnologie che permettano un maggiore impiego di materiale recuperato nella produzione cartaria. Anche il tasso di recupero presenta variazioni di ordine trascurabile in particolare dal 2001 al 2004 (v. Grafico 1). La raccolta differenziata cresce soprattutto al Sud. Aumenta in modo esponenziale l'export verso i paesi asiatici, Cina in testa.


E per la plastica?
Nel 2004 in Italia su oltre 5 mln di tonnellate di materiali termoplastici immessi al consumo, risultano avviati a riciclo meno del 17% del totale. Il riciclo della plastica consente di risparmiare 105 mln di tonnellate di emissioni di gas a effetto serra, 25 mln di tonnellate di petrolio. Alla scarsa percentuale di materie avviate a recupero fa da contraltare la crescita delle raccolte differenziate che salgono al 12,1%, anche se esperienze estere dimostrano che sono perseguibili cifre ben più alte (Francia 44%, Svizzera 70%, Belgio 60%, Germania 80%).

Dal rapporto si evincono particolari criticità per l'industria del vetro e della gomma. Quali i principali motivi di tale condizione?
L'Italia si conferma il terzo paese produttore di imballaggi in vetro in Europa Occidentale (dopo Germania e Francia) raggiungendo 3.582.777 tonnellate. Dal censimento emergono dati discordanti con quelli registrati da COREVE, che segnalano una riduzione dei flussi da raccolta differenziata che cresce a ritmo più lento nel Sud del Paese dove rappresenta solo il 15% del totale. Per quel che concerne il comparto della gomma, l'Italia mantiene anche nel 2004 il triste primato come Paese che in Europa recupera la minor percentuale di pneumatici fuori uso. La quota di recupero di materia infatti sul totale dei pneumatici usati, circa 410.588 tonnellate quest'anno, è inferiore alla media europea (il nostro 6% contro il 25% circa in UE), mentre quella destinata alla discarica risulta ancora troppo elevata rispetto alla media europea (47,5% in Italia contro il 25% circa in UE), nonostante il calo dal 51% registrato lo scorso anno. In linea con la media europea, invece, sono la quota destinata alla ricostruzione (12,94%) e quella al recupero energetico (27,20%). Tra le altre destinazioni dei pneumatici usati: materie prime secondarie 6,03%, export 2%, stoccaggi censiti (4,33%).
L'Italia del Recupero prende in considerazione anche settori emergenti, in cerca di regole certe o che piuttosto attendono una concreta e pronta attuazione delle normative di recepimento delle leggi europee. Ci riferiamo alla gestione dei rifiuti provenienti dalla demolizione dei veicoli e di quelli legati alle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) dismesse.
Si tratta di settori che sul versante normativo attendono ancora delle risposte e che sono spesso penalizzati dalle attività illecite di operatori non autorizzati allo smaltimento. Veniamo ai dati. Nel 2004 sono stati demoliti 1.473.416 veicoli (-8,4% rispetto al 2000) per un totale di 1,4 mln di tonnellate di materie recuperate. Anche fino a maggio del 2005, la tendenza si è confermata tale. Attualmente circa il 25% dei veicoli demoliti viene smaltito in discarica, mentre il 75% viene reimpiegato (mediamente, circa il 5%, ma molto dipende dall'età e dalle condizioni dell'autovettura) e recuperato. Quasi del tutto assenti i processi recupero energetico legati al comparto. Le difficoltà di smaltimento spingono a esportare i rifiuti oltre confine, in Germania. Da parte sua il consumo di apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE), raffronto 2003-2004, è in forte ascesa: elettrodomestici bruni +40% circa; piccoli elettrodomestici +15%; telefonia +10%; elettrodomestici bianchi e office equipment +5%. L'analisi rileva la presenza di 138 impianti (fonte Apat) che effettuano operazioni di recupero dei RAEE di provenienza urbana e che trattano un totale di 89.739 tonnellate di RAEE, dei quali il 58,7% è costituito da rifiuti pericolosi, il restante 41,3% da rifiuti non pericolosi. A conferma del periodo di crescita dei consumi che sta interessando il settore, il trend di immesso al consumo dal 1996 al 2004, in crescita costante per il settore dei grandi elettrodomestici (comprendente lavatrici, frigoriferi, forni da cottura ecc.), registra un'impennata nei settori della telefonia e delle apparecchiature di consumo (i cosiddetti elettrodomestici bruni): tale variazione nel primo caso risulta dovuta probabilmente all'ingresso nel mercato del terzo gestore della telefonia mobile e dei telefonini di nuova generazione; nel secondo, l'impennata è da attribuirsi alla crescita sempre maggiore del comparto video (schermi per retroproiezione, e lettori DVD in primis, ma anche componenti satellitari). Anche il comparto delle apparecchiature informatiche mostra livelli di crescita molto elevati soprattutto in quanto conseguenti a una fase congiunturale non positiva terminata nel 2003.


A fronte delle tante problematiche che il settore sta vivendo esistono anche delle "eccellenze"?
Sono soprattutto due i comparti merceologici che confermano il progressivo miglioramento del trend di gestione dei rifiuti: gli imballaggi in acciaio e alluminio. La raccolta di imballaggi in acciaio nel 2004 ha raggiunto quota 345.000 tonnellate, con un aumento di 9.000 tonnellate rispetto al 2003, confermando il suo trend positivo. Centrato l'obiettivo di avvio al riciclo posto dal Consorzio Nazionale Acciaio (CNA) che ha toccato le 321mila tonnellate. Il Paese che guida la classifica europea della raccolta degli imballaggi in acciaio è il Belgio (94%), mentre l'Italia si attesta sul 57,9% dell'immesso a consumo (v. Grafico 2). Buone notizie arrivano anche dall'alluminio. Si conferma anche nel 2004, infatti, il primato dell'Italia nella speciale classifica del riciclo di questo materiale. Non si tratta di una novità. L'industria italiana detiene ormai da anni una posizione di rilievo nel panorama mondiale per quantità di materiale riciclato. Il nostro Paese è infatti terzo al mondo insieme alla Germania, dopo Stati Uniti e Giappone. Nell'ultimo decennio la produzione italiana di alluminio riciclato è cresciuta del 65%, toccando nel 2004 le 619mila tonnellate; questa quantità rappresenta il 76% dell'alluminio prodotto in Italia (dati elaborati dal Consorzio Imballaggi Alluminio). Si tratta di risultati molto importanti che confermano una tradizione ormai consolidata nella continua R&S di tecnologie per riciclare e recuperare alluminio, pre e post consumo, da riutilizzare nei diversi settori applicativi. È un primato ancora più interessante se consideriamo gli aspetti legati alle performance ambientali di questo materiale: infinita riciclabilità, salvaguardia dell'ambiente e delle sue risorse naturali e importante contributo alla riduzione di emissioni nell'atmosfera in linea con il protocollo di Kyoto. Dal riciclaggio dell'alluminio deriva infatti un risparmio energetico pari a 2,2 mln di tep (tonnellate equivalente petrolio) e quindi sono state evitate emissioni serra pari a 6,2 mln di tonnellate di anidride carbonica. Ottimo anche l'apporto per le fonderie italiane che hanno trattato oltre 804 tonnellate di rottami di alluminio.
L'importazione di rottami di alluminio per una quota pari a circa il 40% del potenziale produttivo installato, rende evidente la capacità d'assorbimento di qualsiasi aumento delle quantità raccolte sul territorio nazionale e destinate al riciclo.

Per il settore dei rifiuti inerti ci sono particolari novità rispetto alla precedente edizione?
Sostanzialmente poco è cambiato. In Italia nel 2004 sono stati prodotti circa 40 mln di tonnellate di rifiuti inerti. Il settore vive una situazione di profonda arretratezza: vengono infatti riciclate solo 3,7 mln di tonnellate, pari a circa il 10% del totale prodotto. Quasi il 100% di questa tipologia di rifiuti appartiene alla categoria rifiuti delle operazioni di costruzione e demolizione.

Alla luce di questi dati, quali priorità si configurano per il settore?
Nonostante il quadro normativo del settore del recupero si sia recentemente arricchito con nuove discipline speciali, complessivamente siamo ancora molto lontani da un "approccio globale" alla realtà del recupero e del riciclaggio, nell'ambito di una visione integrata della gestione dei rifiuti. Analogamente a quasi tutti gli altri settori economici, anche questo comparto risente ormai appieno della globalizzazione del mercato e quindi degli influssi di Paesi, come la Cina, l'India e altre nazioni del Far East, anche molto distanti geograficamente, ma le cui scelte politiche ed economiche si ripercuotono visibilmente sul nostro sistema. Il boom registrato dall'industria del riciclo di questi Paesi (soprattutto per quanto riguarda i rifiuti post-consumo) sta causando gravi ripercussioni a livello planetario. I centri di riciclo soprattutto cinesi, fruendo di notevoli agevolazioni e di programmi governativi di finanziamento, stanno infatti drenando dal mercato internazionale quantitativi sempre più ingenti di rifiuti di ogni tipo da riciclare. La maggior parte di questi materiali prende la strada dell'Est senza la qualifica di rifiuti (quindi in violazione del diritto comunitario) ma sottoforma di bene commerciale, quindi non soggiace alle garanzie e alle previsioni sulle spedizioni internazionali dei rifiuti stabilite dalla Comunità. Il fenomeno dell'esportazione di rifiuti porta a una ulteriore problematica che i riciclatori italiani stanno scontando, ovvero quella dell'"eco-dumping" realizzato da quei Paesi dove i livelli di attenzione ambientale sono nettamente inferiori rispetto agli standard europei. Tali Paesi infatti esportano verso i Paesi occidentali quantità crescenti di prodotti realizzati in materiale riciclato non controllabili qualitativamente e a prezzi assolutamente "fuori mercato" rispetto a quelli praticabili dalle imprese europee, che sono soggette ad adempimenti, standard ambientali e costi di trasformazione ben differenti. L'industria di riciclo si trova pertanto ad essere doppiamente penalizzata, perché le viene sottratto del materiale da riciclare e perché i semilavorati e i beni in riciclato importati in dumping ambientale si presentano a prezzi molto più competitivi di quelli prodotti in Europa. Lo spettro della deregulation nel campo dei rifiuti è sempre presente, e non solo nel caso delle esportazioni. A livello italiano, esso trova il suo terreno fertile nella fame cronica di materie prime da parte del sistema produttivo nazionale e nella congiuntura economica sfavorevole, che portano a risparmiare denaro sulla salvaguardia di quelle risorse che invece sono di più lenta e complessa ricostituzione, come il patrimonio ambientale. Fondamentale, quindi, è valutare la questione dalle sue varie angolazioni, contemperando le esigenze dell'economia con quelle della sostenibilità socio-ambientale. Questo, per non parlare di altre problematiche a carattere più settoriale, per così dire di definizione dell'assetto del mercato e della filiera, ma che tuttavia hanno dei riverberi importanti sul sistema.
Ovvero...
Mi riferisco in particolare alla questione, ormai annosa, del rapporto pubblico/privato. La possibilità di conferire al CONAI/Consorzi, con il contestuale riconoscimento del contributo di raccolta, i rifiuti di imballaggi ha spinto Comuni ed ex Municipalizzate a intervenire sostituendosi ai privati (i quali operano senza contributo) tramite il meccanismo dell'"assimilazione" dei rifiuti da industria e commercio ai rifiuti urbani. Conseguenza di questa situazione, oltre a un aumento generalizzato dei costi a carico dell'intero sistema, è stato, in più di un caso, un drastico abbassamento della qualità dei rifiuti raccolti, che prima erano oggetto di specifiche raccolte finalizzate da parte del produttore dei rifiuti stessi. Il nuovo Accordo quadro ANCI-Conai ha offerto delle prime soluzioni operative per limitare il fenomeno di un'assimilazione troppo spinta, ma bisogna affrontare la questione nel quadro di un provvedimento organico come è, appunto, il testo unico ambientale in corso di approvazione.

Questionario di gradimento Costozero 2000/2005
Libro di Antonio Paravia


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