FEDERMECCANICA
APERTURA AI MERCATI GLOBALI
IL LIMITE DIMENSIONALE
DELLE AZIENDE
CRESCERE SI PuÒ
IL LIMITE DIMENSIONALE DELLE AZIENDE
CRESCERE SI Puo
A Bari la biennale della Piccola
Industria ha tracciato la strada da seguire per lo sviluppo
di Raffaella Venerando & Gaia Sigismondi
Montezemolo lo ha dichiarato, con la massima convinzione, fin dall’inizio
del suo mandato: «...ll Sud è la nuova frontiera del Paese
e per Confindustria il Mezzogiorno rappresenta da sempre una priorità,
insieme alla concorrenza, alla semplificazione burocratica per garantire
maggiore competitività alle imprese, alla ricerca, all’innovazione
e alle infrastrutture...». E proprio per tenere fede agli impegni
presi, per la prima volta il Convegno Biennale della Piccola Industria
di Confindustria, intitolato “Crescere: organizzazione, finanza,
mercati per lo sviluppo delle piccole imprese”, quest’anno
si è tenuto al Sud, il 18 e 19 marzo scorsi presso la Fiera del
Levante di Bari. I lavori hanno preso le mosse da un’indagine sul
campo, incentrata sull’analisi della crescita delle aziende, promossa
dal Centro Studi Confindustria e dalle Università di Ancona e Parma.
La ricerca è stata realizzata a partire da informazioni di carattere
statistico e, soprattutto, da un’esplorazione diretta del fenomeno
all’interno del mondo delle imprese, intervistando e raccogliendo
le testimonianze di alcuni imprenditori che hanno percorso un iter di sviluppo
ritenuto “esemplare”. L’analisi ha mostrato che l’espansione
dimensionale è un fenomeno ancora raro nel panorama dell’imprenditoria
italiana, ma esiste e bisogna fare il possibile per renderlo più frequente.
Su cento imprese, infatti, soltanto trenta, in un lasso temporale lungo
15 anni, sono riuscite a oltrepassare la soglia dei cinque dipendenti,
in un contesto per molti aspetti non favorevole alle iniziative economiche.
Alcuni imprenditori, quindi, possono dimostrare di avercela fatta e a loro è dedicato
lo studio di Confindustria che intende tracciare un percorso di sviluppo
ideale che potesse rappresentare il modello da seguire, tenuto conto delle
inevitabili difficoltà connaturate nel processo di crescita e degli
strumenti giusti per superarle. Tutti concordi, quindi, nel ritenere che
l’Italia ha realmente bisogno di riprendere la via dello sviluppo,
possibile solo se le sue aziende cresceranno. A parlare in nome e in rappresentanza
della Piccola Industria di Confindustria è stato il suo Presidente
Sandro Salmoiraghi che, durante la prima giornata del convegno, ha aperto
il suo intervento chiarendo subito quali sono i quattro punti strategici
su cui oggi le piccole imprese chiedono attenzione: la compensazione del
trasferimento del trattamento di fine rapporto alla previdenza complementare,
quindi il suo reinvestimento in favore delle piccole imprese; la semplificazione
delle regole; il rinnovo dei contratti rispettando l’accordo del ‘93,
pena una rincorsa che porterebbe l’Italia fuori dal mercato e, infine,
maggiore severità alle dogane con un’Unione Europea che applichi
con più rigore, celerità e aggressività, gli interventi
già a disposizione, senza per questo ricorrere ai dazi, che «...rievocano
il Medioevo...». Salmoiraghi, infatti, invita la burocrazia di Bruxelles
a utilizzare senza alcuna esitazione le clausole di difesa. Il Presidente
Salmoiraghi ha poi precisato che «per competere sui mercati, abbiamo
miniaturizzato le nostre imprese. Oggi questo modello è messo seriamente
in discussione, anche perchè la vita dei prodotti si è notevolmente
accorciata. Nuovi paesi, tra cui la Cina, crescono più del 5% l’anno,
mentre il nostro “soffre” perchè il suo straordinario
esercito di piccole e medie imprese non riesce a difendersi in un contesto
coì allargato dove le difficoltà si sono moltiplicate a livello
esponenziale. Ci stiamo accorgendo, infatti, che la globalizzazione ha
complicato le cose, che il supereuro ha impedito qualsiasi strategia di
innovazione e di crescita, compromettendo i margini, senza i quali nessun
investimento è possibile. E senza investimenti non si va da nessuna
parte. Ciononostante, il nostro sistema Paese continua a far nascere, soprattutto
al Sud, nuove realtà imprenditoriali. Questo è un indiscutibile
positivo sintomo di vitalità. Crescere, però, talvolta equivale
a perdere in redditività. Per arginare questo effetto negativo,
abbiamo bisogno del sostegno di politiche economiche adeguate. Dobbiamo
riposizionarci sulle cose che sappiamo fare, senza per questo tralasciare
l’innovazione. Attualmente, abbiamo perso l’effetto trainante
delle grandi imprese manifatturiere, per cui è necessario che le
PMI si mostrino dinamiche dando vita a nuovi prodotti e tecnologie, ad
azioni di marketing strutturato, a innovazioni di processo. A tale scopo,
i centri dove la ricerca trova la sua massima espressione devono raccordarsi
maggiormente con il mondo imprenditoriale. Oggi, per competere, non è più sufficiente
avere un buon prodotto; bisogna saperlo proporre sui mercati lontani. Dobbiamo
crescere non solo di numero, ma anche di taglia, uscendo dai gagli della
logica del 51%. Controllare un’impresa che non riesce più a
reggere la sfida del mercato non solo non è un valore sociale, ma
non è neanche un valore economico. Rimbocchiamoci le maniche, ritorniamo
a mettere in moto quella spinta che ha contraddistinto il successo delle
nostre imprese negli anni passati, ritorniamo a investire, perchè questo è davvero
il momento giusto. è tempo di puntare sulla nostra presenza all’estero,
di credere e dare il via a fusioni, concentrazioni, acquisizioni».
Per quanto attiene, poi, alla competitività, la Piccola Industria
ha formulato delle proposte da realizzare, a integrazione dei provvedimenti
già adottati: «...semplificare le procedure di trasformazione
societaria; estendere il credito di imposta al 50% a tutti i costi delle
concentrazioni; introdurre incentivi addizionali per attività di
ricerca, formazione e promozione all’estero; prevedere incentivi
per investimenti che generano nuova occupazione; completare la riforma
in materia fallimentare; potenziare i fondi centrali di garanzia per gli
investimenti in ICT; rendere disponibili i trasferimenti alle regioni per
sostenere gli investimenti delle oltre 60 mila piccole imprese industriali
e artigiane...». «...Crescere dipende da noi, - così ha
proseguito il Presidente della Piccola - dalla nostra passione nel fare
impresa. Lo dobbiamo a noi stessi e al nostro paese...». Sandro Salmoirghi
ha, poi, concluso il suo intervento citando John F. Kennedy: «...Non
basta interrogarsi su ciò che il Paese può fare per noi,
dobbiamo anche chiederci che cosa noi possiamo fare per il Paese...».
Nel ricco parterre dei relatori, Confindustria ha voluto che fosse presente
anche Jean-Claude Trichet, Presidente della Banca Centrale Europea. Invitato
a raggiungere il palco per discutere della situazione economica in cui
versa il nostro Paese, Trichet ha esordito dicendo che «...grazie
all’euro, l’economia europea si è rafforzata e difesa
dai contraccolpi giunti dall’esterno, soprattutto all’indomani
degli attentati terroristici dell’11 settembre che senza la moneta
unica avrebbero provocato turbolenze monetarie ben peggiori in Europa e
nelle economie dell’area dell’euro, anche considerato che l’Italia
ha avuto esperienza di numerosi episodi di ampi tassi di cambio e volatilità dei
tassi di interesse tra il ‘70 e la metà degli anni ‘90...».
Ha, poi, aggiunto: «...Faremo il possibile per assicurare ai cittadini
dell’Unione Europea una politica di stabilità dei prezzi,
così come stabilito dalla Costituzione. La stabilità dei
prezzi, infatti, riduce il costo del credito sia per le imprese che per
le famiglie, condizione indispensabile per la crescita e la creazione di
nuovi posti di lavoro, anche se questa non è l’unico requisito
per assicurare lo sviluppo. Negli ultimi dieci anni, la crescita del pil
reale dell’area euro è stata del 2,1%, contro il 3,4% di quella
Usa. Il vero problema italiano è rappresentato da una rigidità di
tipo “strutturale”: negli ultimi sei anni il costo del lavoro
unitario in Italia è cresciuto del 15,6%, rispetto al costo medio
europeo pari al 3,1%. La rigidità del mercato del lavoro e della
corporate governance, il basso livello di ricerca e la mancanza di innovazione
nelle PMI, continuano a essere una caratteristica dominante del sistema
industriale italiano e ciò frappone ostacoli alla creazione di aziende
e, quindi, di rimando all’integrazione e alla crescita. Solo agendo
su questi ostacoli, rimuovendoli definitivamente, le nostre economie miglioreranno,
perchè di fronte all’accelerazione della globalizzazione solo
le economie flessibili possono trarre dei vantaggi...». Un vero elogio
alla stabilità quello espresso dal Presidente della BCE, condivisibile
a parere dei molti presenti in sala, purchè la stabilità non
diventi un vincolo per l’economia. All’indomani di queste dichiarazioni,
il Vice Presidente per il Mezzogiorno Confindustria Ettore Artioli, ha
sottolineato, nel corso della tavola rotonda che lo ha visto protagonista
insieme a Claudio Carnevale Presidente Acotel, a Corrado Passera Amministratore
Delegato Banca Intesa, a Maria Perdicchi Managing Director Standard & Poor’s
Italia e a Giovanni Tamburi Presidente della Tamburi e Associati, la sua
approvazione per la bocciatura dell’Irap da parte dell’avvocato
della Corte di Giustizia Europea: «...Da tempo sostenevamo la necessità di
approfondire la questione fiscale che grava sulle imprese, a partire dall’Irap.
Oggi, finalmente, siamo obbligati a farlo. Ci troviamo di fronte a una
grande opportunità e siamo convinti che il Governo saprà compiere
scelte che portino a una maggiore equità, scelte coraggiose che
conducano a una riduzione della pressione fiscale sulle imprese per liberare
risorse per nuovi investimenti...». Artioli ha, poi, affrontato il
tema “banche-imprese”, ritenendo che questa relazione può solo
migliorare: «...Gli strumenti per crescere ci sono in Italia, ciò che
manca è la capacità adeguata di utilizzo. Mondo del credito
e sistema imprenditoriale devono rendersi conto ciascuno delle esigenze
dell’altro e, insieme, giungere a una comune soluzione, senza inutili
e dispersivi ostruzionismi. Il nanismo italiano può essere superato
solo se ci mettiamo uno sopra l’altro, creando dei giganti...».
Ad Artioli, e a quanti hanno lamentato la mancanza di un adeguato sostegno
alle imprese italiane da parte delle banche, così ha risposto Corrado
Passera, A.D. Banca Intesa: «...Se esistono aziende che hanno un
progetto innovativo che per noi risulta di difficile valutazione, la stima
va rimessa ai centri di competenza universitaria. Se il giudizio di questi
ultimi sarà positivo, la banca sarà disponibile al finanziamento.
Crediamo che questo sia un esperimento valido e vantaggioso per ambo le
parti, anche perchè non dimentichiamo che siamo in un Paese dove
la normativa penalizza chi aiuta le aziende in difficoltà, visto
che la riforma della legge fallimentare non è stata ancora ultimata,
ma prenderci il rischio per le imprese rimane il nostro mestiere. Devono
essere le norme a favorire le aziende, mentre alle banche spetta fare solo
la propria parte...». E, riferendosi all’incalzare incessante
dei paesi dell’Est, ha affermato: «...I grandi mercati dell’Est
non sono solo minacce ma enormi mercati di consumo e noi come banche ci
saremo accompagnando la crescita delle imprese italiane in paesi così diversi,
per organizzazione, dal nostro...». Sulle tematiche “Crescita,
Mercato Interno, Internazionalizzazione” si sono successivamente
confrontati, nel corso di un’altra Tavola Rotonda, Roberto Colaninno
Presidente Piaggio & C., Diego Mosna Presidente Diatec Group, Fabrizio
Onida Ordinario di Economia Internazionale alla Bocconi e Andrea Pininfarina
Vice Presidente per il Centro Studi Confindustria. Nello specifico il Presidente
Colaninno, senza parlare di declino del Paese ma di opportunità da
cogliere, ha dichiarato: «...Negli ultimi 5 anni la globalizzazione
e la tendenza della legislazione sono andate a favore del libero mercato,
di una visione della competizione senza barriere. Siamo di fronte a un
trend che nessuno può fermare: o lo capiamo o, comunque, saremo
costretti a capirlo. E pagheremo un prezzo più alto...». Il
Presidente Piaggio ritiene che il Governo non si stia muovendo nella direzione
giusta. «...Se ciascuno di noi è convinto di questo cambiamento
- sostiene - non ha bisogno che il Governo sia di stimolo. Il Governo deve
essere una sintesi del cambiamento che vogliono i cittadini e deve essere
in grado di organizzare, legiferare, gestire. Se vogliamo lo sviluppo attraverso
la competizione, è ovvio che il Governo è obbligato a fare
una politica in questa direzione. Ma non credo che in questo momento la
stia facendo...». Cosa manca, allora, alla politica dell’Esecutivo
per guidare questo cambiamento? «...Dovrebbe assicurare tranquillità e
sicurezza, - ha proseguito Colaninno - dovrebbe essere un forte coordinatore
che abbia la capacità di lanciare, supportare, individuare le aspettative
e intervenire nelle debolezze che il sistema può presentare in un
processo simile...». Colaninno pone l’accento anche sul riequilibrio
delle condizioni economiche tra l’Italia e i competitors stranieri: «...Bisogna
contribuire a migliorare la qualità della vita in quei paesi in
modo tale che i loro costi, oggi molto più bassi dei nostri, vadano
verso un equilibrio...». Insomma, la strada giusta non è quella
seguita in passato dagli imprenditori che hanno delocalizzato per poter
usufruire di manodopera a costi inferiori. Occorre percorrere questo sviluppo
dell’economia mondiale, altrimenti rischiamo di perdere il treno
della competitività, come Colaninno ritiene che il nostro Paese
stia già facendo. Ci piace chiudere questo report sulla due giorni
tenutasi a Bari con le parole del Presidente Montezemolo, perchè siano
da stimolo per tutti gli imprenditori del Sud a continuare, con rinnovato
impegno ed entusiasmo, a fare bene: «...La piccola impresa costituisce
nel Sud d’Italia un pezzo delle nostre istituzioni. Per questa ragione,
vogliamo rappresentare le giuste istanze di un Sud moderno, che non piange,
che vuole crescere dal punto di vista imprenditoriale, che non chiede protezioni,
ma condizioni e opportunità uguali a quelle del resto del Paese.
Quel pezzo che contribuisce a costruire la società civile. Fare
piccola impresa è duro in tutti i paesi. Farlo in Italia è forse
anche più difficile. Ma farlo nel Mezzogiorno è spesso un
atto di eroismo...».
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