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  Dicembre 2012

Articoli - n° 4 Maggio 2004
 



UNIONE DI AVELLINO - Home Page
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SANITÀ PRIVATA E ETICA IMPRENDITORIALE
TRA BENE COMUNE E CRITERIO AZIENDALE

IL PERCORSO MATERNO-INFANTILE
DIMINUIRE GLI SPRECHI E AUMENTARE LA QUALITÀ

GINECOLOGIA ONCOLOGICA E SANITÀ PRIVATA
NECESSARIO CREARE STRUTTURE D’AVANGUARDIA

CARDIOCHIRURGIA: BY-PASS ADDIO
AVANZANO LE NUOVE TECNOLOGIE

LE LINEE PROGRAMMATICHE DELL’ASL AV2
IL RAPPORTO TRA PUBBLICO E PRIVATO

CARDIOCHIRURGIA: BY-PASS ADDIO
AVANZANO LE NUOVE TECNOLOGIE
La restenosi tra breve potrebbe essere solo un lontano ricordo

PAOLO RUBINO
Responsabile in Cardiologia Invasiva Clinica Montevergine
rubino.p@libero.it

Le malattie cardiovascolari rappresentano attualmente la principale causa di mortalità e morbilità nel mondo occidentale. In Italia ogni anno oltre 150.000 persone vengono colpite da infarto miocardico acuto; negli USA oltre 5 milioni di persone per anno hanno bisogno di essere trattati per la patologia aterosclerotica coronarica. Il by-pass aorto coronarico, considerato per molto tempo l'unica terapia in grado di curare l'aterosclerosi coronaria e di migliorare la qualità della vita e la sopravvivenza di questi pazienti in molti casi può essere evitato. Infatti una procedura poco invasiva come la riapertura delle stenosi coronariche con un pallone (angioplastica coronarica) effettuata per la prima volta da Andreas Gruntzig nel 1977 e ancor meglio l'impianto di una retina metallica (stent) che serve a mantenere aperto il vaso, può molto spesso evitare il trauma, i disagi, l'ospedalizzazione prolungata e la mortalità, che derivano dall'intervento chirurgico. In Italia attualmente si eseguono circa 80.000 angioplastiche coronariche ogni anno con utilizzo di stents nell'80-94% dei casi. Essendo però la restenosi (nuovo ristringimento all'interno o ai bordi dello stent impiantato) presente in una significativa percentuale di pazienti (15-40%), si è pensato di risolvere il problema combinando il trattamento meccanico dello stent con la possibilità di trattare farmacologicamente la restenosi, per cui sono nati gli stents medicati, che permettono il rilascio locale di farmaci che inibiscono la restenosi in forma controllata, con un alta concentrazione locale e assenza di effetti tossici. Il primo stent a rilascio di farmaco, commercializzato due anni fa, è uno stent con un microfilm (5-10 micron) di polimero biocompatibile in cui è incorporata la rapamicina che determina l'arresto della proliferazione cellulare, prima della fase di sintesi del DNA (effetto citostatico), con tale stent la restenosi è stata drasticamente abbattuta, come dimostrato da importanti studi (Ravel, E Sirius, Sirius) allo 0-4% anche nei pazienti diabetici, nei piccoli vasi e lunghe lesioni, che erano i casi a più alto tasso di restenosi. Risultati soddisfacenti sono stati ottenuti, più recentemente con un altro farmaco, il Paclitaxel, dotato di potente attività antiproliferativa. L'introduzione nella pratica clinica corrente degli stents medicati, che hanno fortemente ridotto e a volte cancellato la restenosi, rappresenta una assoluta novità nel campo della cardiologia invasiva, che porterà ad importanti modifiche delle strategie terapeutiche, con notevoli vantaggi per i pazienti, ma con ampia ricaduta in materia di economia sanitaria; infatti, come tutte le tecnologie innovative, gli stents medicati hanno un impatto economico considerevole (lo stent medicato costa circa 1500 euro in più rispetto al tradizionale) che accompagna l'ormai evidente vantaggio clinico che porta ad un aumento del numero di PTCA con diminuizione degli interventi chirurgici, drastica diminuzione del numero di reinterventi, vantaggi sociali per il rapido reinserimento dei pazienti in una normale attività lavorativa. Molte Regioni, dalla Lombardia, all'Emilia al Veneto, alla Sicilia hanno affrontato tale importante problema cercando di dare delle risposte in termini socio economici con ridefinizione dei tariffari: come al solito la Regione Campania brilla per un fragoroso silenzio-assenza.

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