Le
prime Fondazioni sono state quelle ecclesiastiche, prodotte dalla dottrina
canonistica (piae fundationes). Nel 1917 il codice di diritto canonico
le ha riordinate e nel 1929, grazie ai Patti Lateranensi, sono state
riconosciute dall'Italia come Fondazioni di culto. Già prima del
1900 erano presenti altre tipologie di Fondazioni, come quelle assistenziali
(L. 17/08/1890), di famiglia (R.D. 05/02/1891), di istruzione agraria
(L. 19/06/1913), militari (R.D. 10/02/1927), scolastiche (R.D. 31/08/1928)
e universitarie (R.D. 31/08/1933). Con il Primo Libro del Codice furono
previste le Fondazioni di diritto civile, oggi oltre tremilatrecento, di
cui la metà costituitesi
dopo il 1990. Negli altri Paesi, in particolare quelli anglo-sassoni
e americani, alcune realtà sono operative da quasi un secolo e si
muovono molto bene nei campi della cultura-formazione-ricerca-scienza-sociale
e altri. Sono amministrate e presiedute, per lo più, da persone che
non ricevono emolumenti e fringe benefit, ma anzi contribuiscono loro
stesse con donazioni alle attività di queste meritevoli istituzioni.
Richiamiamo tale aspetto in rapporto a quanto accade in molte delle 89 Fondazioni
cosiddette bancarie, nate dalla Legge 218 del 30 luglio 1990 (Amato-Carli),
che ha di fatto prodotto un nuovo pianeta, governato da ex-parlamentari/consiglieri
regionali/sindaci e tanti professori universitari. Non siamo certo razzisti
verso gli "ex" o le categorie citate, ma sottolineiamo una prima
caratterizzazione di un mondo tutto da esplorare e per il quale segnaliamo
un'altra particolarità. La di-somogeneità della loro presenza
sul territorio, che riportiamo nelle tabelle riepilogative pubblicate
a pagg. 86 e 87. Registriamo poi l'abituale gap Nord-Centro rispetto
al Sud, in quanto il rapporto tra il patrimonio 2002 e il numero di abitanti è pari
a 923 euro pro capite al Nord, a 1.042 al Centro e a soli 72 al Sud.
Se poi raffrontiamo il dato della provincia di Cuneo (abitanti c. 556.000
e 5 Fondazioni) con quello di Salerno (ab. c. 1.037.000 e 1 Fond.) rileviamo
un differenziale ancora più marcato di euro 2.379 pro capite rispetto
a 33, praticamente una proporzione di 70 a 1. Riteniamo ingiusta tale
ulteriore disparità e apprezziamo gli sforzi del presidente dell'ACRI
Guzzetti, che ha promosso il Progetto Sviluppo Sud per un doveroso bilanciamento,
a nostro avviso ancora insufficiente. Da presidente di una Fondazione
bancaria (la 78° per patrimonio e una delle otto meridionali) intendiamo
proporre forme di "tutoraggio" delle Fondazioni maggiori del Centro-Nord
verso quelle piccole e la possibilità di intervenire finanziariamente
anche sulle infrastrutture da realizzarsi nel Sud. Siamo certi che se
trovassero seguito positivo le nostre indicazioni, le Fondazioni bancarie
potrebbero distinguersi meglio per concretezza e serietà con questa
doverosa ipotesi di perequazione territoriale. L'Ottavo Rapporto annuale
dell'ACRI relativo agli esercizi 2002, pubblicato recentemente e consultabile
sul sito www.acri.it, fornisce ragguardevoli informazioni sugli assetti
istituzionali, patrimoniali, organizzativi, sulla redditività e sull'ammontare
e la qualità delle erogazioni effettuate: oltre un miliardo di euro
attraverso più di ventimila interventi. A una prima lettura restiamo
tutti soddisfatti. Consideriamo, tuttavia, che le Fondazioni che hanno
prodotto maggiore reddito, e quindi iniziative, sono quelle che hanno
conservato una quota rilevante della proprietà della banca cosiddetta
conferitaria, non rispettando le prime normative di riferimento. Altre,
invece, che hanno alienato completamente la propria quota, si sono ritrovate,
talvolta, a registrare perdite nei loro patrimoni causati da gestori,
per alcuni versi approssimati. Non abbiamo modo ora di proseguire “l'esplorazione” ma
ce ne rioccuperemo prossimamente. Vorremmo, però, che nel frattempo
venisse determinato un consesso diverso dall'ACRI per il monitoraggio
di queste realtà. Infatti, ci sembra che non sia politicamente corretto
che l'analisi dei risultati delle Fondazioni venga fatta solo dalla stessa
Associazione a cui esse appartengono e di cui determinano i vertici sia
della rappresentanza, che della struttura. Abbiamo il timore che possa
prevalere l’autoreferenzialità a danno della giusta obiettività.
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