I PATTI PARASOCIALI
NUOVI ASPETTI E VECCHI PROBLEMI
LOGICA AZIENDALE
E TUTELA DELLA SALUTE
QUANDO IL GIUDICE SMENTISCE IL MEDICO
LA RIFORMA
URBANISTICA IN CAMPANIA
A BREVE LE NUOVE REGOLE
I PATTI PARASOCIALI
NUOVI ASPETTI E VECCHI PROBLEMI
Finalmente inseriti nel codice gli accordi
per la stabilizzazione delle società
di
Gennaro Stellato
Avvocato civilista
studiostellato@tiscalinet.it
Con la riforma del diritto societario hanno trovato finalmente
veste giuridica i patti parasociali. Essi, come è ben conosciuto
dalla maggioranza degli operatori, sono costituiti da accordi stipulati
fra i soci o solo da una parte degli stessi, con i quali interviene un'ipotesi
di tutela degli interessi personali e sociali attraverso un'azione comune.
Rispetto alla disciplina precedente, la riforma ha introdotto per la
prima volta la disciplina dei patti parasociali inserendoli in una nuova
sezione, la III bis del codice civile, nella quale vengono indicati i criteri
e soprattutto l'esigenza di trasparenza. Va preliminarmente precisato che
vi è una
netta distinzione fra i patti parasociali e l'atto costitutivo e lo statuto
in quanto i patti non possono produrre effetti esterni e sono validi
solo fra i soci mentre i primi sono vincolanti sia nei confronti dei soci
che dei terzi. La nostra analisi si riferisce esclusivamente alle società che
non fanno ricorso al mercato, ergo quotate, anche se la finalità della
codificazione è assolutamente identica nel senso di rendere trasparenti
i poteri di controllo della società e la durata dei patti fissando,
nel caso in cui fosse indicato una durata indeterminata, la facoltà di
recesso del socio. Va ricordato che, in genere, attraverso i patti i
soci si impegnano reciprocamente a esercitare determinati diritti secondo
modalità prestabilite.
Come già detto essi sono vincolanti solo fra i soci sottoscrittori
con la conseguenza che, in caso di mancato rispetto del patto da parte
di uno di questi, l'operato dello stesso sarà valido nei confronti
della società e dei terzi ma potrà incorrere in una richiesta
di risarcimento danni o pagamento di penali previste dal patto. Con la novella
il Legislatore non ha ovviamente considerato tutte le ipotesi che possono
costituire oggetto di accordo, ma solo quelle che per esperienza sono
le più note ed usate sulla base dell'esperienza di tanti anni. In
particolare si fa riferimento a quei patti stipulati in qualsiasi forma
che sono finalizzati a stabilizzare gli assetti della proprietà della
società o
il suo governo. In particolare: 1) hanno per oggetto l'esercizio del
diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che
le controllano; 2) pongono limiti al trasferimento delle azioni o delle
partecipazioni in società che le controllano; 3) hanno per oggetto
o per effetto l'esercizio anche congiunto di "un'influenza anche dominante" su
tali società.
Nell'ipotesi sub 1) si parla di sindacato di voto e, ad esempio, può impegnare
i contraenti a consultarsi prima del voto in assemblea o a votare secondo
quanto stabilito dalla maggioranza dei sottoscrittori del patto. Ovviamente
si può anche limitare tale esercizio ad alcune materie (ad esempio
nomina degli amministratori) oppure allargarlo a tutte le ipotesi. Nell'ipotesi
sub 2) si definisce come sindacato di blocco al fine di far rimanere
compatto il corpo sociale evitando ingressi indesiderati o scalate. Nell'ultima
si parla invece di patto di concentrazione ed è finalizzato a mantenere
un'influenza dominante sulla società sulla base della partecipazione
complessiva dei soci sottoscrittori evitando così che qualcuno degli
stessi possa esercitare di fatto il controllo della società. L'indicazione
dei patti presuppone, secondo la definizione della norma, che gli stessi
siano considerati "rilevanti" con l'ovvia conseguenza che tutti
gli eventuali accordi fra soci che abbiano un contenuto diverso rispetto
a quello indicato nell'art. 2341 bis c.c. non sono considerati tali e
quindi non soggetti alla disciplina del codice civile. Inoltre la disciplina
dei patti parasociali non trova ingresso nel caso di patti strumentali e
accordi di collaborazione nella produzione e nello scambio di beni e servizi
e relative a società possedute interamente dai partecipanti all'accordo.
L'art. 2341 bis disciplina poi la durata dei patti. Se nel patto si stabilisce
una durata a tempo determinato, essa non può andare oltre i cinque
anni e, nel caso sia indicata una durata maggiore, viene comunque limitata
a cinque anni fermo restando che alla scadenza si può procedere al
rinnovo del patto.
Nel caso in cui si indicasse una durata indeterminata ciascun contraente
potrà recedere con un preavviso di sei mesi. La norma prevede altresì che
il limite di cinque anni si applica ai patti parasociali stipulati prima
del primo gennaio 2004 e decorre dalla medesima data. Per quanto attiene
alla pubblicità, con riferimento ovviamente alle società non
quotate, la legge non prevede alcun obbligo contrariamente alle quotate,
per le quali la normativa è particolarmente analitica e importante.
Esaurita l'esposizione relativa alla nuova disciplina dei patti parasociali,
va ora approfondita la tematica in ordine alla convenienza o meno di
procedere alla sottoscrizione degli stessi. Il punto importante già sottolineato è che
finalmente ai predetti patti è stata conferita dignità giuridica.
Fino a qualche tempo fa dottrina e giurisprudenza litigavano ancora sulla
liceità dei patti stessi con conseguenti sentenze spesso contraddittorie.
Oggi, con la riforma, si è regolata la materia ma, come spesso succede
quando si intende disciplinare una problematica così importante,
si corre il rischio di ridurne l'impatto e gli effetti. Indubbiamente
l'aspetto più importante della nuova normativa è la riduzione
ex lege della durata del patto nel termine di cinque anni. Tale termine è stato
così determinato tenendo conto dell'attuale realtà dell'imprenditoria
italiana, delle sue peculiarità e dell'evoluzione dei fenomeni alla
stessa connessi. Dire oggi che è un termine breve o lungo è difficile
in quanto bisognerà verificarne l'impatto sul campo. A prima vista
comunque appare alquanto difficile che i soci si impegnino in un patto
di tale durata, a prescindere dal tipo di sindacato che si intende sottoscrivere,
a meno che si stabiliscano finalità a medio tempore per le quali
può essere importante un patto. Vale a dire che, molto probabilmente,
si procederà alla sottoscrizione di patti che abbiano una valenza
specifica e non più generalizzata come prima soprattutto in considerazione
del fatto che, almeno come prima conseguenza della riforma, sembra imporsi
un nuovo modello culturale nell'approccio alla vita sociale.
Sembra emergere una sempre maggior tendenza alla liberalizzazione, all'eliminazione
di vincoli e lacci, a rendere, attraverso lo statuto, un iter più semplice
alla vita della società facendo in modo che gli interessi dei soci
siano tutelati in modo più forte. L'impressione comunque è che
la nuova disciplina sia stata inserita soprattutto per le società quotate.
Tale circostanza emerge chiaramente dall'accentuazione conferita al regime
della pubblicità ed alle sanzione conseguenti in caso di inosservanza
dei predetti obblighi.
Sarà interessante seguire, anche sotto il profilo statistico, l'applicazione
dell'istituto in questione alle realtà societarie più piccole
verificando sul campo quanto, sotto il profilo culturale, sia cambiato
nell'uso di uno strumento che sino ad oggi appariva sempre ammantato di
mistero. Attraverso tale analisi sarà anche possibile capire in quale
direzione potranno essere indirizzate eventuali modifiche e miglioramenti
che non potranno comunque prescindere dal principio di autonomia e libertà emergente
dalla riforma.
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