ORCHESTRARE LA COMPETITIVITÀ
REPLICABILI VALIDE ESPERIENZE
Internazionalizzazione stabile e strumenti finanziari più semplici
Massimo
Calearo
Presidente Assindustria Vicenza
presidente@assind.vi.it
Il tema della competitività del nostro Paese è direttamente
collegato al superamento di uno dei limiti strutturali del capitalismo italiano:
la dimensione delle imprese che oggi, in media, impiegano 6,3 addetti. La
piccola dimensione frena le capacità delle aziende di accrescere
la loro produttività, di sfruttare le potenzialità delle nuove
tecnologie, di raggiungere una massa critica di investimenti in ricerca
adeguata ai costi della ricerca stessa, di competere in un mercato internazionale,
di rispondere alla aggressività di paesi esteri quale ad esempio
la Cina. Certo, perché ciò avvenga è necessario che
si verifichino alcune condizioni, come l'alleggerimento del carico fiscale,
il miglioramento delle infrastrutture, una maggiore efficienza della burocrazia,
l'applicazione della riforma del lavoro. In sostanza, si tratta di rimuovere
gli ostacoli istituzionali, normativi, fiscali che limitano lo sviluppo
delle piccole imprese e liberalizzare i servizi. Creare, in altri termini,
un ambiente sostanzialmente più favorevole all'attività imprenditoriale.
Non dobbiamo però nascondere che molto dipende da noi imprenditori
e dalle nostre organizzazioni. In che modo sarebbe possibile avviare questo
processo? Promuovendo forme di cooperazione o di aggregazione fra imprese,
organizzazioni societarie e strutture finanziarie più evolute. O,
per esprimere lo stesso concetto in modo sintetico, "facendo squadra".
Cose più facili a dirsi che a farsi, è vero. Eppure non intravedo
molte altre soluzioni alternative. Approfitto quindi dell'occasione che
mi è stata offerta per raccontare due esperienze avviate dall'Associazione
Industriali di Vicenza proprio nella direzione che ho indicato, quella del "fare
squadra" e del lavorare nella logica delle aggregazioni tra aziende.
La prima di queste riguarda il tentativo di mettere insieme più imprese,
di piccole e medie dimensioni, per aiutarle nel processo di internazionalizzazione.
La seconda esperienza riguarda il tema della finanza. Cominciamo dalla prima:
il cosiddetto "Progetto Samorin". In estrema sintesi, l'obiettivo
che ci siamo posti è quello di creare in Slovacchia, appunto nella
cittadina di Samorin, a pochi chilometri dalla capitale Bratislava, un distretto
vicentino dell'industria elettromeccanica, riproducendo il sistema di relazioni
esistente all'interno di un tipico distretto del Nord Est. Le aziende coinvolte
nell'iniziativa sono infatti complementari l'una all'altra, tutte operanti
nei settori delle meccanica e dell'elettronica. Riuscire a replicare questo
sistema di relazioni è vitale per le piccole e medie imprese. Non
sto dicendo che queste ultime abbiano scoperto solo ora i mercati esteri.
Da tempo sono presenti in tutto il mondo con proprie strutture commerciali
o produttive. Del fenomeno "delocalizzazione", termine a mio parere
troppo spesso caricato di significati e accezioni negative, si parla ormai
da anni. Casi conosciuti come Timisoara hanno contribuito a disegnare lo
stereotipo dell'imprenditore veneto pronto a spostarsi dove più gli
conviene. Tanto che per molti delocalizzare è diventato sinonimo
da una parte di impoverimento del territorio di appartenenza, e dall'altra
di sfruttamento del paese nel quale si va a produrre. Finora tutto ciò è avvenuto
in modo casuale, episodico e disordinato, lasciando l'iniziativa nelle mani
della singola impresa. Con conseguenze a volte non sempre condivisibili.
A Timisoara si è riprodotto il modello di crescita senza forma che
quarant'anni fa ha vissuto il nostro territorio. L'obiettivo principale
che come Assindustria di Vicenza ci siamo posti con il progetto Samorin è quello
di aiutare le piccole e medie aziende a internazionalizzarsi in modo stabile
e continuativo, con un approccio di medio-lungo termine, non semplicemente
sull'onda di vantaggi effimeri come il minor costo del lavoro, insostenibili
poi nel tempo. Non solo. L'obiettivo è anche quello di accentrare
i servizi comuni (contabilità, paghe, formazione, logistica, edp,
sicurezza e altri) così da riuscire a fare massa critica e ottenere
considerevoli risparmi. Quali criteri ci hanno guidato nella scelta di Samorin?
Anzitutto la collocazione geografica della Slovacchia, situata nel cuore
della nuova Europa allargata e in prossimità dei nuovi mercati dell'Est.
Poi la convenienza fiscale. A seguire, la presenza di buone strutture formative
e di una ottima tradizione meccanica. La municipalità di Samorin
ci ha messo a disposizione un'area di 500 mila metri quadrati, è stato
costituito un Consorzio di imprese promosso dall'Associazione e gestito
da quest'ultima, che si sta occupando di tutte le pratiche burocratiche
oltre che della progettazione degli edifici. Attualmente il Consorzio è formato
da 13 imprese che entro il 2005 daranno lavoro ad almeno 500 persone.
La seconda esperienza che vorrei citare in questa sede ha a che fare
con uno dei tradizionali problemi delle piccole imprese, quello finanziario.
Pochi mesi fa le Associazioni di Belluno, Rovigo, Verona e Vicenza, in collaborazione
con i propri Consorzi Fidi e con un importante istituto di credito nazionale,
hanno presentato il primo bond territoriale. Una delle ragioni delle piccole
dimensioni delle imprese italiane è la scarsa disponibilità degli
imprenditori a ricorrere a strumenti finanziari sofisticati, essenziali
per raccogliere risorse sufficienti a sostenere progetti di medio o lungo
termine: come lo sviluppo di una nuova tecnologia o l'investimento in un
altro paese. Entra qui in gioco il timore di aprire l'azienda ad altri,
siano soci finanziatori come merchant bank o fondi specializzati, o siano
i piccoli risparmiatori. Le piccole e medie imprese hanno poi molte difficoltà ad
adeguarsi agli standard di trasparenza e di contabilità applicati
dalle aziende più grandi. L'obiettivo del bond è di superare
questi limiti. Il meccanismo è semplice se non quasi banale. La banca
eroga dei mutui alle imprese a medio lungo termine, senza chiedere in cambio
alcuna garanzia. I consorzi fidi, e in particolare un comitato formato da
imprenditori, valuta l'affidabilità delle aziende e il loro progetto
di business, e quindi stabilisce se hanno il diritto e il merito a ricevere
il mutuo. Sempre la banca, con una operazione di cartolarizzazione dell'insieme
dei mutui concessi, emette due obbligazioni da collocare presso investitori
esteri. Associazioni e Consorzi Fidi intervengono con una fideiussione del
valore complessivo di 9 milioni di euro a garanzia dei bond. La risposta è stata
molto positiva superando l'obiettivo minimo di 250 milioni di euro di mutui
concessi, e i bond sono stati collocati con successo. La domanda ha infatti
superato di molto l'offerta. Queste, dunque, sono le due iniziative più recenti
che come Associazione Industriali di Vicenza abbiamo messo in cantiere per
sostenere le aziende vicentine nel necessario cammino verso forme di aggregazione
e di collaborazione per affrontare e vincere la sfida della competitività.
Noi imprenditori siamo per costituzione dei solisti, ci piace agire in autonomia,
avere sotto controllo tutto quello che accade in azienda. Dobbiamo renderci
conto, però, che lo scenario nel quale ci troviamo ad operare non
ce lo consente più. E che da ottimi solisti insieme dobbiamo diventare
altrettanto validi componenti d'orchestra. |