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  Dicembre 2012

Articoli - n° 4 Maggio 2004
 



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ORCHESTRARE LA COMPETITIVITÀ
REPLICABILI VALIDE ESPERIENZE

Internazionalizzazione stabile e strumenti finanziari più semplici


Massimo Calearo
Presidente Assindustria Vicenza
presidente@assind.vi.it

Il tema della competitività del nostro Paese è direttamente collegato al superamento di uno dei limiti strutturali del capitalismo italiano: la dimensione delle imprese che oggi, in media, impiegano 6,3 addetti. La piccola dimensione frena le capacità delle aziende di accrescere la loro produttività, di sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie, di raggiungere una massa critica di investimenti in ricerca adeguata ai costi della ricerca stessa, di competere in un mercato internazionale, di rispondere alla aggressività di paesi esteri quale ad esempio la Cina. Certo, perché ciò avvenga è necessario che si verifichino alcune condizioni, come l'alleggerimento del carico fiscale, il miglioramento delle infrastrutture, una maggiore efficienza della burocrazia, l'applicazione della riforma del lavoro. In sostanza, si tratta di rimuovere gli ostacoli istituzionali, normativi, fiscali che limitano lo sviluppo delle piccole imprese e liberalizzare i servizi. Creare, in altri termini, un ambiente sostanzialmente più favorevole all'attività imprenditoriale. Non dobbiamo però nascondere che molto dipende da noi imprenditori e dalle nostre organizzazioni. In che modo sarebbe possibile avviare questo processo? Promuovendo forme di cooperazione o di aggregazione fra imprese, organizzazioni societarie e strutture finanziarie più evolute. O, per esprimere lo stesso concetto in modo sintetico, "facendo squadra". Cose più facili a dirsi che a farsi, è vero. Eppure non intravedo molte altre soluzioni alternative. Approfitto quindi dell'occasione che mi è stata offerta per raccontare due esperienze avviate dall'Associazione Industriali di Vicenza proprio nella direzione che ho indicato, quella del "fare squadra" e del lavorare nella logica delle aggregazioni tra aziende. La prima di queste riguarda il tentativo di mettere insieme più imprese, di piccole e medie dimensioni, per aiutarle nel processo di internazionalizzazione. La seconda esperienza riguarda il tema della finanza. Cominciamo dalla prima: il cosiddetto "Progetto Samorin". In estrema sintesi, l'obiettivo che ci siamo posti è quello di creare in Slovacchia, appunto nella cittadina di Samorin, a pochi chilometri dalla capitale Bratislava, un distretto vicentino dell'industria elettromeccanica, riproducendo il sistema di relazioni esistente all'interno di un tipico distretto del Nord Est. Le aziende coinvolte nell'iniziativa sono infatti complementari l'una all'altra, tutte operanti nei settori delle meccanica e dell'elettronica. Riuscire a replicare questo sistema di relazioni è vitale per le piccole e medie imprese. Non sto dicendo che queste ultime abbiano scoperto solo ora i mercati esteri. Da tempo sono presenti in tutto il mondo con proprie strutture commerciali o produttive. Del fenomeno "delocalizzazione", termine a mio parere troppo spesso caricato di significati e accezioni negative, si parla ormai da anni. Casi conosciuti come Timisoara hanno contribuito a disegnare lo stereotipo dell'imprenditore veneto pronto a spostarsi dove più gli conviene. Tanto che per molti delocalizzare è diventato sinonimo da una parte di impoverimento del territorio di appartenenza, e dall'altra di sfruttamento del paese nel quale si va a produrre. Finora tutto ciò è avvenuto in modo casuale, episodico e disordinato, lasciando l'iniziativa nelle mani della singola impresa. Con conseguenze a volte non sempre condivisibili. A Timisoara si è riprodotto il modello di crescita senza forma che quarant'anni fa ha vissuto il nostro territorio. L'obiettivo principale che come Assindustria di Vicenza ci siamo posti con il progetto Samorin è quello di aiutare le piccole e medie aziende a internazionalizzarsi in modo stabile e continuativo, con un approccio di medio-lungo termine, non semplicemente sull'onda di vantaggi effimeri come il minor costo del lavoro, insostenibili poi nel tempo. Non solo. L'obiettivo è anche quello di accentrare i servizi comuni (contabilità, paghe, formazione, logistica, edp, sicurezza e altri) così da riuscire a fare massa critica e ottenere considerevoli risparmi. Quali criteri ci hanno guidato nella scelta di Samorin? Anzitutto la collocazione geografica della Slovacchia, situata nel cuore della nuova Europa allargata e in prossimità dei nuovi mercati dell'Est. Poi la convenienza fiscale. A seguire, la presenza di buone strutture formative e di una ottima tradizione meccanica. La municipalità di Samorin ci ha messo a disposizione un'area di 500 mila metri quadrati, è stato costituito un Consorzio di imprese promosso dall'Associazione e gestito da quest'ultima, che si sta occupando di tutte le pratiche burocratiche oltre che della progettazione degli edifici. Attualmente il Consorzio è formato da 13 imprese che entro il 2005 daranno lavoro ad almeno 500 persone.
La seconda esperienza che vorrei citare in questa sede ha a che fare con uno dei tradizionali problemi delle piccole imprese, quello finanziario. Pochi mesi fa le Associazioni di Belluno, Rovigo, Verona e Vicenza, in collaborazione con i propri Consorzi Fidi e con un importante istituto di credito nazionale, hanno presentato il primo bond territoriale. Una delle ragioni delle piccole dimensioni delle imprese italiane è la scarsa disponibilità degli imprenditori a ricorrere a strumenti finanziari sofisticati, essenziali per raccogliere risorse sufficienti a sostenere progetti di medio o lungo termine: come lo sviluppo di una nuova tecnologia o l'investimento in un altro paese. Entra qui in gioco il timore di aprire l'azienda ad altri, siano soci finanziatori come merchant bank o fondi specializzati, o siano i piccoli risparmiatori. Le piccole e medie imprese hanno poi molte difficoltà ad adeguarsi agli standard di trasparenza e di contabilità applicati dalle aziende più grandi. L'obiettivo del bond è di superare questi limiti. Il meccanismo è semplice se non quasi banale. La banca eroga dei mutui alle imprese a medio lungo termine, senza chiedere in cambio alcuna garanzia. I consorzi fidi, e in particolare un comitato formato da imprenditori, valuta l'affidabilità delle aziende e il loro progetto di business, e quindi stabilisce se hanno il diritto e il merito a ricevere il mutuo. Sempre la banca, con una operazione di cartolarizzazione dell'insieme dei mutui concessi, emette due obbligazioni da collocare presso investitori esteri. Associazioni e Consorzi Fidi intervengono con una fideiussione del valore complessivo di 9 milioni di euro a garanzia dei bond. La risposta è stata molto positiva superando l'obiettivo minimo di 250 milioni di euro di mutui concessi, e i bond sono stati collocati con successo. La domanda ha infatti superato di molto l'offerta. Queste, dunque, sono le due iniziative più recenti che come Associazione Industriali di Vicenza abbiamo messo in cantiere per sostenere le aziende vicentine nel necessario cammino verso forme di aggregazione e di collaborazione per affrontare e vincere la sfida della competitività. Noi imprenditori siamo per costituzione dei solisti, ci piace agire in autonomia, avere sotto controllo tutto quello che accade in azienda. Dobbiamo renderci conto, però, che lo scenario nel quale ci troviamo ad operare non ce lo consente più. E che da ottimi solisti insieme dobbiamo diventare altrettanto validi componenti d'orchestra.

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