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  Dicembre 2012

Articoli - n° 4 Maggio 2004
 



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CONCENTRAZIONI BANCARIE
TUTELA DELLA CONCORRENZA E SVILUPPO LOCALE

PARCO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO DI SALERNO
LE MOLTEPLICI ATTIVITÀ DI RICERCA

CONCENTRAZIONI BANCARIE
TUTELA DELLA CONCORRENZA E SVILUPPO LOCALE
Cause ed effetti sull’industria di un fenomeno ancora in pieno svolgimento

Angela Spagnuolo
Docente di Economia Industriale CELPE - DISES Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche Università degli Studi di Salerno
aspagnuolo@unisa.it

É noto che, nel settore bancario, negli anni '90 in Italia, in risposta alla deregolamentazione avviata alla fine degli anni '80, si è sviluppato un processo di forte concentrazione, mostrata da un consistente numero di fusioni e acquisizioni. Ciò non solo ha modificato in modo sostanziale la struttura dell'industria, perché ha determinato un aumento delle dimensioni medie delle banche, ma ha anche influito sulla sua distribuzione territoriale. Poiché riteniamo che tale processo non sia affatto concluso proviamo ad esaminare brevemente: a) qual è il ruolo della concorrenza nella configurazione industriale di questo particolare settore produttivo; b) quali sono gli effetti delle concentrazioni bancarie sul sistema di sviluppo locale. L'aumento della concentrazione e, con essa, delle dimensioni delle banche non è in realtà una specificità italiana. É il risultato di un processo avviato negli Stati Uniti a partire dall'inizio degli anni '80, poi diffuso e consolidato in Europa e, infine, sviluppato anche in Italia. Quale ne è stata la causa? L'interpretazione più accreditata della spiegazione del fenomeno è orientata verso la «riduzione della regolazione strutturale del settore e l'intensificarsi della concorrenza che ne è derivata». La concentrazione non è, in teoria, una condizione necessaria affinché possa desumersi una sostenuta presenza di concorrenza sul mercato. É vero però che, in generale, se si riscontra concorrenza in un settore, certamente le imprese meno efficienti tenderanno a uscire dal mercato e/o ad essere acquisite da quelle più efficienti, le quali, se possono godere di economie di scala, saranno anche quelle di più grande dimensione. La concentrazione, se è così, non è un gran male perché favorisce l'efficienza. In realtà, in questo settore, i problemi di tutela della concorrenza e di regolamentazione appaiono particolarmente complessi; per ragioni che chiariremo, un'eccessiva concorrenza può avere effetti non positivi per il benessere sociale. Abbiamo detto che, nel mercato del credito, la presenza di elevate economie di scala spinge verso un aumento dimensionale e quindi verso la concentrazione. La crescita di questa è allora lo scotto da pagare per aumentare l'efficienza delle banche. Quindi, l'obiettivo della protezione del consumatore da prezzi elevati e da servizi di bassa qualità non può essere perseguito bloccando il processo di concentrazione. D'altro canto, nel settore del credito vi è ancora un altro obiettivo, a livello macroeconomico, che merita di essere perseguito e cioè la stabilità del settore finanziario; e non vi è dubbio che tale obiettivo è estremamente rilevante per il benessere collettivo ed esige una regolamentazione dei mercati finanziari che può entrare in conflitto con il traguardo della concorrenza. Analogamente, l'obiettivo della tutela del risparmio può imporre regole che impediscono una concorrenza distruttiva. Si impone perciò, nel mercato del credito, un delicato equilibrio fra i vari obiettivi da raggiungere attribuendo a differenti Autorità indipendenti, ciascuna con una propria specificità e competenza, la difesa del perseguimento dei vari obiettivi. Se ciò può comportare sovrapposizioni di competenze, con eventuali conflitti fra le Autorità, è un prezzo che deve essere pagato affinché i vari obiettivi possano essere perseguiti in modo armonioso per realizzare la massimizzazione del benessere sociale. Il perseguimento della concorrenza, quindi, può alla lunga non essere favorevole ai consumatori, per cui occorre un'attività di regolamentazione che permetta di raggiungere i seguenti targets:
- proteggere i consumatori da prezzi eccessivamente elevati e da prodotti e servizi di bassa qualità;
- determinare condizioni favorevoli per la realizzazione di elevati investimenti da parte dei maggiori operatori;
- assicurare una concorrenza "fair" fra operatori dominanti e nuovi entranti.
Questi obiettivi possono entrare in conflitto fra loro e appare opportuno, affinché vi sia un giusto dosaggio fra di essi, che vi siano diverse Autorità indipendenti e specializzate, predisposte al loro raggiungimento (Autorità di regolamentazione e Autorità per la tutela della concorrenza). Un ulteriore risultato del processo di concentrazione bancaria riguarda la dimensione geografica del fenomeno in Italia. Veniamo perciò al nostro secondo problema: quale impatto hanno avuto le concentrazioni bancarie sullo sviluppo locale? É noto che, a livello territoriale, la concentrazione si è svolta seguendo un'unica direzione: l'acquisizione di banche meridionali da parte di banche del Nord del Paese. Ed è sotto questo secondo aspetto che il fenomeno presenta spiccate specificità, perché mostra implicazioni che riguardano la persistenza dell'assetto dualistico del sistema economico italiano: se è vero che il sistema bancario è motore e guida dei processi di sviluppo industriale, banche locali più deboli al sud prefigurano uno sviluppo più lento, perché devono operare razionando il credito agli operatori. La cosa si rilegge e delinea un circolo vizioso: banche deboli implicano una debole crescita del sistema locale, ciò implica maggior rischio negli impieghi e probabili esiti involutivi: «quando i due tratti: minore crescita, e maggiore rischio - che in un sistema dualistico si distribuiscono secondo caratteri geografici sistematici - si concentrano nella stessa banca questa è destinata più o meno rapidamente ad uscire dal mercato». Cerchiamo ora di valutare gli effetti delle concentrazioni sull'efficienza e sul benessere sociale. A livello microeconomico, la concentrazione ha comportato certamente maggiore efficienza perché ha modificato il rapporto tra banca e risparmiatore: l'iniezione di concorrenza sistemica ha sollecitato l'impresa bancaria a seguire una strategia diversa rispetto al passato: essa è indotta a offrire una varietà di servizi innovativi (le varie forme di risparmio gestito) al cliente per aumentarne la fidelity (+concentrazione+efficienza +benessere sociale). A livello macroeconomico, attraverso la produzione e la distribuzione del risparmio gestito, i mercati del passivo bancario diventano nazionali e non più locali; aumenta l'integrazione verticale, cresce la dimensione geografica del mercato (+concentrazione+efficienza+ benessere sociale). D'altro canto, le fusioni e le acquisizioni bancarie consentono una presenza diretta delle banche del nord nei mercati del sud: laddove la raccolta è molto consistente ed è eccedente rispetto agli impieghi essa può essere orientata verso gli impieghi del nord, perché qui si manifesta un miglior rapporto rischio/investimenti e quindi profitti attesi più alti (+concentrazione +efficienza+benessere sociale). Naturalmente questa lettura dell'assetto dell'industria bancaria non può ignorare il problema della perdita del capitale informativo delle banche del sud. Ma, in un contesto di concorrenza nazionale nonché estera, le grandi banche possono e devono azzerare le perdite di capitale informativo legate ad un'acquisizione. La concentrazione può allora essere la modalità che consente il minor male perché è l'effetto inevitabile del processo di concorrenza, auspicato e sostenuto dalla Banca d'Italia, il cui obiettivo, in realtà mai esplicito, è stato quello di favorire l'unificazione di un mercato particolarmente segmentato come quello italiano, anche a costo di indurre un maggior razionamento delle parti deboli del sistema.

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