CONCENTRAZIONI BANCARIE
TUTELA DELLA CONCORRENZA E SVILUPPO LOCALE
PARCO
SCIENTIFICO E TECNOLOGICO DI SALERNO
LE MOLTEPLICI ATTIVITÀ DI RICERCA
CONCENTRAZIONI BANCARIE
TUTELA DELLA CONCORRENZA E SVILUPPO LOCALE
Cause ed effetti sull’industria
di un fenomeno ancora in pieno svolgimento
Angela
Spagnuolo
Docente di Economia Industriale CELPE - DISES Dipartimento
di Scienze Economiche e Statistiche Università degli Studi
di Salerno
aspagnuolo@unisa.it
É noto che, nel settore bancario, negli anni '90
in Italia, in risposta alla deregolamentazione avviata alla fine degli anni
'80, si è sviluppato un processo di forte concentrazione, mostrata
da un consistente numero di fusioni e acquisizioni. Ciò non solo ha
modificato in modo sostanziale la struttura dell'industria, perché ha
determinato un aumento delle dimensioni medie delle banche, ma ha anche influito
sulla sua distribuzione territoriale. Poiché riteniamo che tale processo
non sia affatto concluso proviamo ad esaminare brevemente: a) qual è il
ruolo della concorrenza nella configurazione industriale di questo particolare
settore produttivo; b) quali sono gli effetti delle concentrazioni bancarie
sul sistema di sviluppo locale. L'aumento della concentrazione e, con essa,
delle dimensioni delle banche non è in realtà una specificità italiana. É il
risultato di un processo avviato negli Stati Uniti a partire dall'inizio
degli anni '80, poi diffuso e consolidato in Europa e, infine, sviluppato
anche in Italia. Quale ne è stata la causa? L'interpretazione più accreditata
della spiegazione del fenomeno è orientata verso la «riduzione
della regolazione strutturale del settore e l'intensificarsi della concorrenza
che ne è derivata». La concentrazione non è, in teoria,
una condizione necessaria affinché possa desumersi una sostenuta presenza
di concorrenza sul mercato. É vero però che, in generale, se
si riscontra concorrenza in un settore, certamente le imprese meno efficienti
tenderanno a uscire dal mercato e/o ad essere acquisite da quelle più efficienti,
le quali, se possono godere di economie di scala, saranno anche quelle di
più grande dimensione. La concentrazione, se è così,
non è un gran male perché favorisce l'efficienza. In realtà,
in questo settore, i problemi di tutela della concorrenza e di regolamentazione
appaiono particolarmente complessi; per ragioni che chiariremo, un'eccessiva
concorrenza può avere effetti non positivi per il benessere sociale.
Abbiamo detto che, nel mercato del credito, la presenza di elevate economie
di scala spinge verso un aumento dimensionale e quindi verso la concentrazione.
La crescita di questa è allora lo scotto da pagare per aumentare l'efficienza
delle banche. Quindi, l'obiettivo della protezione del consumatore da prezzi
elevati e da servizi di bassa qualità non può essere perseguito
bloccando il processo di concentrazione. D'altro canto, nel settore del credito
vi è ancora un altro obiettivo, a livello macroeconomico, che merita
di essere perseguito e cioè la stabilità del settore finanziario;
e non vi è dubbio che tale obiettivo è estremamente rilevante
per il benessere collettivo ed esige una regolamentazione dei mercati finanziari
che può entrare in conflitto con il traguardo della concorrenza. Analogamente,
l'obiettivo della tutela del risparmio può imporre regole che impediscono
una concorrenza distruttiva. Si impone perciò, nel mercato del credito,
un delicato equilibrio fra i vari obiettivi da raggiungere attribuendo a
differenti Autorità indipendenti, ciascuna con una propria specificità e
competenza, la difesa del perseguimento dei vari obiettivi. Se ciò può comportare
sovrapposizioni di competenze, con eventuali conflitti fra le Autorità, è un
prezzo che deve essere pagato affinché i vari obiettivi possano essere
perseguiti in modo armonioso per realizzare la massimizzazione del benessere
sociale. Il perseguimento della concorrenza, quindi, può alla lunga
non essere favorevole ai consumatori, per cui occorre un'attività di
regolamentazione che permetta di raggiungere i seguenti targets:
- proteggere i consumatori da prezzi eccessivamente elevati e da prodotti
e servizi di bassa qualità;
- determinare condizioni favorevoli per la realizzazione di elevati
investimenti da parte dei maggiori operatori;
- assicurare una concorrenza "fair" fra operatori dominanti e nuovi
entranti.
Questi obiettivi possono entrare in conflitto fra loro e appare opportuno,
affinché vi sia un giusto dosaggio fra di essi, che vi siano diverse
Autorità indipendenti e specializzate, predisposte al loro raggiungimento
(Autorità di regolamentazione e Autorità per la tutela della
concorrenza). Un ulteriore risultato del processo di concentrazione bancaria
riguarda la dimensione geografica del fenomeno in Italia. Veniamo perciò al
nostro secondo problema: quale impatto hanno avuto le concentrazioni bancarie
sullo sviluppo locale? É noto che, a livello territoriale, la concentrazione
si è svolta seguendo un'unica direzione: l'acquisizione di banche
meridionali da parte di banche del Nord del Paese. Ed è sotto questo
secondo aspetto che il fenomeno presenta spiccate specificità, perché mostra
implicazioni che riguardano la persistenza dell'assetto dualistico del sistema
economico italiano: se è vero che il sistema bancario è motore
e guida dei processi di sviluppo industriale, banche locali più deboli
al sud prefigurano uno sviluppo più lento, perché devono operare
razionando il credito agli operatori. La cosa si rilegge e delinea un circolo
vizioso: banche deboli implicano una debole crescita del sistema locale,
ciò implica maggior rischio negli impieghi e probabili esiti involutivi: «quando
i due tratti: minore crescita, e maggiore rischio - che in un sistema dualistico
si distribuiscono secondo caratteri geografici sistematici - si concentrano
nella stessa banca questa è destinata più o meno rapidamente
ad uscire dal mercato». Cerchiamo ora di valutare gli effetti delle
concentrazioni sull'efficienza e sul benessere sociale. A livello microeconomico,
la concentrazione ha comportato certamente maggiore efficienza perché ha
modificato il rapporto tra banca e risparmiatore: l'iniezione di concorrenza
sistemica ha sollecitato l'impresa bancaria a seguire una strategia diversa
rispetto al passato: essa è indotta a offrire una varietà di
servizi innovativi (le varie forme di risparmio gestito) al cliente per aumentarne
la fidelity (+concentrazione+efficienza +benessere sociale). A livello macroeconomico,
attraverso la produzione e la distribuzione del risparmio gestito, i mercati
del passivo bancario diventano nazionali e non più locali; aumenta
l'integrazione verticale, cresce la dimensione geografica del mercato (+concentrazione+efficienza+
benessere sociale). D'altro canto, le fusioni e le acquisizioni bancarie
consentono una presenza diretta delle banche del nord nei mercati del sud:
laddove la raccolta è molto consistente ed è eccedente rispetto
agli impieghi essa può essere orientata verso gli impieghi del nord,
perché qui si manifesta un miglior rapporto rischio/investimenti e
quindi profitti attesi più alti (+concentrazione +efficienza+benessere
sociale). Naturalmente questa lettura dell'assetto dell'industria bancaria
non può ignorare il problema della perdita del capitale informativo
delle banche del sud. Ma, in un contesto di concorrenza nazionale nonché estera,
le grandi banche possono e devono azzerare le perdite di capitale informativo
legate ad un'acquisizione. La concentrazione può allora essere la
modalità che consente il minor male perché è l'effetto
inevitabile del processo di concorrenza, auspicato e sostenuto dalla Banca
d'Italia, il cui obiettivo, in realtà mai esplicito, è stato
quello di favorire l'unificazione di un mercato particolarmente segmentato
come quello italiano, anche a costo di indurre un maggior razionamento delle
parti deboli del sistema. |