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  Dicembre 2012

Articoli - n° 4 Maggio 2004
 



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REGOLAMENTAZIONE DEI REATI DI DIFFAMAZIONE
L’ITER PARLAMENTARE DELLA RIFORMA

Equilibrio difficile tra la difesa dei cittadini e la tutela della libertà di stampa

di Camilla Castagnoli Junior Consultant - NOMOS Centro Studi Parlamentari
camilla.castagnoli@nomoscsp.it
 

Nell'Italia di oggi, la libertà d'informazione e quella di critica rappresentano dei valori garantiti, in linea di principio, dalla Costituzione (articolo 21, e anche articolo 33), dalle leggi ordinarie e dal comune sentire; tuttavia, ci sono dei punti sensibili nei quali tali fondamentali libertà appaiono oggi minacciate. Per rispondere a tale esigenza di tutela è iniziato il 24 gennaio 2002, in sede referente, presso la Commissione Giustizia della Camera, l'esame della proposta di legge sulla diffamazione a mezzo di stampa o altro mezzo di diffusione. Da tempo si discuteva sulla necessità di contemperare i principi fondamentali della libertà di stampa fissati dall'articolo 21 della Costituzione con due esigenze primarie della vita democratica: quella della riduzione della soglia di repressione dell'attività giornalistica ed editoriale in sede penale e civile, e quella di assicurare una effettiva riparazione dei danni arrecati all'onore e alla reputazione di persone, enti e istituzioni. La vigente disciplina normativa sulla diffamazione a mezzo di stampa, infatti, suscita non poche perplessità e appare ormai per molti aspetti definitivamente superata. Questo in quanto, da un lato essa non è in grado di tutelare adeguatamente la libertà di stampa e di impedire che gli operatori dell'informazione siano esposti ad azioni giudiziarie, dall'altro non assicura neanche efficienti strumenti di tutela per il cittadino. Gli attuali rimedi giurisdizionali appaiono, dunque, inefficaci dal momento che le pronunce giudiziarie, intervenendo a notevole distanza di tempo, non possono assolvere ad una effettiva funzione risarcitoria e di reintegrazione del diritto violato. Infatti, l'interesse del diffamato è proprio quello di ottenere o l'immediata smentita o l'accertamento della falsità del fatto a lui attribuito, ma né il giudizio penale né quello civile sono attualmente in grado di ottenere questo risultato. D'altra parte la stessa decisione del giudice, che se pur in ritardo mira a provvedere, sia in sede civile che penale, al risarcimento pecuniario, non vale a sanare il pregiudizio arrecato con la diffusione del fatto o dell'affermazione diffamatorie, in quanto, in taluni casi, essendo la determinazione rimessa alla sola valutazione discrezionale del giudice, si può trasformare in una sanzione ingiusta. Inoltre, all'inadeguatezza della disciplina normativa, si devono aggiungere le incertezze giurisprudenziali che spesso intervengono sullo stesso argomento con decisioni difformi. Dunque la rigida disciplina attualmente esistente espone il giornalista ad elevati rischi che possono interferire con la libertà di espressione, con quella di critica e con il diritto di cronaca. Inoltre, si pone oggi l'esigenza di definire in modo più ampio il settore giornalistico poichè oltre al giornalismo tradizionale della carta stampata e a quello radiotelevisivo si sono affiancati autorevolmente il giornalismo istituzionale (uffici stampa) e quello on-line, i quali stanno guadagnandosi piena dignità professionale, allargando l'orizzonte dell'impegno degli operatori dell'informazione. Per questo si è sentita l'esigenza di presentare una proposta di legge mirante ad operare una riforma organica della materia, in modo tale da definire in termini più chiari il reato di diffamazione a mezzo di stampa fissando cause di non punibilità e regole in tema di prova liberatoria. Il progetto di legge in questione deriva dall'unificazione di diverse proposte tutte convergenti sulla necessità di intervenire, affinché l'azione di risarcimento sia svincolata dalla valutazione discrezionale del giudice, ma ognuna con una propria impostazione. Infatti, alcune prefigurano il procedimento penale come l'unica strada percorribile per soddisfare esigenze di celerità e di equità, altre si affidano a tentativi di conciliazione, mentre altre ancora ritengono la smentita o la rettifica immediata elementi di estinzione della punibilità. Tuttavia, dall'insieme delle stesse, traspare l'intento unitario di ridurre gli elevati rischi ai quali è esposto il giornalista, anche per non interferire nella libertà di espressione e nel diritto di cronaca. Per questo, il relatore, deputato Gianfranco Anedda (AN), cominciando ad illustrare le sopraindicate proposte di legge osservava, sin dall'inizio, come queste non presentassero diversità sostanziali sul contenuto, e quindi aveva, successivamente, presentato un testo unificato dove i punti controversi del provvedimento riguardavano:
- l'inclusione della diffamazione tra i reati di opinione o tra quelli di offesa all'onore;
- l'irrogazione della pena della detenzione per i reati di opinione;
- la valenza da assegnare alla rettifica.
La proposta di legge sul reato di diffamazione a mezzo di stampa è ancora in esame in sede referente alla Commissione Giustizia. In seguito alla nomina del relatore Gianfranco Anedda a capogruppo di AN, si è provveduto a sostituirlo con Isabella Bertolini (FI).
Nel corso della discussione la nuova relatrice illustrando il testo unificato, che veniva adottato come testo base per il seguito dell'esame, si soffermava sulle principali novità dello stesso sottolineando, in particolare, il fatto che la pena per il reato di diffamazione veniva riportata al carattere pecuniario eliminando il ricorso alla pena detentiva. Ulteriori novità introdotte dal testo unificato riguardano:
- l'applicabilità delle disposizioni anche ai siti internet;
- il riconoscimento della rettifica su richiesta di parte come attenuante;
- la riduzione da cinque anni ad uno del periodo nel quale si prescrive l'azione civile per il risarcimento del danno;
- la previsione della responsabilità del direttore responsabile nel caso di omessa vigilanza colposa.
L'iter parlamentare, che è ancora in corso, ha avuto un difficile cammino in quanto all'interno della stessa maggioranza non è stato facile riuscire a trovare un accordo. Attualmente, la Commissione competente si sta concentrando sulle questioni riguardanti la rettifica e sulla materia relativa alle sanzioni disciplinari per il giornalista. Sta, inoltre, discutendo i nuovi emendamenti proposti dal relatore, il primo, volto ad escludere la punibilità dell'autore dell'offesa nel caso in cui questi adempia alla pubblicazione di dichiarazioni o rettifiche entro due giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'interessato; il secondo diretto a disporre che in caso di condanna segua la pena accessoria dell'interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da uno a sei mesi nell'ipotesi di recidiva specifica di cui all'articolo 99 comma 2 del codice penale; gli ultimi due tesi a introdurre le modifiche sopraesposte anche all'interno dell'articolo 595 del codice penale. La proposta di legge in esame mira, dunque, a modificare la disciplina prevista dal codice penale e da quello civile, nonché dalle leggi vigenti in materia, al fine di offrire un ulteriore contributo per una più moderna regolamentazione dei reati di diffamazione, di quelli strettamente connessi ai fondamentali diritti dell'uomo quali il diritto all'informazione, alla libertà di stampa, all'onore e alla privacy. Si propone, infatti, il difficile obiettivo di raggiungere un maggiore equilibrio tra la salvaguardia degli interessi dei cittadini che si ritengono lesi dal reato di diffamazione e la tutela della libertà di stampa di diffondere notizie.

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