REGOLAMENTAZIONE DEI REATI DI DIFFAMAZIONE
L’ITER PARLAMENTARE DELLA RIFORMA
Equilibrio difficile tra la difesa dei cittadini
e la tutela della libertà di stampa
di Camilla Castagnoli Junior Consultant - NOMOS
Centro Studi Parlamentari
camilla.castagnoli@nomoscsp.it
Nell'Italia
di oggi, la libertà d'informazione e quella di critica rappresentano
dei valori garantiti, in linea di principio, dalla Costituzione (articolo
21, e anche articolo 33), dalle leggi ordinarie e dal comune sentire;
tuttavia, ci sono dei punti sensibili nei quali tali fondamentali
libertà appaiono
oggi minacciate. Per rispondere a tale esigenza di tutela è iniziato
il 24 gennaio 2002, in sede referente, presso la Commissione Giustizia
della Camera, l'esame della proposta di legge sulla diffamazione
a mezzo di stampa o altro mezzo di diffusione. Da tempo si discuteva
sulla necessità di
contemperare i principi fondamentali della libertà di stampa
fissati dall'articolo 21 della Costituzione con due esigenze primarie
della vita democratica: quella della riduzione della soglia di repressione
dell'attività giornalistica ed editoriale in sede penale e civile,
e quella di assicurare una effettiva riparazione dei danni arrecati
all'onore e alla reputazione di persone, enti e istituzioni. La vigente
disciplina normativa sulla diffamazione a mezzo di stampa, infatti,
suscita non poche perplessità e appare ormai per molti aspetti
definitivamente superata. Questo in quanto, da un lato essa non è in
grado di tutelare adeguatamente la libertà di stampa e di impedire
che gli operatori dell'informazione siano esposti ad azioni giudiziarie,
dall'altro non assicura neanche efficienti strumenti di tutela per
il cittadino. Gli attuali rimedi giurisdizionali appaiono, dunque,
inefficaci dal momento che le pronunce giudiziarie, intervenendo a notevole
distanza di tempo, non possono assolvere ad una effettiva funzione
risarcitoria e di reintegrazione del diritto violato. Infatti, l'interesse
del diffamato è proprio
quello di ottenere o l'immediata smentita o l'accertamento della
falsità del
fatto a lui attribuito, ma né il giudizio penale né quello
civile sono attualmente in grado di ottenere questo risultato. D'altra
parte la stessa decisione del giudice, che se pur in ritardo mira
a provvedere, sia in sede civile che penale, al risarcimento pecuniario,
non vale a sanare il pregiudizio arrecato con la diffusione del fatto
o dell'affermazione diffamatorie, in quanto, in taluni casi, essendo
la determinazione rimessa alla sola valutazione discrezionale del
giudice, si può trasformare in una sanzione ingiusta. Inoltre,
all'inadeguatezza della disciplina normativa, si devono aggiungere
le incertezze giurisprudenziali che spesso intervengono sullo stesso
argomento con decisioni difformi. Dunque la rigida disciplina attualmente
esistente espone il giornalista ad elevati rischi che possono interferire
con la libertà di espressione,
con quella di critica e con il diritto di cronaca. Inoltre, si pone
oggi l'esigenza di definire in modo più ampio il settore giornalistico
poichè oltre al giornalismo tradizionale della carta stampata
e a quello radiotelevisivo si sono affiancati autorevolmente il giornalismo
istituzionale (uffici stampa) e quello on-line, i quali stanno guadagnandosi
piena dignità professionale, allargando l'orizzonte dell'impegno
degli operatori dell'informazione. Per questo si è sentita l'esigenza
di presentare una proposta di legge mirante ad operare una riforma
organica della materia, in modo tale da definire in termini più chiari
il reato di diffamazione a mezzo di stampa fissando cause di non
punibilità e
regole in tema di prova liberatoria. Il progetto di legge in questione
deriva dall'unificazione di diverse proposte tutte convergenti sulla
necessità di intervenire, affinché l'azione di risarcimento
sia svincolata dalla valutazione discrezionale del giudice, ma ognuna
con una propria impostazione. Infatti, alcune prefigurano il procedimento
penale come l'unica strada percorribile per soddisfare esigenze di
celerità e
di equità, altre si affidano a tentativi di conciliazione, mentre
altre ancora ritengono la smentita o la rettifica immediata elementi
di estinzione della punibilità. Tuttavia, dall'insieme delle
stesse, traspare l'intento unitario di ridurre gli elevati rischi
ai quali è esposto il giornalista, anche per non interferire
nella libertà di espressione e nel diritto di cronaca. Per questo,
il relatore, deputato Gianfranco Anedda (AN), cominciando ad illustrare
le sopraindicate proposte di legge osservava, sin dall'inizio, come
queste non presentassero diversità sostanziali sul contenuto,
e quindi aveva, successivamente, presentato un testo unificato dove
i punti controversi del provvedimento riguardavano:
- l'inclusione della diffamazione tra i reati di opinione o tra quelli
di offesa all'onore;
- l'irrogazione della pena della detenzione per i reati di opinione;
- la valenza da assegnare alla rettifica.
La proposta di legge sul reato di diffamazione a mezzo di stampa è ancora
in esame in sede referente alla Commissione Giustizia. In seguito alla
nomina del relatore Gianfranco Anedda a capogruppo di AN, si è provveduto
a sostituirlo con Isabella Bertolini (FI).
Nel corso della discussione la nuova relatrice illustrando il testo
unificato, che veniva adottato come testo base per il seguito dell'esame,
si soffermava sulle principali novità dello stesso sottolineando,
in particolare, il fatto che la pena per il reato di diffamazione veniva
riportata al carattere pecuniario eliminando il ricorso alla pena detentiva.
Ulteriori novità introdotte dal testo unificato riguardano:
- l'applicabilità delle disposizioni anche ai siti internet;
- il riconoscimento della rettifica su richiesta di parte come attenuante;
- la riduzione da cinque anni ad uno del periodo nel quale si prescrive
l'azione civile per il risarcimento del danno;
- la previsione della responsabilità del direttore responsabile
nel caso di omessa vigilanza colposa.
L'iter parlamentare, che è ancora in corso, ha avuto un difficile
cammino in quanto all'interno della stessa maggioranza non è stato
facile riuscire a trovare un accordo. Attualmente, la Commissione competente
si sta concentrando sulle questioni riguardanti la rettifica e sulla
materia relativa alle sanzioni disciplinari per il giornalista. Sta,
inoltre, discutendo i nuovi emendamenti proposti dal relatore, il primo,
volto ad escludere la punibilità dell'autore dell'offesa nel
caso in cui questi adempia alla pubblicazione di dichiarazioni o rettifiche
entro due giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'interessato;
il secondo diretto a disporre che in caso di condanna segua la pena
accessoria dell'interdizione dalla professione di giornalista per un
periodo da uno a sei mesi nell'ipotesi di recidiva specifica di cui
all'articolo 99 comma 2 del codice penale; gli ultimi due tesi a introdurre
le modifiche sopraesposte anche all'interno dell'articolo 595 del codice
penale. La proposta di legge in esame mira, dunque, a modificare la
disciplina prevista dal codice penale e da quello civile, nonché dalle
leggi vigenti in materia, al fine di offrire un ulteriore contributo
per una più moderna regolamentazione dei reati di diffamazione,
di quelli strettamente connessi ai fondamentali diritti dell'uomo quali
il diritto all'informazione, alla libertà di stampa, all'onore
e alla privacy. Si propone, infatti, il difficile obiettivo di raggiungere
un maggiore equilibrio tra la salvaguardia degli interessi dei cittadini
che si ritengono lesi dal reato di diffamazione e la tutela della libertà di
stampa di diffondere notizie.
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