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prezzi delle materie prime in continua crescita
prezzi delle materie prime in continua crescita
Una situazione che ha gravi ripercussioni sull’andamento congiunturale del settore delle costruzioni
Antonio Lombardi
Presidente Ance Salerno
Il problema dell'impennata dei prezzi dei materiali da costruzione, soprattutto dell'acciaio, sta provocando pesantissime difficoltà alle nostre imprese, in particolare a quelle impegnate nella realizzazione di opere pubbliche. Si tratta di difficoltà che hanno determinato gravi ripercussioni sull’andamento congiunturale del settore, e che in realtà economiche più fragili come quelle meridionali rischiano di minare a fondo la stessa sopravvivenza delle imprese. È il sistema economico in generale a risentire di questa situazione estremamente pesante: parliamo di oscillazioni nei prezzi delle materie prime, che a causa di congiunture e/o fattori internazionali di svariata natura, subiscono incrementi di prezzi consistenti, imprevisti ed imprevedibili al momento della partecipazione ad una gara d’appalto. Proprio per queste ragioni l’Ance Salerno si è immediatamente attivata e ha denunciato il problema sui mezzi di informazione, richiamando nel contempo l’attenzione dell’Ance nazionale e del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli.
Al ministro abbiamo rappresentato la necessità di un urgente intervento normativo mirato a riequilibrare la situazione. Considerevoli incrementi di prezzo che si consumano in periodi temporali così brevi - soprattutto se si sommano ad una situazione di rincari diffusa, a partire dal gasolio e dai relativi derivati - determinano profondi mutamenti dei contesti socioeconomici in cui si opera. Si corre insomma il rischio concreto che molte imprese si vedano preclusa la possibilità di partecipare a gare d’appalto, giacché dalla gara al concreto avvio dei lavori, potrebbero determinarsi mutamenti tali da rendere economicamente sconveniente, se non addirittura dannoso, ciò che oggi si configura come un possibile affare. Il recente Convegno di Ischia in materia di Lavori Pubblici ha focalizzato il dibattito anche su questa tematica, richiamando l’attenzione del Presidente della Commissione Lavori Pubblici del Senato, il senatore Luigi Grillo, e dell’onorevole Tino Iannuzzi, componente della analoga Commissione della Camera dei Deputati. La richiesta più pressante che abbiamo presentato al ministro è quella di varare in tempi rapidi un provvedimento legislativo ad hoc, finalizzato a riconoscere alle imprese che ne facciano richiesta un'equa e rapida compensazione per i rincari del prezzo dell'acciaio, autorizzando le stazioni appaltanti ad adeguare i corrispettivi previsti ai nuovi oneri da esse sostenuti. In merito abbiamo proposto inoltre di procedere ad alcune modifiche e integrazioni dell'articolo 133 (commi 4 e seguenti) del codice dei contratti pubblici, mirate a eliminare le incongruenze che rendono l'attuale normativa inefficace e scarsamente applicabile.
Le modifiche da noi proposte prevedono in primo luogo che sia eliminata l'esigenza del carattere di "eccezionalità" dell'evento, considerando di per sè sufficiente un aumento del costo del materiale superiore al 10% nell'arco di un anno; chiediamo inoltre che la rilevazione dei maggiori costi avvenga ogni 6 mesi, verificando gli aumenti in ciascuno di essi. In questo modo, diversamente da quanto succede con l'attuale disciplina, si consentirebbe il riconoscimento dell'adeguamento a tutte le imprese che abbiano effettivamente sopportato l'aumento dei costi, a prescindere dall'anno di presentazione dell'offerta. Il caro ferro rischia di diventare per il comparto una vera e propria emergenza, giacché potrebbe produrre conseguenze destabilizzanti. Non si tratta infatti di rincari fisiologici, né tanto meno di aumenti in qualche modo assimilabili alle fluttuazioni dell’inflazione. Si tratta di una levitazione di costi assolutamente abnorme, non prevista e non prevedibile, ma soprattutto allo stato non governabile. Basti pensare che i listini nell’arco di pochissimi mesi hanno registrato prezzi addirittura triplicati. Dallo scorso mese di dicembre ad oggi si è passati da circa 230 euro a tonnellata a circa 630. Un’impennata legata, stando al parere degli esperti, anche alla grandissima richiesta proveniente da Cina e India che, inevitabilmente, finisce per provocare pesantissime difficoltà alle imprese impegnate nella realizzazione di opere pubbliche. La portata del fenomeno è tale da imporre un immediato intervento governativo per ristabilire l’equità contrattuale attraverso provvedimenti specifici che legittimino le stazioni appaltanti ad adeguare il corrispettivo previsto per l’appalto agli aumenti, rigorosamente comprovati, subiti dal costo del ferro e, in conseguenza, ai nuovi ed eccessivi oneri sostenuti dalle imprese. Una mera rivisitazione del tariffario regionale - proprio per l’imprevedibilità di questi rincari che spesso si consumano e maturano in lassi temporali estremamente brevi - sarebbe non solo estremamente difficoltosa, ma anche del tutto inutile: s’impone pertanto l’adozione di decisioni che - oggi per il ferro, ma domani per altre materie prime - mettano le aziende al sicuro da aumenti imprevedibili, tanto più se questi - come nel caso del ferro - in pochi mesi assumono proporzioni percentuali così considerevoli. Un intervento tanto più necessario se si considera l’improponibilità di altre forme di intervento, sporadiche o occasionali, come ad esempio un sistema di indennizzi legati alla mera emergenza dello status quo. Non risolverebbero il problema, non eviterebbero il riproporsi di analoghe situazioni per il futuro, ma soprattutto potrebbero configurarsi come incentivi di Stato e determinare pericolose reazioni sanzionatorie Comunitarie. A fronte di tali vertiginosi aumenti è concreto il rischio, soprattutto nel Mezzogiorno, di una paralisi dei cantieri: anche perché qualche azienda, duramente minacciata dalle sopravvenute gravosità, nel solco di quanto previsto dal codice civile, potrebbe chiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. Aggiungendo all’emergenza del caro ferro anche il blocco degli interventi in opere pubbliche ed infrastrutture.
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