Per quanto tempo sono da considerarsi lecite le pretese pecuniarie avanzate dai Comuni?
Luigi D’Angiolella
Avvocato
studiodangiolella@tin.it
Una recente sentenza del T.A.R. Campania (II sez., 4 aprile 2008 n. 1874) affronta un tema, forse non significativo sul piano strettamente giuridico, ma di grande importanza pratica per gli operatori, e cioè i presupposti per eccepire la prescrizione delle pretese connesse al rilascio del permesso di costruire in sanatoria dopo la domanda di condono e cioè l’oblazione - rilevante anche ai fini penali - e gli oneri concessori, connessi alla sanatoria, come per qualsiasi altro permesso di costruire.
La questione non è di poco momento anche per le casse dell’Erario, in quanto sono pochi i Comuni in Campania che, a seguito di ben tre procedure di condono edilizio straordinario (la prima legge è la n. 47/1985 cui sono seguite, integrandola, la legge n. 724/94 e la legge n. 326/03), hanno riscontrato in tempi accettabili le domande di sanatoria dei cittadini.
La conseguenza di tale empasse è una montagna di pratiche presso i Comuni, spesso inevase, con domande di condono e relativi versamenti, solo parziali, sia riguardo l’oblazione, sia gli oneri concessori ed in attesa di determinazione definitiva da parte dell’Ente.
Quando il Comune - spesso sollecitato dall’interessato - tira fuori la domanda, si trova spesso a dover richiedere somme per pratiche che sono state inoltrate, talvolta, più di vent’anni prima.
Si è posto, dunque, il problema se, in certi casi, tali somme richieste a conguaglio dal Comune, siano o meno dovute, decorso un lungo lasso di tempo.
Il T.A.R. Campania, nella richiamata pronuncia, ha precisato innanzitutto che, a norma dell’articolo 35 della legge 47/1985, il versamento dell'oblazione non esime il soggetto che chiede di avvalersi del condono edilizio dall’obbligo di versare al Comune gli oneri concessori, ove dovuti.
Le pretese pecuniarie (oblazione e, quindi, anche oneri concessori) restano soggette - in ragione della diversa causale che le connota - ad un regime giuridico diverso in ordine ai tempi di prescrizione: invero, per il pagamento dei contributi concessori vige il termine ordinario di prescrizione decennale, mentre per il versamento dell’oblazione il diverso termine di trentasei mesi fissato dall'articolo 35, comma 18.
Il dies a quo della prescrizione - e cioè quello dal quale decorre il termine - è quello del momento in cui il corredo documentale dell’istanza di condono può ritenersi completo. Il T.A.R. Campania, infatti, ritiene rilevante, a tal fine, la definizione della pratica, che coincide con la scadenza del termine biennale dalla domanda di condono previsto dalla normativa di settore per il perfezionamento della fattispecie legale tipica del cosiddetto “silenzio accoglimento”.
Nella prassi, quando il Comune - spesso dopo richieste di integrazioni documentali - non pone in dubbio la completezza del corredo documentale dell’istanza di condono, non sollevando contestazioni, e decorre il tempo utile di due anni alla maturazione del silenzio accoglimento, alcuna incertezza residua sulla prescrizione delle pretese creditorie vantate dal Comune nei termini appena esposti.
Ed invero, il dies a quo della prescrizione decorre dal momento del rilascio della concessione in sanatoria, anche se quest’ultima è intervenuta per silenzio-assenso (cfr. sul punto T.A.R. Lazio-Roma, sez. II, 04 gennaio 2005, n. 54).
In questo senso, credo si sia trovato un orientamento preciso per tutti gli operatori, al fine di evitare il pagamento di somme non dovute e, specularmente, per evitare ai cittadini contenziosi inutili e defatiganti.
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