L’impresa a un bivio:
tradizione o innovazione?
la conoscenza
È un bene economico
A Caserta una piattaforma solare per l’energia alternativa
Sviluppo ecocompatibile:
così i rifiuti diventano risorsa
UniversitÀ e imprese:
Terra di Lavoro guarda agli Usa
alta formazione
L’impresa a un bivio:
tradizione o innovazione?
Gian Maria PICCINELLI
Presidente Scuola d’Impresa
La trasformazione aziendale, nel momento
del passaggio generazionale,
richiede l’introduzione di nuove competenze
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Non c'è nulla di più pericoloso, per gli uditori, che quello di affidare la relazione ad un professore. Scherzi a parte, la mia vuole essere la riflessione - in tempi ragionevoli - di un amico che si interroga su un quesito: quale senso dare, oggi, alla collaborazione università-impresa?
Uno spunto può essere tratto dal tema del "passaggio generazionale dell'impresa", tema al centro di un workshop di Confindustria a Bari, che si è svolto all'inizio del 2006. Passaggio generazionale che rappresenta un momento cruciale per affrontare le trasformazioni necessarie per adeguare il progetto-impresa ai tempi. Partiamo, dunque, da alcuni dati. Oltre il 90% delle imprese in Italia sono aziende di dimensioni piccola-media. Di queste il 70% ha carattere familiare (dato riportabile, in generale, anche alla grande impresa). Bene, secondo una ricerca della McKinsey solo il 24% delle imprese italiane raggiunge la seconda generazione e solo il 14% di esse raggiunge la terza. Il tema del passaggio generazionale si configura così come un grande tema di prospettiva del sistema di impresa nel nostro Paese. Tema peraltro di grande attualità e che, a ben vedere, non interessa soltanto le Pmi, ma anche le grandi aziende, essendo al termine ormai un ciclo generazionale cominciato negli anni della ricostruzione, con imprenditori che hanno superato i settanta anni, e che non passano di certo inosservati dai media. Si calcola, dunque, che sono 66 mila le imprese italiane che hanno a che fare con il problema del passaggio generazionale. Di queste, oltre la metà sono aziende meridionali.
Nel 77% dei casi analizzati al Sud il passaggio generazionale è sinonimo di fattori di turbolenza. Per circa metà dei casi (48%) si determinano importanti cambiamenti di stile direzionale, nel 22% dei casi si ridefiniscono i ruoli, nel 18% l'azienda si apre a nuovi manager esterni, ancora nel 18% dei casi si modifica anche il core business e nel 6% dei casi si aprono anche forti tensioni nelle famiglie proprietarie.
Cosa succede? Due spunti di riflessione: l'impresa è dinanzi a un bivio: tradizione e/o innovazione?
Termini che ci danno rispettivamente il senso di una valorizzazione del passato (affermazione identitaria del progetto-impresa), ovvero di un sostanziale cambiamento che pone l'impresa in "collegamento" con il futuro (che può significare un più avanzato adeguamento alle sfide della competitività sui mercati globali).
Un altro bivio che si presenta all'impresa è rappresentato dal dilemma: professionalizzazione (della famiglia o piccolo gruppo di soci) o managerializzazione? La trasformazione aziendale, il cambiamento del mercato del lavoro e delle sue regole, possono richiedere l'introduzione di nuove competenze e la valutazione dell'adeguatezza della strategia aziendale, dei fabbisogni e delle prospettive di evoluzione dell'impresa. Si presentano allora quattro questioni: i percorsi formativi dei figli che subentrano e, quindi, la questione del fare o non fare "gavetta"; la focalizzazione del fattore strategico, ovvero di ciò che è in primo piano nei processi di salto generazionale: la famiglia, l'azienda, il patrimonio o, comunque, questi tre fattori e la relazione gerarchica e funzionale che interviene tra di loro; la relazione tra la famiglia e il management come ambito di sinergia e come ambito di conflittualità; il modo con cui s’articola il principio di delega e la relazione che ciò comporta con le funzioni di controllo.
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Ci accorgiamo, quindi, che nel passaggio generazionale è essenziale mantenere una visione progettuale, creativa e innovativa di quello che l'impresa può diventare. Una riflessione ancor più particolare possiamo trarla da uno dei temi centrali, oggi, in materia di "innovazione": l'accoglimento delle nuove tecnologie in vista di accrescere la competitività dell'impresa sul mercato. Lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie informatiche, telematiche e della multimedialità (le cosiddette Ict) ha consentito la produzione e diffusione di informazioni ad elevatissima velocità ed a costi sempre minori, determinando un incremento impressionante dei flussi informativi.
Questo fenomeno ha determinato profonde trasformazioni e ha condizionato fortemente lo sviluppo dell'economia favorendo i processi di globalizzazione, inducendo a nuove forme di organizzazione dell'impresa e del lavoro, dando un forte impulso alla creazione di network e alleanze tra imprese, rendendo meno chiari i confini tra i settori (anche tra servizi e settore manifatturiero), nonché facendo del livello di conoscenza e qualificazione delle risorse umane la principale fonte di competitività. Oggi, più che in qualsiasi altro momento storico, "la conoscenza è un bene economico", l'accesso alle informazioni e la capacità di fame uso hanno un'importanza veramente determinante. Nella cosiddetta "società dell'informazione" sono cambiati i modelli organizzativi in vari ambiti, pubblici e privati, ed in particolare nel mondo del lavoro cambia il concreto modo di funzionamento del sistema produttivo. La ridefinizione delle pratiche organizzative muta l'assetto delle attività economiche, anche per ciò che riguarda la dimensione territoriale della produzione. La diffusione e la pervasività su scala mondiale delle reti telematiche determina anche una dislocazione delle attività produttive. Le trasformazioni del sistema economico indotte dalle nuove tecnologie aprono quindi nuove prospettive di sviluppo per sanare gli squilibri economici tra il Nord e il Sud d'Italia.D'altra parte, il superamento dei confini nazionali indotto dal processo di globalizzazione rende ancora più sentita l'esigenza di valorizzare le realtà territoriali. Cogliere tutte le opportunità e rimuovere tutti gli ostacoli allo sviluppo sono necessità non rinviabili e l'efficacia delle azioni dirette allo sviluppo delle realtà territoriali dipende fortemente dalla capacità di fondarsi sulla sinergia e la cooperazione tra enti locali, parti sociali, imprese ed università.
É importante che le Ict non siano una prerogativa delle sole grandi imprese, ma che anche le Pmi introducano quei processi innovativi legati alle nuove tecnologie dell'informazione e comunicazione che sono fondamentali per una maggiore competitività anche a livello internazionale.
Per facilitare la crescita del sistema delle piccole e medie imprese occorre rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla modifica della struttura proprietaria. La difficoltà di trasmissione intergenerazionale, tipica patologia di un sistema formato da imprese molto piccole, rappresenta senz'altro un fattore di ostacolo per la Pmi. Abbiamo visto che il 70% delle imprese italiane, infatti, è a gestione familiare, contro il 40% delle imprese del Regno Unito e meno del 10% delle imprese degli Stati Uniti. Inoltre, la quota proprietaria del gruppo di controllo nelle piccole e medie imprese è spesso estremamente elevata e in numerosi casi arriva al totale del capitale sociale dell'impresa. Questa caratteristica, tutta italiana, da un lato costituisce un incentivo all'imprenditorialità, per via dell'elevata correlazione tra la ricchezza personale dell'imprenditore e i risultati dell'impresa. D'altro canto, però, penalizza gli investimenti in iniziative "a rischio", come quelle d'innovazione tecnologica e di espansione sul mercato internazionale. Tra i principali fattori che favoriscono la competitività delle Pmi vi è senz'altro:
1) un quadro normativo certo, chiaro e favorevole che non imponga indebiti vincoli alle Pmi e che sia propizio all'iniziativa imprenditoriale, alle innovazioni e alla crescita: a) o eliminando tutti gli ostacoli giuridici legati al supporto cartaceo nelle transazioni commerciali elettroniche; b) o garantendo adeguate condizioni di sicurezza e una sufficiente protezione della privacy e dei consumatori; c) o tutelando adeguatamente la concorrenza e i diritti di proprietà intellettuale; d) o consentendo di accedere a meccanismi di risoluzione delle controversie di tipo non giurisdizionale senza eccessivi costi e complicazioni;
2) un effettivo accesso delle PMI agli strumenti finanziari, ed in particolare al capitale di avvio, per i progetti più innovativi;
3) una maggiore consapevolezza delle PMI delle opportunità e dei vantaggi offerti dall'utilizzo delle nuove tecnologie e del commercio elettronico;
4) consapevolezza che determinerebbe una gestione all'interno dell'azienda delle risorse umane a favore di una cultura innovatrice attraverso programmi di formazione continua e permanente.
Creare le condizioni per cogliere appieno le opportunità della Società dell'informazione significa, dunque, innanzitutto garantire lo sviluppo del capitale umano, fattore fondamentale di crescita e modernizzazione di qualsiasi società.
Consentitemi di dire che il Mezzogiorno, il Mediterraneo, sia pur comparativamente carente per investimenti finanziari e in assets patrimoniali possiede una inesauribile ricchezza in termini di capitale umano che è una fattore strategico per lo sviluppo. Tale sviluppo dipende da numerosi fattori, tra i quali rivestono grandissima importanza la scuole, le università ed i centri di ricerca.
L'Università svolge la funzione strategica di formare il capitale umano, produrre conoscenza, diffondere innovazione e quindi innalzare il livello di competitività del sistema economico. Ha il ruolo trainante per l'insediamento di nuove imprese innovative anche nelle aree per diverse ragioni disagiate. Per assolvere adeguatamente a questo difficile compito l'Università ha piena coscienza di dovere "far sistema" con il quadro produttivo in cui è inserita. Deve riuscire a sviluppare una ricerca ed un'offerta didattica alla luce dei bisogni e delle opportunità del mercato del lavoro nel territorio. Occorrono attività di ricerca e percorsi didattici integrati con gli orientamenti dello sviluppo delle imprese, soprattutto quelle locali e finalizzati a promuoverne l'innovazione e lo sviluppo competitivo. Occorrono progetti di ricerca e Master finalizzati a creare nuove opportunità di sviluppo delle imprese locali esistenti e di realizzazione di nuove iniziative imprenditoriali. Le nuove tecnologie non devono essere solo un settore della didattica o della ricerca, ma piuttosto un'infrastruttura di base e l'insegnamento dell'Ict deve essere garantito anche nei corsi di laurea non direttamente incentrati sulle nuove tecnologie.
Maggiori possibilità hanno quelle università che riescono a: superare culture, organizzazioni e interessi consolidati in periodi precedenti allo sviluppo e alla diffusione delle nuove tecnologie; mettere a disposizione di tutti, studenti ricercatori e docenti, le nuove tecnologie informatiche; inserirsi nelle dinamiche della ricerca innovativa di integrazione europea, mediterranea e mondiale; creare reti di cooperazione e scambi tra studenti, ricercatori e docenti attraverso convenzioni con altre università italiane e straniere. L'investimento sui giovani, sulla conoscenza, sulla formazione, insomma sulle risorse umane è ormai la priorità assoluta di tutti i sistemi nazionali e locali e l'Università e la ricerca rivestono sempre più un ruolo trainante. Su questo territorio la Sun si è fatta carico di questo ruolo a favore dello sviluppo, anche sommando le eccellenti competenze presenti nelle sue diverse strutture e avviando attività didattiche interfacoltà con corsi di laurea come quelli in Biotecnologie, Design industriale e della moda Turismo, Master in Corporate finance, e in special modo il Master sulla Proprietà intellettuale, concorrenza e mercato.
La Scuola d'impresa è il sigillo del nuovo modello alla base del rapporto tra università e impresa, trasferimento di competenza e conoscenza, laboratorio progettuale dove si sperimentano strumenti che consentano di prevedere, quindi investire, adeguare, trasformare per crescere e di divenire il fulcro di un più ampio negoziato tra imprese, istituzioni e università. Scuola d'Impresa è anche un modello che ci invidiano proprio quelle realtà territoriali che magari noi invidiamo dal punto di vista dello sviluppo economico. E cioè, il cosiddetto nord-est. Registro, infatti, contatti Confindustria Treviso e con l'Università di Venezia per la creazione di un laboratorio congiunto che consenta di far fronte alle sfide dei nuovi programmi comunitari, con il coinvolgimento di università straniere. La sfida che dobbiamo raccogliere è dunque questa: prevedere e progettare insieme il percorso verso un nuovo modello di sviluppo e di competitività che sappia coniugare passato e futuro, dimensione globale e dimensione locale tradizione e innovazione, conoscenza teorica e realizzazione pratica. Auspicio e certezza che questa nuova sede sarà il luogo in cui tutto questo avverrà per portare Scuola d'Impresa, nella totale sinergia tra Confindustria Caserta e della Seconda Università di Napoli, a svolgere un ruolo essenziale e strategico nei processi di formazione e trasferimento di conoscenza al servizio delle imprese di Caserta verso l'Europa e verso il Mediterraneo.
(Testo raccolto da Antonio Arricale)
Inaugurata la nuova sede di Scuola d'Impresa
Con il convegno dal titolo "L'alta formazione universitaria a sostegno del sistema delle imprese", è stata inaugurata, l'11 novembre scorso, la nuova sede di Scuola d'Impresa. Ospitato al primo piano della sede di Confindustria Caserta, l'istituto è il frutto di una partnership degli industriali con la II Università degli Studi di Napoli (nella consortile che ne regola giuridicamente la vita sono presenti, peraltro, Unindustria Caserta Servizi srl, Ga. Fi. Sud Scpa ed altre realtà imprenditoriali). Ai lavori del convegno hanno partecipato il presidente degli industriali Carlo Cicala, il prorettore Mario De Rosa, il professore Gian Maria Piccinelli (presidente di Scuola d'Impresa e preside della Facoltà di Scienze Politiche Jean Monnet), l'assessore provinciale al Lavoro Enrico Milani e l'assessore comunale alle Attività produttive Aniello Natale. Il tema della formazione, intesa come elemento di competitività, è stato al centro della riflessione dei relatori, che su un punto in particolare hanno convenuto con il presidente Cicala. E cioè, «bisogna fare formazione per affrontare le sfide del mercato e non semplicemente per prendere i soldi». Citando, anzi, l'esempio positivo dei corsi Ifts il leader degli industriali ha ricordato che la migliore formazione è quella che avviene con il coinvolgimento diretto delle aziende, «meglio ancora se in azienda».
Per il presidente Piccinelli l'inaugurazione di Scuola d'Impresa segna una data storica per Caserta: «Oggi si dà concreta attuazione allo sposalizio tra università e mondo produttivo», ha detto il preside della "Jean Monnet". Il quale, citando l'interesse della Confindustria di Treviso a mutuarne il modello, ha anche aggiunto: «Questa realtà ci viene invidiata proprio da quelli che noi, magari, spesso invidiamo: quelli del nord-est». Il professore De Rosa ha invece posto l'accento sulla necessità di «mettere a sistema il processo di interazione tra mondo del sapere e mondo del fare. Un processo che può contare con Scuola d'Impresa anche altre preziose perle: Technodistrict, alcuni incubatori e centri di ricerca come quello di Piana di Monte Verna». Infine, per l'assessore Milani, l'obiettivo deve essere quello di coniugare sviluppo e territorio. «In particolare, dobbiamo evitare che l'impresa cattiva scacci l'impresa buona». A conclusione del dibattito, il presidente Cicala ha consegnato una targa al merito al professore Gaetano Liccardo (assente per un malanno di stagione, per cui la targa è stata ritirata dal professore Piccinelli), «vero artefice e motore, insieme con il direttore Giuseppe Staro della Scuola d'Impresa». |
La scheda
Scuola d'Impresa è una società consortile a responsabilità limitata costituita da: Seconda Università degli Studi di Napoli, Unione degli Industriali della provincia di Caserta, Unindustria Caserta Servizi srl (società emanazione di Confindustria Caserta), Ga.Fi. Sud Scpa (Garanzia Fidi) ed altre realtà imprenditoriali rappresentative del sistema regionale delle imprese.
É retta da un Consiglio di amministrazione così composto: Gian Maria Piccinelli (presidente); Fabrizio Amatucci, Giuseppe Cicala, Bruno Apperti e Lucio Lombardi (consiglieri).
Direttore di Scuola d'Impresa è Giuseppe Staro; vice direttore Guido Barrella.
Il Collegio sindacale è composto da Raffaele Ianuario (presidente), Giovanni Riccio e Francesco Rossetti. |
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