INNOVAZIONE
La sanitÀ È il grande buco nero
dei conti campani
Bilancio Previsionale 2007
PiÙ lontana “la Regione che non c'È”
di Raffaella VENERANDO
![dossier01](images/soldi.jpg)
Con buona "previsione" il 2007 sarà un anno in salita per l'economia campana. Il pronostico avverso non è opera di cassandre qualunque o di astrologi da ultimo dell'anno. A lasciar presagire tempi duri è il Bilancio di Previsione della Regione, approvato dall'Esecutivo nel rispetto dei tempi lo scorso 31 ottobre, accompagnato dalla Finanziaria e dal collegato.
Il governatore Antonio Bassolino ha dichiarato che nella redazione del bilancio «la Giunta ha considerato la necessità di garantire rigore dal punto di vista dell'equilibrio finanziario e nello stesso tempo assicurare interventi di investimento a sostegno di una politica di sviluppo della regione».
Nonostante la certa buona fede degli obiettivi, però, a guardar bene le cifre che saranno le indicazioni contabili sulla scorta delle quali individuare per il 2007 le risorse disponibili, quantificando in maniera definita i tetti da offrire ai centri di spesa, si fa comunque strada qualche perplessità circa il merito e il metodo prescelto per la manovra economica, tanto negli animi degli imprenditori campani quanto negli stessi consiglieri regionali. Il coro di voci levatosi all'indomani dell'approvazione del bilancio, infatti, è stato unanime: «pochi i tagli sperati alla spesa corrente e troppi gli inasprimenti a livello fiscale».
Un bel cadeau sotto l'albero, insomma.
I conti non quadrano e anche quest'anno l'equazione è stata bilancio uguale meno riduzioni e più imposizioni; in particolare nella manovra complessiva da quasi 15 milioni di euro risultano ben poca cosa la riduzione dell'1,8% della spesa totale, secondo quanto indicato dalla Finanziaria del governo nazionale in corso di approvazione che obbliga le Regioni a risanare i conti pubblici, e i tagli alle spese correnti - finanziate con risorse proprie - che passano da 1,6 a 1,4 milioni di euro con un abbattimento di 191 milioni di euro che rappresenta l'11,5% della cosiddetta spesa libera corrente.
Le entrate poi non subiscono alcuna flessione verso l'alto.
Preoccupano, inoltre, le tristemente note aliquote addizionali Irap ed Ire che restano invariate (4,50% e 1,4%), in controtendenza rispetto alla riduzione Irap assicurata alle imprese a livello nazionale (v. tabella 1) -, oltre alla tassa dei rifiuti più alta, all'accisa sulla benzina e al bollo auto.
Questi ultimi rincari, nati "provvisoriamente" per tappare qualche falla indesiderata quanto imprevista, con il tempo sono diventati veri e propri provvedimenti strutturali cui l'esecutivo regionale ricorre per far cassa. L'accisa sulla benzina ad esempio, decisa nel 2003, doveva servire per ripianare il deficit della sanità e cessare nel 2005 ma, non così a sorpresa, è di nuovo presente - anche se ridotta - nel bilancio previsionale per il 2007. Non è finita qui, purtroppo. Se infatti la Regione non sarà in grado di tenere sotto controllo la spesa sanitaria, bisognerà riparare con un ulteriore rincaro automatico dell'1% su Irap ed Ire, vessazioni non trascurabili per il sistema di tassazione campano che per "abbondanza" non ha eguali nel resto del Paese.
I tagli nazionali, come pure gli errori di gestione delle finanze pubbliche, ricadranno quindi sugli imprenditori che, dal canto loro, proposte alternative e di segno opposto a quelle approvate in bilancio le avevano pur avanzate.
Infatti Confindustria Campania aveva chiesto, prendendo parte all’unica riunione del Tavolo di partenariato preparatoria alla redazione del Bilancio Previsionale 2007, che in quest'ultimo fossero contemplati interventi a carattere strutturale e non solo congiunturali, fondati esclusivamente sulla leva tributaria. In un documento trasmesso lo scorso 30 ottobre e indirizzato al Vice Presidente Antonio Valiante, assessore al Bilancio della Regione Campania, la Confindustria regionale aveva proposto che si lavorasse«per evitare che all'aumento netto delle entrate tributarie e a un ulteriore aumento della pressione fiscale nazionale, si sommasse anche un aggravio di imposte regionali». Agire solo sulle entrate spesso non basta e, talvolta, può rivelarsi addirittura dannoso, soprattutto se all'orizzonte si profila una ripresa economica, seppur timida.
Secondo i dati emersi dall'indagine congiunturale del Centro studi di Unioncamere, relativa all'andamento nel III trimestre del 2006 e alle previsioni per il IV trimestre dell'anno delle piccole e medie imprese industriali con 1-500 dipendenti, le attività economiche delle piccole e medie imprese italiane relative al primo semestre del 2006 sono da promuovere a pieni voti. Crescono produzioni e con esse ordini e fatturati. Dal 2003 non si registravano dati così incoraggianti. La ripresa quindi soffia in quasi tutti i settori industriali e in ogni area geografica del Paese. Resta ancora un nervo scoperto: gli imprenditori continuano a lamentare difficoltà strutturali per quanto riguarda l'accesso al credito. Un'impasse di non poco conto che potrebbe limitare la voglia di nuove intraprese o di investimenti. I dati più incoraggianti a livello settoriale sono stati conseguiti dalla meccanica e dalla chimica.
Le pmi manifatturiere consolidano la ripresa nel terzo trimestre dell'anno 2006: produzione e fatturato registrano, infatti, una crescita rispettivamente del +1,3% e del +1,5% rispetto allo stesso trimestre del 2005. Diversa però la misura della crescita ripartita territorialmente: meno consistente nel Centro-Sud rispetto al Nord, con l'area occidentale che accelera soprattutto sul mercato interno e cresce di più in termini di produzione e fatturato, e quella orientale che ha ottime performances grazie soprattutto all'export.
Allo sviluppo del settore manifatturiero contribuiscono nel trimestre estivo soprattutto le piccole imprese più strutturate, cioè quelle con almeno 10 dipendenti, e le medie imprese (con 50-500 dipendenti), mentre le micro imprese fino a 9 dipendenti mostrano qualche segno di fatica. La ripresa economica investe il Nord nel suo complesso (area nella quale le medie imprese sono maggiormente diffuse) e i settori della meccanica, delle macchine elettriche ed elettroniche e del trattamento metalli. Bene anche sul fronte delle esportazioni: +2% il risultato del trimestre rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Decisamente ottimistiche quindi le previsioni per il IV trimestre dell'anno: è pari a +28 il saldo tra attese di incremento e di decremento della produzione e a +31 quello del fatturato. Maggiore la cautela delle imprese del Sud rispetto a quelle delle altre ripartizioni e lievemente più accentuata quella nelle imprese di minore dimensione rispetto a quelle più grandi. Bisogna pertanto prendere coscienza della reale portata dei problemi del nostro territorio per avanzare delle strategie efficaci capaci di rinvigorire e tenere alto il morale di chi nella nostra regione produce e investe.
In questo quadro, potrebbe tornare utile per la Campania l'introduzione della fiscalità di vantaggio, o meglio di compensazione. La fiscalità di vantaggio potrebbe servire, in primo luogo, per attrarre investimenti, avendo già perso la grande opportunità dell'agenda POR 2000/2006.
Il Bilancio previsionale del 2007 poteva essere l'occasione giusta, la chance per riformare e migliorare i meccanismi di spesa regionale.
Il Bilancio oppone al "vincolo esterno", dovuto a minori spese nazionali a favore di Enti Locali e Sanità e quindi a decrementi di trasferimenti nazionali una risposta che non piace agli industriali campani: l'aumento della tassazione locale.
Non era l'unica carta possibile, e di certo non era l'asso nella manica.
È pur vero che la Campania, come confermato dalla Corte dei Conti, è tra le regioni a Statuto ordinario che pagheranno di più in termini di tagli per la manovra correttiva del 2007 (oltre 144 milioni), ma è altrettanto vero che la stessa Corte dei Conti ha bocciato con decisione la gestione delle finanze regionali. Il vero punto dolente non è la quantità di risorse, ma la qualità della spesa.
Le spese fatte dalla Regione senza mezzi termini sono bollate"come pazze": una macchina amministrativa che per il solo personale fa fuori il 40% delle uscite, la spesa sanitaria che nel corso di quest'anno è cresciuta del 12,7%, le cifre esorbitanti sborsate per gli organi istituzionali (78 milioni l'anno), cui si aggiunge la fallita dismissione del patrimonio immobiliare che rispetto ai 155 milioni di euro preventivati ne ha fruttati solo 6.
Tirando le somme, il debito regionale che nel 1998 era di 350 milioni di euro si è trasformato nel 2004 in 2,8 miliardi. Confindustria Campania ha chiesto pertanto di poter partecipare maggiormente al controllo dell'attuazione del bilancio regionale del 2007 e del prossimo triennio.
Nel documento trasmesso al Vice Presidente Valiante si spiega anche il perchè di questa richiesta. Confindustria Campania, infatti, afferma che «è difficile chiedere sacrifici senza essere partecipi, oltre che delle decisioni, anche della loro attuazione». Un'istanza con un fine ben preciso: accertare se la spesa regionale sia effettivamente fuori controllo, se la produttività sia bassa, se la qualità dei servizi sia all'altezza delle aspettative dei cittadini e delle imprese.
Gli industriali campani, sempre nello stesso documento, hanno elencato in quattro mosse la propria ipotesi di riforma dei meccanismi della spesa e delle entrate del bilancio regionale.
Innanzitutto, bisogna «verificare la qualità delle spese preventivate». Il confronto tra le quantità di spesa corrente e quelle di investimento è la spia della necessità improcrastinabile di un'inversione di tendenza.
Negli ultimi tre esercizi (v. tabella 2) la Regione aveva tenuto costanti le spese correnti, mentre aveva duplicato quelle per investimento. Questa propensione alle spese per investimento (che hanno la funzione precipua di stimolare lo sviluppo economico) è però contraddetta nel caso della sanità e delle spese di funzionamento della Regione, nelle quali la spesa corrente è di gran lunga superiore a quella per investimenti, senza tener conto che un più elevato volume di spesa non garantisce di certo una maggiore efficacia della stessa.
Infatti, per la sanità la previsione di bilancio 2006 era stata di 7,515 miliardi di Euro, dei quali 7,514 miliardi a titolo di spese correnti e il residuo di 1 milione a titolo di investimento.
Per il 2007, invece, la Campania ha ottenuto 525 milioni di euro in più rispetto al 2006, cifra che crescerà del 3% nel 2008, e di un altro 3% nel 2009. Ai 525 milioni vanno poi aggiunti i 190 milioni del conto fabbisogno 2006 e altri 350 per il ripiano del deficit, per un monte totale di 9 miliardi 536 milioni di euro disponibili. La Campania, anche se le cifre sulla carta sembrano notevoli, risulta comunque penalizzata rispetto ad altre regioni del Sud perché annovera la popolazione più giovane del Paese e nulla possono altri criteri allarmanti, come il livello di povertà dilagante, il basso tasso di istruzione, le condizioni abitative precarie, l'alto tasso di disoccupazione o la lontananza dai presidi ospedalieri. Parte di queste nuove entrate - come dichiarato dalla dirigenza dell'Assessorato alla Sanità campano - «saranno destinate a investimenti futuri». Cosa buona e giusta se si considera che gli investimenti nel settore sanitario risultano essere doppiamente redditizi in quanto tale comparto assume per il Paese il ruolo di volano dell'economia.
Anche le spese della Regione - quelle appostate a titolo di "Servizi generali e spese per beni ed investimenti per il funzionamento della Regione" - hanno, secondo la Confindustria Regionale, la stessa ottica del "breve periodo": «se complessivamente assommano ad oltre 600 milioni di Euro, sono 567.000.000 per le spese correnti e solo 45.000.000 per quelle d'investimento».
Bisogna quindi agire, tagliando, in misura preponderante sulla struttura della spesa corrente - finanziata con risorse proprie della Regione - perché questa, che è finalizzata alla produzione di servizi, cresce in misura superiore al tasso programmato d'inflazione, ed è questa quindi la causa del crescente disavanzo.
Certo, lavorare esclusivamente sulla spesa corrente non risolleva i conti della Regione. Bisogna incidere di più anche sulla spesa d'investimento. Nel bilancio 2007 gli investimenti complessivi previsti ammontano a 3 miliardi di euro ripartiti tra fondi europei, nazionali e regionali e rappresentano il 22,9% del totale generale della spesa con un incremento di oltre 200 milioni di euro rispetto al tetto raggiunto nel 2006.
Di questi 3 miliardi, solo 16 milioni sono destinati all’industria, di cui solo 14 riservati allo sviluppo dei distretti industriali.
Basterà questa modesta quantità di carburante per rimettere in moto l’economia?
La manovra regionale prevede anche l'istituzione di un fondo diretto alla formazione al lavoro di 10 milioni di euro.
La spesa d'investimento, incentrata in buona parte sui trasferimenti nazionali e comunitari, spesso non risulta imbrigliata in nessun meccanismo di controllo unitario di gestione, proliferando indisturbata tra mille centri di competenza a "responsabilità limitata". Per questa ragione va monitorata efficacemente.
Anche la spesa delle risorse europee non deve disperdersi in mille rivoli ma puntare su scelte strategiche tra cui le infrastrutture, la logistica, la formazione e la ricerca in linea con l'agenda di Lisbona. Esiste, poi, la necessità di valutare il rapporto tra spesa e risultato, non solo sul piano tecnico, ma anche sul piano di ricaduta territoriale. Parte delle difficoltà derivano poi dalle carenze amministrative.
Vi è, infatti, un'amministrazione "neocentralistica" nella quale non viene evidenziata correttamente la qualità della spesa e la lotta agli sprechi e ai ritardi.
Confindustria Campania ad esempio, non conosceva, alla data del 30 ottobre 2006, - perché mai era stato oggetto di divulgazione - «alcun documento di carattere contabile». I numeri reali sono avvolti nel mistero. La questione sollevata non è semplicemente di ordine morale. Quello che preoccupa di più è il risvolto economico.
Il secondo punto imprescindibile per la Confindustria Campania riguarda la «riorganizzazione della macchina regionale».
La razionalizzazione di uffici, enti e strutture della Pubblica Amministrazione nazionale dovrebbe comportare non solo un miglioramento dell'efficienza pubblica, bensì anche risparmi per 2,4 miliardi.
Analogamente e con la partecipazione nell'istruttoria delle decisioni in tal senso delle Parti Sociali, nel documento contenente le osservazioni della Confindustria Campania al bilancio previsionale del 2007, si chiede «di impostare un processo di riorganizzazione e razionalizzazione di uffici, enti e strutture della P.A. regionale, a partire da quella sanitaria. Un risparmio potrebbe provenire da accorpamenti tra strutture pubbliche, riducendo sprechi tramite una maggiore razionalizzazione nell'allocazione delle risorse». La questione degli sprechi e dei costi esosi della politica deve ritornare centrale.
Deve aprirsi una stagione di riforme. Si potrebbe mettere via qualche soldo anche rinunciando a qualche "azione spettacolare" della Giunta, magari non patrocinando più la biennale di Venezia che ci è costata 750 mila euro. Nello specifico, le risorse, stanziate attraverso un progetto di fondi dell'Unione europea, sono state destinate all'Ente Autonomo Volturno (società di supporto all'assessorato ai Trasporti) per l'allestimento, insieme al Comune di Napoli, di uno stand di circa 450 mq presso il padiglione delle Artiglierie. La Regione Campania è stata presente a Venezia per diffondere i risultati conseguiti nel settore dei trasporti, a partire dal sistema della metropolitana regionale. Ma 750mila euro forse rappresentano uno stanziamento eccessivo, se non addirittura inutile.
In parte la riorganizzazione della macchina amministrativa è cominciata.
Si è pensato a mettere ordine nei conti lavorando su società miste (ad occuparsene è la Giunta) e commissioni speciali (ad opera del Consiglio Regionale).
Diremo addio per sempre ai costosi carrozzoni e a quegli organismi regionali, formati da miriadi di esperti e super consulenti?
Gli investimenti dell'amministrazione regionale per le società miste avevano subito infatti dal 2001 ad oggi un'escalation straordinaria raggiungendo gli ottanta milioni di euro. Obiettivamente forse troppo e la remise en forme per le tasche della Regione è sembrata d'obbligo. La caccia è stata aperta, e qualche bersaglio già centrato e affondato.
Dieci società dismesse, quattro accorpate e 22 confermate: è quanto ha deciso la Giunta regionale della Campania approvando una delibera sul riordino delle 36 società miste. Il provvedimento prevede inoltre «norme di razionalizzazione degli emolumenti corrisposti ai presidenti ed ai componenti dei relativi consigli di amministrazione».
Sono state sciolte quelle che la cui funzione era oramai esaurita o superata, altre in passivo sono state tutelate per una prossima maggiore valorizzazione come Bagnolifutura e Città della Scienza.
Il governatore della Campania, Antonio Bassolino, ha sottolineato che «alla base delle scelte di stroncare o meno il futuro di queste società non vi era un giudizio negativo da parte della Regione, ma una giusta e necessaria semplificazione».
Il tutto per avere una macchina regionale e una istituzione che riescano a muoversi sul terreno della competizione nazionale ed internazionale.
Tra le 19 società dove la Regione ha una partecipazione superiore al 50%, Air e Ati vengono accorpate; confermate invece Scabec, Sauie, Ente autonomo Volturno, Soresa, Film Commission, Talete, Città della Scienza, Recam, Trianon, Metro Campania Nord, Consorzio Circumvesuviana, Sepsa. Confermata anche l'Efi che però accorpa Asc e Cithef, mentre Arcss viene assorbita da Eav. Pollice verso invece per Ccta. Resta confermata la Tess, per la quale però, ha sottolineato il presidente Bassolino «è in corso l'individuazione di modalità di affiancamento con gli enti territoriali». Nel riordino delle 5 società collegate con partecipazione tra il 50 ed il 20%, vengono confermate Sirena e Sma, mentre vengono dismesse Maurilia, Art Sannio e Isac.
Tra le 12 società con partecipazione inferiore al 20%, vengono confermate: Mostra d'Oltremare, Sviluppo Italia, Bagnolifutura e Cira. Confermata anche Campec che accorpa Mast. Dismesse invece Nausicaa, Asse, Centro Agro alimentare Caan, L'Intrapresa, Pst e Sudest.
Per quanto attiene, invece, alla semplificazione amministrativa nel 2007 saranno abolite all'incirca 40 tasse di concessione e fortemente snellito il sistema, cosa che di certo garantirà vantaggi per i cittadini con ricadute positive sul versante dello sviluppo nell'intero territorio.
La terza mossa suggerita all'Ente Regionale dalla Confindustria Campania riguarda invece «l'alienazione di parte di quegli immobili dichiarati "patrimonio disponibile" che fanno parte dell'immenso patrimonio immobiliare di sua proprietà, tra cui:
- centri per l'addestramento e la formazione professionale (da E.N.A.L.C., I.N.I.A.S.A., I.N.A.P.L.I. e E.N.A.O.L.I.);
- complessi immobiliari per l'assistenza (da O.N.P.I., O.N.I.G. ed E.N.A.O.L.I.);
- palestre ed impianti sportivi (da G.I. ed E.N.A.O.L.I.);
- sale cinematografiche e teatri (da G.I. ed E.N.A.L.);
- colonie marine, montane, elioterapiche (da G.I.);
- edifici industriali (da C.N.P.C.);
- appartamenti adibiti a civili abitazioni o studi professionali;
- uffici.
L'alienazione di beni regionali nella previsione 2006 doveva portare nelle casse dell'Ente Regionale lo 0,12% del monte delle entrate annue: erano, e sono, quindi possibili ampi margini di incremento. Ove non si potesse alienare questi beni, sarà indispensabile razionalizzarne l'uso, metterne a reddito gli immobili e le altre parti di patrimonio capaci di produrre reddito anche mediante affidamento della gestione a privati. Il processo potrebbe essere fortemente aiutato dal Tavolo del Partenariato, strettamente correlato ad una possibile domanda di immobili civili. Oltre alla funzione di cassa, ciò potrebbe aiutare lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali per immobili (ad esempio, come in altre Regioni è avvenuto, in siti ex militari limitrofi ad aree industriali)». Razionalizzarne l'uso significa anche eliminare qualche spreco non proprio irrinunciabile. Due esempi per tutti: i fitti d'oro Palazzo dell'isola G5 al centro direzionale, o Palazzo della Torre 1 a Santa Maria del Pineto per un totale di 1 milione 600 mila euro l'anno. Cifre dilapidate perché questi uffici non sono mai stati utilizzati.
Il quarto e ultimo passo proposto da Confindustria Campania in direzione di una Regione migliore consiste nel «verificare la capacità della Regione Campania di tenere sotto controllo le spese e le entrate». L'interrogativo cui si vuole dare una plausibile risposta è "l'Ente Regionale controlla la congruenza tra il preventivo approvato e il flusso di entrate e spese del primo semestre dell'anno?".
Sarebbe utile infatti venire a conoscenza del quadro del primo semestre 2006 sul piano delle Entrate e Spese regionali, per controllare se, rispetto alle previsioni, si siano provocati scostamenti e quindi ulteriori gravami inattesi sul bilancio preventivo 2007. «Per la sanità - si legge nel documento degli industriali campani - si potrebbe chiedere che alla manovra di contenimento della spesa sanitaria (ticket, tagli medicinali, tetti alla spesa per il personale, ecc.) si affiancasse la verifica della quantità dei centri di spesa attivi ed iniziasse una specifica verifica in quelli con le peggiori performances in termini di costi-benefici.
Sul piano della capacità di gestione del bilancio, la Regione Campania presenta da anni:
- una forte incapacità a riscuotere le entrate (i residui attivi iscritti nei bilanci di previsione 2004, 2005 e 2006 ammontano, rispettivamente ed al netto delle partite di giro, a 13,6, 14,1 e 12,5 Miliardi di Euro);
- un'altrettanta forte incapacità a spendere i fondi di bilancio (gli avanzi di amministrazione risultano di 100 Milioni di Euro e di 250 Milioni di Euro, rispettivamente nel bilancio preventivo del 2005 ed in quello del 2006).
É giusto chiedersi se la Regione abbia, o meno, un piano per migliorare questa condizione negativa». Un piano che evidentemente non si chiama "bilancio previsionale".
Tirando le somme, il mondo industriale campano esprime un giudizio non del tutto positivo sul bilancio previsionale per il 2007 per tre ragioni sostanziali: la mancanza, o la "debole presenza" di linee strategiche di sviluppo e di significativo miglioramento dei servizi, l'assenza di azioni che individuino idonei controlli della spesa e delle entrate e di iniziative che avviino un'opportuna azione di alienazione di parti del patrimonio immobiliare e mobiliare non strategico. La Campania ha bisogno di un grande progetto di rilancio per poter cogliere il momento favorevole che la globalizzazione dei mercati offre. Un progetto, al momento, con piccole, parziali e cautamente ottimistiche prospettive.
Anzi, rispetto allo scorso anno, tutto sembra cambiato per far rimanere tutto uguale e la “Regione che non c'è”, quella che tutti vorrebbero, potrebbe alla fine apparire sempre più distante.
|