CONFINDUSTRIA Il Paese È alla ricerca
di nuovi equilibri
Tocca alla politica, nell’ordine
delle priorità, dire parole chiare:
cambiare si può e si deve Silvio SARNO
Credo che non ci sia da parte degli imprenditori alcuna difficoltà a rispondere con fatti concludenti all'osservazione del Presidente del Consiglio Prodi sull'eccessivo egoismo corporativo nel nostro Paese e sull'affievolimento del disegno complessivo che inevitabilmente comporta rinunce da parte di tutti. Se l'affermazione di Prodi ha la sua ragion d'essere nelle quotidiane constatazioni e nell'incertezza con le quali la Finanziaria ha svolto il suo iter di approvazione parlamentare, dall'altra, però c'è da evidenziare che è da tempo che l'imprenditoria privata reclama un progetto condiviso che riguardi l'intero "sistema Paese". É evidente che se parliamo di egoismi nessuno può sfuggire all'accusa, ma non si può per niente confondere la generazione di più opportune condizioni di crescita delle imprese quale rivendicazione corporativa. L'affermazione del Presidente Prodi può essere accolta per dare voce alle tante iniziative politiche, imprenditoriali, sociali, sindacali che affermano l'impegno a guardare oltre il contingente per creare condizioni più dinamiche. Del resto credo che le difficoltà di proiezione riguardino un po' tutti, e le vere categorie con le quali confrontarsi non sono più quelle sociali. Hanno evidenza piuttosto i valori e lo spirito di quanti vogliono cambiare in meglio e chi invece guarda solo all'opportunismo del momento. Se oggi non emerge la portata degli uomini dalla sensibilità non ovvia e di buona volontà, quelli che idealmente possono costituire la classe dirigente, siano essi lavoratori, manager, imprenditori, liberi professionisti, o semplici cittadini, è per la presenza asfissiante nel sistema di convivenza di una cappa gattopardesca che annulla ogni tentativo di cambiamento, riportandolo al sempre uguale, nell'area cioè dove muore finanche la speranza. Tocca alla politica, nell'ordine delle priorità, dire parole chiare: cambiare si può e si deve. Il mantenimento dell'esistente crea solo sterili privilegi, quanto inutili egoismi. Tocca alla politica mobilitare le sensibilità per un progetto comune; offrire alla sua attuazione la forza che proviene dalle capacità personali. Per questo è forte la richiesta di riforme strutturali: liberare il sistema economico e sociale dai mille vincoli, questa è la missione della politica; mettere in moto la voglia di crescere perché è una pre-condizione della crescita stessa. Non ha motivo di esistere più, per esempio, la presenza asfissiante del pubblico in economia. Si limitino le Istituzioni a dettare regole semplici e da tutti comprensibili. Non sia più soggetto di gestione economica. Lasci questo compito all'iniziativa privata. Crei veri capisaldi della solidarietà sociale. É un pensiero forte quello che Papa Benedetto XVI ha voluto incidere nella Sua prima Enciclica, Deus Caritas Est: «Lo Stato che vuole provvedere a tutto, che assorbe tutto in sé, diventa in definitiva un'istanza burocratica che non può assicurare l'essenziale di cui l'uomo sofferente - ogni uomo - ha bisogno: l'amorevole dedizione personale. Non uno Stato che regoli e domini tutto è ciò che occorre, ma invece uno Stato che generosamente riconosca e sostenga, nella linea del principio di sussidiarietà, le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi di aiuto». Negli stessi giorni in cui il Presidente Prodi lamentava l'eccesso di egoismo delle diverse componenti sociali, l'onorevole Ciriaco De Mita ha dedicato una frase, nel corso di un intervento ad un meeting di partito, sull'azione degli imprenditori e dei sindacati in provincia di Avellino, interpretandola come difesa corporativa o di esclusivi interessi di parte. L'autorevolezza di chi fa queste valutazione funge sempre da stimolo per comprendere alcuni segnali. Non è tanto la frase, quindi, che desta interesse, quanto la proposizione di un problema vero, sul quale è necessario richiamare l'attenzione: il rapporto tra politica ed associazioni in generale, e quelle di rappresentanza degli interessi economici in particolare. É un problema che investe l'intero Paese. Basti pensare al dibattito sul valore da dare alla concertazione o alle intese che ricercano il consenso più ampio sulle scelte di governo. Non si tratta tanto di compiere un atto di fede rispetto ad un modello. La vera sfida è, invece, trovare un forte equilibrio a che i problemi reali pur espressione di interessi particolari, riescano ad essere inquadrati in un progetto che riguardi l'intero sistema. Su questa linea Confindustria Avellino credo esprima la propria peculiarità; forte dell'autonomia associativa e di una più alta e matura consapevolezza del mondo imprenditoriale. Alla politica è affidato il compito di creare le condizioni di coerenza tra i legittimi interessi di parte con gli obiettivi generali: se la politica non riesce in questo, non sono gli interessi legittimi ad essere malvagi. L'impegno di Confindustria Avellino è di rendere sempre più visibile la consapevolezza degli imprenditori che chiedono maggiore attenzione alle condizioni di sviluppo del territorio. La sicurezza è una condizione di sviluppo, insieme alle infrastrutture, alla riorganizzazione dei servizi pubblici locali, al completamento di processi di industrializzazione e al supporto necessario ad una diffusa imprenditorialità: di questo ci siamo occupati in questi anni e siamo sempre pronti come associazione a verificarne la strategicità. Ben vengano quindi gli stimoli a rendere più chiaro il nostro messaggio, che sono di parte ma non per questo non hanno valenza generale. Sia la politica ad indicare i luoghi e le sedi a che la risoluzione di questi vincoli allo sviluppo diventino progetto operativo condiviso. É questo quello che chiediamo, senza alcuna difficoltà per un confronto che segnali anche i nostri limiti.
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