NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO
OBBLIGHI ESTEsi A NOTAI E AVVOCATI
RESPONSABILITÀ SOCIALE
DELLE IMPRESE
la CERTIFICAZIONe “ETICA” E DI “QUALITÀ”
LA LEGGE 80 del 2005
NOVITÀ IN TEMA DI APPALTI PUBBLICI
LA LEGGE 80 del 2005
NOVITÀ IN TEMA DI APPALTI PUBBLICI
Svantaggiate le Imprese nel
rapporto con la Pubblica Amministrazione
Luigi D'Angiolella
Avvocato Amministrativista
studiodangiolella@tin.it
La legge 80/2005, che ha convertito in legge il D.L. 35/2005 (cosiddetto
Decreto "Competitività"), ha introdotto importanti novità sulle
quali non si è accentrata la dovuta attenzione, se non nel ristretto
ambito degli specialisti. La legge ha, infatti, un ampio spettro
di intervento: si passa da modifiche al codice di procedura civile a
novità nel
campo delle separazioni tra coniugi; da interventi finanziari per
infrastrutture strategiche, a novità che riguardano gli arbitrati
e il silenzio-assenso in materia edilizia. L'analisi completa della legge
richiederebbe non poco spazio e più di un numero di questa rubrica.
Come pure sarebbe necessario, una volta tanto, analizzare quest'abitudine
del Legislatore che, tra Finanziarie, Leggi Delega e Decreti omnicomprensivi,
non rende certo un'opera di chiarificazione al sistema quanto piuttosto
di confusione, con una proliferazione di leggi e leggine, spesso anche
difficili da scovare in corpi normativi amplissimi, che richiedono una
pazienza certosina, ed emanate in occasione di congiunture particolari,
e non in un quadro sistematico d'insieme. É il caso di soffermarci,
allora, su quelle che, a mio avviso, sono le novità della legge
più cariche
di significato per i lettori di questa rubrica e, cioè, le nuove
modalità dettate, successive alla risoluzione contrattuale per
inadempimento dell'impresa, nell'ambito degli appalti pubblici.
Tali innovazioni sono contenute entrambe nel 12° comma dell'art.
5. La prima parte dispone: «Nei casi di risoluzione del contratto
d'appalto disposta dalla stazione appaltante, ai sensi degli artt. 118,
119 e 120 del Regolamento, l'appaltatore deve provvedere al ripiegamento
dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro
e relative pertinenze nel termine a tal fine assegnato dalla stessa stazione
appaltante; in caso di mancato rispetto del termine assegnato, la stazione
appaltante provvede d'ufficio…». La seconda parte attiene
sempre al medesimo argomento, stabilendo: «La stazione appaltante,
in alternativa alla esecuzione di provvedimenti giurisdizionali … che
inibiscono il ripiegamento dei cantieri…. può depositare
cauzione… pari
all'1% del valore del contratto…». La prima parte del riportato
comma 12 è volta a sanare, a suo modo e come integrazione, una
lacuna e una imprecisione che presentava la disciplina riguardante
i provvedimenti e le vicende che conseguono alla risoluzione del contratto
(artt. 121 e ss. del D.P.R. n. 554/99, cosiddetto "Regolamento alla
Legge Merloni"). Infatti, in parallelo al disposto dell'art. 122,
comma 6 del regolamento, nel citato comma 12 viene stabilito il
dovere dell'appaltatore di provvedere senza indugio a ripiegare i cantieri
già allestiti
e sgomberare le aree di lavoro. Viene poi confermata, in sostanza,
la sanzione, laddove viene previsto che nel caso di mancato rispetto
del termine assegnato, la stazione appaltante provvede d'ufficio, addebitando
all'appaltatore i relativi oneri e spese. Fa un po' pensare questo
intervento, il cui obiettivo è stato quello di sanare l'insufficienza
e la limitazione della legge preesistente riguardo alle vicende conseguenti
alla risoluzione contrattuale. Sta di fatto, però, che questi
riaffermati doveri in capo all'appaltatore non riguardano le altre
due questioni rimaste irrisolte, sia a proposito dell'eventuale, immediato,
collaudo delle opere oggetto del contratto risolto, sia dell'individuazione
dei momento in cui debba avvenire la liquidazione finale dei lavori
eseguiti, di cui la Pubblica Amministrazione si arricchisce dopo aver
risolto autoritativamente il contratto. Certo, si comprende come il Legislatore
abbia voluto evitare quel "blocco" dei cantieri che talvolta
segue a un contenzioso con la Pubblica Amministrazione, che non è in
grado di far riprendere i lavori liberando le aree e, indubbiamente,
una previsione di legge che permetta alla Pubblica Amministrazione di
intimare lo sgombero, talvolta potrebbe rivelarsi utile. Ma, si ripete,
una maggiore attenzione ai diritti dell'impresa avrebbe senz'altro completato
meglio il quadro. Come si può "cacciare" un'impresa
senza garantire alla stessa che sarà pagata, almeno per il lavoro
fatto, sia pure a consuntivo? L'altra questione, introdotta dalla norma
in commento, lascia ulteriormente perplessi, come si dirà, e dimostra
l'interesse - verrebbe da dire l'ansia - a più riprese evidenziato
da questo Governo, di "liberare
i cantieri". Questa volta, però, la soluzione è davvero
forte. Come si può ricavare agevolmente dalla lettura della norma, è previsto,
infatti, che la stazione appaltante possa rendere "inoffensivo" un
provvedimento del Giudice, a seguito della risoluzione autoritativa
del contratto, attraverso la prestazione di garanzia e, così,
liberare il cantiere e passare oltre, magari proseguendo i lavori con
altre imprese. E infatti, come alternativa alle esecuzioni di eventuali
provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d'urgenza, il richiamo
operato dalla seconda parte del comma 12 dell'art. 5 L. n. 80/05 alle
disposizioni contenute nell'art. 30, comma 2-bis della legge Merloni
riguardo il prestito di fideiussione bancaria o polizza assicurativa,
non solo confonde il quadro delle disposizioni esistenti, confondendo
le polizze per la serietà dell'offerta
e quelle per la esecuzione dei lavori, con quelle che può prestare
la Pubblica Amministrazione per liberarsi dell'impresa, ma opera
una iniqua prevaricazione della Pubblica Amministrazione, che è pur
sempre un contraente, la quale può farsi beffa addirittura di
un ordine del Giudice! Mi pare evidente la superficiale analisi
sul piano ordinamentale e costituzionale da parte del Governo, oppure,
in senso speculare, la piena coscienza di voler intervenire in maniera
forte. E infatti, se lo scopo della norma è intuibile, il mezzo
appare discutibile. Se un'impresa subisce una risoluzione e si rivolge
al Giudice per bloccare le ulteriori iniziative della stazione appaltante,
questa può prestare una garanzia - di importo definito all'1%
non sull'eventuale domanda giudiziaria dell'impresa ma sull'importo di
gara - e proseguire, liberando il cantiere e affidandosi, magari, alla
seconda graduata. E così, ciò che ha deciso un Tribunale
viene, per legge, eluso, e la Pubblica Amministrazione diventa non solo
il contraente più forte,
ma quasi legibus solutus, visto che può decidere di non rispettare
un verdetto giudiziario pagando una polizza. Ci si è chiesti se
ciò non travolge il diritto costituzionalmente garantito a un
giusto processo alla difesa delle proprie ragioni? Ormai, conta
il risultato dell'azione di governo, e la civiltà giuridica diventa
sempre più un "optional". Ma questi interventi legislativi
forti ed "efficientisti" talvolta diventano un boomerang, poiché,
se distoglieranno le imprese dall'intenzione di proporre cause,
creeranno un clima sempre più di sospetto, che neanche il Giudice
terzo sarà in grado poi di distendere.
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