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  Dicembre 2012

Articoli n° 9
novembre 2005
 


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Unione di avellino

Relazione del presidente Silvio Sarno

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PRIVACY E CONFLITTO DI INTERESSI
MERCATO GLOBALE E NORME APPLICABILI
Le imprese devono confrontarsi con diversi modelli di tutela

Riccardo Imperiali
Studio Legale Imperiali
riccardo.imperiali@imperiali.com

 

La tutela della privacy segue due diverse direttrici di marcia negli Stati Uniti e nell'Unione Europea. Nel vecchio continente, il data protection viene regolato dalla legge con una serie di adempimenti standard e modelli comportamentali uniformi. In caso di violazioni, è apprestata la garanzia del ricorso all'Autorità Giudiziaria o a un'Autorità amministrativa indipendente: in Italia, il Garante per la protezione dei dati personali, in Francia, la Commission nationale de l'informatique et des libertès (CNIL), e così via per tutti gli Stati membri dell'UE. Il data privacy americano persegue il medesimo obiettivo di tutela delle informazioni personali, sulla base di un diverso approccio regolatorio: la legge non definisce, in maniera uniforme, la rete di standard comportamentali privacy, ma ne rimette la regolamentazione - settore per settore - all'autonomia privata, in funzione di un valore economico fondamentale: la fiducia dei consumatori nel mercato. Non a caso, l'Authority americana competente in materia è la Federal Trade Commission, un'istituzione di vigilanza sul corretto andamento dei mercati. Solo in casi particolari, circoscritto a quei settori dove il meccanismo autodisciplinare non ha sortito il consolidamento fiduciario auspicato, interviene il legislatore USA. Pertanto, se il data protection è orientato verso il consumatore, sarà inevitabilmente impattato da tutte quelle norme che mirano a consolidare la fiducia dei consumatori nel business aziendale: una di queste è il Sarbanes-Oxley Act.

Il Sarbanes-Oxley Act
Nel 2002, dopo l'ondata di scandali legati al mondo della revisione dei bilanci, gli Stati Uniti hanno varato una normativa sulla trasparenza gestionale delle imprese: il Sarbanes-Oxley Act, presentato come "un atto destinato a proteggere gli investitori". Ne emerge una disciplina concentrata sulla revisione contabile e sulla trasparenza dei bilanci, con un reticolo di norme tese a impedire pratiche scorrette e conflitti di interesse, soprattutto da parte di revisori contabili e analisti finanziari, ma non solo. In chiave di prevenzione, è richiesta l'istituzione di un'apposita funzione di controllo interno (audit committee) abilitata a ricevere segnalazioni di condotte moralmente sospette e potenzialmente rivelatrici degli illeciti paventati. I fatti denunciati possono coinvolgere, oltre ai vertici aziendali, anche dirigenti non amministratori, funzionari e semplici dipendenti.

Il contesto europeo
In virtù del principio di punibilità di comportamenti illeciti riconducibili ad azioni rientranti sotto il controllo della casa-madre americana, diverse holding d'oltreoceano hanno esteso i dispositivi di "allarme etico" presso le proprie filiali europee, ben oltre la finalità di trasparenza gestionale. Segnalazioni anonime estese ai vincoli di parentela, amicizie e rapporti sentimentali di colleghi o superiori, rischiano di innescare veri e propri sistemi di delazione transfrontaliera - tra filiale e capogruppo - a scapito della dignità e riservatezza delle persone "segnalate".
Alcune Privacy Authorities del vecchio Continente sono già insorte, bloccando i trasferimenti di dati oltreoceano a causa dei profili di illegittimità che una rigida applicazione dell'atto normativo statunitense può comportare rispetto agli standard europei di tutela della privacy.

Il contesto italiano
Lo Statuto dei lavoratori e la recente disciplina di attuazione della riforma Biagi delineano un quadro normativo in cui è vietata al datore di lavoro l'attività di indagine su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore, sia all'atto dell'assunzione che nel corso di svolgimento del rapporto.
Nel Codice privacy, il divieto di indagine sui fatti non rilevanti ai fini della valutazione professionale si giustifica alla luce dei principi fondamentali di tutela dei dati personali: necessità, pertinenza e non eccedenza dei dati personali utilizzati.

Il principio di necessità
Alle società con sede in Italia - ma il principio si applica all'intero Spazio Comune Europeo - siano esse nazionali o filiali di holding americane, non è consentito immagazzinare tutte le informazioni personali che potrebbero tornare "utili" per la tutela dei propri interessi. L'impresa deve farsi carico di organizzarsi in modo tale che l'uso dei dati personali sia effettivamente ed efficacemente ridotto al minimo. Ad esempio, configurando adeguatamente i propri sistemi informativi e i programmi informatici. Ciò sta a significare che è preciso obbligo dell'imprenditore escludere il trattamento quando le finalità perseguite possono essere realizzate - in maniera meno invasiva - attraverso dati anonimi o modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità; ad esempio, tramite l'uso di codici identificativi.

I principi di pertinenza e non eccedenza
In aggiunta al principio di necessità, anche quelli di pertinenza e non eccedenza sono bastioni a difesa della riservatezza dei singoli che non consentono attuazioni del Sarbanes-Oxley Act tanto intraprendenti da risultare insensibili ai profili di tutela della dignità individuale. Il Titolare del trattamento deve sempre essere certo che i dati personali raccolti e utilizzati siano strettamente inerenti a una determinata finalità dichiarata e legittima - come può essere il perseguimento di trasparenza gestionale e la prevenzione di conflitti di interesse - e che essi non eccedano tale finalità: non siano, cioè, uno strumento sproporzionato al fine.

Conseguenze e possibili soluzioni
La prassi - seguita anche da diverse filiali italiane di majors statunitensi - di raccogliere delicate informazioni personali su dirigenti e funzionari con poteri di scelta dei fornitori e/o consulenti, spesso non rispetta i limiti accennati e invade la sfera di riserbo delle persone, traducendosi in una vera attività di delazione organizzata. Il che costituisce violazione del codice privacy e dello statuto dei lavoratori. La finalità di trasparenza gestionale e di prevenzione di conflitti di interesse è legittima, ma deve essere perseguita mediante un accorto dosaggio delle assunzioni di informazioni, evitando un approccio che possa alterare delicati equilibri previsti dal legislatore nel disciplinare la "zona grigia" fra vita professionale e sfera dell'intimità individuale. Ciò significa, in concreto, che gli obiettivi del "Sarbanes" dovranno essere perseguiti con strumenti diversi dalla delazione sistematica, ad esempio:
- adottando un codice etico aziendale che prescriva ai diretti interessati - a fronte di sanzioni disciplinari - di segnalare preventivamente situazioni di potenziale conflitto di interesse che li riguardino, con l'obbligo di astenersi dal compiere operazioni in tale contesto. In tal modo, si estenderebbe ai quadri aziendali intermedi - dirigenti, funzionari o dipendenti con potere di firma - la portata morale di un obbligo che - sul piano giuridico - vincola, in Italia, i soli amministratori di società di capitali;
- riducendo al minimo il ricorso ai dati identificativi di dirigenti e quadri intermedi, a carico dei quali la legge non prevede alcun obbligo di segnalazione preventiva che implichi il rilascio di informazioni personali. Anche perchè, il fatto che un dirigente d'azienda sia legato da rapporti extralavorativi con un professionista non significa che si profili necessariamente un conflitto di interesse qualora, ad esempio, presso la società di consulenza il professionista in questione segua attività e lavori differenti da quelli oggetto di consulenza;
- vincolando contrattualmente i professionisti iscritti ad albi, alla segnalazione di possibili profili di conflitto e a rinunciare al mandato in caso di incompatibilità, come prescritto in molti codici deontologici di categoria.

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