Come già evidenziato in un nostro precedente
intervento, la legge n. 243 del 23 agosto 2004 di riforma
del sistema previdenziale ha previsto, tra le altre cose,
la possibilità per i lavoratori di conferire il trattamento
di fine rapporto maturando al sistema di previdenza complementare.
L'operatività di tale disposizione è stata
demandata dalla legge a un apposito decreto attuativo, allo
stato non ancora emanato. Sulla materia è stato avviato
già da diversi mesi un tavolo di confronto tra Governo
e Parti Sociali: Confindustria e le altre organizzazioni
di rappresentanza dei datori di lavoro, unitamente a CGIL,
CISL, UIL e UGL, hanno elaborato degli avvisi comuni, nei
mesi di febbraio e luglio scorsi, in cui hanno definito le
linee guida da proporre per l'operatività della riforma.
L'iter di attuazione doveva essere completato entro lo scorso
6 ottobre (ossia nel termine di un anno dall'entrata in vigore
della L. 243/04), ma a causa di alcune questioni ancora oggetto
di discussione, tra cui le forme di compensazione alle imprese
e la portabilità del contributo a carico del datore
di lavoro (previsto attualmente solo in caso di adesione
ai fondi istituiti dai CCNL), il Governo ha stabilito di
posticipare l'approvazione definitiva dello schema di decreto
legislativo elaborato nei mesi scorsi. Pertanto, ci limitiamo
a illustrare la situazione allo stato dei fatti e le problematiche
su cui verte ancora la discussione. L'obiettivo di fondo
del nuovo sistema di conferimento del TFR maturando alla
previdenza complementare, è assicurare livelli più elevati
di copertura previdenziale per i lavoratori dipendenti garantendo
allo stesso tempo la sostenibilità finanziaria del
sistema pensionistico. Secondo tale meccanismo, il lavoratore,
entro sei mesi dalla data di assunzione (o, in fase di prima
applicazione, entro sei mesi dalla entrata in vigore del
provvedimento, fissata presumibilmente al 1° gennaio
2006) potrà decidere se destinare il flusso di TFR
in maturazione (e non lo stock maturato) a una forma di previdenza
complementare prescelta dallo stesso (fondi pensione negoziali,
aperti, polizze assicurative) ovvero di mantenerlo presso
il proprio datore di lavoro. Nel caso in cui il lavoratore
non comunichi alcuna scelta, a decorrere dal mese successivo
alla scadenza del termine semestrale il flusso di TFR sarà versato
dal datore di lavoro secondo i seguenti criteri: 1) ove sussista
un'unica forma complementare istituita sulla base di contratti
collettivi, anche territoriali, a detta forma, salva la possibilità che
accordi intervenuti in sede aziendale imprimano al TFR una
destinazione diversa; 2) ove sussista una pluralità di
forme negoziali collettive di possibile destinazione (ad
esempio, in caso di coesistenza di fondi di categoria e fondi
aziendali), alla forma scelta con apposito accordo tra le
parti ovvero, in mancanza di accordo, a quella cui abbia
aderito il maggior numero di dipendenti; 3) ove non sussista
alcuna forma negoziale collettiva di riferimento, alla forma
pensionistica complementare istituita presso l'INPS. Evidenziamo
poi che il conferimento del TFR non comporta, di per sé,
alcun obbligo di versamento di contributi né a carico
del datore di lavoro né del lavoratore, a meno che
quest'ultimo non decida espressamente di versare quote della
propria retribuzione. In questo caso, e qualora il lavoratore
abbia diritto a un contributo del datore di lavoro in base
ad accordi collettivi, accordi aziendali, anche tale contributo "aziendale" affluirà alla
forma cui il lavoratore ha aderito, nei limiti e secondo
le modalità stabilite dai predetti accordi. Per i
lavoratori già assunti alla data del 29 aprile 1993,
la legge opera un distinguo: se risultano già iscritti
a una forma complementare cui versano parte del TFR, possono
decidere se versare o meno le quote maturande residue alla
forma cui sono già iscritti. Decorso tale termine,
anche per loro troverà applicazione il meccanismo
del conferimento tacito. I lavoratori non iscritti ad alcuna
forma di previdenza complementare alla data del 29 aprile
93 dovranno decidere sempre nel medesimo periodo semestrale
se procedere o meno al conferimento del TFR maturando, e
la scelta potrà eccezionalmente riguardare anche soltanto
una quota non inferiore al 50% del flusso in maturazione.
L'aspetto della materia che ci interessa poi approfondire è quello
delle forme di compensazioni da destinare alle imprese che
versino i flussi di TFR alle forme complementari, le quali
devono reperire la liquidità necessaria per effettuare
i versamenti ai Fondi, sostenendo un maggior costo per il
ricorso al mercato del credito rispetto al tasso di rivalutazione
del TFR da ascrivere al fondo, se trattenuto in azienda.
Al momento sono previste le seguenti misure: 1) deducibilità dal
reddito di impresa di un importo pari al 4% del flusso complessivo
di TFR destinato a forme di previdenza complementare. La
deducibilità è elevata al 6% per le imprese
con meno di 50 addetti; 2) esonero dal versamento del contributo
al fondo di garanzia per il TFR istituito presso l'INPS;
3) istituzione di un Fondo di garanzia per facilitare l'accesso
al credito per le imprese, a seguito del conferimento del
TFR; l'attuazione e il finanziamento di tale misura sono
però rinviati a successivi interventi normativi; 4)
Riduzione del costo del lavoro equivalente alla differenza
tra la rivalutazione del TFR maturando conferito a partire
dal 1° gennaio 2006 e il costo del finanziamento sostitutivo.
Anche l'attuazione di tale misura è demandata ad un
apposito decreto. Le Parti Sociali, nel ritenere tale assetto
non ancora risolutivo, hanno messo a punto ulteriori proposte
di emendamento. In particolare, sono stati definiti alcuni
principi generali: le compensazioni devono riguardare tutti
i datori di lavoro che conferiscono il TFR alla previdenza
complementare; deve essere garantita piena contestualità tra
decorrenza delle norme sul conferimento del TFR e possibilità per
i datori di lavoro di accedere alle compensazioni. Inoltre
si chiede una moratoria di 3 anni nell'applicazione del silenzio
assenso per quelle imprese che non abbiano oggi i requisiti
per l'accesso al Fondo di Garanzia. Quanto alla costituzione
di un fondo pubblico di garanzia per l'accesso al credito, è stato
inoltre chiesto quanto segue: i meccanismi di funzionamento
del fondo siano definiti fin dal momento dell'approvazione
del decreto legislativo e riguardino tutti i datori di lavoro
che ricorrano al finanziamento sostitutivo; nel meccanismo
di funzionamento è opportuno considerare il possibile
coinvolgimento dei confidi; la durata del fondo sia fissata
per un periodo congruo, tenendo conto del ciclo di vita medio
del TFR; i criteri di accesso alla garanzia siano definiti
a priori e in modo da contenere al massimo il rischio di
esclusione; venga assicurata la piena compatibilità del
fondo con la disciplina europea degli aiuti di Stato. Per
quanto concerne poi la prevista riduzione del costo del lavoro,
il decreto legislativo deve chiarirne le modalità di
attuazione: resta essenziale sapere su quali oneri si interverrà e
con quali meccanismi. L'intervento, inoltre, deve avere carattere
strutturale.
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