Imprese e competitività nel Meridione
il ruolo strategico delle risorse umane
Indispensabile superare definitivamente l’approccio gestionale “post-tayloristico”
Vittorio
Paravia
Presidente Fondazione Antonio Genovesi Salerno - SDOA
sdoa@sdoa.it
Quando si fa riferimento alle risorse umane, soprattutto nelle
piccole e medie imprese, l'attenzione viene spesso riposta
sul singolo lavoratore inteso come semplice parte di un processo
lavorativo complesso, sulla verifica del rispetto dei tempi
e dei metodi di lavoro, sul controllo del risultato prodotto
in relazione a standard prestabiliti. Si tratta, oggettivamente,
di un approccio gestionale che potremmo definire "post-tayloristico" in
cui il lavoratore vive una condizione di spersonalizzazione
rispetto al ruolo ricoperto e di conseguente passività in
relazione all'intero contesto aziendale di appartenenza. Il
personale si trova così a essere considerato come costo
aziendale e non come "risorsa" su cui investire per
migliorare la competitività dell'impresa. Purtroppo
non ci riferiamo a uno scenario di molti anni fa, ma a una
situazione spesso ancora riscontrabile nel nostro contesto
imprenditoriale, in cui alcuni imprenditori devono la scarsa
competitività delle proprie imprese alla loro stessa
miopia rispetto alla dimensione umana del lavoratore, dovuta,
evidentemente, a una insufficiente diffusione della cultura
d'impresa. Una situazione, dunque, che inevitabilmente si ripercuote
negativamente sulle performance aziendali nel medio lungo periodo,
poiché la competitività delle imprese passa attraverso
il sistema interno di gestione e sviluppo delle risorse umane.
Ormai l'uso sempre più frequente di moderne tecnologie,
lo sviluppo inarrestabile di nuove modalità di comunicazione
e, non ultimo, la dinamicità con cui i nuovi stili di
vita pervadono il contesto sociale fanno sì che il sistema
impresa sia sempre più esposto alle sollecitazioni del
proprio ambiente di riferimento. Diventa pertanto fondamentale
per le aziende dotarsi di strutture organizzative flessibili,
in grado cioè di riconfigurarsi e adattarsi continuamente
agli input esterni. In altre parole, le aziende, pena la loro
stessa sopravvivenza, hanno l'esigenza di "attrezzarsi" per
far fronte alle sfida della complessità, intesa come
varietà e variabilità dei fenomeni (sociali,
politici ed economici), attraverso innanzitutto una mentalità aperta
al cambiamento, in modo tale da percepire il cambiamento stesso
non come elemento di minaccia dell'ordine costituito, bensì come
un'opportunità di crescita ed evoluzione continua, al
fine di restare al passo con l'ormai in atto processo di "globalizzazione" dei
mercati. Tutto ciò implica sicuramente un ripensamento
delle modalità di gestione delle risorse umane: a tutti
i collaboratori, indipendentemente dal ruolo ricoperto, bisogna
dare la possibilità di crescere professionalmente e
di rafforzare le proprie competenze. Ciò permette di
creare i presupposti per la creazione di un clima organizzativo
positivo in cui i sensi di appartenenza e identificazione rappresenteranno
le leve per stimolare il personale a dare il meglio in ogni
situazione, al di là della loro posizione contrattuale.
I collaboratori diventano così la risorsa più importante,
le loro competenze rappresentano il perno su cui costruire
il know-how, il loro attaccamento al contesto lavorativo è il
fattore critico di successo per l'implementazione e realizzazione
delle strategie. La centralità del capitale umano è sottolineata
dalla costituzione di team di lavoro formati da persone appartenenti
a diverse funzioni aziendali che sono in contatto fra loro
e scambiano idee, opinioni, proposte. Ciò permette un
gestione ottimale del fattore "conoscenza", che in
questo modo diventa patrimonio comune che taglia trasversalmente
le rigide gerarchie formalizzate e intangibili presenti anche
nelle piccole/medie imprese. Lo sforzo realizzativo affinché tale
configurazione ottimale trovi spazi d'attuazione concreti è notevole.
L'imprenditore, o il responsabile del personale, deve andare
oltre la semplice gestione amministrativa dei propri collaboratori.
Di ogni collaboratore occorre conoscere competenze, potenzialità,
aspirazioni, pregi, difetti, livello di soddisfazione, sogni,
paure, condizioni familiari, vissuto professionale, successi,
insuccessi. La lista delle variabili potrebbe continuare, ma è opportuno
sottolineare che la conoscenza dei collaboratori deve considerare
l'approfondimento della cosiddetta dimensione personale/professionale
propria di ognuno, per poi costruire intorno a tale aspetto
un percorso individuale soggettivo disegnato ad hoc, da inserire
in un sistema integrato e coerente di gestione più ampio,
proprio dell'impresa di riferimento. Non occorre più considerare
i semplici dipendenti, ma gli uomini intesi come risorse. Essi
dipendono dall'impresa, ma l'impresa dipende da loro. Certo,
ciò presuppone investimenti in termini di tempo, di
professionalità adeguate, ma sicuramente ha la stessa
valenza di investimenti fatti in termini, ad esempio, di nuove
tecnologie. A cosa servono nuovi macchinari o nuovi processi
produttivi se ai collaboratori non viene spiegato il perché di
questa esigenza, se non viene data loro la possibilità di
formarsi per utilizzare al meglio certe innovazioni, se non
viene loro riconosciuta qualche gratificazione per il solo
fatto di essere in grado di proporsi per svolgere nuovi compiti? è su
questo terreno che nei prossimi anni si giocherà la
partita della competitività, in cui il complesso sistema
di gestione delle risorse umane assumerà un ruolo strategico.
Continuando a utilizzare la metafora sportiva, la partita si
vince se i giocatori sono ben messi in campo, in cui ognuno
gioca per sé, ma al tempo stesso gioca per la squadra
e per la società di appartenenza. La SDOA, consapevole
di tali tendenze ed esigenze del nostro contesto imprenditoriale,
ha ultimamente rafforzato la propria linea di prodotti formativi,
proponendo a giovani laureati il Professional Master F.O.R.UM.
- Corso di Specializzazione per la Formazione e l'Organizzazione
delle Risorse Umane, ormai giunto alla IV edizione. Si tratta
di un intervento formativo innovativo, della durata di 880
ore (aula e stage), che forma figure professionali in grado
di analizzare i contesti aziendali e progettare e implementare
interventi di gestione e sviluppo organizzativo. La didattica è basata
su metodologie "attive", con docenti provenienti
da primarie società di consulenza e da testimonial con
esperienza di direzione del personale nelle principali aziende
del Paese. Al termine della fase d'aula, oltre lo stage, è previsto
un project work curato da docenti SDOA, in cui gli allievi,
divisi in gruppi di lavoro, simulano la realizzazione di un
progetto di sviluppo organizzativo su commessa. Ci auguriamo
che questi allievi, opportunamente formati, possano rappresentare
risorse valide ed efficaci per le aziende del nostro territorio,
ulteriore elemento affinché si possa gradualmente innescare
nella cultura imprenditoriale locale il concetto di risorse
umane come fattore critico di successo.
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