RISTORANTE “TRE OLIVI” DI PAESTUM
iL PIACERE “DI VINO” È SERVITO
di Peppino Pagano alberga una cucina
ricercata e prelibata
Ferdinando
Cappuccio
Cultore di enogastronomia
ferdinando.cappuccio@banca.mps.it
Fino a qualche anno fa parlare di ristorante di albergo evocava immediatamente
pranzi frettolosi, con elaborazioni culinarie desuete (la vellutata)
e senza alcun legame col territorio. L'esplosione di Heinz Beck all'Hotel
Cavalieri Hilton di Roma, il trasferimento di Gualtiero Marchesi
a Erbusco, hanno indicato una strada di successo che anche da noi si incomincia
a percorrere. E così nella nostra provincia limitatamente alla costiera
amalfitana, i ristoranti degli splendidi hotels Palazzo Sasso di
Ravello e San Pietro di Positano hanno raggiunto, in breve, i vertici della
ristorazione.
E nelle altre zone? Soltanto a Paestum, sfruttando il connubio attrattivo-turistico
del mare con le bellezze archeologiche, qualcosa si sta muovendo,
grazie anche all'intelligenza di Peppino Pagano, imprenditore e appassionato
di enogastronomia che ha creato, annesso al suo splendido Savoy Beach Hotel,
il ristorante Tre Olivi. Già qualche mese fa, in occasione dell'incontro
enologico tenutosi nell'albergo col grande Angelo Gaja, avevo avuto modo
di visionare il ristorante e di restare affascinato sia dalla splendida
terrazza con barbecue e fontane, sia dalla funzionale ed elegante sala
interna. Ma la bellezza estetica non conta per un ristorante quanto la
validità dell'offerta gastronomica, per cui mi ero ripromesso di
verificare la qualità dei menù proposti. Qualche sera fa
ho convinto il fido e ipercritico amico Real Notaio ad accompagnarmi a
Paestum, a cenare al Tre Olivi per confrontarci nel giudizio. Giunti sotto
una pioggia torrenziale nello splendido albergo, abbiamo dovuto immediatamente
rinunziare alla cena in terrazza, accomodandoci però nell'accogliente
sala interna, con i tavoli ben apparecchiati e distanziati e con un'illuminazione
molto "calda". Il servizio in sala si è dimostrato immediatamente
all'altezza dell'importanza dell'albergo e del ristorante; infatti, seduti
comodamente a un tavolo centrale ci è stato immediatamente sottoposto
un esauriente menù con un'offerta di pietanze equilibrata (né troppo
vasta, né eccessivamente povera), accompagnato dalla lista dei vini
ordinata e funzionale, aggiornata quotidianamente dal sommelier. In essa
i vini sono ordinati per regione con indicazione del tipo di vitigno, nome
dell'enologo e con la valutazione fatta dall'AIS e dal Gambero Rosso. Mentre
commentavamo e discutevamo su cosa scegliere, ci è stato portato
un "piatto di benvenuto" accompagnato da un giusto prosecco. La mozzarella fritta su crema di cicerchie ha rappresentato il miglior "trailer" di
quanto avremmo potuto in seguito gustare. É un mirabile assaggio
che sintetizza in pieno la filosofia culinaria del locale; infatti c'è il
territorio con i suoi prodotti (mozzarella), la qualità del condimento
(olio extravergine) che consente un alleggerimento della struttura, la
tradizione (le cicerchie) e l'innovazione (crema ottenuta con il legume).
L'impanatura si apriva al semplice contatto della forchetta e la mozzarella
usciva integra mescolandosi alla crema in un perfetto assemblaggio di sapori.
L'entusiasmo per il piatto ci ha portato - dopo aver ordinato dal menù -
a richiedere due grandi vini per accompagnare i cibi: il Terre Alte di
Livio Felluga, vintage friulano a base di Pinot bianco, Sauvignon e Tocai,
e lo Chardonnay piemontese Gaja e Rey, forse il primo grande vino bianco
prodotto in Italia. Mentre sorseggiavamo l'aromatico e profumato vino friulano
mi è stato servito l'antipasto, consistente in gamberi rossi scottati
al forno con insalatina di patate e dressing di rucola. L'elaborazione
mi ha entusiasmato innanzitutto per la presentazione estetica; al gusto,
poi, si è dimostrata magnifica con i freschi gamberi cotti in maniera
da non perdere consistenza, mentre le patate restavano integre così da
poter essere appieno gustate con una misurata salsa di aceto balsamico.
E mentre osservavo l'amico Andrea che intingeva crostini caldi in una zuppetta
di pesce, un dubbio mi angosciava: il primo da me scelto, paccheri di Gragnano
con calamarelle e ceci, sarebbe stato superiore nel gusto a quello scelto
dal mio compagno e cioè i paccheri con il ragù di scorfano?
Nell'incertezza ho mediato, anche grazie all'aiuto del solerte maitre,
patteggiando un assaggio reciproco. I primi piatti meritavano entrambi
la scelta fatta! Il ragù di scorfano era delicato e profumato, mentre
il connubio terra-mare dei ceci e dei piccoli calamari si amalgamava
benissimo con la pasta, che raccoglieva al suo interno il sugo e gli altri
ingredienti. Il vino friulano intanto era finito e immediatamente il Gaja
e Rey ci è stato
servito dal sommelier in attesa dei secondi piatti. E mentre osservavo
il giusto servizio della spigola al sale che avevo scelto, ho scorto le
belle signore nostre commensali che gradivano il trancio di cernia con
patate e zucchine e la grigliata mista di pesce fresco presentata in maniera
elegante. Il pesce al sale da me scelto rappresentava la vera e propria
cartina di tornasole per il ristorante; infatti la preparazione, solo apparentemente
semplice, doveva essere accompagnata da un'alta qualità del pesce,
necessariamente non di allevamento. La spigola servitami era ottima,
con il sapore deciso del pesce di mare e cotta in maniera da lasciarne
integra la consistenza. Eravamo allegri e soddisfatti, pronti a gustare
il dessert per concludere magnificamente la cena, ma il furbo notaio prima
del tiramisù da
lui scelto mi ha proposto di ordinare una mozzarella; il perché di
questa scelta dimostrava la diabolicità dell'amico che intendeva
verificare come avrebbe risposto la cucina a una legittima richiesta di
quanti vengono a curiosare gastronomicamente nella zona di Paestum. Ci è stata
portata immediatamente una splendida mozzarella che, seppur non grande,
ha dimostrato immediatamente compattezza e sapore, mentre dalla zigrinatura
della chiusura laterale (la mozzatura) dimostrava la sua origine artigianale.
Che bel prodotto! Gustando infine i dessert richiesti - io avevo optato
per una sfoglia con ricotta - sorseggiando quel gran vino che è il
Ra di Bruno De Conciliis, abbiamo chiesto di poter conoscere l'ottimo chef
che ci aveva deliziato. É venuto così al nostro tavolo Matteo
Sangiovanni, giovane cuoco di Bellizzi, che dopo un girovagare di otto
anni per importanti alberghi e ristoranti del nord Italia, ha sposato il
progetto di Peppino Pagano: dare vita a un ristorante che sia volano di
attrazione per l'albergo e che possa portare avanti un discorso di ricerca
delle tradizioni del territorio. E il buon Matteo, tra l'altro capitano
della nazionale cuochi nelle competizioni gastronomiche internazionali,
ci sta riuscendo; la sua prossima sfida è lavorare sulle ricette
antiche di Stio Cilento, luogo tra i più belli della zona, peraltro
già meta di offerta di escursione da parte dell'albergatore gourmet.
Cessata la pioggia e la cena, magnifica, dopo aver passeggiato per il bel
parco dell'albergo sorseggiando un Armagnac e fumando un toscano, a malincuore
ci siamo rimessi in automobile per tornare a casa, convinti che mentre
noi avevamo un bel po' di strada da fare, il ristorante Tre Olivi era invece
arrivato molto vicino al suo traguardo.
Ristorante Tre Olivi: Via Poseidonia, Paestum (SA)
Sempre aperto - tel. 0828.720023
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