NORMATIVA ANTIRICICLAGGIO
OBBLIGHI ESTEsi A NOTAI E AVVOCATI
RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE
la CERTIFICAZIONe “ETICA” E DI “QUALITÀ”
LA LEGGE
80 del 2005
NOVITÀ IN TEMA DI APPALTI PUBBLICI
RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESE
la CERTIFICAZIONe “ETICA” E DI “QUALITÀ”
Entrambi gli strumenti possono qualificare
l'attività e l'organizzazione aziendale
Lorenzo Ioele
Docente Diritto Sicurezza Sociale - Università degli Studi di Salerno
avvocato.ioelelorenzo@tin.it
niziative in tema di responsabilità sociale, (Corporate Social
Responsability o CSR in breve), sono numerose e diffuse nel mondo. Esse sono
promosse da una pluralità di soggetti, tra cui imprese, professioni, organizzazioni
non governative, non profit e rappresentative di interessi (sindacali, dei consumatori,
ambientali), autorità pubbliche e governative. Sono iniziative che hanno
visto, a livello internazionale, il protagonismo soprattutto delle grandi imprese,
che ha destato notevole interesse anche in Italia (v. il progetto governativo
in www.welfare. gov.it). Il livello internazionale di discussione è stato
di elevato profilo: per tenerci però più prossimi agli atti maggiormente
incidenti sull'ordinamento italiano, giova rammentare le iniziative della Commissione
Europea (Green paper: promoting a European framework for Corporate Social Responsability,
Bruxelles, luglio 2001 e la Comunicazione del 2002) finalizzate a promuovere
il dibattito, e l’emersione di proposte, per individuare un approccio europeo
alla CSR. Si tratta di un’esigenza rappresentata in termini estremamente
diffusi su scala mondiale, sicuramente di matrice anglosassone, che comporta
la necessità di comprendere le motivazioni che hanno determinato tale
interesse, stimolando il dibattito e le iniziative. La finanziarizzazione dell'economia,
l'arretramento dell'intervento dello Stato in economia, la privatizzazione di
ampi settori hanno implicato lo spostamento di importanti decisioni dalla politica
all'economia. Bisogna anche considerare la globalizzazione dei mercati, per il
cui effetto i processi decisionali degli imprenditori sfuggono al controllo dei
singoli Stati nazionali e la titolarità del relativo potere trova la sua
legittimazione nella relazione con l'impresa (proprietà o incarico amministrativo)
e non in un’investitura politica. La globalizzazione ha consentito la delocalizzazione
delle produzioni in Paesi in cui il livello di protezione sociale e ambientale è molto
basso, o addirittura inesistente. Tale fenomeno ha generato, per un verso, forme
di concorrenza imperfette stimolando approvvigionamenti e produzioni a costi
sempre più ridotti e un negativo impatto sociale causato dalle delocalizzazioni
produttive nei Paesi di origine, e per altro verso, ha consentito l'utilizzazione
di forza lavoro e risorse naturali in termini di vero e proprio sfruttamento.
Il fenomeno ha generato un movimento ideologico e culturale attento ai fenomeni
sociali e ambientali, (del quale è stato protagonista anche un'importante
componente del mondo imprenditoriale), orientato a individuare una soglia di
sostenibilità delle iniziative economiche. L'attività di impresa,
infatti, ha un impatto sociale e incide su gli interessi di dipendenti, fornitori,
consumatori e della comunità nella quale l'azienda opera (stakeholder).
Accanto a questi, poi, occorre considerare anche gli interessi degli azionisti
e cioè di coloro che forniscono i capitali necessari per la costituzione
e l'esercizio dell'impresa. In fin dei conti, senza andare troppo indietro nel
tempo, già la nostra Costituzione, all'art. 41 nel sancire il principio
della libertà di iniziativa economica, con una soluzione di compromesso,
ha stabilito che questa «non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale
o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
Si tratta di individuare un equilibrio tra diritto e responsabilità dei
titolari del potere decisionale economico nei confronti di tutti gli stakeholder,
esigenza i cui meccanismi di soddisfazione sono condizionati dalle convinzioni
politiche e ideologiche. Il presupposto della problematica della responsabilità sociale
delle imprese è effetto della convinzione che gli interessi di azionisti
e manager, volti alla massimizzazione del profitto, possano contrastare con quelli
delle altre categorie di stakeholder, sicchè la tematica in questione
pone il problema delle scelte imprenditoriali che tengano conto anche di interessi
diversi dal profitto, mentre nessun problema di responsabilità sociale
potrebbe porsi ove l'uno e gli altri coincidano. Il fondamento della responsabilità sociale
dell'impresa è innanzitutto di tipo filosofico e sociologico e, a seconda
delle diverse ideologie, comporta svariate soluzioni organizzative. La Comunicazione
della Commissione della Comunità Europea del luglio 2001 definisce la
responsabilità sociale delle imprese «come l'integrazione volontaria
delle preoccupazione sociali e ecologiche delle imprese nelle loro operazioni
commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate». Emerge, quindi,
con chiarezza il profilo della volontarietà della scelta a oggetto l'attenzione
per gli interessi degli stakeholder diversi dagli azionisti. Evidentemente la
problematica della responsabilità sociale coinvolge il governo dell'impresa
e il ruolo dell'imprenditore cui si chiede una scelta innovativa, riconosciuto
leader non solo del processo economico ma anche di processi sociali. Mi sembra
tuttavia che il limite invalicabile di una scelta imprenditoriale a favore di
comportamenti socialmente responsabili sia dato dalla necessità di rispettare
l'economicità delle gestione. Per rispettare la volontarietà della
scelta sembra che il legislatore dovrebbe orientarsi ad attuare interventi incentivanti
tale scelta, condizionando a essa l'accesso a particolari benefici. Un importante
strumento per la realizzazione e la verifica dei comportamenti socialmente responsabili
dell'imprenditore è costituito dalla normativa internazionale ISO per
la “certificazione di qualità” e SA per la ”certificazione
etica”. Si tratta della norma UNI EN ISO 9001: 2000 e della Norma SA 8000
che prevedono standard di qualità e standard etici applicabili a tutti
i settori della produzione e dell'erogazione dei servizi suscettibili di essere
certificati attraverso appositi organismi. Entrambe le certificazioni andranno
assumendo una sempre maggiore importanza negli anni futuri, laddove l'orientamento
incentivante che sembra emergere dovesse consolidarsi. Esse poi comportano la
necessità di meccanismi di autocontrollo suscettibili di una verifica
mediante processi di auditing. Il rispetto, poi, delle normative sopra richiamate
avrà riflessi anche sulla gestione dei rapporti di lavoro. Tra i requisiti
per la certificazione etica, infatti, molti riguardano il corretto svolgimento
del rapporto di lavoro e fanno parte del «codice etico aziendale» a
garanzia di tutti gli stakeholder, tra i quali vi sono anche i dipendenti destinatari
delle relative disposizioni ma anche obbligati a rispettarne i contenuti. É spontanea
infatti l'assimilazione di tale codice al vecchio regolamento aziendale e anche
al più recente codice disciplinare. Analogamente la certificazione di
qualità e di relativi requisiti consentiranno una valutazione del rendimento
e potrebbero fornire spunti per la costruzione del premio aziendale maggiormente
mirato a ricompensare i più meritevoli privilegiando una logica qualitativa
e non quantitativa. In conclusione, si tratta di strumenti che possono qualificare
l'attività di impresa e l'organizzazione sulla quale essa si fonda.
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