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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
OTTOBRE 2004
 

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LA SPAGNA CHE CRESCE
UN PROCESSO CIVILE SEMPRE PIÙ RAPIDO

GOVERNANCE DEL TERRITORIO
STRATEGIE, STRUMENTI E ATTORI COINVOLTI

RIFIUTO E SOTTOPRODOTTO
L'ADOZIONE DI UNA NUOVA DIRETTIVA

LA SPAGNA CHE CRESCE
UN PROCESSO CIVILE SEMPRE PIÙ RAPIDO
L’efficienza del sistema giudiziario è un elemento di competitività


Raffaele Giannattasio
Avvocato responsabile del Desk italiano - Studio Legale Bermudez de Castro & Lobato, Madrid
rafgiannattasio@latinmail.com

 

Anche nel 2004 i principali indicatori macroeconomici assegnano alla Spagna il ruolo di protagonista nella ripresa europea. Difatti, se la Germania è stata storicamente paragonata a una locomotiva, per la Spagna sembra più adeguato pensare a una spider. Pochi dati renderanno l'idea: nel 2003 l'attività si è rafforzata del 2,4%, l'1,4% in più rispetto alle principali economie nell'area dell'euro. Lo sviluppo del Pil è stato sostenuto dall'espansione dei consumi privati (+3%), dall'aumento del reddito disponibile e dall'incremento dell'occupazione. Sul fronte produttivo, gli investimenti sono cresciuti del 3%, soprattutto nel comparto beni strumentali, mentre nel settore estero le importazioni sono aumentate più delle esportazioni (rispettivamente del 6,7% e 4%). La sostanziosa crescita degli anni recenti trova dunque conferma nell'andamento del prodotto del 2003, giustificando attese di ulteriore progresso nel 2004. Questi fattori, uniti al recupero del ritardo nei settori delle infrastrutture, dell'istruzione superiore e dell'Information Technology, spingono la Spagna tra le prime dieci economie mondiali e ne fanno uno dei principali collettori di investimenti stranieri (l'ottavo, secondo il "World Investment Report 2003" dell'UNCTAD). Il vantaggio competitivo spagnolo dipende certo dal basso costo della manodopera, ma anche dall'ottima disponibilità di lavoratori specializzati e dalla costante "pax sindacale", che negli anni passati ha permesso rapide riforme e la creazione di un mercato del lavoro più flessibile della media europea. Un paese così dinamico ha quindi tutto l'interesse, e anzi la necessità, di rimuovere gli intralci burocratici e di raggiungere un'efficienza ottimale in ogni settore, compreso quello vitale della giustizia. Può essere interessante, a questo proposito, mettere a confronto la produttività dei due sistemi giudiziari, prendendo come parametro principale la durata dei processi. Partendo dall'Italia, e limitandoci alla giurisdizione civile, rileviamo che i dati forniti dal Ministero della Giustizia non fanno ben sperare. Nel 2003, infatti, la durata media dei procedimenti di primo grado è stata di due anni e cinque mesi, con una riduzione di soli tre mesi rispetto a quella registrata nel 2002. Tuttavia, per i processi definiti con sentenza i tempi si allungano, arrivando in media a quattro anni. In dettaglio, il 58% di essi si esaurisce in meno di tre anni, il 28,6% entro sette, mentre il restante 13,4% langue per più di sette anni. Per quanto riguarda i processi di secondo grado avanti alle Corti di Appello, si registra una durata media di due anni e due mesi, con un aumento di circa due mesi rispetto all'anno precedente. Per la Cassazione occorrono circa tre anni. Nel complesso, quindi, un processo civile ordinario può durare 9 anni, pari a 108 mesi. Non ci si discosta molto dai dati rilevati nel 1998 dalla Commissione Europea, che indicavano una durata di 116 mesi, contro i 69 della media UE. Passando alla giustizia spagnola, occorre premettere che il confronto è reso più difficile dalla non perfetta coincidenza degli organi giudicanti e dall'adozione di un diverso metodo statistico.
Difatti, le stime elaborate e diffuse dal Consejo General del Poder Judicial (http://www.poderjudicial.es/CGPJ/estadisticas/default.asp) non si basano su informazioni dirette ma sono estrapolate da tassi medi applicando un modello matematico che presuppone il disbrigo uniforme e costante delle pratiche. Si tratta di un punto di partenza molto discutibile e certamente non realistico, come riconosce lo stesso Consejo General, che invita a considerare i risultati come puramente indicativi. Con tutte le cautele del caso, passiamo a un rapido elenco dei tempi: per quanto riguarda il primo grado, nel 2003 la durata media è stimata in poco meno di 8 mesi, con una riduzione di circa il 9% rispetto al dato del 2002 e di oltre il 20% riguardo al 1999. Punte di eccellenza si raggiungono nel settore famiglia (5 mesi) e sociale, equiparabile alla nostra magistratura del lavoro, che esaurisce i procedimenti con lodevole rapidità (4,5 mesi, dato uniforme nel tempo). Il procedimento monitorio registra invece un certo rallentamento, passando dai 3,40 mesi del 2001 agli attuali 7,34. Punto dolente resta l'esecuzione civile (esclusi i procedimenti in materia di famiglia), per la quale occorrono 2 anni e cinque mesi. Risultato simile per le procedure concorsuali, con una durata media per il fallimento di 2 anni e 9 mesi (contro i tre anni e tre mesi del 2002). Un po' meglio la suspensiones de pagos, equiparabile all'amministrazione controllata, con un anno e nove mesi (dato pressoché invariato dal 2002 ma in calo rispetto ai due anni e un mese del 1999). I procedimenti innanzi alle Audiencias Provinciales, che potremmo assimilare al nostro appello, durano in media 6,52 mesi (7,35 nel 2002, 10,35 nel 1999). In controtendenza, le cause innanzi al Tribunal Supremo (corrispondente alla Cassazione) sono passate dai 28,88 mesi del '99 ai 32 odierni. Il tasso di esaurimento del settore civile si aggira sullo 0,94 (1,03 per l'Italia), il che sta ad indicare che il numero di procedimenti conclusi è di poco inferiore alle sopravvenienze annuali. Il tasso di congestione, che esprime il rapporto tra la somma di pendenze e sopravvenienze e il numero dei procedimenti esauriti, si assesta sull'1,69, contro il 2,59 dei tribunali italiani. Da ciò sembra di poter dedurre che gli uffici giudiziari spagnoli riescono a ottenere buoni risultati soprattutto perché non devono combattere col tremendo arretrato nostrano. Inoltre, ricorrono meno spesso alla sentenza, che è notoriamente il provvedimento conclusivo più dispendioso in termini di tempo (nel 40% dei casi, contro il 58% dei tribunali italiani). Da operatore che si trova quotidianamente a contatto con la prassi dei tribunali iberici, posso affermare che i tempi reali della giustizia non si discostano molto dalle proiezioni, allineandosi, nel complesso, alla media europea. Ciononostante, il dinamico tessuto sociale spagnolo mal sopporta le lungaggini processuali e spinge per un'ulteriore riduzione. In questo senso, negli ultimi anni sono stati adottati numerosi provvedimenti legislativi, a partire dalla Ley de enjuciamiento civil n.1/2000, che ha modernizzato il processo civile sulla base dei principi di oralità, immediatezza, concentrazione e semplicità, passando per la nuova legge sull'arbitrato (Ley Arbitraje 60/2003) fino alla recentissima riforma del diritto fallimentare, introdotta con la Ley Concursal 22/2003 ed entrate in vigore il primo settembre 2004. In particolare, quest'ultima introduce rigidi vincoli temporali e stabilisce che il procedimento debba in linea di principio concludersi entro un anno, prevedendo inoltre sanzioni a carico degli amministratori per l'ingiustificato ritardo della liquidazione; il che, ovviamente, va a tutto vantaggio dei creditori. Anche la lotta ai ritardi nei pagamenti sta dando buoni frutti, con le imprese spagnole che si collocano al secondo posto per puntualità, subito dietro quelle tedesche. In definitiva, la Spagna sta modernizzando la macchina della giustizia per assecondare la rapida crescita economica. Esigenza che, ahimè, non sembra altrettanto sentita nel nostro Paese.

Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi direttamente al Desk Italiano dello studio Bermudez de Castro-Lobato, tel. 0034917811015 fax 0034917811104
italia@bermudezdecastro-lobato.com

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