LE SOCIETÀ RIAMMESSE "IN BONIS"
RIFLESSI CIVILISTICI E FISCALI SUL BILANCIO
SOSTEGNO DELLE IMPRESE
UN'ANALISI DELLE AGEVOLAZIONI POSSIBILI
LE SOCIETÀ RIAMMESSE "IN BONIS"
RIFLESSI CIVILISTICI E FISCALI SUL BILANCIO
Anche dopo la chiusura della procedura di fallimento persiste la liquidazione
Antonio Pierri
Consigliere dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Salerno
studiopierri@tiscalinet.it
La chiusura di una procedura fallimentare non comporta ex lege l'estinzione della società, e, in assenza di una norma specifica che ne disciplini il destino al termine della procedura, si è consolidato un orientamento che ritiene persistente lo stato di liquidazione anche dopo la chiusura della procedura fallimentare. Tralasciando tutte le altre problematiche, è interessante soffermarci sulla questione relativa ai riflessi civilistici e fiscali sul bilancio di una società riammessa "in bonis" ai sensi e per gli effetti dell'art. 118 comma 2, L.F.. Il primo adempimento degli amministratori di una società riammessa "in bonis" è verificare l'esistenza di un patrimonio netto quantomeno pari al capitale minimo legale previsto: euro 10.000,00 per le Srl ed euro 100.000,00 per le Spa, che consenta alla società di operare legittimamente anche in assenza di interventi dei soci. Il patrimonio netto iniziale può essere determinato in funzione delle informazioni disponibili agli amministratori, e delle notizie e degli atti desumibili dalla procedura fallimentare, ricorrendo a due metodi alternativi: il metodo diretto e quello indiretto. Con il primo, il patrimonio netto viene determinato nel rispetto dei valori netti contabili residuati dalla procedura fallimentare. Tale metodo, di derivazione contabile, pone quale presupposto la continuità della gestione aziendale anche se interferita dalla procedura fallimentare. Esso richiede almeno la disponibilità del bilancio dell'esercizio precedente a quello in cui è stato dichiarato il fallimento, delle scritture contabili, correttamente tenute e aggiornate alla data di dichiarazione del fallimento nonché del conto della gestione e della copia del giornale del fallimento. Il bilancio è necessario per accertare l'entità e la composizione del patrimonio netto a tale data; le scritture contabili sono indispensabili per accertare il risultato economico del periodo che va dall'inizio dell'ultimo esercizio alla data del fallimento; il conto di gestione e il giornale del fallimento, infine, sono necessari per ricostruire le vicende patrimoniali, finanziarie ed economiche relative alla curatela. Quando non si dispone della documentazione completa per la determinazione diretta del patrimonio aziendale, bisogna procedere alla stima mediante l'utilizzo del metodo indiretto, che deve essere obbligatoriamente utilizzato nei casi in cui la società non torni in possesso delle scritture contabili, né disponga del bilancio d'esercizio precedente alla dichiarazione di fallimento. In questi casi, si procede alla ricostruzione indiretta del patrimonio netto. Con tale metodo, l'entità e la composizione del patrimonio sono determinati mediante la stima del valore dei beni residui alla chiusura del fallimento: in assenza dei documenti contabili, il patrimonio aziendale è valutato come se la società, uscita dal fallimento, fosse di nuova costituzione. Siamo sempre stati propensi alla determinazione del patrimonio netto con il metodo indiretto, perché di fatto, la società che viene riammessa in bonis, nella sostanza patrimoniale e operativa, è da considerarsi a tutti gli effetti una nuova impresa. Valga un esempio: l'iscrizione a bilancio di un immobile di proprietà della società il cui valore contabile risultante dal bilancio fallimentare era pari a 1.000.000,00 euro, mentre la stima del C.T.U. nominato dal Giudice fallimentare, ha valutato in 2.000.000,00 euro. Con il metodo diretto, il valore considerato deve essere il valore risultante dal bilancio con eventuali rettifiche; con il metodo indiretto, invece, si fa riferimento alle valutazioni effettuate dal curatore e dagli altri organi della procedura, senza alcuna rettifica. La società riammessa in bonis deve altresì adempiere a tutti gli obblighi previsti per un normale svolgimento dell'attività, quale scritture contabili, deposito bilancio e altre. L'unico problema, ancora dibattuto, attiene al deposito del bilancio qualora la riammissione avvenga nel corso dell'esercizio. L'art. 2423 c.c. prevede il deposito del bilancio d'esercizio, ma tale norma contrasta con la normale realtà delle società riammesse appunto "in bonis" nel corso dell'esercizio, atteso che gli amministratori non sono in grado d'individuare le operazioni poste in essere dal curatore nella frazione dell'esercizio. Pertanto, scaturisce l'esigenza d'individuare, nel rispetto della normativa vigente e della realtà aziendale, il metodo per un'esatta e corretta rappresentazione degli accadimenti aziendali. La soluzione più logica è la predisposizione del bilancio relativo al maxi periodo, dall'apertura del fallimento fino alla data della sua chiusura, e un altro bilancio relativo al periodo in cui la società ha operato "in bonis". In questo secondo bilancio, a seconda che il patrimonio netto sia stato valutato con il metodo diretto o indiretto, comparirà o meno la comparazione con i valori dell'esercizio precedente. Il bilancio sarà accompagnato dalla nota integrativa, in cui saranno fornite tutte le informazioni relative alle vicende aziendali. Le problematiche trattate finora, alla luce di quanto previsto dalla riforma del diritto fallimentare, assumeranno una importanza via via crescente. Infatti, il disegno di legge-delega, predisposto dall'apposita Commissione composta da studiosi e qualificati operatori del diritto fallimentare e presieduta dal professor Sandro Trevisanato, prevede, al momento, la sostituzione delle vecchie procedure concorsuali con sole due procedure: composizione concordata della crisi e liquidazione concorsuale, con l'integrazione degli istituti di allerta e prevenzione. Il primo istituto "composizione concordata della crisi" è finalizzato al superamento della crisi stessa mediante l'accordo tra il debitore e i creditori, sotto il controllo dell'autorità giudiziaria. Il secondo della "liquidazione concorsuale" è teso alla vendita dei beni del debitore o all'attuazione di un piano di regolazione dell'insolvenza. Gli istituti di "allerta e di prevenzione", infine, prevedono la necessità di far emergere situazioni di crisi e di individuare le misure idonee a superarle, al fine di prevenire il procedimento concorsuale vero e proprio. Tali nuovi istituti consentiranno sicuramente la riammissione "in bonis" di un numero sempre maggiore di società, per cui si renderà necessario lo studio dei riflessi civilistici e fiscali sui bilanci, al fine dell'individuazione di una valida metodologia contabile per una corretta rappresentazione degli accadimenti sociali.
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