BASILEA 2: L’EROGAZIONE DEL CREDITO
QUALE RAPPORTO TRA BANCA E IMPRESA?
Una corretta applicazione dell’accordo può migliorare la
collaborazione
Silvio Varagnolo
Dirigente Unionfidi Piemonte
varagnolo.s@unionfidi.com
Il
mercato dei servizi finanziari per le PMI sta attraversando un periodo di cambiamenti.
La privatizzazione delle banche pubbliche e la concentrazione dei gruppi bancari
ha determinato lo spostamento del focus del sistema bancario dalla ricerca della
massimizzazione degli impieghi a quella della redditività. La stessa Banca
d'Italia ha recentemente posto attenzione sul fenomeno della concentrazione del
sistema bancario e del correlato rischio relazionale: «Analisi teoriche
ed empiriche indicano che al crescere della dimensione media delle banche potrebbe
accompagnarsi una contrazione della quota dei finanziamenti alle imprese di minori
dimensioni, per la propensione degli intermediari più grandi a intrattenere
relazioni di clientela con imprese anch'esse grandi». Stiamo in sostanza
passando da un sistema polarizzato, per cui l'impresa richiede e la banca eroga
credito, a un sistema contestuale, in cui l'azienda sostiene il proprio sviluppo
rivolgendosi a una molteplicità di interlocutori: istituti di credito,
investitori, risparmiatori società finanziarie e di rating. Rischia pertanto
di prodursi una dinamica da molti individuata come insita in Basilea 2: processi
che nascono per migliorare il rapporto banca impresa finiscono con il generare,
nel breve termine, fenomeni di contrazione dell'attività economica delle
imprese meno strutturate e preparate ad un cambiamento così radicale.
Tra banca e PMI si colloca un altro organismo: il Confidi. Il Confidi ha da sempre
rappresentato uno strumento essenziale per le PMI e i numeri, fino ad oggi, lo
confermano. I Confidi non rappresentano una peculiarità esclusivamente
italiana, ma sono strutture presenti da anni in Germania, Francia, Spagna e Belgio.
In linea generale, la maggior parte dei Confidi italiani è stata promossa
dalle associazioni di categoria, non solo per fornire un servizio di accesso
al credito per i propri soci, ma per garantire un'occasione di contatto e fidelizzazione
con le imprese. In Italia operano oltre 1000 Confidi con dimensioni strutturali,
in alcuni casi veramente irrisori. L'estrema proliferazione dei confidi è dovuta
principalmente a due fattori:
- la mancanza di una normativa al riguardo;
- la divisione provincia e per settore, in quanto sono espressione delle associazioni
imprenditoriali locali.
I Confidi italiani si sono quindi sviluppati in assenza di un quadro giuridico
di riferimento; solo con l'art.13 del d.l. 269/2003 (maxi emendamento finanziaria
2004), convertito con l. 326/2003 si è arrivati finalmente a una legge
quadro che disciplini l'attività di garanzia collettiva dei fidi esercitata
dai Confidi. Nonostante queste limitazioni, la presenza delle strutture di garanzia
in Italia assume rilevanza numerica sia in termini di volumi che di basse percentuali
di insolvenze; ma non solo, relativamente ai Confidi più strutturati,
la sinergia e compenetrazione tra banca e Confidi ha permesso di erogare credito
a fronte di garanzie di qualità, grazie a processi di analisi nella concessione
del credito di elevato standing. L'interesse ad acquisire garanzie da parte delle
banche rimane prevalente: il 29% del credito bancario alle imprese è assicurato
da garanzie reali, percentuale che sale al 78% nel caso di microimprese. I Confidi
hanno una quota pari al 10% del mercato delle garanzie personali che ammonta
complessivamente a 160 miliardi di euro. Pertanto anche con l'avvento di Basilea
2, le banche chiederanno sempre più alle imprese garanzie di qualità,
escutibili a prima richiesta. Di conseguenza la quota di mercato dei Confidi è destinata
inevitabilmente a crescere. Dall'altra parte Basilea 2 impone ai Confidi una
rivisitazione delle proprie strategie. Volendo cogliere quindi Basilea 2 come
opportunità per crescere, per i Confidi si è posto un problema
di adeguamento, dovuto sia alle regole dettate dal Comitato, sia al mutamento
di congiuntura. Affinché la garanzia possa entrare con un proprio peso
specifico nella determinazione dei rating, i Confidi devono necessariamente "accreditarsi",
dimostrando di possedere un preciso status giuridico e requisiti sostanziali
nella gestione del rapporto creditizio. Considerando che il sistema dei Confidi
ha come scopo principale quello di rafforzare le garanzie dell'impresa, attenuandone
il rischio, ne dovrebbe conseguire che la banca cui si rivolge tale azienda accolga
con maggior favore le sue richieste di risorse finanziarie. La garanzia del Confidi
ha valore solo nella misura in cui permette il miglioramento della valutazione
del rischio. Perciò il Confidi deve possedere un rating più elevato
di quello dell'impresa assistita e riuscire a trasmetterlo a beneficio di quest'ultima
nel rapporto debitore. Status giuridico definito e rating elevato al fine della
trasmissione di questo alle aziende associate significa sancire, in termini pratici,
la necessità di una dimensione consistente di pratiche di fido, di rapporti
con le imprese associate, di specializzazione e diversificazione dei servizi
finanziari prestati, con correlato aumento dei fondi rischi e dei mezzi propri,
oltre che a un'elevata gestione di contributi e sovvenzioni locali, sfruttando
sempre al meglio quel plus di conoscenza sulle imprese socie e contemporaneamente
esercitando il tradizionale mestiere di garanti. In questo cammino di crescita
ai Confidi è venuto incontro il legislatore. Come già detto è stato
finalmente dato corpo alla disciplina organica dei Confidi: la legge 326/2003.
Le nuove regole hanno molteplici finalità. Innanzitutto, regolamentare
sotto il profilo societario l'organizzazione e il funzionamento dei Confidi,
fissando delle soglie di capitale minime sotto le quali il Confidi non potrà più esistere.
Inoltre, considerando il fatto che avendo goduto di una disciplina ad hoc, che
sottraeva i Confidi alla vigilanza di Banca d'Italia ma che contemporaneamente
li limitava nell'azione, la nuova normativa incentiva le trasformazioni in forme
giuridiche più avanzate, proponendo la possibilità di scelta tra
l'ingresso nel mondo degli iscritti all'elenco degli intermediari finanziari
ex art. 107 del TUB o la trasformazione in Banca di Credito Cooperativo. La finanziaria
vigilata ex art. 107 è un soggetto la cui garanzia sarebbe considerata
valida per lo scarico del capitale di vigilanza, rimanendo comunque l'interrogativo
sul valore numerico della ponderazione da attribuire con Basilea 2. La trasformazione
diretta in BCC, d'altro canto, comporterebbe il riconoscimento della ponderazione
al 75% (paragonata alla banca retail). La conclusione è che l'appetibilità delle
garanzie da parte del settore bancario non dipenderà solo dalla qualità di
protezione dal rischio incorporata nelle fideiussioni, ma anche della protezione
stessa. I Confidi italiani devono pertanto scegliere come recepire al meglio
le direttive di Basilea 2, ognuno deve individuare la propria strada e percorrerla
coerentemente. Riteniamo infine che una corretta applicazione dell'accordo possa
contribuire a far evolvere i rapporti Banca/Impresa, se questi si baseranno su
una stretta collaborazione di tipo informativo, che consenta alla banca di valutare
i rischi inerenti all'erogazione del credito, e all'impresa di ottenere un aiuto
anche nelle fasi delicate del ciclo economico. Ecco allora esplicitato il nostro
obiettivo finale: il colloquio Banca/Impresa - mediato dal Confidi - deve portare
con sé un maggiore grado di conoscenza, da parte della banca, delle potenzialità di
crescita e dei piani di sviluppo strategico di chi, da sempre, ha rappresentato
il cuore della nostra attività, e vale a dire l'impresa. I Confidi in
generale, e Unionfidi in particolare, stanno investendo sensibili risorse economiche
per mettere a punto sistemi di rating interni per rendere ancora più attente
e puntuali le metodologie sulla concessione e il monitoraggio del credito.
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