RIAPERTE LE ScuolE IN Italia
Un altro deficit DI COMPETITIVITÁ
Un’indagine dell’OCSE
rileva i limiti del nostro sistema formativo
di Antonio Paravia
Direttore Costozero
magazine
antonio.paravia@assindustria.sa.it
Alcuni
anni fa Confindustria presentò all’Assise di Parma
un libro bianco, che affrontava i tanti limiti del nostro sistema
Paese, fornendo una comparazione con le altre nazioni europee.
Tra le molte negatività rappresentate vi erano anche
la scuola e l’università nel loro complesso. Dal
mondo dell’istruzione e dalle troppe sigle sindacali
di riferimento vennero pregiudizialmente respinte le nostre
considerazioni, senza aprire un minimo di dibattito interno.
Nello stesso modo è stata accolta la recente riforma
Moratti. Numerose manifestazioni di piazza ci hanno fatto rivivere
il marasma del ‘68 e successivi, allorquando la maggioranza
degli studenti partecipava agli scioperi ignorandone, perfino,
le motivazioni. Si ostentava il libretto rosso di Mao, il quale
intanto sterminava milioni di cinesi nei suoi “campi
di rieducazione”. Nelle università, poi, fu bandito
il numero chiuso e cancellata dal vocabolario la parola selezione.
Il “18” politico nella foia di quegli anni non
si negava ad alcuno e tante furono le lauree “approssimative”.
Parte dei nostri docenti proviene da quei titoli di studio,
ottenuti per lo più dalla miope politica, che in quegli
anni caratterizzò gli atenei. Per nostra fortuna, la
maggioranza dei professori è, invece, qualificata e
crede ancora nei valori dell’insegnamento, ma è costretta
a operare tra molte difficoltà e tanta ignoranza. Le
nostre notazioni sono come al solito eccessive? Sembra di no
a detta dell’OCSE - Organizzazione per la Cooperazione
e lo Sviluppo Economico, che da dieci anni ha messo a punto
una serie di affidabili indicatori relativi all’Education.
Questi consentono di rilevare le attuali linee di tendenza
in un quadro di confronti internazionali. Ecco alcune conclusioni
emerse dall’ultimo rapporto. L'Italia è uno dei
pochi Paesi che registra una spesa per l’istruzione in
aumento rispetto all’indice di incremento del PIL. Nonostante
ciò, gli stipendi degli insegnanti sono inferiori alla
media e i risultati scolastici lasciano molto a desiderare
soprattutto per l’italiano, la matematica e le altre
materie scientifiche. Spendiamo per ogni nostro studente più degli
altri monitorati dell’OCSE. Siamo i primi per il più alto
numero di personale scolastico, in particolare, quello non
docente. Analogo primato lo deteniamo per il numero più basso
di allievi per ogni classe. Altrove le scuole sono di qualità e
alquanto omogenee in ogni singola nazione, ovviamente in Italia
emergono, invece, grandi differenze con scarsi investimenti
sulla formazione degli insegnanti. Inoltre siamo sesti su trenta
quanto a percentuale di giovani fra i 20 e i 24 anni, che non
hanno concluso le medie superiori. Sono proprio questi, che
non portano a termine il loro piano di studi, a essere più esposti
alla disoccupazione di lunga durata. Una triste conferma viene
dai dati del nostro Mezzogiorno. Passiamo ora all’Università.
Le più qualificate da tempo operano una selezione per
titoli e prove e applicano l’allora famigerato numero
chiuso. L’indagine non esamina i dati per singolo centro
di studi ma complessivamente, ed emerge una percentuale allarmante:
circa il 60% di coloro che si iscrivono per conseguire l’agognata
laurea abbandonano dopo svariati e inutili anni. Non richiamiamo
qui tanti altri elementi negativi del nostro sistema formativo.
Da noi non esiste come altrove una forte cultura della valutazione,
intesa non solo come strumento di controllo, ma piuttosto come
mezzo per focalizzare i punti di forza e di debolezza sui quali
intervenire. La qualità della scuola è sicuramente
un elemento cruciale per il miglioramento del sistema Paese.
Tutte le problematiche emerse dall’indagine “Education
at a Glance 2004” sono state presentate a Roma da Andreas
Schleicher, direttore analisi statistiche dell’OCSE.
Chi desiderasse approfondire questa materia può visionare
il sito www.oecd.org. L'impoverimento della qualità degli
insegnanti, l'aumento eccessivo del personale soprattutto non
docente, la carenza di professori di materie scientifiche,
le elevate percentuali di abbandono scolastico e universitario,
in uno alla complessiva perdita di prestigio per tale professione,
sono certamente gli aspetti principali da affrontare per tentare
di modificare il nostro Belpaese, restituirgli la voglia di
competere e, finalmente, la possibilità di tornare a
vincere, non solo con le Ferrari.
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