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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
OTTOBRE 2004
 

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CO2 DALL’ATMOSFERA AGLI OCEANI
FERTILIZZARE IL MARE FUNZIONA?
Una soluzione alternativa per ridurre le emissioni nocive

Maura Manganelli
Ricercatore ISPESL - Dipartimento Insediamenti Produttivi e Interazioni con l'Ambiente
maura.manganelli@fastwebnet.it

 

L’anidride carbonica rilasciata nell'atmosfera dalle attività umane è uno dei principali gas serra, responsabili del riscaldamento globale del pianeta. Gli oceani, grazie ai processi chimico-fisici e biologici che vi si svolgono e alla loro estensione (circa i due terzi della terra sono coperti dall'acqua), svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo globale del carbonio e nel controllo del clima, regolando la quantità di anidride carbonica nell'atmosfera.
La pompa biologica del carbonio
Il fitoplancton (l'insieme degli organismi vegetali microscopici che fluttuano nella zona superficiale) svolge, nello strato illuminato del mare, quello che le piante fanno sulla terra: utilizza l'energia solare e i nutrienti inorganici come fosforo, azoto e silicati, e metalli presenti in concentrazioni molto basse, per trasformare l'anidride carbonica in biomassa/cellule (produzione primaria). Il carbonio organico così prodotto rappresenta la base della complessa rete alimentare marina; attraverso la predazione, la respirazione e l'attività dei batteri viene in parte riconvertito in anidride carbonica e restituito all'atmosfera. Una parte precipita invece verso il fondo marino, dove rimane, in media, intorno a 1000 anni, prima di essere riportato in superficie e nuovamente scambiato con l'atmosfera. Questo flusso di carbonio è definito "la pompa biologica del carbonio" e la quantità di carbonio che precipita sul fondo è determinata, oltre che dalla quantità di CO2 trasformata in biomassa, dalla struttura della rete alimentare, dall'abbondanza relativa delle specie che la compongono e da una produzione primaria superiore alla respirazione. La quantità di biomassa prodotta è generalmente correlata con il periodico apporto di azoto, fosforo e silicio trasportati in superficie dalle correnti di risalita provenienti dagli strati più profondi. In alcune aree però, nonostante la concentrazione di questi nutrienti sia elevata, la produzione è molto bassa (zone ad elevata concentrazione di nutrienti e bassa clorofilla - indicativa della biomassa fitoplanctonica -, HNLC) e si è pensato che il fattore limitante fosse il ferro, il cui apporto è invece legato ai venti provenienti da terra. Esperimenti di fertilizzazione con il ferro in mare aperto su vasta scala, hanno confermato questa ipotesi.
L'Oceano Meridionale e la fertilizzazione
L'Oceano Meridionale, come viene definita la zona oceanica che circonda il continente antartico, è una delle zone HNLC più estese, e può essere estremamente interessante per il controllo della CO2, sia per la sua estensione, sia per il fatto che le sue acque superficiali raffreddandosi formano una corrente di acqua fredda densa che tende a scorrere lungo il fondo e ad esportare il carbonio organico prodotto in superficie. Tre diversi esperimenti di fertilizzazione nell'Oceano Meridionale, hanno dimostrato che piccole aggiunte di ferro in aree maggiori di 100 Km2 causano un significativo aumento di produzione rispetto alle zone circostanti. Questi risultati hanno incoraggiato a considerare, da un punto di vista politico e commerciale, la fertilizzazione di aree HNLC una possibile soluzione per il sequestramento della CO2 nell'oceano. Tuttavia, questi esperimenti non hanno dato informazioni sui possibili effetti collaterali (variazione delle specie, effetti a lungo termine su altre zone oceaniche, acidificazione del mare), né hanno fornito indicazioni conclusive e univoche sul destino della biomassa prodotta e quindi non è chiaro se la CO2 sia effettivamente sottratta dall'atmosfera.
I batteri nel complesso sistema marino
Anche considerando solo alcuni degli aspetti del ciclo del carbonio meno conosciuti il discorso è molto più complicato. Le microscopiche cellule del fitoplancton rappresentano, come le già citate piante terrestri, un elemento di una rete trofica molto complessa. Nella figura sono descritte le relazioni fra i vari organismi e le riserve di carbonio organico (DOM e POC) che intercorrono all'interno della rete trofica. Le cellule fitoplanctoniche prodotte, possono aggregarsi in particelle più pesanti e precipitare verso il fondo, esportando la CO2 dalla superficie marina; possono essere utilizzate dagli erbivori, a loro volta predati dai carnivori; possono morire per senescenza o essere distrutte dai virus ed essere degradate dai batteri (rilascio di CO2 verso l'atmosfera). Il pool del DOM, che costituisce circa il 90% del carbonio organico nell'acqua di mare, si arricchisce durante tutti i passaggi da un livello trofico ad un altro ed è rappresentato da tutte le sostanze organiche rilasciate dagli organismi. I batteri sono gli unici che possono usare questo carbonio e liberare di nuovo i nutrienti di cui hanno bisogno le alghe per crescere. A seconda del tipo di batteri presenti, di quanto sono predati e del tipo di molecole (proteine, zuccheri, grassi, ecc.) che i batteri possono utilizzare, deriva la quantità di carbonio organico che viene trasformata in cellule batteriche e quella che viene respirata e trasformata nuovamente in anidride carbonica. I numerosi studi degli ultimi 20 anni sul ruolo dei batteri come riserva o fonte di CO2, hanno dato risultati fra 0 e 100% di quanto è stato prodotto dalle alghe, a seconda delle particolari condizioni di ogni area! Rispetto all'Oceano Meridionale e agli effetti della fertilizzazione, alcuni esperimenti hanno dimostrato che anche l'attività batterica è stimolata da aggiunte di ferro; altri hanno evidenziato un effetto indiretto, mediato dallo stimolo della produzione primaria e dalla presenza di una maggiore quantità di molecole disponibili per i batteri. Ma se ad un aumento di attività batterica corrisponde anche un aumento della respirazione, paradossalmente un intervento di fertilizzazione potrebbe portare ad un maggior rilascio di CO2.
In conclusione, allo stato attuale delle nostre conoscenze, la fertilizzazione controllata di zone oceaniche circoscritte è un importante strumento sperimentale per capire il complesso e delicato sistema marino, ma sarebbe un grave errore pensare di usarla come soluzione alternativa alla riduzione delle emissioni.

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