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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
OTTOBRE 2004
 

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CONOSCENZA E COMPETITIVITÀ
valorizzare le risorse delLE PMI EUROPEE
La conferenza Baltic Dynamics 2004 apre un dibattito sulle strategie dell’UE

Salvatore Vigliar
Docente di Diritto dell’Informazione e della Comunicazione - Università della Basilicata
Esperto di Politiche Comunitarie
savig@tin.it

L’obiettivo prioritario individuato dalle Istituzioni comunitarie, di approdare entro il 2010 a una "società basata sulla conoscenza più competitiva del mondo", è stato più volte sottolineato negli interventi ospitati in questa rubrica della rivista. I leader nazionali e i decisori politici dell'Unione Europea sono oramai concordi nel ritenere che se l'Europa vuole conservare ed estendere la sua posizione nell'economia globale, la creazione e lo sfruttamento della conoscenza risultano essere condizioni preliminari necessarie e imprescindibili. Negli ultimi tempi, però, si sono sollevate più voci relativamente alla strategia da implementare e, soprattutto, alle priorità da rispettare nel percorso adottato per il raggiungimento dell'obiettivo perseguito.
Tra gli ultimi interventi in merito, è da evidenziare quello di Debra Amidon, esperta americana nel campo dell'innovazione e portavoce politico alla conferenza Baltic Dynamics 2004 di Riga, in Lettonia, tenutasi nei giorni dal dieci al dodici settembre 2004; la Amidon è considerata uno degli architetti dell'economia della conoscenza e la sua rete di consulenza internazionale “Entovation 100” si estende adesso a novanta paesi in tutto il mondo. Sebbene approvi la volontà dell'Europa di pervenire in tempi brevi a un modello economico basato sulla conoscenza, la Amidon identifica e analizza diversi elementi a suo avviso anacronistici e controproduttivi.
«La teoria economica tradizionale - ha affermato alla citata conferenza - è basata sul concetto di scarsità, data la natura residuale di risorse come manodopera, capitale e suolo. La conoscenza, invece, sfida questo principio perché prolifera, e quanto più è usata tanto più si diffonde; inoltre, si crea valore reale solamente quando la conoscenza fluisce dal punto in cui è creata a quello in cui si avverte di essa il massimo bisogno».
Dopo avere sottolineato i principi informatori dell'economia della conoscenza, la Amidon ha fatto notare che alcuni punti dell'Agenda di Lisbona sono da ritenere alquanto discutibili: «Il linguaggio della concorrenza taglia fuori le persone, mentre l'Europa deve estendersi al mondo. Nell'economia globale, il successo dell'Europa dipende da quello degli USA, dell'Asia, dell'Africa, eccetera. Dopo tutto, l'Europa è costruita su una piattaforma di cooperazione che desta invidia al mondo».
È oramai opinione comune e diffusa che la maggior parte degli elementi di cui una società, un paese o una regione necessitano per essere innovativi non conoscono confini territoriali (si pensi, ad esempio, ai numerosi clienti o partner internazionali che oggi caratterizzano la maggior parte delle medie imprese europee), rendendo fondamentale la collaborazione internazionale e l'acquisizione di un know-how allargato e condiviso. A tale proposito, invece di puntare alla concorrenza e alla competitività, ha affermato la Amidon, l'Unione Europea dovrebbe prestare attenzione alla leadership: «Voler essere un leader mondiale è un'ottima cosa, la leadership non chiude la porta alla collaborazione come fa invece la competitività. Incidentalmente, anche le politiche americane sono orientate alla competitività, la nostra iniziativa nazionale per l'innovazione per esempio è coordinata da un consiglio competitività».
Le affermazioni della Amidon, oltre a rappresentare un elemento di valida riflessione, hanno avviato nell'Unione Europea un interessante dibattito al quale, tra gli altri, ha partecipato Renate Weissenhorn, capo dell'unità reti per l'innovazione della DG Imprese della Commissione, sottolineando come «competitività non significa tanto concorrenza quanto valorizzazione e ottimizzazione delle proprie risorse.
In questo contesto, il termine non ha connotazioni negative e la strategia dell'Unione Europea non preclude la cooperazione, anzi, si basa proprio su di essa».
In realtà, anche se molti indicatori mostrano effettivamente che il divario tra i risultati economici di Unione Europea e Stati Uniti continua costantemente ad aumentare, ad esempio in settori come la produttività e l'investimento privato nella ricerca, in molte altre aree l'Europa detiene già da tempo un ruolo di leadership: si pensi alla collaborazione internazionale, al rispetto delle diversità culturali, alla creazione di una visione condivisa e di un linguaggio comune, tematiche di grande attualità che, ad oggi, rappresentano la principale forza dell'Unione Europea. Risulta interessante, in tale ottica, osservare come i principali argomenti trattati nell'ambito della conferenza Baltic Dynamics 2004 siano stati centrati sull'individuazione delle condizioni necessarie per l'innovazione invece che dei prodotti finali o delle tecnologie; uno sviluppo competitivo delle imprese, infatti, soprattutto in relazione al supporto che il settore pubblico deve assicurare e garantire, non passa esclusivamente tramite azioni di finanziamento alla R&S - ricerca e sviluppo - (comunque necessarie e, anzi, soprattutto nel nostro Paese, bisognose di sostanziali e concreti incrementi), ma trova una precondizione fondamentale nell'affermazione di una cultura dell'innovazione derivante da cooperazione interna (anche tra pubblico e privato) e da momenti di confronto (scambi di know-how) internazionale (o meglio, globale).
Seguendo tale schema logico, è opinione condivisa che, almeno in un'ottica di potenzialità, l'Unione Europea risulta certamente caratterizzata da elementi di maggiore competitività, potendo contare su di uno scambio tra culture diverse ma orientate al perseguimento dei medesimi obiettivi: in altre parole, il trasferimento di conoscenze, tramite la cooperazione interna al territorio comunitario, assicura (o dovrebbe garantire) alle imprese europee, anche rispetto a quelle statunitensi, un sensibile vantaggio circa le possibili prospettive di crescita e di sviluppo.
Non è certo questa una situazione attuale, ma deve rappresentare un convincimento da cui partire per l'impostazione e la definizione delle strategie di rafforzamento della competitività delle nostre imprese, soprattutto alla luce del recente allargamento dell'Unione che, pur costituendo un indiscutibile elemento di rallentamento della crescita economica dell'Europa (intesa nella sua dimensione unitaria), deve essere "utilizzato" quale valore aggiunto per un'efficace pianificazione a medio termine delle politiche comunitarie. In chiusura, pare opportuno richiamare (nuovamente) quanto affermato dalla Amidon: «le regole del gioco sono molto cambiate. Stiamo creando un nuovo ordine economico mondiale, basato sul fluire della conoscenza invece che sulla tecnologia; sull'innovazione piuttosto che sull'informazione, sulla collaborazione invece che sulla concorrenza».
Forse non è un processo in corso, ma dovrebbe rappresentare un modello da perseguire.

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito internet di riferimento:
http://www.entovation.com

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