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  Dicembre 2012

Articoli n° 8
OTTOBRE 2004
 

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L’IMPRESA FORMATRICE
IL COORDINAMENTO DEGLI ENTI BILATERALI
Indispensabile restituire trasparenza e attrattività al sistema formativo

Alfredo Loso
Presidente OBR Campania
presidenza@obrcampania.it

 

In uno scenario in continua evoluzione in bilico tra necessità di internazionalizzazione e declino dei sistemi produttivi mi sembra utile focalizzare l'attenzione su alcuni problemi collegati al rapporto tra sviluppo e risorse umane e tra sistema produttivo e mondo formativo. Questa riflessione incrocia i temi del convegno di Capri dei Giovani Industriali su etica, responsabilità e ostacoli nei processi di cambiamento. Sembra opportuno analizzare l'intreccio di responsabilità che hanno determinato la situazione di una regione, la Campania, dove siamo quasi ultimi e indietro in un Paese che è vive la stessa non felice condizione nel mondo industrializzato per numeri e percentuali di dipendenti in formazione e di imprese formatrici. Da un lato, il sistema Italia - e in particolare il tessuto produttivo del Meridione - si indebolisce nel circolo vizioso determinato dal nanismo aziendale e dalla relativa difficoltà a consentire l'accesso dei dipendenti alla formazione, cui corrisponde una altrettanto forte difficoltà a coltivare e potenziare capacità manageriali e imprenditoriali. Dall'altro lato, va riconosciuto che i problemi non possono essere esclusivamente ricondotti ad una unica e principale causa generatrice. Anche laddove le dimensioni aziendali sono ampie, il ricorso alla formazione, come leva di sviluppo, risulta limitato e talvolta rientra nella specie degli adempimenti burocratici e dell'immagine, invece che in un organico progetto di capitalizzazione dei saperi. Non vi è adeguata consapevolezza dei bisogni di formazione; questa viene confusa, in certi casi, come possibile fonte di finanziamento. In Campania quote cospicue di risorse destinate alla formazione continua pur assegnate non vengono spese. Strumenti e finanziamenti importanti vengono totalmente ignorati e snobbati. Il fatto che questa situazione sia tollerata deve, forse, essere considerato indice di una sottovalutazione a livello manageriale e imprenditoriale dell'esistenza di un problema relativo alla pochezza della formazione in azienda? L'auspicio è che le forze giovani degli industriali apportino in questo quadro elementi di cambiamento, che contribuiscano a realizzare nel concreto la pratica della "impresa formatrice". Il mondo è tornato a viaggiare sulle idee, come sottolinea il Presidente di Confindustria Montezemolo nel rilanciare il ruolo dell'educazione, della formazione e della ricerca come fondamenti dello sviluppo, ma non sempre e non profondamente questa novità è stata recepita dagli enti di formazione. Mi chiedo quali sforzi, quale impegno vengano profusi nella produzione di idee e di strumenti nuovi per la formazione e per le aziende e perché, invece, spesso tutto si riduca all'affanno nella ricerca di aziende da adattare ai pacchetti formativi preconfezionati. Ma qualcosa si sta muovendo. Le organizzazioni sindacali, che nel mondo dell'offerta formativa hanno significativa incidenza attraverso i propri enti di formazione, hanno, ad esempio, avviato un confronto trasversale sui temi della qualità e della ricerca metodologica; questo percorso recentemente intrapreso è importante che prosegua e sia approfondito; parallelamente si stanno attivando reti tra importanti società ed enti di formazione che potranno condividere percorsi di qualità di raccordo con la domanda, costituendo l'orizzonte di riferimento per quanti operano in questo settore in direzione di un cambiamento non più rinviabile anche sul versante dell'offerta formativa. Con l'avvio di Fondimpresa e Fondirigenti, così come degli altri fondi interprofessionali, vi è l'opportunità di attivare processi e percorsi nuovi e innovativi in una Regione che solo ora si affaccia - a volte ancora in modo contraddittorio - all'adozione di strumenti e misure a sostegno di politiche formative organiche (sistema di riconoscimento e certificazione delle competenze, analisi dei bisogni, individuazione degli standard formativi, eccetera). Il sistema delle imprese in Campania può ora esprimere bisogni formativi che potrebbero trovare risposte in percorsi compatti e trasversali; parallelamente gli enti di formazione sono stati chiamati a mettere in campo e integrare strumenti e metodologie che consentano di realizzare percorsi motivanti e sostenibili (a livello logistico, di orari, di spostamenti, ma soprattutto di processi di apprendimento, con l'utilizzo di metodi e supporti tecnologici nuovi). È una sfida che giorno per giorno rivela le sue difficoltà, perché non può prescindere da un diverso approccio della aziende alla formazione e alla rilevazione dei fabbisogni formativi. E in questo campo vanno rilevati i problemi derivanti da una percezione diffusa tra le imprese della ridondanza, della inefficacia, del rischio, dello spreco di tempo, determinata, tra l'altro dal proliferare di iniziative talvolta ripetitive e non sempre fondate e necessarie, ma anche dalla molteplicità di attori non sempre professionali. Ciò è certamente dovuto alla assenza di un sistema formativo regionale organico ed efficiente in grado di ottimizzare i flussi informativi e programmatori. Il coordinamento degli enti bilaterali si è rapportato alla Regione con proposte e progetti di forte spessore tecnico e metodologico; vi è l'opportunità di dar vita ad una stagione in cui la partecipazione attiva e motivata degli imprenditori possa consentire l'attivazione di quei processi previsionali e programmatori che interessano molti ambiti dello sviluppo e in particolare quello della formazione del personale. Innovazione e internazionalizzazione chiamano il nostro sistema produttivo a sfide difficili e importanti. La competenze necessarie a collocare le nostre produzioni sui mercati internazionali non risiedono né nella sola conoscenza di altre lingue né nel valore intrinseco di questo o quel prodotto in sé, ma nell'insieme di segni, significati e servizi - distintivi e specifici - che quei prodotti accompagnano e che li fanno riconoscere come appartenenti all'insieme delle nostre produzioni. Vi è un problema di identità, di qualità e di valore del modo di produrre. Valore che non può essere considerato più solo in termini econometrici, ma va considerato anche come valore sociale e culturale: come modello di ideazione, di produzione, di commercializzazione e di consumo. Per ricondurre queste osservazioni a una dimensione più consona al raggio di osservazione dell'OBR, è bene ricordare che dal sistema produttivo e dal mercato del lavoro pervengono segnali che riguardano professioni legate al marketing, alle vendite, agli acquisti, alla progettazione e alla logistica, segnali più forti di quelli provenienti dalle aree più direttamente collegate alla produzione. Ma è l'insieme dei processi aziendali in ogni sua parte che richiede un salto di qualità, un ambiente "culturale" in cui le "idee" possano sostenere la qualità dei comportamenti e delle operazioni collegate ad ogni fase e livello. È in questa direzione che non appare astratto sostenere iniziative tese a promuovere uno sforzo aggiuntivo - a ciascuno per il suo ruolo e la sua responsabilità - per ridare trasparenza, vernice e attrattività al sistema formativo. Le Agenzie per la formazione permanente e l'apprendimento continuo, cui ho fatto riferimento nello scorso numero di luglio di questa rivista, possono esserne gli strumenti.

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