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  Dicembre 2012

Articoli n° 9
NOVEMBRE 2004
 

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SRL O SPA?
AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA

ISPEZIONI IN MATERIA DI LAVORO
LA DIFFIDA ACCERTATIVA

MA ALLORA SERVE VINCERE AL T.A.R.?
UN PICCOLO AIUTO ALLE IMPRESE

SRL O SPA?
AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA
Le difficoltà di una scelta sulla base della riforma societaria

Gennaro Stellato
Avvocato civilista

studiostellato@tiscalinet.it

Appena conclusi i lavori della Commissione Vietti quando cominciavano a circolare le prime bozze della riforma del diritto societario, l'attenzione di esperti e commentatori si era immediatamente focalizzata sulle nette differenziazioni, rispetto al passato, fra srl e spa. In particolare ci si chiedeva in quale percentuale si sarebbe attestata la scelta di modificare la struttura societaria verso l'uno o l'altro modello. Tanto in considerazione degli elementi, particolarmente rilevanti a prima vista, che potevano giustificare la scelta. I primi commenti sembravano univocamente portati a prevedere un robusto esodo dalle spa alle srl con una sorta di trasformazione di massa, quasi un esodo biblico. In tal senso appariva orientata anche la classe notarile che sembrava condividere questo orientamento nelle comunicazione ai propri associati. La predetta conclusione nasceva essenzialmente dalla considerazione sulle enormi semplificazioni apportate alla disciplina delle srl, alla rilevante libertà statutaria e alle potenzialità che meglio sembravano rispecchiare la realtà delle piccole imprese nel nostro Paese. Ciò appariva evidente dall'analisi dei principi generali posti a base della riforma miranti essenzialmente ad incentivare lo strumento societario attraverso una migrazione verso lo stesso di ditte individuali e dei tipi personalistici. In tal senso si ampliava l'autonomia societaria, si procedeva a un adeguamento a tappe forzate verso le nuove esigenze dell'economia e del mercato, soprattutto disciplinando in modo autonomo le srl e le spa. In particolare la possibilità concessa alle srl di scegliere fra modelli organizzativi con ampia libertà sembrava far propendere la bilancia nei confronti di tale tipologia societaria. Con il passare del tempo, invece, attraverso una lettura attenta della riforma in tutti i suoi aspetti, nell'ottica dell'adeguamento degli statuti, si è verificato il fenomeno opposto e cioè un robusto passaggio dalle srl alle spa con un sostanziale capovolgimento delle previsioni. Spiegare le ragioni di tale movimento sembra oggi prematuro soprattutto in considerazione dell'incidenza sulla predetta scelta di considerazioni soggettive legate alla situazione societaria o personale. Sembra, invece, importante evidenziare in questa sede gli elementi di differenza fra le tipologie societarie al fine di dare agli imprenditori ulteriori strumenti di riflessioni nell'ottica di un'eventuale scelta. In primis vanno sottolineate le affinità e le differenze fra i due modelli. Senza soffermarsi sugli aspetti più eclatanti che non necessitano di approfondimento, ad esempio il capitale sociale minimo, va rilevato come anche nella spa sia stato inserito l'unico socio con responsabilità limitata, come vi sia la possibilità di differenziare le tipologie di azioni e previste tre forme di amministrazione e controllo, il mantenimento della bipartizione fra assemblea ordinaria e straordinaria, una certa complessiva sostanziale rigidità. Di converso la srl appare più agile, meno soggetta a formalità e, quindi, più adatta a realtà familiari o in cui il ceto sociale sia compatto e coinvolto direttamente nell'amministrazione e gestione dell'impresa. Tutte le altre differenze fra i due modelli anche per quanto attiene al recesso, sposavano la tesi di una srl elastica a fronte di un modello di spa ancora rigido, sia pure con strumenti più ampi e flessibili per l'amministrazione. Tale elencazione, ovviamente esemplificativa e non esaustiva, si è però alla fine "dequalificata" rispetto ad alcune problematiche che un approfondimento attento hanno dimostrato avere maggiore incidenza sulla vita delle società. Qualche commentatore ha parlato di "pillole avvelenate" nascoste nelle pieghe della riforma la cui valutazione ha indotto molti operatori ad optare per la spa anche in considerazione delle facilitazioni stabilite per tale processo. L'indice è stato puntato in particolare sull'art. 2476 c.c. che al comma 2 recita testualmente «i soci che non partecipano all'amministrazione hanno diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare, anche attraverso professionisti di propria fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all'amministrazione». Il comma 3 «l'azione di responsabilità è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società che sia adottato un provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi». Il comma 7 infine «sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, ai sensi dei precedenti commi, i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi». Risulta evidente che il contenuto di tali principi, che hanno carattere imperativo e non sono derogabili, abbia la stessa pericolosità di una bomba ad orologeria in considerazione appunto della circostanza relativa al diretto coinvolgimento dei soci nella gestione e soprattutto in presenza di elementi di rottura della coesione, sia attuale sia in prospettiva soprattutto tenendo conto del fatto che per motivi naturali (trasferimento mortis causa o cessione di partecipazione) la compagine potrebbe cambiare facilmente. In sostanza il rischio è individuabile nella circostanza che i soci non coinvolti direttamente nella gestione possano subire conseguenze negative per il solo fatto di aver approvato un bilancio. Tale problematica si contrappone alla disciplina della spa in cui risulta evidente una netta differenziazione tra la figura dell'amministratore e del socio nel senso che al singolo socio resta una limitata capacità di incidere sulla gestione. Le predette considerazioni in linea generale servono esclusivamente, sia pure in modo settoriale, a dare un'idea delle differenze da valutare in ordine alla scelta sulla tipologia societaria da adottare. Certamente esse non esauriscono la problematica ma sono espressione delle potenziali difficoltà in cui può trovarsi la compagine sociale e gli amministratori. Le scelte, ovviamente, vanno fatte sempre in considerazione della realtà specifica dell'azienda, delle sue peculiarità e, soprattutto della compattezza del ceto sociale. Tali valutazioni vanno, altresì, verificate anche nell'ottica di un istituto, quello del recesso, che sembra in questa fase iniziale di adeguamento degli statuti, aver trovato molto seguito. Se a tutto ciò si aggiunge poi l'incertezza sulla determinazione del valore delle partecipazioni che solo la prossima giurisprudenza potrà sciogliere, si comprende bene come il tutto abbia una rilevante importanza. Indubbiamente certe scelte possono essere rimandate ad un momento in cui la valutazione degli elementi prima indicati potrà essere fatta in modo meno emotivo, sulla base di esperienze acquisite e di modelli di comportamento più certi. Quel che appare sicuro è che ormai la srl sembra conforme a un modello di gestione estremamente vicino a forme prevedenti un coinvolgimento totale di tutti i soci, mentre la spa sembra più adattabile e vicina a strutture e compagini sociali più variegate e facilmente modificabili in cui il collegamento fra gli amministratori e i soci sia sostanzialmente più labile, freddo, meno coinvolgente e, quindi, nell'ottica di una oggettiva prevalenza del capitale sulle persone. La scelta è subordinata a tale filosofia e in questa direzione sembra propendere il movimento generale.

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