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  Dicembre 2012

Articoli n° 9
NOVEMBRE 2004
 

assafrica & mediterraneo - Home Page
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MEDIO ORIENTE ALLARGATO
si accorciano le distanze tra le imprese
Il dialogo tra imprenditori è al centro dei grandi processi politico-economici

Maria Donata Gentile
Membro del Comitato Esecutivo di Assafrica & Mediterraneo
info@assafrica.it

 

Non è un fenomeno esclusivamente italiano il dibattito che sta riportando l'impresa al centro della ripresa economica dei Paesi, strumento per riguadagnare competitività e sviluppo. La Business community viene infatti ormai ripetutamente cooptata nei processi politico-economici internazionali che stanno caratterizzando quest'ultimo periodo del 2004. A differenza però di quello che spesso lamentano gli imprenditori italiani, vale a dire il venir meno di certezza nelle regole e visibilità del futuro, nei grandi appuntamenti politici internazionali, da quelli euromediterranei a quelli del G8, gli imprenditori lavorano perché la Business community possa fare impresa in maniera adeguata e quindi assolvere una delle sue funzioni primarie. L'etica d'impresa è un ampio concetto e tra le sue sfaccettature c'è anche quella che stiamo portando avanti da sempre in Assafrica & Mediterraneo, vale a dire che l'impresa è madre di democrazia e sviluppo. Lo abbiamo difeso con la nostra tenacia di imprenditori a Bruxelles come in Africa subsahariana, in Italia come nei Paesi arabi, in tempi e luoghi in cui parlare d'impresa evocava nei paesi in cui lavoravamo spettri di comportamenti neocolonialisti (o comunque di sfruttamento di uomini e materie prime), mentre in Italia, l'Africa e il Medio Oriente richiamavano suggestive immagini di luoghi deputati alla vacanza ma non al business oppure immagini di guerre e donne velate. Questo ruolo di Assafrica & Mediterraneo viene sempre più riconosciuto in campo internazionale, tanto a Caserta in occasione della Conferenza dei 35 Ministri Euromediterranei dell'Industria come a New York in occasione dello start-up del Forum for the Future, cuore e volano della "Partnership with Region of the Broader Middle East and North Africa", decisa dal Vertice del G8 di Sea Island nello scorso giugno. Tale iniziativa, indirizzata ai Paesi della Lega Araba e a Turchia, Israele, Pakistan e Afghanistan quale Piano per la democratizzazione del mondo arabo islamico e la promozione dello sviluppo economico e sociale, chiave della pacificazione nell'area, era stata presentata dagli Stati Uniti a gennaio 2004 a Davos, in occasione del World Economic Forum, con il nome di "Greater Middle East Initiative" ma aveva suscitato perplessità sia tra i paesi arabi che da parte europea. Le critiche delle nazioni arabe vertevano sul fatto che tale auspicato mutamento deve provenire dall'interno dei Paesi e non imposto dall'esterno, mentre da parte europea le perplessità derivavano dal fatto che l'Europa ha già lanciato sin dal 1995 il Partenariato euromediterraneo, Programma di cooperazione multilaterale con i paesi sudmediterranei e, più recentemente, la "New Neighbourhood Policy" adottata quest'anno a seguito dell'allargamento dell'Unione Europea. Alla luce di queste considerazioni, gli Stati Uniti hanno riformulato impianto e nome dell'iniziativa, sottolineandone la caratteristica di azione concordata e non unilaterale, che l'introduzione di "Partnership" rende di percezione immediata e che prevede una più intensa partecipazione di società civile e Business community. In tale nuova veste essa è stata poi condivisa con gli altri Governi e lanciata ufficialmente a Sea Island dal G8. L'incontro svoltosi a New York il 23 settembre scorso ha permesso a noi di Assafrica & Mediterraneo, in rappresentanza delle imprese italiane che lavorano nell'area, di sederci a uno stesso tavolo con i rappresentanti delle imprese di Egitto, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Barhain, Tunisia, Kuwait, Afghanistan, Iraq, Libano, Marocco, Pakistan, Tunisia, Turchia e Yemen insieme ai rappresentanti delle imprese degli altri Paesi del G8. Le imprese parlano ovunque la stessa lingua. Alcune indicazioni comuni sono emerse quali strumenti necessari di sviluppo delle economie nazionali, una sorta di costruzione piramidale, lucida sintesi delle proprie realtà nazionali: Riforme interne, Governance, Investimenti e, soprattutto, Education. Tema chiave quest'ultimo, per i Paesi del Medio Oriente Allargato: puntare su di esso significa completare la "conoscenza" con "l'abilità", assicurare all'interno del proprio Paese forza lavoro qualificata per rispondere alle esigenze delle imprese che intendano investire in esso, evitare l'emigrazione con lo sradicamento della forza lavoro di tutti i livelli, da quella delle professionalità intermedie a quelle di livello inferiore e, infine, elemento nodale per contrastare le loro stime nazionali secondo le quali dovranno fare i conti nel 2015 con circa 80 milioni di disoccupati nei loro Paesi. Al pari delle nostre, le imprese del Medio Oriente Allargato ricercano sistemi formativi che assicurino quella preparazione senza la quale nessun processo di professionalizzazione può essere avviato. A questo punto entra in gioco il nostro Sistema Paese, sia in termini di modello che di opportunità per il mondo imprenditoriale. Se è vero che il processo di crescita di un Paese deve nascere dall'interno di esso, l'Italia, con la sua esperienza di territorio povero di risorse che dal dopoguerra ha saputo ricostruirsi e poi esportare, si pone come concretizzazione stessa di questo principio. Usciti da una guerra disastrosa, abbiamo saputo inventarci un modello d'impresa duttile e flessibile, quello delle PMI, sicuramente esportabile nei Paesi del Medio Oriente Allargato, per il quale siamo leader indiscussi e riconosciuti in tutto il mondo. Non dobbiamo quindi persistere nel frequente errore di considerare i grandi processi politici come qualcosa di non pertinente alla nostra realtà quotidiana d'impresa o peggio ancora, come qualcosa su cui non possiamo influire. Per loro come per noi, la formazione del capitale umano è un punto di forza della competitività delle imprese nel mercato globale che, legandosi alla crescita culturale delle persone e alle caratteristiche del territorio, ne anticipa lo sviluppo e favorisce il benessere sociale, aumentandone di conseguenza sicurezza e stabilità. Né deve stupire che siano stati evocati quegli stessi temi legati alla globalizzazione che agitano il nostro dibattito economico interno. Mentre il nostro Sistema Paese sviscera il problema dell'internazionalizzazione delle imprese, i miei interlocutori a New York il 23 settembre si preoccupavano di dover fronteggiare anch'essi nel medio periodo la concorrenza della Cina, la cui altissima produttività e l'esistenza di professionalità già formate fa passare in secondo piano il costo del lavoro esistente nei loro Paesi, seppure assai più basso di quello dell'Occidente. D'altra parte, mentre in Italia si discute se e dove delocalizzare, gli imprenditori della filiera tessile del Marocco già lo fanno in Senegal. In politica ed in economia le scelte fatte in un determinato momento producono i loro effetti nel futuro: dobbiamo cogliere questa opportunità sia dal punto di vista politico che da quello imprenditoriale, che ci mette a contatto direttamente con gli imprenditori di questi Paesi ed è quindi suscettibile di avere non poche ricadute in tema di partenariato industriale, cavalcando la voglia di portare avanti il dialogo nella Business community che abbiamo verificato a New York. Noi di Assafrica & Mediterraneo al secondo appuntamento del Business to Business Dialogue del Medio Oriente Allargato ci saremo: ci porterà sicuramente anche altra concorrenza ma dobbiamo aprirci alla concorrenza, perché questa è crescita, come ha detto a Capri il Presidente Montezemolo, e in questo, per la mia esperienza di imprenditore che lavora da tempo su questi mercati, mi riconosco pienamente.

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