MEDIO ORIENTE ALLARGATO
si accorciano le distanze tra le imprese
Il dialogo tra imprenditori è al
centro dei grandi processi politico-economici
Maria
Donata Gentile
Membro del Comitato Esecutivo di Assafrica & Mediterraneo
info@assafrica.it
Non è un fenomeno esclusivamente italiano il
dibattito che sta riportando l'impresa al centro della ripresa
economica dei Paesi, strumento per riguadagnare competitività e
sviluppo. La Business community viene infatti ormai ripetutamente
cooptata nei processi politico-economici internazionali che
stanno caratterizzando quest'ultimo periodo del 2004. A differenza
però di quello che spesso lamentano gli imprenditori
italiani, vale a dire il venir meno di certezza nelle regole
e visibilità del futuro, nei grandi appuntamenti politici
internazionali, da quelli euromediterranei a quelli del G8,
gli imprenditori lavorano perché la Business community
possa fare impresa in maniera adeguata e quindi assolvere
una delle sue funzioni primarie. L'etica d'impresa è un
ampio concetto e tra le sue sfaccettature c'è anche
quella che stiamo portando avanti da sempre in Assafrica & Mediterraneo,
vale a dire che l'impresa è madre di democrazia e
sviluppo. Lo abbiamo difeso con la nostra tenacia di imprenditori
a Bruxelles come in Africa subsahariana, in Italia come nei
Paesi arabi, in tempi e luoghi in cui parlare d'impresa evocava
nei paesi in cui lavoravamo spettri di comportamenti neocolonialisti
(o comunque di sfruttamento di uomini e materie prime), mentre
in Italia, l'Africa e il Medio Oriente richiamavano suggestive
immagini di luoghi deputati alla vacanza ma non al business
oppure immagini di guerre e donne velate. Questo ruolo di
Assafrica & Mediterraneo viene sempre più riconosciuto
in campo internazionale, tanto a Caserta in occasione della
Conferenza dei 35 Ministri Euromediterranei dell'Industria
come a New York in occasione dello start-up del Forum for
the Future, cuore e volano della "Partnership with Region
of the Broader Middle East and North Africa", decisa
dal Vertice del G8 di Sea Island nello scorso giugno. Tale
iniziativa, indirizzata ai Paesi della Lega Araba e a Turchia,
Israele, Pakistan e Afghanistan quale Piano per la democratizzazione
del mondo arabo islamico e la promozione dello sviluppo economico
e sociale, chiave della pacificazione nell'area, era stata
presentata dagli Stati Uniti a gennaio 2004 a Davos, in occasione
del World Economic Forum, con il nome di "Greater Middle
East Initiative" ma aveva suscitato perplessità sia
tra i paesi arabi che da parte europea. Le critiche delle
nazioni arabe vertevano sul fatto che tale auspicato mutamento
deve provenire dall'interno dei Paesi e non imposto dall'esterno,
mentre da parte europea le perplessità derivavano
dal fatto che l'Europa ha già lanciato sin dal 1995
il Partenariato euromediterraneo, Programma di cooperazione
multilaterale con i paesi sudmediterranei e, più recentemente,
la "New Neighbourhood Policy" adottata quest'anno
a seguito dell'allargamento dell'Unione Europea. Alla luce
di queste considerazioni, gli Stati Uniti hanno riformulato
impianto e nome dell'iniziativa, sottolineandone la caratteristica
di azione concordata e non unilaterale, che l'introduzione
di "Partnership" rende di percezione immediata
e che prevede una più intensa partecipazione di società civile
e Business community. In tale nuova veste essa è stata
poi condivisa con gli altri Governi e lanciata ufficialmente
a Sea Island dal G8. L'incontro svoltosi a New York il 23
settembre scorso ha permesso a noi di Assafrica & Mediterraneo,
in rappresentanza delle imprese italiane che lavorano nell'area,
di sederci a uno stesso tavolo con i rappresentanti delle
imprese di Egitto, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Barhain,
Tunisia, Kuwait, Afghanistan, Iraq, Libano, Marocco, Pakistan,
Tunisia, Turchia e Yemen insieme ai rappresentanti delle
imprese degli altri Paesi del G8. Le imprese parlano ovunque
la stessa lingua. Alcune indicazioni comuni sono emerse quali
strumenti necessari di sviluppo delle economie nazionali,
una sorta di costruzione piramidale, lucida sintesi delle
proprie realtà nazionali: Riforme interne, Governance,
Investimenti e, soprattutto, Education. Tema chiave quest'ultimo,
per i Paesi del Medio Oriente Allargato: puntare su di esso
significa completare la "conoscenza" con "l'abilità",
assicurare all'interno del proprio Paese forza lavoro qualificata
per rispondere alle esigenze delle imprese che intendano
investire in esso, evitare l'emigrazione con lo sradicamento
della forza lavoro di tutti i livelli, da quella delle professionalità intermedie
a quelle di livello inferiore e, infine, elemento nodale
per contrastare le loro stime nazionali secondo le quali
dovranno fare i conti nel 2015 con circa 80 milioni di disoccupati
nei loro Paesi. Al pari delle nostre, le imprese del Medio
Oriente Allargato ricercano sistemi formativi che assicurino
quella preparazione senza la quale nessun processo di professionalizzazione
può essere avviato. A questo punto entra in gioco
il nostro Sistema Paese, sia in termini di modello che di
opportunità per il mondo imprenditoriale. Se è vero
che il processo di crescita di un Paese deve nascere dall'interno
di esso, l'Italia, con la sua esperienza di territorio povero
di risorse che dal dopoguerra ha saputo ricostruirsi e poi
esportare, si pone come concretizzazione stessa di questo
principio. Usciti da una guerra disastrosa, abbiamo saputo
inventarci un modello d'impresa duttile e flessibile, quello
delle PMI, sicuramente esportabile nei Paesi del Medio Oriente
Allargato, per il quale siamo leader indiscussi e riconosciuti
in tutto il mondo. Non dobbiamo quindi persistere nel frequente
errore di considerare i grandi processi politici come qualcosa
di non pertinente alla nostra realtà quotidiana d'impresa
o peggio ancora, come qualcosa su cui non possiamo influire.
Per loro come per noi, la formazione del capitale umano è un
punto di forza della competitività delle imprese nel
mercato globale che, legandosi alla crescita culturale delle
persone e alle caratteristiche del territorio, ne anticipa
lo sviluppo e favorisce il benessere sociale, aumentandone
di conseguenza sicurezza e stabilità. Né deve
stupire che siano stati evocati quegli stessi temi legati
alla globalizzazione che agitano il nostro dibattito economico
interno. Mentre il nostro Sistema Paese sviscera il problema
dell'internazionalizzazione delle imprese, i miei interlocutori
a New York il 23 settembre si preoccupavano di dover fronteggiare
anch'essi nel medio periodo la concorrenza della Cina, la
cui altissima produttività e l'esistenza di professionalità già formate
fa passare in secondo piano il costo del lavoro esistente
nei loro Paesi, seppure assai più basso di quello
dell'Occidente. D'altra parte, mentre in Italia si discute
se e dove delocalizzare, gli imprenditori della filiera tessile
del Marocco già lo fanno in Senegal. In politica ed
in economia le scelte fatte in un determinato momento producono
i loro effetti nel futuro: dobbiamo cogliere questa opportunità sia
dal punto di vista politico che da quello imprenditoriale,
che ci mette a contatto direttamente con gli imprenditori
di questi Paesi ed è quindi suscettibile di avere
non poche ricadute in tema di partenariato industriale, cavalcando
la voglia di portare avanti il dialogo nella Business community
che abbiamo verificato a New York. Noi di Assafrica & Mediterraneo
al secondo appuntamento del Business to Business Dialogue
del Medio Oriente Allargato ci saremo: ci porterà sicuramente
anche altra concorrenza ma dobbiamo aprirci alla concorrenza,
perché questa è crescita, come ha detto a Capri
il Presidente Montezemolo, e in questo, per la mia esperienza
di imprenditore che lavora da tempo su questi mercati, mi
riconosco pienamente.
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