Il prodotto Interno Lordo nell’Ue
25 paesi per una sola economia
LA RELAZIONE IMPRESA E
BANCA
UN NUOVO PARADIGMA ALLA LUCE DI BASILEA 2
Monte Paschi Siena e Crossing
Europe
INSIEME PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE
Il prodotto Interno Lordo nell’Ue
25 paesi per una sola economia
Analisi dell’impatto finanziario
dell’allargamento
Sàntolo
Cannavale
Esperto di mercati finanziari
s.cannavale@virgilio.it
Dal 1° maggio 2004 l'Unione Europea ha ampliato
la sua dimensione con l'adesione di dieci nuovi Paesi dell'Europa
centrale e orientale e del Mediterraneo: Cipro, Repubblica
Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia,
Slovacchia, Slovenia. La Banca Centrale Europea, nel suo bollettino
di maggio 2004 ha analizzato le principali caratteristiche
macroeconomiche dell'Unione Europea prima e dopo l'adesione
dei nuovi Stati membri, effettuando raffronti con gli Stati
Uniti e il Giappone. Di seguito sono riportati i principali
indicatori economici dell'UE con e senza i nuovi Stati membri,
alla base dello studio BCE.
L'ampliamento da 15 a 25 Paesi ha determinato una crescita del 20 per
cento della popolazione dell'Unione Europea che raggiunge un totale
di 454,9 milioni di abitanti. Con riferimento a tale indicatore l'UE-25
si conferma la maggiore entità economica nell'ambito dei paesi industriali.
Nel 2002 l'apporto di nuovo PIL (prodotto interno lordo: ricchezza
prodotta nell'anno di riferimento) da parte dei dieci nuovi paesi è stato
del 4,8 per cento: è un dato poco rilevante visto che la quota del
PIL dell'Unione Europea allargata, rispetto al totale mondiale, dal
26,8 si adegua appena al 28,1 per cento. I nuovi Stati membri hanno una
popolazione relativamente numerosa rispetto al loro livello di attività economica,
pertanto la loro adesione comporta una riduzione del livello medio
del PIL pro capite nell'Unione Europea da 24.000 a 21.100 euro. La differenza
rispetto agli Stati Uniti (37.700 euro) ed al Giappone (33.200 euro) è evidente
e rilevante. Il passaggio da 15 a 25 Paesi non ha comportato grossi
spostamenti nell'incidenza di macro-settori (agricoltura, industria, servizi)
sul PIL complessivo dell'Unione Europea. Le differenze settoriali rispetto
all'UE-15 tendono a essere più pronunciate in termini di distribuzione
dell'occupazione all'interno degli stessi settori. Con riferimento al mercato
del lavoro, l'adesione dei nuovi Stati membri ha portato ad un lieve incremento
del tasso di disoccupazione nell'UE-25: dall'otto al nove per cento. Il
divario con Stati Uniti e Giappone è più ampio. Nell'ultimo
decennio, i tassi di disoccupazione nei nuovi Paesi membri dell'Europa
centrale e orientale sono cresciuti e le differenze regionali sono aumentate,
come conseguenza degli aggiustamenti strutturali connessi con la transizione
a un'economia di mercato. Nel più lungo periodo, secondo il rapporto
BCE, il potenziale di recupero del divario in termini di PIL pro
capite dei nuovi Stati membri potrebbe contribuire a un miglioramento delle
dinamiche dell'occupazione e a una diminuzione della disoccupazione. Questo
potrà verificarsi
destinando maggiori risorse alla ricerca e allo sviluppo, anche in
campo energetico, tenendo conto dei maggiori investimenti destinati a tali
finalità negli
Stati Uniti e in Giappone. Con riferimento agli indicatori del settore
pubblico, l'adesione dei nuovi Stati membri non modifica sostanzialmente
la media ponderata del rapporto disavanzo pubblico/PIL dell'Unione
Europea. Il rapporto debito pubblico/PIL della UE, dopo l'allargamento,
registra un lieve miglioramento dal 62,5 al 61,5 per cento. Il nostro Paese è lontano
da detto valore medio, registrando un rapporto debito/PIL del 106
per cento. I mercati finanziari dei nuovi Stati membri sono in genere meno
sviluppati che nell'UE-15. La loro adesione non implica, pertanto, cambiamenti
significativi nella struttura finanziaria dell'insieme dell'Unione Europea.
Il settore finanziario dell'UE, a differenza degli Stati Uniti, continua
a essere prevalentemente orientato verso il comparto bancario, attribuendo
un ruolo meno importante ai mercati azionari nell'intermediazione finanziaria.
La valutazione va in senso opposto nel confronto tra settore finanziario
dell'UE e quello del Giappone. Gli ultimi tre indicatori riportati evidenziano
chiaramente questi aspetti strutturali. Oltre a esercitare un impatto
sulle statistiche, l'ampliamento dell'UE influisce anche sugli incentivi
e sugli ostacoli alla circolazione di beni, servizi, capitale e lavoro
tra l'UE-15 e i nuovi Stati membri. Secondo la BCE l'ampliamento svolgerà verosimilmente
ulteriori effetti sull'integrazione, avendo già registrato un notevole
e visibile grado di integrazione economica tra l'UE-15 e i nuovi
Stati membri prima dell'ampliamento ufficiale. L'intensità e la
velocità con
cui questi effetti si concretizzeranno dipendono da molti fattori,
quali le future dinamiche e politiche economiche negli Stati membri. L'integrazione
economica determinerà lo spostamento degli scambi da produttori
ad alto costo a produttori a basso costo: le delocalizzazioni in
atto, cioè il trasferimento degli impianti produttivi ad alta intensità di
lavoro nei paesi dell'Unione a costi competitivi lo confermano. L'adesione
all'UE ha definitivamente e irreversibilmente liberalizzato gli scambi
tra nuovi e vecchi Stati membri anche per prodotti agricoli e per
cosiddetti prodotti sensibili (tra cui chimici, tessili e abbigliamento,
calzature, ferro e acciaio e mobili), per i quali esistevano restrizioni
fino all'ampliamento. L'aumento della concorrenza e delle economie di scala
(maggiore dimensione del mercato a disposizione dei fornitori e minori
barriere tecniche per gli scambi) dovrebbe far diminuire i prezzi e migliorare
la produttività,
contribuendo all'innalzamento del tasso di crescita potenziale dell'Unione
Europea.
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