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  Dicembre 2012

Articoli n° 9
NOVEMBRE 2004
 

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Il prodotto Interno Lordo nell’Ue
25 paesi per una sola economia

LA RELAZIONE IMPRESA E BANCA
UN NUOVO PARADIGMA ALLA LUCE DI BASILEA 2

Monte Paschi Siena e Crossing Europe
INSIEME PER L’INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il prodotto Interno Lordo nell’Ue
25 paesi per una sola economia
Analisi dell’impatto finanziario dell’allargamento


Sàntolo Cannavale
Esperto di mercati finanziari
s.cannavale@virgilio.it

Dal 1° maggio 2004 l'Unione Europea ha ampliato la sua dimensione con l'adesione di dieci nuovi Paesi dell'Europa centrale e orientale e del Mediterraneo: Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia, Slovenia. La Banca Centrale Europea, nel suo bollettino di maggio 2004 ha analizzato le principali caratteristiche macroeconomiche dell'Unione Europea prima e dopo l'adesione dei nuovi Stati membri, effettuando raffronti con gli Stati Uniti e il Giappone. Di seguito sono riportati i principali indicatori economici dell'UE con e senza i nuovi Stati membri, alla base dello studio BCE.


L'ampliamento da 15 a 25 Paesi ha determinato una crescita del 20 per cento della popolazione dell'Unione Europea che raggiunge un totale di 454,9 milioni di abitanti. Con riferimento a tale indicatore l'UE-25 si conferma la maggiore entità economica nell'ambito dei paesi industriali. Nel 2002 l'apporto di nuovo PIL (prodotto interno lordo: ricchezza prodotta nell'anno di riferimento) da parte dei dieci nuovi paesi è stato del 4,8 per cento: è un dato poco rilevante visto che la quota del PIL dell'Unione Europea allargata, rispetto al totale mondiale, dal 26,8 si adegua appena al 28,1 per cento. I nuovi Stati membri hanno una popolazione relativamente numerosa rispetto al loro livello di attività economica, pertanto la loro adesione comporta una riduzione del livello medio del PIL pro capite nell'Unione Europea da 24.000 a 21.100 euro. La differenza rispetto agli Stati Uniti (37.700 euro) ed al Giappone (33.200 euro) è evidente e rilevante. Il passaggio da 15 a 25 Paesi non ha comportato grossi spostamenti nell'incidenza di macro-settori (agricoltura, industria, servizi) sul PIL complessivo dell'Unione Europea. Le differenze settoriali rispetto all'UE-15 tendono a essere più pronunciate in termini di distribuzione dell'occupazione all'interno degli stessi settori. Con riferimento al mercato del lavoro, l'adesione dei nuovi Stati membri ha portato ad un lieve incremento del tasso di disoccupazione nell'UE-25: dall'otto al nove per cento. Il divario con Stati Uniti e Giappone è più ampio. Nell'ultimo decennio, i tassi di disoccupazione nei nuovi Paesi membri dell'Europa centrale e orientale sono cresciuti e le differenze regionali sono aumentate, come conseguenza degli aggiustamenti strutturali connessi con la transizione a un'economia di mercato. Nel più lungo periodo, secondo il rapporto BCE, il potenziale di recupero del divario in termini di PIL pro capite dei nuovi Stati membri potrebbe contribuire a un miglioramento delle dinamiche dell'occupazione e a una diminuzione della disoccupazione. Questo potrà verificarsi destinando maggiori risorse alla ricerca e allo sviluppo, anche in campo energetico, tenendo conto dei maggiori investimenti destinati a tali finalità negli Stati Uniti e in Giappone. Con riferimento agli indicatori del settore pubblico, l'adesione dei nuovi Stati membri non modifica sostanzialmente la media ponderata del rapporto disavanzo pubblico/PIL dell'Unione Europea. Il rapporto debito pubblico/PIL della UE, dopo l'allargamento, registra un lieve miglioramento dal 62,5 al 61,5 per cento. Il nostro Paese è lontano da detto valore medio, registrando un rapporto debito/PIL del 106 per cento. I mercati finanziari dei nuovi Stati membri sono in genere meno sviluppati che nell'UE-15. La loro adesione non implica, pertanto, cambiamenti significativi nella struttura finanziaria dell'insieme dell'Unione Europea. Il settore finanziario dell'UE, a differenza degli Stati Uniti, continua a essere prevalentemente orientato verso il comparto bancario, attribuendo un ruolo meno importante ai mercati azionari nell'intermediazione finanziaria. La valutazione va in senso opposto nel confronto tra settore finanziario dell'UE e quello del Giappone. Gli ultimi tre indicatori riportati evidenziano chiaramente questi aspetti strutturali. Oltre a esercitare un impatto sulle statistiche, l'ampliamento dell'UE influisce anche sugli incentivi e sugli ostacoli alla circolazione di beni, servizi, capitale e lavoro tra l'UE-15 e i nuovi Stati membri. Secondo la BCE l'ampliamento svolgerà verosimilmente ulteriori effetti sull'integrazione, avendo già registrato un notevole e visibile grado di integrazione economica tra l'UE-15 e i nuovi Stati membri prima dell'ampliamento ufficiale. L'intensità e la velocità con cui questi effetti si concretizzeranno dipendono da molti fattori, quali le future dinamiche e politiche economiche negli Stati membri. L'integrazione economica determinerà lo spostamento degli scambi da produttori ad alto costo a produttori a basso costo: le delocalizzazioni in atto, cioè il trasferimento degli impianti produttivi ad alta intensità di lavoro nei paesi dell'Unione a costi competitivi lo confermano. L'adesione all'UE ha definitivamente e irreversibilmente liberalizzato gli scambi tra nuovi e vecchi Stati membri anche per prodotti agricoli e per cosiddetti prodotti sensibili (tra cui chimici, tessili e abbigliamento, calzature, ferro e acciaio e mobili), per i quali esistevano restrizioni fino all'ampliamento. L'aumento della concorrenza e delle economie di scala (maggiore dimensione del mercato a disposizione dei fornitori e minori barriere tecniche per gli scambi) dovrebbe far diminuire i prezzi e migliorare la produttività, contribuendo all'innalzamento del tasso di crescita potenziale dell'Unione Europea.

 

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