IL RECESSO DEL SOCIO NELLA SPA
PRIME CONSIDERAZIONI PRATICHE
LAVORI ATIPICI DELLA SALUTE
LE NUOVE FUNZIONI NEL NUOVO MERCATO DEL LAVORO
IL NUOVO CONDONO
EDIIZIO
INCERTEZZE E POLEMICHE
IL RECESSO DEL SOCIO NELLA SPA
PRIME CONSIDERAZIONI PRATICHE
Pragmatismo e visione del futuro per una delicata scelta statutaria
di
Gennaro Stellato
Avvocato civilista
studiostellato@tiscalinet.it
Si è più volte evidenziata l'importanza,
nell'ambito della riforma del diritto societario, di una serie di istituti
realmente innovativi che possono, a ragione, considerarsi fondamentali
nella costruzione del nuovo impianto statutario il cui termine di concreta
applicazione è stato
fissato a settembre 2004. Il recesso del socio è indubbiamente quello
che, insieme all'esclusione, suscita tuttora interesse e discussioni.
Basti pensare soltanto che, senza ombra di dubbio, esso è stato allargato
in misura rilevante e, addirittura per quanto concerne le società che
non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, ulteriormente ampliato
anche rispetto a quelle ipotesi inderogabili e non previste dal codice.
In sostanza, va precisato che la riforma ha allargato la gamma di situazioni
in cui è consentito il recesso dalla società da parte di soci
non consenzienti, vale a dire assenti o dissenzienti o astenuti, e questo
può avvenire in tutto in parte delle proprie azioni. Naturalmente
il principio ispiratore è sempre quello di consentire al socio, laddove
si creino mutamenti profondi e sostanziali sia nella struttura sia nell'attività societaria,
di poter abbandonare la società: la differenza sostanziale è costituita,
come si diceva, dall'allargamento del ventaglio di ipotesi. Preliminarmente
va chiarito che le ipotesi di riferimento in ordine alle cause di recesso,
sulla base dell'art.2437 c.c. sono divisibili in tre fattispecie: 1)
cause di recesso inderogabili che la legge prevede come tali e che non
possono non essere inserite nello statuto; 2) cause di recesso derogabili
il cui inserimento nello statuto è lasciato alla volontà dell'assemblea;
3) cause di recesso formulabili ex novo anche se applicabili limitatamente,
come si è già detto, solo alle società chiuse.
Tutte le situazioni e ipotesi che si andranno a illustrare sono comunque
riferibili a un principio fondamentale: la nuova disciplina della spa
tende a porre al centro della stessa "l'azione" e non, come invece
accade nella srl, il socio: ne consegue quindi che è consentito anche
il recesso parziale affinché il socio, in presenza delle condizioni
previste dalla legge, voglia continuare a rimanere socio pur riducendo
la propria percentuale di rischio derivante dalla partecipazione. Va ricordato,
poi, sia pure incidentalmente, che particolarmente importante appare
l'analisi relativa alla durata della società in quanto, nel caso
in cui una società sia a tempo indeterminato, il socio ha la facoltà di
recedere sempre o, al massimo quando lo preveda lo statuto, entro un
anno. Andiamo, quindi, ad esaminare le ipotesi precedentemente indicate
sia pure per categorie generali. Si diceva dunque delle ipotesi di recesso
inderogabili quelle cioè che è impossibile evitare e che,
anche se non inserite concretamente nei nuovi statuti, devono in ogni caso
ritenersi parte integrante degli stessi. L'art. 2437 c.c. le individua in:
1) cambiamento dell'oggetto sociale. Questo però non deve essere
considerato in termini formali ma sostanziali, nel senso che dovrebbe portare
realmente ad una fondamentale inversione dell'attività della società;
2) trasformazione della società; 3) trasferimento della sede sociale
all'estero; 4) la revoca dello stato di liquidazione; 5) eliminazione
di una o più cause di recesso derogabili dallo statuto o previste
dallo statuto; 6) la modificazione dei criteri di determinazione del valore
della quota di liquidazione nell'ipotesi di esercizio del diritto di recesso;
7) la modificazione di clausole riguardanti i diritti di voto o di partecipazione.
In sintesi, come è facilmente ricavabile dalla predetta elencazione,
trattasi di ipotesi di due tipi: quelle che riguardano prevalentemente
la società e non il socio e quelle che si riferiscono invece ai diritti
propri del socio e quindi allo stesso diritto di recesso o di voto o
partecipazione. Ovviamente va ribadito che il codice prevede espressamente
la nullità dei
patti che possano contribuire a rendere più difficile o addirittura
escludano l'esercizio del diritto di recesso. Le cause di recesso derogabili,
vale a dire quelle valide soltanto se non è previsto diversamente
dallo statuto, sono: 1) la proroga del termine di durata della società;
2) l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni,
di clausole quindi di gradimento o prelazione.
Ad integrazione di quanto già detto va precisato ulteriormente che
l'elencazione precedente non si deve comunque intendere esaustiva di
tutte le ipotesi attesa la molteplicità di operazioni riconducibili
alle fattispecie astratte. Sarebbe sufficiente ricordare, quale esempio,
il caso di cessione di ramo d'azienda particolarmente rilevante oppure l'assunzione
di partecipazioni in altre imprese che possano comportare come conseguenza
una delle situazioni già prospettate. Sarà la prossima giurisprudenza
ad approfondire la tematica in questione ampliando o riducendo o semplicemente
chiarendo quelle ipotesi che oggi possono ancora apparire nebulose. Per
quanto attiene all'esercizio concreto del diritto di recesso va operata
una distinzione preliminare. Nell'ipotesi in cui la causa di recesso
derivi da una delibera che comporti una modifica dello statuto il socio
avrà facoltà di
esercitare il proprio diritto entro quindici giorni dalla iscrizione
della delibera nel Registro delle imprese. Se, al contrario, la causa scatenante è individuabile
in un fatto diverso, il termine è di trenta giorni e decorre dal
momento in cui il socio è venuto a conoscenza della predetta circostanza.
Va ulteriormente precisato che nel caso in cui la società modifichi
la delibera de quo ripristinando lo status quo ante entro il termine
di novanta giorni il recesso ha valore retroattivo nel momento in cui la
partecipazione sia stata liquidata. Tale problematica costituisce indubbiamente
l'aspetto più delicato e importante della questione. La liquidazione è di
competenza dell'organo amministrativo, sentito il parere dei sindaci
e del soggetto incaricato della revisione. Essa deve tener conto della consistenza
patrimoniale della società, delle sue prospettive reddituali (e tale
indicazione deve essere interpretata nel senso che le risultanze della
contabilità non
sono vincolanti) e, infine, dell'eventuale valore di mercato delle azioni.
Tali criteri sono indicativi in quanto lo statuto può anche individuare
altri criteri anche se la normativa detta comunque delle precise condizioni.
L'art. 2437 ter c.c. stabilisce che, in tal caso, vanno enumerati gli
elementi dell'attivo e del passivo del bilancio che possono essere rettificati
rispetto ai valori risultanti dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica,
nonché agli
altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenersi in
considerazione. Il socio può ovviamente contestare la liquidazione
e la controversia sarà rimessa ad un esperto nominato dal tribunale.
Infine, per il rimborso, lo stesso può avvenire o mediante acquisto
da parte degli altri soci o, in caso negativo, da parte di terzi. Nel caso
in cui tale soluzione non fosse praticabile si procede al rimborso da parte
della società con
somme prelevate da riserve disponibili o riducendo il capitale con tutte
le conseguenze, per quanto attiene all'ultima ipotesi, previste dalla
norma. In conclusione va ribadito che l'istituto del recesso, per la sua
importanza e delicatezza, va nell'ottica di adeguamento degli statuti, attentamente
approfondito e costruito per l'esigenza della singola società in
relazione a tutti gli elementi di valutazione indicati in questa sede.
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