I DIRITTI DEI CONSUMATORI
ANCHE IN ITALIA LA CLASS ACTION ?
All’esame del Parlamento la legittimazione
ad agire a tutela degli interessi collettivi
di
Camilla Castagnoli
Junior Consultant - NOMOS Centro Studi Parlamentari
camilla.castagnoli@nomoscsp.it
È attualmente
in discussione presso la Commissione Giustizia della Camera il testo
unificato di due proposte di legge sulla difesa dei diritti dei consumatori
e degli utenti in materia di legittimazione ad agire, mirante a modificare
l'articolo 3 della Legge 30 luglio 1998, n.281.
In particolare, quest'ultimo tendeva ad offrire una tutela più ampia
rispetto all'ambito di applicazione di cui all'art.1469-sexies del codice
civile, prevedendo, a tutela degli interessi collettivi, il potere delle
associazioni dei consumatori e degli utenti maggiormente rappresentativi,
di inibire gli atti e i comportamenti lesivi per gli interessi della
categoria in questione. Tuttavia, sebbene questo articolo avesse portato
a un maggiore ed elevato standard di tutela per i diritti dei consumatori
e degli utenti, si evince chiaramente come la scelta del nostro legislatore
sia stata finalizzata ad offrire una difesa collettiva meramente preventiva,
lasciando alla titolarità "processuale" del singolo,
il potere e il diritto di adire la magistratura nei casi di effettivo
pregiudizio. Il nuovo testo, attualmente in discussione, ad integrazione
dell'articolo 3 comma 1 lettera b) della Legge n.281, vuole riconoscere
alle associazioni dei consumatori e degli utenti il diritto a una azione
collettiva che non sia più solo di natura meramente dichiarativa
e inibitoria, ma anche di carattere risarcitorio. Attualmente, infatti,
l'unica forma di azione collettiva prevista nel nostro sistema giuridico
in materia di tutela dei consumatori, è l'azione inibitoria,
la quale è esperibile in tutti i casi in cui sia leso l'interesse
collettivo dei consumatori stessi. Tuttavia, questa risulta avere uno
scopo assai limitato, ovvero esclusivamente preventivo, in quanto intesa
solo a far cessare i comportamenti illeciti e/o pregiudiziali per gli
interessi della categoria degli utenti. Essa, pertanto, non può essere
utilizzata per conseguire una vera riparazione, e dunque non assicura
il risarcimento del danno individuale. Tutto ciò mette, quindi,
in evidenza la grave lacuna del nostro sistema di tutela giudiziaria
dei diritti e, inoltre, mostra come la normativa ancora vigente appaia
in contrasto con tutta la legislazione comunitaria di tutela dei consumatori
introdotta negli ultimi anni, con la quale si è mirato ad accrescere,
e non certo a diminuire, le tutele dei consumatori.
Dunque, ad oggi, nell'ordinamento italiano vige un doppio sistema:
general-preventivo di carattere inibitorio, mediante una legittimazione
ad agire riservata esclusivamente alle associazioni dei consumatori
e degli utenti, e risarcitorio-successivo, con una legittimazione ad
agire esclusiva del singolo utente effettivamente leso dal comportamento
illegittimo. Dunque, poiché nell'ambito sociale si vanno moltiplicando
i ricorsi particolari ai giudici di pace aventi a oggetto il risarcimento
del danno subito dal singolo consumatore, sorge l'esigenza di introdurre
nel nostro ordinamento una "azione di classe", che non sia
più relegata al solo ambito di tutela preventiva, ma che possa
operare anche sul piano strettamente risarcitorio, con effetti che operino
a favore di tutti i consumatori e utenti che si trovino in quella medesima
condizione giuridica. Con la modiica dell'art.3 della Legge 281 si vuole
riconoscere, alle associazioni dei consumatori e degli utenti, la legittimazione
ad agire a tutela degli interessi collettivi, richiedendo al giudice
competente di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli
effetti dannosi delle violazioni accertate, compresi il risarcimento
del danno e le restituzioni di somme dovute direttamente ai singoli
consumatori e utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi
commessi.
In relazione alle controversie, al giudice potrà, altresì,
essere richiesto dalle parti l'omologazione di un accordo transattivo
concluso, dalle stesse, in sede giudiziaria.
A seguito di pubblicazione del provvedimento di condanna, ovvero
di omologazione dell'accordo transattivo, il singolo consumatore poi
potrà agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere
l'accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dallo
stesso provvedimento, e, dunque, la determinazione precisa dell'ammontare
del risarcimento dei danni o dell'indennità, riconosciuti ai
sensi del medesimo provvedimento. La proposta di legge in esame vuole,
quindi, introdurre anche nel nostro Paese nuovi strumenti processuali
capaci di corrispondere alle problematiche indotte da quelle controversie,
che siano potenzialmente idonee al coinvolgimento della collettività dei
consumatori, in quanto cagionate da violazioni commesse nell'ambito
di rapporti standardizzati e uniformi relativi alla fornitura di servizi
e alla produzione di beni di largo consumo. Tali sono le "azioni
di gruppo" che da una parte consentono di trattare con un unico
procedimento giudiziario una molteplicità di domande o pretese
individuali, originate dal cosiddetto "torto di massa" o unico
fatto illecito, e dall 'altra permettono di estendere gli effetti della
decisione nei confronti di tutti i soggetti coinvolti. L'introduzione
della cosiddetta "class action", di derivazione anglosassone,
affronta, dunque, l'attuale problematica relativa al tema della tutela
di quelle situazioni soggettive di vantaggio che siano condivise da
ampie pluralità di persone e che siano caratterizzate dalla presenza
di un comune e unico fatto costitutivo, ovvero da una serie di fatti
identici, lesivi di una determinata categoria di persone. A giudizio
del deputato Francesco Bonito dei DS, relatore sul provvedimento in
esame, la principale finalità di questa azione collettiva è,
in primo luogo, quella di limitare al massimo gli effetti della possibile
disparità di risorse tra i singoli componenti di un gruppo nei
confronti di una medesima controparte, onde evitare che detta disparità si
traduca in una eliminazione, de facto, della garanzia costituzionale
dell'accesso alla giustizia. E in secondo luogo, quella di ridurre al
minimo le controversie giudiziarie "particolari" scaturenti
dal medesimo comportamento, eliminando così l'affollamento delle
sedi giudiziarie, garantendo uniformità di tutela ed equità del
risultato.
Un caso esemplificativo, diventato un classico per gli studiosi in
materia di tutela collettiva dei consumatori e degli utenti, è quello
riguardante la compagnia di taxi della California, Yello Cab Co, che
aumentò le sue tariffe modificando i tassametri in violazione
delle disposizioni amministrative, facendo pagare un prezzo lievemente
più alto di quello dovuto a un gran numero di passeggeri.
Attraverso una class action, introdotta in nome di tutti i consumatori
danneggiati, i taxisti furono condannati ad applicare una tariffa inferiore
a quella normale fino a quando i loro profitti illeciti non si fossero
redistribuiti fra gli utenti. A seguito di questa vicenda si sono moltiplicati
gli studi sull'esperienza statunitense in materia di class action, e
soprattutto sui necessari adattamenti di questo istituto alla realtà e
alla cultura giuridica europea. Frutto di tali analisi è, dunque,
la proposta di modifica della citata normativa, che mira proprio a equiparare
la nostra legislazione a quella esistente nei paesi di common law, grazie
ad un più ampio ed effettivo sistema di tutela dei diritti risarcitori.
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