Da
molti anni discutiamo al Sud dei nostri problemi più rilevanti: infrastrutture,
burocrazia, criminalità e credito. A malincuore osserviamo che oggi
questi sono gli stessi del Paese. Il notevole sviluppo di molte aree
del Centro-Nord non è stato accompagnato da adeguate infrastrutture
e la burocrazia è peggiorata non poco. La criminalità di importazione
extracomunitaria si è diffusa a macchia di leopardo e oramai non
fa più sensazione l'elemento architettonico delle inferriate di protezione
alle abitazioni. Sul credito permangono le differenze territoriali anche
a causa del dissolversi delle banche locali, grazie alla compiacenza
o agli indirizzi di Palazzo Koch. Siamo sicuri, però, che dopo Cirio
e Parmalat, solo Bankitalia e ABI negano la rilevanza nazionale della
problematica del credito. Al riguardo, fuori dal coro delle tante ipocrisie,
riteniamo indispensabile che tra le nuove regole in corso di approvazione,
il Parlamento modifichi il Testo Unico bancario. Troppe sono le concessioni
e i rinvii alla contrattualistica degli istituti di credito. Le piccole
imprese, e i risparmiatori in generale, sono pesantemente colpiti dalla
mancanza di correttezza e trasparenza nei rapporti. In passato, più volte,
siamo stati per questi aspetti sul banco degli imputati. Vogliamo, ora,
un "giusto
processo". Siamo
preoccupati, come imprenditori meridionali, non tanto di Basilea 2, ma
di quanto sta già accadendo. Tra le tante negatività, evidenziamo
le forti restrizioni dei crediti a tutte le società, che lavorano
con il Pubblico (Regioni, Province, Comuni, ASL ed Enti vari). Questi
sono, evidentemente, considerati inaffidabili, pur godendo spesso di
anticipazioni da parte delle stesse banche a condizioni discutibili, che
aggravano i loro bilanci falsi. Sull'argomento non andiamo oltre, né affrontiamo
altre priorità quali l'internazionalizzazione, la formazione e la
ricerca. Il Mezzogiorno soffre di ulteriori problemi, in primis, l'individualismo
e lo scarso spirito associativo. Abbiamo difficoltà innate nel ragionare
insieme e ricercare interessi e obiettivi comuni. Non riusciamo a essere
coesi e risoluti nei confronti delle Amministrazioni Regionali di riferimento,
ove spesso siamo più protesi alla ricerca delle nostre convenienze
in qualche assessorato. È un grave e pericoloso limite, che si accentuerà di
molto con la piena attuazione della devolution. Rileviamo i primi segnali
di nuove e più pesanti fiscalità regionali, che cresceranno
in modo esponenziale per gli infiniti sperperi, in particolare, nel settore
sanità. Confindustria può essere di grande sostegno per aiutarci
a svolgere quei ruoli di forte pressione sui rispettivi governi. La nostra
Organizzazione è un articolato sistema di rappresentanza di categorie
e territori, talvolta di interessi diversi e contrastanti. È un insieme
di grandi valori, che sviluppano la cultura di impresa, motore principale
della crescita civile. Non siamo come altre associazioni datoriali e
sindacali governati senza limiti di tempo, ma abbiamo un ricambio delle
rappresentanze, generalmente, quadriennale. È una straordinaria garanzia
di democrazia e di arricchimento continuo di idee. Ecco perchè non
dobbiamo perdere colpi e mai lo stile confindustriale. Non lasciamoci
condizionare da campagne mediatiche, ma discutiamo all'interno delle nostre
Associazioni. Non consentiamo polemiche pretestuose e analisi approssimate
sulla rappresentanza, che sta terminando il mandato. Non lo abbiamo mai
fatto con gli altri predecessori, né è giusto iniziare ora.
In questo quadriennio abbiamo insieme determinato tutte le scelte, comprese
quelle forse sbagliate. Riserviamo ad Antonio D'Amato, che con determinazione
ci ha rappresentati, la stessa simpatia che nutriremo per chi lo seguirà.
Se abbiamo bisogno di immagine internazionale in questo difficile periodo,
dobbiamo avere ancora di più pragmatismo e concretezza nelle relazioni
interne. Conoscenza del sistema associativo, gioco di squadra, capacità di
mediazione sono il dna indispensabile per il nuovo vertice. Un limite dell'attuale
statuto, che stride con i nostri richiami alla politica, è forse
che il programma e il team seguono, e non anticipano, la designazione
da parte della Giunta del nuovo presidente. Il cammino che questi avrà innanzi
a sé sarà quantomeno tortuoso, perchè dovrà muoversi
in un Paese in eterna campagna elettorale, dove prevalgono litigiosità in
ogni spiffero o corrente di partito all'interno dei raggruppamenti di
entrambe le coalizioni. Senza alcuna presunzione, cerchiamo in Confindustria
di non imitarli.
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