IL RECESSO DEL SOCIO NELLA SPA
PRIME CONSIDERAZIONI PRATICHE
LAVORI ATIPICI DELLA SALUTE
LE NUOVE FUNZIONI NEL NUOVO MERCATO DEL LAVORO
IL NUOVO CONDONO
EDIIZIO
INCERTEZZE E POLEMICHE
IL NUOVO CONDONO EDILIZIO
INCERTEZZE E POLEMICHE
Indispensabile l’intervento della
Corte Costituzionale per fare chiarezza
di
Luigi d'Angiolella
Avvocato Amministrativista
studiodangiolella@tin.it
Indispensabile l'intervento della Corte Costituzionale
per fare chiarezza. Grande interesse ha suscitato la nuova legge sul
condono edilizio, specie nelle Regioni dove il fenomeno dell'abusivismo
edilizio è più presente
e tra queste, purtroppo, la Regione Campania. La struttura complessiva è rimasta
quasi inalterata rispetto ai due precedenti condoni del 1985 e, soprattutto,
del 1994. E infatti, il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (pubblicato
in G.U. 2 ottobre 2003, n. 229), successivamente convertito, semplicemente
riapre i termini dell'ultimo condono e stabilisce all'art. 32 che «al
fine di pervenire alla regolarizzazione del settore, è consentito,
in conseguenza del condono, il rilascio del titolo abilitativo edilizio
in sanatoria delle opere esistenti, non conformi alla disciplina vigente»,
purchè ultimate entro il 31 marzo 2003. I limiti alla sanatoria sono
decisamente amplii, a dimostrazione che le esangui finanze dello Stato si
aspettano molto dal condono edilizio, nonostante che nel preventivo dibattito
sull'ipotesi di legge - svolto molto di più sui giornali che non
nelle Aule Parlamentari - si era ipotizzato solo un condono per lievi abusi.
E infatti, possono essere sanate, con domanda da presentare entro il
31 marzo 2004, opere abusive di notevole impatto che comportano un ampliamento
del manufatto non superiore al 30% della volumetria assentita o, in alternativa,
non superiore a 750 mc. (e ciò indipendentemente dalla destinazione
d'uso del fabbricato) oppure comportano una nuova costruzione non superiore
a 750 mc. per ogni singola richiesta (anche se ciò vale solo per
le abitazioni). Le esclusioni dalla sanatoria sono quelle già tipizzate
in passato. E, infatti, non sono suscettibili di sanatoria le opere eseguite
da proprietario condannato con sentenza definitiva per i gravi delitti di
cui all'art. 416 bis, 648 ter c.p.c., esclusione già introdotta anche
per la sanatoria, a seguito della modifica introdotta con l'art. 2, comma
trentasettesimo, della legge n. 662/1996. Inoltre, non sono sanabili le
opere per le quali non sia possibile effettuare interventi per l'adeguamento
antisismico oppure per le quali non sia data la disponibilità di
concessione onerosa dell'area di proprietà dello Stato o degli enti
pubblici territoriali, ed infine gli abusi realizzati su immobili soggetti
a vincoli imposti da leggi statali e regionali a tutela di interessi storici,
idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici,
nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali,
qualora istituiti prima dell'esecuzione di dette opere. Resiste ancora l'istituto
del silenzio assenso sulla domanda di condono, quanto mai opportuno. Tale
accelerazione del procedimento - essenziale, vista anche la precedente esperienza
di alcuni Comuni che, ad oggi, non hanno ancora risolto le pratiche di condono
del 1985! - può verificarsi, però, solo se presenti alcune
condizioni, più rigide che in passato. Deve, in fatti, essersi provveduto,
entro il 30 settembre 2004, al pagamento di tutte le rate per l'oblazione
ed alla presentazione di tutti i prescritti allegati di cui all'art. 32,
comma trentacinquesimo, del d.l. n. 269/2003. Inoltre, la legge richiede
che si forma il silenzio se è stata presentata la denuncia in catasto,
la denuncia I.C.I. e, addirittura, le denunce ai fini della tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (o Tariffa) e ai fini della tassa
per l'occupazione del suolo pubblico. Ma le questioni sul tappeto non sono
solo squisitamente tecniche, e non c'è solo lo scontro tra ambientalisti,
da un lato, e coloro che pragmaticamente intendono regolarizzare il patrimonio
edilizio esistente "facendo cassa". Il condono edilizio, infatti, è la
prima occasione di confronto fra Regioni e Stato dopo la riforma "federalista" approvata
con legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del Titolo V, che ha
implicitamente inserito edilizia ed urbanistica fra le competenze legislative "esclusive" delle
Regioni a statuto ordinario, conservando allo Stato la competenza concorrente,
cioè a dettare i "principi fondamentali", solo in tema
di "governo del territorio". Così lo Stato può disciplinare
il condono edilizio per le implicazioni di carattere penale e civile dell'istituto,
per l'incidenza di esso sul "governo del territorio", per un'esigenza
di "armonia" del sistema giuridico su tutto il territorio nazionale,
ma tale interpretazione è fortemente criticata da alcune Regioni.
Esse sostengono che il condono coinvolge anche abusi molto modesti, che
non hanno risvolti penali o civili, e che non toccano le linee fondamentali
del governo del territorio, per cui lo Stato avrebbe invaso competenze che
appartengono alle Regioni. Queste considerazioni sono, ad esempio, analiticamente
esposte nel ricorso che la Regione Campania ha inoltrato alla Corte Costituzionale
e trovano conferma in un'Ordinanza del T.A.R. Emilia Romagna, Sezione Parma,
la n. 27 del 22 novembre 2003 che ha sollevato - primo Tribunale in Italia
- la questione di costituzionalità della nuova legge sul Condono
Edilizio su questi punti. La Regione Campania lamenta poi anche che lo Stato
non ha neppure tentato la via della "intesa" con le Regioni. É anche
vero che il nuovo condono fa rinvio alle "normative regionali",
ove si afferma che sono "fatte salve le competenze delle autonomie
locali sul governo del territorio" (contenute nei commi secondo e terzo
dell'art. 32 cit.), ma ciò non convince le Regioni più riottose.
In queste condizioni il verdetto della Corte Costituzionale sui ricorsi
presentati dalle Regioni Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania è quanto
mai incerto, perché è il primo, serio banco di prova della
Riforma Federalista dello Stato approvata nel 2001. Pesa, quindi, sulle
prospettive del condono edilizio, l'incognita di tale conflitto, certamente
dovuto anche allo scontro politico in atto nel Paese e non solo a questioni
di mero principio.
In passato, il condono lo hanno voluto un po' tutti e, al di là delle
posizioni di facciata, tale atteggiamento ha favorito l'applicazione delle
sanatorie del 1985 e del 1994, con una forte ricaduta sia sul piano finanziario
che su quello del mercato degli immobili.
Oggi, invece, la contrapposizione giornaliera in ogni questione, figlia
anche del riformato sistema elettorale, non favorisce il colloquio e disorienta
fortemente il cittadino.
Forse la soluzione più saggia è quella che sembra emergere
in Regioni come il Veneto, che ha accettato il condono - sia pure con correttivi
- e ha disegnato un sistema che afferma le competenze regionali ma non travolge
le aspettative finanziarie dello Stato.
Purtroppo, però, la posta in gioco è soprattutto politica,
perché l'eventuale fallimento del condono può assumere un
considerevole rilievo in vista delle elezioni per il Parlamento Europeo
di giugno 2004, per cui non bisogna attendersi soluzioni razionali e ponderate
ma, ahinoi, solo occasioni di polemica.
Mancano poche settimane alla scadenza del termine per le domande di condono,
fissata al 31 marzo 2004, e dunque non può che attendersi una decisione
chiarificatrice della Corte Costituzionale che elimini ogni possibile incertezza.
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