AMIANTO: PERICOLOSO QUANDO È FRIABILE
DA ANNI È BANDITO DAL TERRITORIO ITALIANO
La Legge 257/92 ne prescrive lo smaltimento
controllato
di
ROBERTO NAPOLI
Direttore Dipartimento Salerno - ARPAC
arpac-salerno@libero.it
LUna domanda frequente fra gli operatori della prevenzione, i lavoratori,
le imprese, ma anche fra i singoli cittadini è: «Dove è possibile
trovare l'amianto? Quali sono i prodotti, i manufatti in cui è stato
utilizzato?». Gli impieghi dell'amianto negli edifici e nell'industria
sono abbastanza noti:
- come isolante acustico e termico;
- in guarnizioni, pannelli, cartoni;
- nei rivestimenti di pareti, strutture metalliche e tubature;
- negli impianti di riscaldamento e centrali termiche;
- nei mezzi di trasporto (treni, navi, bus);
- nell'industria chimica, del vetro, zuccherifici, ecc..
Meno immediato è il riconoscimento diretto dei materiali e la
loro individuazione nei luoghi comuni di vita. L'amianto, o asbesto, è un
minerale naturale a struttura fibrosa con buone proprietà fonoassorbenti
e termoisolanti che, unitamente all'economicità, hanno fatto
sì che fosse largamente utilizzato in passato in innumerevoli
applicazioni industriali ed edilizie. Con il tempo però tale
materiale si è rivelato nocivo per la salute dell'uomo a causa
della sua proprietà di rilasciare fibre che, se inalate, possono
provocare patologie gravi e irreversibili a carico dell'apparato
respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose,
principalmente della pleura (mesoteliomi). La presenza di fibre di amianto
nell'aria (aerodisperse) può avere un'origine sia naturale (dovuta
all'erosione delle rocce che lo contengono da parte degli agenti atmosferici),
che antropica. Anche se oggi in Italia l'amianto è stato messo
al bando esistono ancora moltissimi edifici in cui esso è presente.
La pericolosità delle fibre, come detto, è da mettere
in relazione alla facilità con cui queste sono rilasciate dal
manufatto, si diffondono nell'aria e hanno probabilità di essere
respirate. Da questo punto di vista i materiali friabili (che si
sbriciolano con la sola pressione delle dita) sono quelli più pericolosi.
Le coperture piane o ondulate in cemento/amianto (tipo Eternit) sono
invece materiali non friabili, cioè compatti, che se in buono
stato di conservazione non rilasciano facilmente fibre nell'aria.
Altri fattori di cui occorre tener conto sono l'accessibilità del
manufatto e la destinazione d'uso dei locali (aule scolastiche, palestre,
teatri) nei quali è stato rinvenuto. L'amianto è, quindi,
sicuramente pericoloso soltanto quando può disperdere le sue
fibre nell'ambiente circostante. Riconosciuta la pericolosità di
questo minerale e in attuazione di specifiche Direttive CE, lo Stato
Italiano con la Legge n.257 del 27 marzo 1992 ha dettato norme per la
cessazione dell'impiego e per il suo smaltimento controllato. Questa
legge prevede il divieto di estrazione, importazione, esportazione,
commercializzazione e produzione di amianto. Al giorno d'oggi sono rare
le elevate esposizioni professionali che si verificavano in passato.
Il problema di maggiore attualità è,
invece, quello delle basse esposizioni. Queste di tipo non professionale
sono dovute a dispersioni di fibre in ambienti di vita e la stima
del rischio per la salute è in questo caso ancora più difficile
rispetto alle medie e alte esposizioni. La più importante sorgente
di esposizione (generalmente a bassi livelli e per lungo tempo) si
verifica all'interno degli edifici. L'inquinamento dell'aria all'esterno è,
invece, quasi sempre trascurabile. L'amianto in matrice friabile
può essere
presente, con maggiore probabilità, in edifici con struttura
portante metallica o prefabbricati, e in locali adibiti a auditorium,
biblioteca, centrale termica, cinema, palestra, piscina, sala da
ballo. A differenza delle fibre aerodisperse all'esterno, quelle presenti
nell'aria di ambienti confinati possono essere messe in relazione con
la sorgente: ciò permette di modificare o rimuovere la sorgente
di emissione mediante interventi di bonifica. Per determinare la presenza
del rischio è necessario
considerare, oltre lo stato di conservazione del materiale, il contesto
in cui è inserito l'edificio la cui copertura è costituita
da cemento amianto. La presenza di scuole o luoghi di cura nelle
vicinanze di edifici con presenza di tali materiali determina l'opportunità di
intervenire. Infatti, dati di campionamento ambientali eseguiti in
vicinanza di coperture in cemento amianto dimostrano che la concentrazione
di fibre aerodisperse è bassa; in questi casi gli interventi
di rimozione possono determinare addirittura un aumento del rischio
in relazione al rilascio di fibre durante la manipolazione delle lastre.
Pertanto, la decisione di bonificare, e la scelta dei tempi e dei
modi, deve tenere conto da un lato del degrado dei materiali e dei fattori
di dispersione, dall'altro della presenza o meno, nell'area contigua
al manufatto in cemento-amianto, di edifici abitati specialmente
da popolazione in età molto giovane, come gli studenti, o con
problemi di salute (luoghi di cura). Due sono le analisi tipiche: determinazione
delle concentrazioni di fibre aerodisperse e del contenuto di amianto
nei materiali. Le tecniche analitiche previste dalla legislazione
vigente sono quelle microscopiche (ottiche ed elettroniche) e quelle
strumentali (diffrattometria a raggi X e spettrofotometria infrarossa
in trasformata di Fourier). L'adozione di azioni correttive di una situazione
di rischio nasce da semplici considerazioni tecniche. Nelle lastre piane
o ondulate in cemento-amianto, utilizzate per copertura in edilizia,
l'amianto è inglobato
in una matrice non friabile, che, quando è in buono stato di
conservazione, impedisce il rilascio spontaneo di fibre. Dopo anni
dall'installazione, tuttavia, le coperture subiscono un deterioramento
per azione delle piogge acide, degli sbalzi termici, dell'erosione eolica
e di organismi vegetali che determinano corrosioni superficiali con
affioramento delle fibre e conseguente liberazione delle stesse in aria.
Nelle coperture la liberazione di fibre avviene facilmente in corrispondenza
di rotture delle lastre e di aree dove la matrice cementizia è corrosa.
Le fibre rilasciate sono disperse dal vento e, in misura ancora maggiore,
sono trascinate dalle acque piovane, raccogliendosi nei canali di
gronda o venendo disperse nell'ambiente dagli scarichi di acque piovane
non canalizzate. I principali parametri da rilevare attraverso l'ispezione
visiva sono:
- la friabilità del materiale: la matrice si sgretola facilmente
dando luogo a liberazione di fibre;
- le condizioni della superficie: evidenza di crepe, rotture, sfaldamenti;
- l'integrità della matrice: evidenza di aree di corrosione della
matrice con affioramento delle fibre di amianto;
- i trattamenti protettivi della superficie della copertura: verniciatura,
incapsulamento, ecc.;
- lo sviluppo di muffe e/o licheni sulla superficie;
- la presenza di materiale pulverulento in corrispondenza di scoli
d'acqua e nella gronda;
- la presenza di materiale pulverulento aggregato in piccole stalattiti
in corrispondenza dei punti di gocciolamento.
Il Decreto Ministeriale 06/09/94 è lo strumento normativo che
fornisce indicazioni per la gestione e il mantenimento in sicurezza
dei manufatti contenenti amianto. I proprietari, che come recita
il punto 4 del suddetto D.M., sono tenuti alla messa in sicurezza dei
manufatti di loro proprietà, a loro spese possono rivolgersi
a consulenti privati, professionisti di fiducia o all'Agenzia Regionale
per l'Ambiente (ARPAC, che è l'Ente Strumentale preposto per
il controllo, e che opera di concerto con le ASL, Comuni, Province e
la Regione appunto, nonché tutte le A.G. e i privati stessi)
per far verificare e valutare lo stato di conservazione delle coperture. |