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  Dicembre 2012

Articoli - n° 2 Marzo 2004
 



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AMIANTO: PERICOLOSO QUANDO È FRIABILE
DA ANNI È BANDITO DAL TERRITORIO ITALIANO

La Legge 257/92 ne prescrive lo smaltimento controllato

di ROBERTO NAPOLI
Direttore Dipartimento Salerno - ARPAC
arpac-salerno@libero.it

LUna domanda frequente fra gli operatori della prevenzione, i lavoratori, le imprese, ma anche fra i singoli cittadini è: «Dove è possibile trovare l'amianto? Quali sono i prodotti, i manufatti in cui è stato utilizzato?». Gli impieghi dell'amianto negli edifici e nell'industria sono abbastanza noti:
- come isolante acustico e termico;
- in guarnizioni, pannelli, cartoni;
- nei rivestimenti di pareti, strutture metalliche e tubature;
- negli impianti di riscaldamento e centrali termiche;
- nei mezzi di trasporto (treni, navi, bus);
- nell'industria chimica, del vetro, zuccherifici, ecc..
Meno immediato è il riconoscimento diretto dei materiali e la loro individuazione nei luoghi comuni di vita. L'amianto, o asbesto, è un minerale naturale a struttura fibrosa con buone proprietà fonoassorbenti e termoisolanti che, unitamente all'economicità, hanno fatto sì che fosse largamente utilizzato in passato in innumerevoli applicazioni industriali ed edilizie. Con il tempo però tale materiale si è rivelato nocivo per la salute dell'uomo a causa della sua proprietà di rilasciare fibre che, se inalate, possono provocare patologie gravi e irreversibili a carico dell'apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare) e delle membrane sierose, principalmente della pleura (mesoteliomi). La presenza di fibre di amianto nell'aria (aerodisperse) può avere un'origine sia naturale (dovuta all'erosione delle rocce che lo contengono da parte degli agenti atmosferici), che antropica. Anche se oggi in Italia l'amianto è stato messo al bando esistono ancora moltissimi edifici in cui esso è presente. La pericolosità delle fibre, come detto, è da mettere in relazione alla facilità con cui queste sono rilasciate dal manufatto, si diffondono nell'aria e hanno probabilità di essere respirate. Da questo punto di vista i materiali friabili (che si sbriciolano con la sola pressione delle dita) sono quelli più pericolosi. Le coperture piane o ondulate in cemento/amianto (tipo Eternit) sono invece materiali non friabili, cioè compatti, che se in buono stato di conservazione non rilasciano facilmente fibre nell'aria. Altri fattori di cui occorre tener conto sono l'accessibilità del manufatto e la destinazione d'uso dei locali (aule scolastiche, palestre, teatri) nei quali è stato rinvenuto. L'amianto è, quindi, sicuramente pericoloso soltanto quando può disperdere le sue fibre nell'ambiente circostante. Riconosciuta la pericolosità di questo minerale e in attuazione di specifiche Direttive CE, lo Stato Italiano con la Legge n.257 del 27 marzo 1992 ha dettato norme per la cessazione dell'impiego e per il suo smaltimento controllato. Questa legge prevede il divieto di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione di amianto. Al giorno d'oggi sono rare le elevate esposizioni professionali che si verificavano in passato. Il problema di maggiore attualità è, invece, quello delle basse esposizioni. Queste di tipo non professionale sono dovute a dispersioni di fibre in ambienti di vita e la stima del rischio per la salute è in questo caso ancora più difficile rispetto alle medie e alte esposizioni. La più importante sorgente di esposizione (generalmente a bassi livelli e per lungo tempo) si verifica all'interno degli edifici. L'inquinamento dell'aria all'esterno è, invece, quasi sempre trascurabile. L'amianto in matrice friabile può essere presente, con maggiore probabilità, in edifici con struttura portante metallica o prefabbricati, e in locali adibiti a auditorium, biblioteca, centrale termica, cinema, palestra, piscina, sala da ballo. A differenza delle fibre aerodisperse all'esterno, quelle presenti nell'aria di ambienti confinati possono essere messe in relazione con la sorgente: ciò permette di modificare o rimuovere la sorgente di emissione mediante interventi di bonifica. Per determinare la presenza del rischio è necessario considerare, oltre lo stato di conservazione del materiale, il contesto in cui è inserito l'edificio la cui copertura è costituita da cemento amianto. La presenza di scuole o luoghi di cura nelle vicinanze di edifici con presenza di tali materiali determina l'opportunità di intervenire. Infatti, dati di campionamento ambientali eseguiti in vicinanza di coperture in cemento amianto dimostrano che la concentrazione di fibre aerodisperse è bassa; in questi casi gli interventi di rimozione possono determinare addirittura un aumento del rischio in relazione al rilascio di fibre durante la manipolazione delle lastre. Pertanto, la decisione di bonificare, e la scelta dei tempi e dei modi, deve tenere conto da un lato del degrado dei materiali e dei fattori di dispersione, dall'altro della presenza o meno, nell'area contigua al manufatto in cemento-amianto, di edifici abitati specialmente da popolazione in età molto giovane, come gli studenti, o con problemi di salute (luoghi di cura). Due sono le analisi tipiche: determinazione delle concentrazioni di fibre aerodisperse e del contenuto di amianto nei materiali. Le tecniche analitiche previste dalla legislazione vigente sono quelle microscopiche (ottiche ed elettroniche) e quelle strumentali (diffrattometria a raggi X e spettrofotometria infrarossa in trasformata di Fourier). L'adozione di azioni correttive di una situazione di rischio nasce da semplici considerazioni tecniche. Nelle lastre piane o ondulate in cemento-amianto, utilizzate per copertura in edilizia, l'amianto è inglobato in una matrice non friabile, che, quando è in buono stato di conservazione, impedisce il rilascio spontaneo di fibre. Dopo anni dall'installazione, tuttavia, le coperture subiscono un deterioramento per azione delle piogge acide, degli sbalzi termici, dell'erosione eolica e di organismi vegetali che determinano corrosioni superficiali con affioramento delle fibre e conseguente liberazione delle stesse in aria. Nelle coperture la liberazione di fibre avviene facilmente in corrispondenza di rotture delle lastre e di aree dove la matrice cementizia è corrosa. Le fibre rilasciate sono disperse dal vento e, in misura ancora maggiore, sono trascinate dalle acque piovane, raccogliendosi nei canali di gronda o venendo disperse nell'ambiente dagli scarichi di acque piovane non canalizzate. I principali parametri da rilevare attraverso l'ispezione visiva sono:
- la friabilità del materiale: la matrice si sgretola facilmente dando luogo a liberazione di fibre;
- le condizioni della superficie: evidenza di crepe, rotture, sfaldamenti;
- l'integrità della matrice: evidenza di aree di corrosione della matrice con affioramento delle fibre di amianto;
- i trattamenti protettivi della superficie della copertura: verniciatura, incapsulamento, ecc.;
- lo sviluppo di muffe e/o licheni sulla superficie;
- la presenza di materiale pulverulento in corrispondenza di scoli d'acqua e nella gronda;
- la presenza di materiale pulverulento aggregato in piccole stalattiti in corrispondenza dei punti di gocciolamento.
Il Decreto Ministeriale 06/09/94 è lo strumento normativo che fornisce indicazioni per la gestione e il mantenimento in sicurezza dei manufatti contenenti amianto. I proprietari, che come recita il punto 4 del suddetto D.M., sono tenuti alla messa in sicurezza dei manufatti di loro proprietà, a loro spese possono rivolgersi a consulenti privati, professionisti di fiducia o all'Agenzia Regionale per l'Ambiente (ARPAC, che è l'Ente Strumentale preposto per il controllo, e che opera di concerto con le ASL, Comuni, Province e la Regione appunto, nonché tutte le A.G. e i privati stessi) per far verificare e valutare lo stato di conservazione delle coperture.

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