PRINCIPALI VINCOLI ALLO SVILUPPO DELLE PMI
TROPPA BUROCRAZIA E RESTRIZIONE DEL CREDITO?
Le nostre linee guida per ridurre lo
svantaggio competitivo
Sandro
Salmoiraghi
Presidente Piccola Industria Confindustria
s.salmoiraghi@confindustria.it
Che l'economia italiana stia attraversando un momento
difficile è purtroppo un dato di fatto. Una crisi che dura da molto
tempo e che ha colpito, nonostante la maggiore capacità di reazione
ai cambiamenti e la specializzazione in settori di nicchia, anche le
piccole e medie imprese. Dimensioni aziendali troppo ridotte non consentono
più di
fronteggiare adeguatamente, con prodotti e servizi innovativi, i nostri
competitors, e rendono quindi vitale intraprendere un percorso di crescita.
Uno sviluppo non necessariamente dimensionale ma che può essere verticalizzato,
per strade parallele, strutturando reti commerciali a disposizione delle
aziende. L'esperienza dei Confidi, dei Consorzi Export e dei Consorzi
Energia ha dato grandi risultati e maggiori dovrebbe darne in futuro se
continueremo ad evolvere in sintonia con i bisogni delle imprese. L'evoluzione
dei mercati è talmente
rapida che impone di essere veloci anche nel modificare quegli aspetti
che ci apparivano collaudati e funzionanti ed è per questo che è necessario,
e urgente, rimuovere i vincoli che frenano la vitalità e la crescita
delle Pmi. Tra gli ostacoli che come imprenditori ci troviamo quotidianamente
ad affrontare, primo fra tutti, è l'eccesso di adempimenti burocratici. È risaputo
come gran parte della perdita di competitività del nostro paese sia
dovuta all'incapacità di modernizzare le funzioni pubbliche, alla
complessità di norme e all'ingerenza dell'Amministrazione Pubblica
nella vita quotidiana delle imprese. Il privato continua a sorreggere
il pubblico ma non abbastanza per salvare il paese da una competitività decrescente
che rischia di farci arrivare in zona retrocessione.
Come Confindustria abbiamo realizzato un documento su una materia così complessa
come la semplificazione e abbiamo individuato tre importanti linee di intervento:
la semplificazione amministrativa, la formazione e l'innovazione tecnologica.
Semplificare per mettere l'imprenditore nelle condizioni di poter svolgere
il proprio lavoro nel rispetto di poche e certe regole, per gestire e per
ampliare la propria azienda, e per garantire dei tempi di start up d'impresa
che siano compatibili con quelli esistenti negli altri paesi che competono
con noi. Fare formazione in quanto non si può pensare di migliorare
la competitività del paese se non si interviene con forza sulla crescita
delle persone addette alla gestione della Pubblica Amministrazione e al
dialogo con il mondo imprenditoriale. Introdurre l'innovazione tecnologica
per avere una pubblica amministrazione capace di erogare servizi in forma
innovativa.
Pesa sulle imprese il carico fiscale che andrebbe alleggerito mediante
semplici ed efficaci riforme che non richiedano di spendere in adempimenti
più di quanto ottenuto dalla riduzione della pressione fiscale. L'Ires
ci allinea agli standard europei e migliora la nostra capacità di
attrarre investimenti ma non riusciamo ancora a intravedere quella riduzione
della pressione fiscale che ci attendevamo e per la quale sono indispensabili
sia una consistente contrazione dell'Irap, cominciando dalla componente
del costo del lavoro, che una revisione della Thin Capitalization.
Anche nel campo del credito e della finanza aziendale il momento che stiamo
vivendo è critico. Il caso Parmalat induce un clima di sfiducia e
produce gravi ripercussioni negative sulla ripresa economica. C'è chi
parla di rischio-paese, di inaffidabilità del sistema Italia e chi
utilizza la crisi Parmalat per mettere sotto accusa il capitalismo italiano,
in particolare quello familiare. Ma è ingiusto pensare che il sistema
imprenditoriale italiano sia malato. I crack finanziari sono "danni
collaterali" in un sistema che si globalizza nei mercati ma non ancora
nelle regole e nei controlli e che offre, quindi, più spazio e maggiori
possibilità a chi vuole comportarsi male. In questo contesto occorre
intervenire con grande rapidità, rigore e severità per prevenire
e reprimere gli abusi, le scorrettezze, le anomalie che rendono poco
trasparenti i mercati finanziari e minano la fiducia dei risparmiatori.
In Italia ci sono migliaia di piccoli imprenditori che rischiano di tasca
propria. Sarebbe estremamente imprudente, quindi, se oggi gli istituti
finanziari chiudessero i rubinetti del credito al sistema imprenditoriale,
soprattutto alle piccole aziende. Attualmente sembra infatti che molti
istituti di credito stiano chiedendo il rientro alle aziende che sono arrivate
al massimo dell'esposizione bancaria. Un comportamento che ha l'effetto
di mettere in difficoltà le
imprese proprio in vista della ripresa. Il sistema italiano è sano
e va aiutato nella crescita. E in un momento nel quale si comincia a
intravedere uno spiraglio di miglioramento, bisogna sostenere le realtà sane
senza introdurre ulteriori vincoli al credito bancario, che purtroppo è l'unico
fattore di finanziamento per le imprese. Le nostre aziende, infatti,
risultano mediamente molto più indebitate con le banche rispetto
alle imprese di altre nazionalità: l'incidenza dei debiti sul fatturato
italiano è doppia
rispetto a quella degli americani e spagnoli e quadrupla rispetto a quella
dei tedeschi e dei francesi. È fondamentale, quindi, allargare il
mercato, favorire e non ostacolare la disintermediazione dei rapporti
tra imprese e risparmio rispetto alle banche, evitare il ritorno alla
dipendenza delle Pmi dal credito bancario e favorire, invece, quelle
condizioni, come la possibilità per le srl di emettere obbligazioni,
che rendano il mercato del capitale di rischio più accessibile e
che consentano sia una diversificazione delle fonti che un rafforzamento
patrimoniale. Proprio per questo continueremo a supportare le aziende nella
verifica del rating aziendale, nelle modalità di finanziamento e
di accesso al credito previste dal nuovo codice delle società e nel
promuovere l'utilizzo di finanziamenti a medio e lungo termine con l'introduzione
di prodotti finanziari dedicati. Solo imprese più solide dal punto
di vista patrimoniale sono, infatti, in grado di impostare programmi
di ricerca, d'innovazione o strategie di internazionalizzazione di medio
e lungo periodo. In questa fase, nella quale la capacità di competere
si gioca su mercati sempre più ampi e agguerriti, è necessario
puntare su politiche di innovazione di prodotto e di controllo dei costi
di produzione per poter operare almeno nelle stesse condizioni dei concorrenti.
Ed è indispensabile
anche razionalizzare l'utilizzo delle risorse disponibili per l'internazionalizzazione,
indirizzandole verso i canali che possono realmente essere di aiuto e
di supporto, specializzando gli interventi dei vari attori, anche tenendo
conto delle diverse esigenze della nostra realtà produttiva. Ci sono
aziende che hanno bisogno di estendere la rete commerciale, altre che
devono delocalizzare la produzione. Questo significa che non possiamo
tagliare un abito che vada bene per tutti. Non siamo troppo piccoli per
competere nel mercato globale: l'utilizzo di internet, l'aggregazione in
consorzi, le reti di distribuzione dei prodotti possono permettere anche
alle imprese più piccole di
operare sugli importanti bacini di offerta costituiti dai grandi paesi
oltreoceano. Proprio per questo è prioritario aiutare le aziende
a intraprendere percorsi di sviluppo adeguati affinché l'elevato
numero di piccole e medie imprese che caratterizza il Paese continui
a rappresentare la forza del Sistema Italia.
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