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  Dicembre 2012

Articoli - n° 2 Marzo 2004
 



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PRINCIPALI VINCOLI ALLO SVILUPPO DELLE PMI
TROPPA BUROCRAZIA E RESTRIZIONE DEL CREDITO?
Le nostre linee guida per ridurre lo svantaggio competitivo

Sandro Salmoiraghi
Presidente Piccola Industria Confindustria
s.salmoiraghi@confindustria.it

Che l'economia italiana stia attraversando un momento difficile è purtroppo un dato di fatto. Una crisi che dura da molto tempo e che ha colpito, nonostante la maggiore capacità di reazione ai cambiamenti e la specializzazione in settori di nicchia, anche le piccole e medie imprese. Dimensioni aziendali troppo ridotte non consentono più di fronteggiare adeguatamente, con prodotti e servizi innovativi, i nostri competitors, e rendono quindi vitale intraprendere un percorso di crescita. Uno sviluppo non necessariamente dimensionale ma che può essere verticalizzato, per strade parallele, strutturando reti commerciali a disposizione delle aziende. L'esperienza dei Confidi, dei Consorzi Export e dei Consorzi Energia ha dato grandi risultati e maggiori dovrebbe darne in futuro se continueremo ad evolvere in sintonia con i bisogni delle imprese. L'evoluzione dei mercati è talmente rapida che impone di essere veloci anche nel modificare quegli aspetti che ci apparivano collaudati e funzionanti ed è per questo che è necessario, e urgente, rimuovere i vincoli che frenano la vitalità e la crescita delle Pmi. Tra gli ostacoli che come imprenditori ci troviamo quotidianamente ad affrontare, primo fra tutti, è l'eccesso di adempimenti burocratici. È risaputo come gran parte della perdita di competitività del nostro paese sia dovuta all'incapacità di modernizzare le funzioni pubbliche, alla complessità di norme e all'ingerenza dell'Amministrazione Pubblica nella vita quotidiana delle imprese. Il privato continua a sorreggere il pubblico ma non abbastanza per salvare il paese da una competitività decrescente che rischia di farci arrivare in zona retrocessione.
Come Confindustria abbiamo realizzato un documento su una materia così complessa come la semplificazione e abbiamo individuato tre importanti linee di intervento: la semplificazione amministrativa, la formazione e l'innovazione tecnologica. Semplificare per mettere l'imprenditore nelle condizioni di poter svolgere il proprio lavoro nel rispetto di poche e certe regole, per gestire e per ampliare la propria azienda, e per garantire dei tempi di start up d'impresa che siano compatibili con quelli esistenti negli altri paesi che competono con noi. Fare formazione in quanto non si può pensare di migliorare la competitività del paese se non si interviene con forza sulla crescita delle persone addette alla gestione della Pubblica Amministrazione e al dialogo con il mondo imprenditoriale. Introdurre l'innovazione tecnologica per avere una pubblica amministrazione capace di erogare servizi in forma innovativa.
Pesa sulle imprese il carico fiscale che andrebbe alleggerito mediante semplici ed efficaci riforme che non richiedano di spendere in adempimenti più di quanto ottenuto dalla riduzione della pressione fiscale. L'Ires ci allinea agli standard europei e migliora la nostra capacità di attrarre investimenti ma non riusciamo ancora a intravedere quella riduzione della pressione fiscale che ci attendevamo e per la quale sono indispensabili sia una consistente contrazione dell'Irap, cominciando dalla componente del costo del lavoro, che una revisione della Thin Capitalization.

Anche nel campo del credito e della finanza aziendale il momento che stiamo vivendo è critico. Il caso Parmalat induce un clima di sfiducia e produce gravi ripercussioni negative sulla ripresa economica. C'è chi parla di rischio-paese, di inaffidabilità del sistema Italia e chi utilizza la crisi Parmalat per mettere sotto accusa il capitalismo italiano, in particolare quello familiare. Ma è ingiusto pensare che il sistema imprenditoriale italiano sia malato. I crack finanziari sono "danni collaterali" in un sistema che si globalizza nei mercati ma non ancora nelle regole e nei controlli e che offre, quindi, più spazio e maggiori possibilità a chi vuole comportarsi male. In questo contesto occorre intervenire con grande rapidità, rigore e severità per prevenire e reprimere gli abusi, le scorrettezze, le anomalie che rendono poco trasparenti i mercati finanziari e minano la fiducia dei risparmiatori. In Italia ci sono migliaia di piccoli imprenditori che rischiano di tasca propria. Sarebbe estremamente imprudente, quindi, se oggi gli istituti finanziari chiudessero i rubinetti del credito al sistema imprenditoriale, soprattutto alle piccole aziende. Attualmente sembra infatti che molti istituti di credito stiano chiedendo il rientro alle aziende che sono arrivate al massimo dell'esposizione bancaria. Un comportamento che ha l'effetto di mettere in difficoltà le imprese proprio in vista della ripresa. Il sistema italiano è sano e va aiutato nella crescita. E in un momento nel quale si comincia a intravedere uno spiraglio di miglioramento, bisogna sostenere le realtà sane senza introdurre ulteriori vincoli al credito bancario, che purtroppo è l'unico fattore di finanziamento per le imprese. Le nostre aziende, infatti, risultano mediamente molto più indebitate con le banche rispetto alle imprese di altre nazionalità: l'incidenza dei debiti sul fatturato italiano è doppia rispetto a quella degli americani e spagnoli e quadrupla rispetto a quella dei tedeschi e dei francesi. È fondamentale, quindi, allargare il mercato, favorire e non ostacolare la disintermediazione dei rapporti tra imprese e risparmio rispetto alle banche, evitare il ritorno alla dipendenza delle Pmi dal credito bancario e favorire, invece, quelle condizioni, come la possibilità per le srl di emettere obbligazioni, che rendano il mercato del capitale di rischio più accessibile e che consentano sia una diversificazione delle fonti che un rafforzamento patrimoniale. Proprio per questo continueremo a supportare le aziende nella verifica del rating aziendale, nelle modalità di finanziamento e di accesso al credito previste dal nuovo codice delle società e nel promuovere l'utilizzo di finanziamenti a medio e lungo termine con l'introduzione di prodotti finanziari dedicati. Solo imprese più solide dal punto di vista patrimoniale sono, infatti, in grado di impostare programmi di ricerca, d'innovazione o strategie di internazionalizzazione di medio e lungo periodo. In questa fase, nella quale la capacità di competere si gioca su mercati sempre più ampi e agguerriti, è necessario puntare su politiche di innovazione di prodotto e di controllo dei costi di produzione per poter operare almeno nelle stesse condizioni dei concorrenti. Ed è indispensabile anche razionalizzare l'utilizzo delle risorse disponibili per l'internazionalizzazione, indirizzandole verso i canali che possono realmente essere di aiuto e di supporto, specializzando gli interventi dei vari attori, anche tenendo conto delle diverse esigenze della nostra realtà produttiva. Ci sono aziende che hanno bisogno di estendere la rete commerciale, altre che devono delocalizzare la produzione. Questo significa che non possiamo tagliare un abito che vada bene per tutti. Non siamo troppo piccoli per competere nel mercato globale: l'utilizzo di internet, l'aggregazione in consorzi, le reti di distribuzione dei prodotti possono permettere anche alle imprese più piccole di operare sugli importanti bacini di offerta costituiti dai grandi paesi oltreoceano. Proprio per questo è prioritario aiutare le aziende a intraprendere percorsi di sviluppo adeguati affinché l'elevato numero di piccole e medie imprese che caratterizza il Paese continui a rappresentare la forza del Sistema Italia.

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