IL DECRETO LEGISLATIVO N° 195/2003
UN RILEVANTE PASSO VERSO LA SICUREZZA
Fondere la cultura della prevenzione con quella
aziendale e del lavoro
di
Carlo Gentili
Ricercatore Documentarista DRE
carlo.gentili@ispesl.gov.it
Tra le censure espresse dalla Corte di Giustizia Europea nei confronti
del nostro sistema normativo di recepimento delle disposizioni comunitarie
in materia di miglioramento della sicurezza e della salute nei luoghi
di lavoro, riassunte nella sentenza della stessa Corte del 15 novembre
2001, si evidenzia, per significato e importanza, quella riguardante
l'inadeguata determinazione delle capacità e delle attitudini
che deve possedere il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi professionali.
In realtà, una scarna individuazione di tali caratteristiche
era contenuta nell'art. 8, comma 2, del Decreto Legislativo n.626/94,
che richiedeva per lo svolgimento del ruolo semplicemente il possesso
di attitudini e capacità adeguate, rinviando di fatto alla scelta
del datore di lavoro, nel migliore rispetto dell'aggettivo "adeguate",
l'accertamento delle caratteristiche soggettive dello stesso Rspp, Responsabile
Servizi di Prevenzione e Protezione.
Anche se utile e opportuna nella fase iniziale di costituzione dei
sistemi di gestione della sicurezza, tale disposizione è stata
da sempre oggetto di discussione, con la conclusione di doverne rivedere
la formulazione per definire in modo appropriato e oggettivo le abilità tecniche
e culturali di coloro a cui vanno affidate la programmazione e la gestione
della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le particolarità della fattispecie e la difficoltà di
individuazione di profili professionali adeguati ai livelli di responsabilità cui
sono chiamati a operare i nuovi soggetti della sicurezza hanno reso
comprensibilmente arduo il cammino della nuova normativa, irto di accesi
confronti e di opposte considerazioni e proposte.
Il dibattito si è concluso con il Decreto Legislativo n.195/2003,
approvato dal Governo su espressa delega del Parlamento, conferitagli
dall'art. 21 della legge comunitaria per l'anno 2001. Grazie a tale
decreto sono state finalmente recepite le eccezioni comunitarie, con
il risultato di produrre una norma che integra e modifica in modo saliente
quanto contenuto nel Decreto Legislativo n.626/94 riguardo alla figura
del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
A ciò va aggiunta l'introduzione di un articolo 8 bis sulle capacità e
i requisiti professionali che debbono possedere sia gli addetti che
i responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni
all'azienda.
Si tratta di disposizioni fondamentali e, come si è evidenziato,
molto attese, che regolamentano una materia complessa e di non semplice
interpretazione, e, perciò stesso, oggetto nella fase di attuazione
di un concitato confronto, simile a quello determinatosi in sede di
elaborazione, con richieste di chiarimenti e anche di modifiche e integrazioni
del testo promulgato.
Nelle more di pronunce ufficiali a livello congiunto Governo-Regioni
sui problemi applicativi delle nuove disposizioni, ci piace inserirci
nella discussione in atto con alcune considerazioni di tipo costruttivo
che, richiamando i principi sui quali è impostata l'azione tesa
a realizzare negli ambienti di lavoro migliori condizioni di sicurezza
e di tutela della salute del lavoratore, intende evidenziare positivi
aspetti di coerenza del Decreto Legislativo n. 195/03 con detti principi,
suscettibili di fornire anche utili indicazioni comportamentali nella
fase della sua applicazione.
Questi scaturiscono dalla nuova prevenzione di tipo soggettivo introdotta
a livello comunitario dalla Direttiva 89/391 CEE che ha individuato
un sistema di gestione degli interventi di prevenzione e protezione
nei luoghi di lavoro guidato da una costante attenzione alla evoluzione
tecnologica, basato su principi di ergonomia del lavoro, sulla programmazione
degli interventi di prevenzione e protezione, e indirizzato da scelte
di partecipazione e collaborazione per le quali il datore di lavoro
e il lavoratore sono insieme protagonisti e soggetti attivi delle complessive
iniziative di tutela.
Il Decreto Legislativo n. 626/94, che ha recepito in ambito nazionale
la su indicata direttiva, ha infatti stabilito la costituzione in azienda
di un sistema di gestione della sicurezza permanente e organico, diretto
all'individuazione, valutazione e controllo costante dei fattori di
rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori attraverso l'organizzazione
di un servizio di prevenzione e protezione, nonché la partecipazione
dei lavoratori e dei loro rappresentanti all'individuazione e attuazione
della attività di tutela.
Esso configura così un sistema che coniuga le precedenti disposizioni
fondate sulla sicurezza tecnologica di tipo oggettivo con le nuove norme
di tipo soggettivo basate sull'azione cooperativa tra soggetti incaricati
di assumere funzioni e compiti essenziali per garantire l'incolumità dei
lavoratori.
In tale quadro organizzativo e gestionale assumono, pertanto, fondamentale
rilievo la capacità dei nuovi soggetti della sicurezza di saper
valutare i rischi presenti in azienda, e di individuare le più adeguate
soluzioni tecniche necessarie a eliminarli o ridurli, l'adeguata preparazione
degli stessi a svolgere il proprio ruolo nonché la loro attitudine
a stabilire rapporti di collaborazione necessari a fornire all'opera
di prevenzione l'indispensabile apporto partecipativo.
Per quanto attiene alla valutazione dei rischi, si sottolinea quanto
evidenziato dalla Corte di Giustizia delle Comunità europee,
in una delle tre censure espresse nella citata sentenza del 15 novembre
2001, per la quale i rischi da individuare sono tutti quelli presenti
nell'ambiente di lavoro.
I soggetti incaricati di effettuare detta valutazione devono necessariamente
possedere una conoscenza approfondita dell'ambiente di lavoro e dei
possibili rischi in esso presenti.
Un adeguato livello di preparazione deve essere anche acquisito dai
rappresentanti dei lavoratori e dagli stessi dipendenti se si vuole
attivare il metodo partecipativo che costituisce, come rilevato, un
connotato essenziale delle nuove attivi tà di prevenzione e protezione.
La stessa capacità di stabilire momenti di collaborazione tra
i soggetti della sicurezza, pur considerando che essi possano naturalmente
esprimersi in virtù di proprie predisposizioni, va indubitabilmente
suscitata nei soggetti incaricati di praticarla.
Queste considerazioni evidenziano l'importanza e l'essenzialità delle
azioni di sostegno di informazione e formazione, che devono riguardare
tutti i soggetti della sicurezza, e che assumono un ruolo fondamentale
sia per l'avvio che per il consolidamento del processo gestionale e
degli interventi operativi in materia di prevenzione e protezione dai
rischi.
In particolare, la formazione può senz'altro definirsi, come
da più parti evidenziato, il caposaldo dell'intero sistema di
prevenzione e di salvaguardia dell'integrità psico-fisica dei
lavoratori. Con riferimento a quanto finora rilevato si ritiene di poter
affermare che quello definito dal Decreto Legislativo n.195/03, pur
con tutti i suoi limiti oggettivi, costituisce un testo coerente con
i presupposti che caratterizzano la nuova prevenzione di tipo soggettivo
di grande rilievo formale e sostanziale.
Si richiede, infatti, che gli addetti e i responsabili dei servizi
di prevenzione e protezione siano capaci di gestire la sicurezza e la
tutela della salute in azienda secondo la nuova filosofia prevenzionale
e che debbano essere perciò adeguatamente formati, sia sul piano
culturale che su quello tecnico-professionale, acquisendo, in aggiunta
alla propria preparazione scolastica, l'ulteriore livello di conoscenza
indispensabile per effettuare la valutazione di tutti i rischi presenti
sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative specifici
del settore in cui intendono svolgere le proprie funzioni.
La richiesta adeguatezza si ritiene debba essere acquisita attraverso
un'idonea formazione che diventa così, come già evidenziato
pocanzi, l'elemento indispensabile e obbligatorio, nonché di
carattere continuo, capace di conferire la
expertise necessaria a svolgere con piena efficacia il proprio ruolo.
Sono così previsti corsi abilitanti di tipo tecnico, con verifica
dell'apprendimento, per tutti coloro che, in possesso almeno di un diploma
di istruzione secondaria superiore, intendono svolgere l'attività di
addetto o di responsabile dei servizi di prevenzione e protezione, sulla
base di programmi formativi i cui indirizzi e requisiti minimi sono
individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Chi ha già acquisito le richieste capacità e professionalità di
tipo tecnico mediante il conseguimento del diploma di Laurea triennale
in "Ingegneria della sicurezza e protezione" o in "Scienze
della sicurezza e protezione" o di "Tecnico della prevenzione
nell'ambiente e nei luoghi di lavoro" è, ovviamente, esonerato
dal frequentare i su indicati corsi di formazione.
In particolare, coloro che intendono svolgere la funzione di responsabile
del servizio di prevenzione e protezione debbono anche frequentare un
corso di formazione di tipo gestionale, anch'esso con verifica dell'apprendimento
e definito in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni, al fine di
acquisire l'ulteriore capacità valutativa inerente i rischi di
natura ergonomica e psico-sociale, la conoscenza delle modalità di
organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative
nonché delle tecniche di comunicazione in azienda e delle relazioni
sindacali.
È evidente il rispetto da parte del testo di legge dei principi
che sono alla base della prevenzione soggettiva per i quali il Responsabile
Servizio di Prevenzione e Protezione deve saper coniugare la conoscenza
tecnica della sicurezza del lavoro con la capacità di attivare
e sviluppare rapporti di cooperazione con i lavoratori, i dirigenti
e gli altri soggetti della prevenzione e di saper pianificare con essi
le iniziative da assumere motivando e gestendo adeguatamente le risorse
economiche e umane, con la sensibilità di percepire anche i fattori
di rischio che possono provocare danni di carattere biologico-psichico
quali stress, burnout, mobbing. Inoltre va rilevato come i corsi gestionali
non costituiscano solo un ulteriore e davvero significativo approfondimento
di nuove importanti tematiche.
Nella loro frequentazione è prevista la possibilità di
conseguire, attraverso un processo di formazione adeguato al compito
da svolgere, la necessaria attitudine allo svolgimento del ruolo come
capacità acquisita mediante un'idonea preparazione tecnico-culturale.
Nel rispetto del principio della formazione continua la norma stabilisce
anche le modalità dell'aggiornamento formativo: per esso i responsabili
e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a
frequentare corsi di aggiornamento con cadenza quinquennale secondo
indirizzi anch'essi definiti in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni.
Peraltro, la formazione assume un rilievo discretivo e determinante
anche nella fase transitoria. Al comma 2 dell'art.3 del decreto si specifica,
infatti, che, nelle more dell'istituzione dei corsi di formazione tecnici
e gestionali, possono svolgere l'attività di addetto o di responsabile
del servizio di prevenzione e protezione coloro che, in possesso di
un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria
superiore, abbiano frequentato corsi di formazione rispondenti ai contenuti
minimi previsti dalla normativa vigente, organizzati da enti e organismi
pubblici o da altri soggetti ritenuti idonei dalle Regioni.
Anche se il riferimento ai contenuti minimi appare insoddisfacente,
il riferimento alla necessità del possesso di una adeguata formazione
non perde di valore soprattutto se si tiene conto che si tratta di una
condizione transitoria e che la formazione dovrà essere ripetuta
a regime una volta istituiti i corsi tecnici e gestionali.
Pur rispettando tutte le critiche mosse al decreto in questione,
sia con riguardo all'esiguità dell'elenco dei titoli accademici
il cui possesso esonera dalla frequenza dei corsi che alla possibilità di
svolgere le attività di addetto o di responsabile solo da parte
di coloro che, pur non in possesso del diploma di istruzione secondaria
superiore, dimostrino di aver svolto le predette funzioni da almeno
sei mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto, che indubbiamente
richiedono interpretazioni e precisazioni autentiche, ci sembra che
il problema più urgente sia costituito non dalla modifica del
provvedimento, ma dalla necessità di accelerarne l'attuazione.
Come evidenziato, tutto ruota intorno all'istituzione di un sistema
formativo che sia capace di suscitare e infondere la nuova cultura della
sicurezza nei nuovi soggetti della prevenzione, stabilizzandola a livello
di sistema.
Un soggetto tale da fondere la cultura della prevenzione con quella
aziendale del lavoro facendo sì che ogni scelta organizzativa
e processo lavorativo contengano in se stessi comportamenti operativi
dei lavoratori soggettivamente sicuri. Questa sfida, già presente
nel nuovo sistema d'interventi in materia di prevenzione e sicurezza,
viene riproposta su un versante più impegnativo e di carattere
propedeutico.
I Ministeri competenti, le Regioni e gli Istituti centrali della
prevenzione sono chiamati a mettere insieme le loro conoscenze ed esperienze
affinché si possa procedere speditamente sulla strada della istituzione
dei corsi e della definizione delle loro modalità di effettuazione
e gestione.
Su questo versante l'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza
del Lavoro è pronto a svolgere sia il ruolo di ente formatore
che quello di organo di consulenza in materia prevenzione e protezione
nei luoghi di lavoro, ed è aperto alla collaborazione sinergica
con altre strutture della sicurezza, pubbliche e private, per il conseguimento
dei comuni obiettivi identificabili nell'abbattimento degli infortuni
e nella salvaguardia della salute dei lavoratori. |