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  Dicembre 2012

Articoli - n° 4 Maggio 2004
 



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QUANDO IL GIUDICE SMENTISCE IL MEDICO

LA RIFORMA URBANISTICA IN CAMPANIA
A BREVE LE NUOVE REGOLE

LA RIFORMA URBANISTICA IN CAMPANIA
A BREVE LE NUOVE REGOLE
È necessario dare più spazio agli economisti in questo settore

LUIGI D’ANGIOLELLA
Avvocato Amministrativista
studiodangiolella@tin.it

E' in corso, presso la Regione Campania, un articolato approfondimento del disegno di legge riguardante la nuova normativa urbanistica regionale. Lo scopo è far approdare in tempi brevi in Consiglio una legge che si attende da anni, nello strategico settore della programmazione del territorio. Tenuto conto della nota difficoltà del Consiglio Regionale attuale nel legiferare, non sarà un'impresa facile aprire la discussione su di un tema che solo apparentemente è tecnico, ma che invece coinvolge i settori più disparati ed è capace, altresì, di modificare il tradizionale assetto dei rapporti tra i diversi livelli istituzionali locali. Bisogna dare atto all'Assessorato regionale all'Urbanistica di spingere forte in questa direzione, con un’effervescenza sul piano delle proposte, sicuramente inusuale nello scenario degli ultimi anni. E infatti, la Regione Campania, pur avendo la potestà legislativa in materie decisive per la nostra società (turismo, urbanistica, trasporti, sanità), non brilla certo per produzione legislativa, tanto che da anni si attendono riforme che non arrivano. Né la riforma del titolo V della Costituzione - con rinnovate competenze alle Regioni - ha migliorato questo trend storico negativo. In questo panorama, dunque, l'iniziativa promossa dall'Assessorato all’Urbanistica della Regione Campania sicuramente si nota, e segue le già approvate leggi in tema di edilizia (n. 19/01) che ha accelerato e snellito i procedimenti per giungere al rilascio dei titoli abilitativi, e la legge in tema di controllo dell'attività edilizia nelle zone a rischio Vesuvio (n. 21/03), uno dei pochi esempi italiani di prevenzione legislativa in materia di protezione civile. A quasi vent'anni dalla sua approvazione, la precedente normativa regionale in materia urbanistica (L.R. 14/82), pur essendo stata per anni valida, perché scritta bene e razionale nel suo impianto, figlia del resto di un brillante tecnico come il professor Guido D'Angelo, presenta oggi i suoi limiti. La velocizzazione dei processi decisionali, la riforma dell'organizzazione degli enti locali, introdotta dalla L.142/90, hanno indubbiamente inciso. Ad esempio, la nuova legge sugli enti locali ha relegato ad un ruolo più marginale il Consiglio Comunale, organo, invece, che la L.R. 14/82 pone sempre al centro di ogni passaggio urbanistico. Inoltre, la legge è ormai datata anche per la circostanza, ineludibile, di non prevedere strumenti che sono stati introdotti successivamente. Le lacune odierne, infatti, riguardano anche istituti che sono entrati di forza nel settore dell'urbanistica, quali, ad esempio, gli accordi di programma, le società di trasformazione urbana o le procedure accelerate di variante ai piani regolatori previste nel decreto legislativo 112/98 che ha introdotto lo "sportello unico per le imprese". Inoltre, si avverte l'esigenza di disciplinare gli strumenti per armonizzare la pianificazione con ben tre leggi di condono edilizio che si sono alternate nell'ultimo ventennio. Una "rispolverata" sul delicatissimo settore della pianificazione del territorio è, dunque, necessaria. Il testo del disegno di legge oggi all'attenzione della competente Commissione consiliare regionale, presenta importanti novità. Vengono, innanzitutto, disciplinati e separati i diversi livelli di programmazione territoriale, con ampio e rinnovato potere ai Comuni, che sono poi gli unici enti esponenziali delle relative collettività (art. 1 T.U. 267/00), anche se sono previsti decisi snellimenti ai procedimenti per giungere all'approvazione dei Piani regolatori generali (che si chiameranno P.U.C. - Piani urbanistici comunali), con termini più stretti e maggiore assunzione di responsabilità da parte dei protagonisti. Il nuovo disegno di legge regola e disciplina le possibili interferenze tra le diverse pianificazioni, anche quelle di tipo paesaggistico, che hanno provocato tante occasioni di dibattito e di… lavoro per avvocati. Viene per la prima volta affrontato e disciplinato l'innovativo istituto della "perequazione urbanistica", e cioè quella forma di equità, che in passato ha trovato sfogo solo in sparute sentenze, secondo cui bisogna distribuire tra i proprietari di immobili interessati dalla trasformazione urbanistica, diritti edificatori e obblighi nei confronti del Comune o di altri enti aventi titolo. Si tratta in altre parole di un sistema - speriamo efficace - che dovrebbe limitare quella ingiusta pratica secondo cui, specie nei piccoli centri, l'introduzione del piano regolatore è una maniera per colpire taluni e favorire altri, creando quei contrasti che sono, probabilmente, la vera causa della enorme lentezza e difficoltà ad approvare i nuovi piani urbanistici. Per la prima volta, poi, viene data decisiva importanza alla qualità architettonica dei progetti e alla valorizzazione dell'ambiente, elementi questi di grande importanza in una Regione che, purtroppo, in passato si è distinta per il contrario. In questo senso vi sarà grande attenzione alle specifiche realtà territoriali e di questo saranno senz'altro contenti coloro che vedono nella mancanza di regole certe e di precisi riferimenti normativi il degrado delle nostre città. Infine, vengono disciplinati dettagliatamente gli Accordi di programma - che possono comportare anche varianti ai piani regolatori - e le società di trasformazione urbana, e cioè le due forme più importanti di "urbanistica" contrattata, con l'intervento dei privati nei processi di pianificazione del territorio. Naturalmente, non sono tutte rose e fiori. Infatti, una critica che si può muovere all'attuale (e provvisorio) impianto della legge, è quella di inquadrare in maniera troppo tradizionale gli strumenti urbanistici. Oggi il governo del territorio non può solo essere materia per urbanisti in senso classico (giuristi, architetti, ingegneri) ma richiede altre e diverse competenze, perché la società è diventata più complessa. Accanto agli specialisti dell'ambiente (materia questa valorizzata dal disegno di legge attuale) c'è bisogno, però, anche di una visione da economisti, perché sempre di più il piano regolatore del territorio è, o dovrebbe essere, il programma economico di una collettività. Spero non si perda l'occasione della nuova legge per un ulteriore cambio di passo rispetto al passato, rendendosi conto che un buon piano regolatore può essere il volano economico di una città. Non basta snellire i procedimenti e prevedere forme di tutela più accorte. Il piano urbanistico deve immaginare anche il futuro economico delle comunità e regolarne le vocazioni. Bisogna riflettere e motivare con specifiche competenze economiche prima di prevedere aree industriali nelle città a vocazione solo turistica, o piuttosto per alberghi ove, invece, c'è bisogno di fabbriche o di suoli agricoli. Forse basterebbe inserire tra gli allegati al futuro PUC anche quello delle indagini di mercato e delle vocazioni economiche delle comunità, dei veri e propri business plan, facilitando, così, sotto il profilo urbanistico, eventuali dismissioni aziendali oppure nuove iniziative imprenditoriali che il territorio è capace di intuire prima e, quindi, di favorire programmando. Ovviamente, tenendo conto della velocità che governa gli odierni processi economici, si tratta di prevedere strumenti flessibili e non vincolanti. Sotto questo profilo, la Campania avrebbe una legislazione assolutamente d'avanguardia in linea, del resto, con quella di molti paesi europei.

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