I PATTI PARASOCIALI
NUOVI ASPETTI E VECCHI PROBLEMI
LOGICA AZIENDALE
E TUTELA DELLA SALUTE
QUANDO IL GIUDICE SMENTISCE IL MEDICO
LA RIFORMA
URBANISTICA IN CAMPANIA
A BREVE LE NUOVE REGOLE
LOGICA AZIENDALE E TUTELA DELLA SALUTE
QUANDO IL GIUDICE SMENTISCE IL MEDICO
Desta grande interesse una ordinanza
dello scorso mese di marzo
LORENZO
IOELE
Docente Diritto Sicurezza Sociale - Università degli
Studi di Salerno
avvocato.ioelelorenzo@tin.it
Merita di essere segnalata l'ordinanza pronunziata dal
Giudice del lavoro presso il Tribunale di Salerno il 31/3/2004 che riveste
un notevole interesse in considerazione di casi che frequentemente si
verificano. Nella fattispecie esaminata dal Giudice del lavoro il medico
competente aveva ritenuto che il lavoratore fosse idoneo alle mansioni di
operaio prescrivendo, peraltro, l'esclusione dalla movimentazione dei carichi.
La gestione dei giudizi di idoneità con prescrizione implica problemi
di non poco conto per il datore di lavoro nella gestione della forza lavoro.
Nel caso di cui trattasi, infatti, la mansione specifica del lavoratore
implicava necessariamente la movimentazione dei carichi e l'Azienda non
aveva all'interno della propria organizzazione mansioni che consentissero
l'utilizzazione della sua residua capacità lavorativa sicché il
giudizio di idoneità era del tutto astratto mentre sul piano dei
fatti comportava una obiettiva inidoneità. La situazione era dunque
difficoltosa dal punto di vista del datore di lavoro perché da un
lato, vi è l'obbligo
di rispettare la prescrizione del medico competente per non ledere il
diritto alla salute del lavoratore subordinato incorrendo nelle conseguenti
responsabilità.
D'altro lato vi è una situazione obiettiva di necessità di
salvaguardia dell'interesse aziendale poiché non è possibile
consentire il mantenimento in servizio, con il pagamento della retribuzione,
di un dipendente che non è in condizioni di eseguire le sue mansioni
e tanto meno è concepibile, in una logica di corretta gestione aziendale,
erogare la retribuzione senza ricevere la corrispettiva prestazione di
lavoro. Occorre, infatti, ricordare che anche nel contratto di lavoro vige
il principio della corrispettività nel senso che, in mancanza di
prestazione, viene meno il diritto alla retribuzione, salvo che nelle ipotesi
specificamente previste dalla legge e che la sopravvenuta inidoneità può legittimare
il licenziamento. Secondo la giurisprudenza «In caso di sopravvenuta
infermità permanente del lavoratore, l'impossibilità della
prestazione lavorativa quale giustificato motivo di recesso del datore
di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (art. 1 e 3 l. n. 604 del
1966 e art. 1463 e 1464 c.c.) non è ravvisabile per effetto della
sola ineseguibilità dell'attività attualmente svolta dal prestatore
di lavoro, perché può essere esclusa dalla possibilità di
adibire il lavoratore ad una diversa attività, che sia riconducibile
- alla stregua di un'interpretazione del contratto secondo buona fede
- alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103
c.c.) o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché tale
diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto
organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore». (Cass.,
Sez. Un., 7755/98). Il problema si pone dunque nei casi in cui, non esistendo
soluzioni alternative, deve ipotizzarsi un recesso dal rapporto di lavoro.
Solo che, a tali fini, deve essere rammentato che il provvedimento del
medico competente non è un provvedimento definitivo in quanto l'art.17,
comma 4°, del d.l.vo 19 settembre 1994 n.626 prevede la possibilità di
ricorrere, entro trenta giorni dalla data della sua comunicazione, all'organo
di vigilanza territorialmente competente. É ben vero che il Giudice
- in un eventuale procedimento giudiziario - potrà avvalersi di una
apposita consulenza medica, tuttavia prudenza impone di esaurire il procedimento
di cui sopra, soprattutto in casi in cui è applicabile la disciplina
della reintegrazione nel posto di lavoro; l'organo collegiale potrebbe
anche opinare in termini diversi da quelli del medico competente facendo
venire meno la motivazione del licenziamento. In caso di ricorso all'organo
di vigilanza, poi, al termine di trenta giorni si aggiungono i tempi di
decisione di tale organo. Durante tale periodo l'azienda si trova nella
condizione di non poter utilizzare la prestazione di lavoro nelle mansioni
originarie per effetto della prescrizione del medico competente senza avere
la possibilità di
una utilizzazione alternativa del lavoratore, la cui presenza in azienda
oltretutto potrebbe, in un eventuale successivo giudizio, essere strumentalizzata
quale segnale di esistenza di una utilizzabilità del lavoratore in
attività diverse da quelle in precedenza svolte. Nel caso esaminato
dal Giudice del lavoro di Salerno, l'azienda non appena ricevuta la comunicazione
ha immediatamente disposto la sospensione del lavoratore ed ha proposto
essa stessa il ricorso all'organo di vigilanza. La controversia è sorta
perché il lavoratore ha impugnato tale provvedimento di sospensione
lamentando il mancato pagamento della retribuzione. Nelle more del procedimento
d'urgenza l'organo di vigilanza ha rivisto il giudizio del medico competente
affermando la sostanziale idoneità del lavoratore alle mansioni alle
quali era stato assegnato sicché il Giudice si è dovuto pronunziare,
su esplicita istanza del ricorrente, al solo fine di stabilire se le
spese legali dovessero essere pagate dall'azienda oppure no. E allora il
Giudice del lavoro di Salerno ha affrontato al questione della legittimità o
meno del provvedimento aziendale ed ha ritenuto che «sia legittimo
e giustificato il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa
adottato». ed ha sottolineato che l'azienda «ha minuziosamente
descritto nella sua comparsa le varie posizioni lavorative precisando
che quelle manuali comportano tutte la movimentazione di carichi e che le
altre amministrative sono di contenuto professionale superiore». Dopo
aver chiarito le diverse posizioni delle parti il Giudice è giunto
al punto fondamentale del provvedimento affermando che «la lettura
che di detta valutazione medica fa il ricorrente è parziale e fuorviante
dal momento che è stato espresso un giudizio astrattamente positivo
per lo svolgimento delle mansioni di operaio, giudizio che, in concreto
diventa negativo considerando che tutte le mansioni riconducibili alla
posizione lavorativa dell'operaio esistenti in azienda comportano la necessità di
movimentazione manuale dei carichi e, pertanto, trovandosi di fronte
ad un primo giudizio sostanziale di inidoneità, l'azienda ha legittimamente
sospeso dal lavoro il ricorrente per poi riammetterlo nelle stesse mansioni
a seguito del secondo giudizio medico espresso dalla commissione…».
La sospensione dal servizio dunque costituisce un meccanismo utilizzabile
nei cennati casi in modo da consentire un approfondimento sullo stato
di salute del lavoratore contemperando gli interessi di entrambe le parti
prima dell'adozione della decisone finale da parte dell'azienda. V'è da
dire, però, che nello svolgimento del suo ruolo il medico competente
dovrebbe esprimere giudizi più specifici e non limitarsi ad affermazioni
di sapore pilatesco sancendo l'idoneità con limitazioni in termini
tali, però, da non consentire lo svolgimento della mansione. Il medico
competente, infatti, è definito tale poiché - per quelle che
sono le sue funzioni (vedi art.17 d.l. 626/1994) - dovrebbe avere una
particolare competenza in ordine alle caratteristiche del processo produttivo
aziendale. Egli dunque deve esprimere il giudizio di idoneità alle
mansione specifica al lavoro senza limitarsi ad affermazioni astratte di
idoneità con
limitazioni che, sul piano dei fatti, rendono impossibile l'esecuzione
della mansione. |