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  Dicembre 2012

Articoli - n° 4 Maggio 2004
 



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I PATTI PARASOCIALI
NUOVI ASPETTI E VECCHI PROBLEMI

LOGICA AZIENDALE E TUTELA DELLA SALUTE
QUANDO IL GIUDICE SMENTISCE IL MEDICO

LA RIFORMA URBANISTICA IN CAMPANIA
A BREVE LE NUOVE REGOLE

LOGICA AZIENDALE E TUTELA DELLA SALUTE
QUANDO IL GIUDICE SMENTISCE IL MEDICO
Desta grande interesse una ordinanza dello scorso mese di marzo

LORENZO IOELE
Docente Diritto Sicurezza Sociale - Università degli Studi di Salerno
avvocato.ioelelorenzo@tin.it

Merita di essere segnalata l'ordinanza pronunziata dal Giudice del lavoro presso il Tribunale di Salerno il 31/3/2004 che riveste un notevole interesse in considerazione di casi che frequentemente si verificano. Nella fattispecie esaminata dal Giudice del lavoro il medico competente aveva ritenuto che il lavoratore fosse idoneo alle mansioni di operaio prescrivendo, peraltro, l'esclusione dalla movimentazione dei carichi. La gestione dei giudizi di idoneità con prescrizione implica problemi di non poco conto per il datore di lavoro nella gestione della forza lavoro. Nel caso di cui trattasi, infatti, la mansione specifica del lavoratore implicava necessariamente la movimentazione dei carichi e l'Azienda non aveva all'interno della propria organizzazione mansioni che consentissero l'utilizzazione della sua residua capacità lavorativa sicché il giudizio di idoneità era del tutto astratto mentre sul piano dei fatti comportava una obiettiva inidoneità. La situazione era dunque difficoltosa dal punto di vista del datore di lavoro perché da un lato, vi è l'obbligo di rispettare la prescrizione del medico competente per non ledere il diritto alla salute del lavoratore subordinato incorrendo nelle conseguenti responsabilità. D'altro lato vi è una situazione obiettiva di necessità di salvaguardia dell'interesse aziendale poiché non è possibile consentire il mantenimento in servizio, con il pagamento della retribuzione, di un dipendente che non è in condizioni di eseguire le sue mansioni e tanto meno è concepibile, in una logica di corretta gestione aziendale, erogare la retribuzione senza ricevere la corrispettiva prestazione di lavoro. Occorre, infatti, ricordare che anche nel contratto di lavoro vige il principio della corrispettività nel senso che, in mancanza di prestazione, viene meno il diritto alla retribuzione, salvo che nelle ipotesi specificamente previste dalla legge e che la sopravvenuta inidoneità può legittimare il licenziamento. Secondo la giurisprudenza «In caso di sopravvenuta infermità permanente del lavoratore, l'impossibilità della prestazione lavorativa quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (art. 1 e 3 l. n. 604 del 1966 e art. 1463 e 1464 c.c.) non è ravvisabile per effetto della sola ineseguibilità dell'attività attualmente svolta dal prestatore di lavoro, perché può essere esclusa dalla possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa attività, che sia riconducibile - alla stregua di un'interpretazione del contratto secondo buona fede - alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103 c.c.) o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore». (Cass., Sez. Un., 7755/98). Il problema si pone dunque nei casi in cui, non esistendo soluzioni alternative, deve ipotizzarsi un recesso dal rapporto di lavoro. Solo che, a tali fini, deve essere rammentato che il provvedimento del medico competente non è un provvedimento definitivo in quanto l'art.17, comma 4°, del d.l.vo 19 settembre 1994 n.626 prevede la possibilità di ricorrere, entro trenta giorni dalla data della sua comunicazione, all'organo di vigilanza territorialmente competente. É ben vero che il Giudice - in un eventuale procedimento giudiziario - potrà avvalersi di una apposita consulenza medica, tuttavia prudenza impone di esaurire il procedimento di cui sopra, soprattutto in casi in cui è applicabile la disciplina della reintegrazione nel posto di lavoro; l'organo collegiale potrebbe anche opinare in termini diversi da quelli del medico competente facendo venire meno la motivazione del licenziamento. In caso di ricorso all'organo di vigilanza, poi, al termine di trenta giorni si aggiungono i tempi di decisione di tale organo. Durante tale periodo l'azienda si trova nella condizione di non poter utilizzare la prestazione di lavoro nelle mansioni originarie per effetto della prescrizione del medico competente senza avere la possibilità di una utilizzazione alternativa del lavoratore, la cui presenza in azienda oltretutto potrebbe, in un eventuale successivo giudizio, essere strumentalizzata quale segnale di esistenza di una utilizzabilità del lavoratore in attività diverse da quelle in precedenza svolte. Nel caso esaminato dal Giudice del lavoro di Salerno, l'azienda non appena ricevuta la comunicazione ha immediatamente disposto la sospensione del lavoratore ed ha proposto essa stessa il ricorso all'organo di vigilanza. La controversia è sorta perché il lavoratore ha impugnato tale provvedimento di sospensione lamentando il mancato pagamento della retribuzione. Nelle more del procedimento d'urgenza l'organo di vigilanza ha rivisto il giudizio del medico competente affermando la sostanziale idoneità del lavoratore alle mansioni alle quali era stato assegnato sicché il Giudice si è dovuto pronunziare, su esplicita istanza del ricorrente, al solo fine di stabilire se le spese legali dovessero essere pagate dall'azienda oppure no. E allora il Giudice del lavoro di Salerno ha affrontato al questione della legittimità o meno del provvedimento aziendale ed ha ritenuto che «sia legittimo e giustificato il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa adottato». ed ha sottolineato che l'azienda «ha minuziosamente descritto nella sua comparsa le varie posizioni lavorative precisando che quelle manuali comportano tutte la movimentazione di carichi e che le altre amministrative sono di contenuto professionale superiore». Dopo aver chiarito le diverse posizioni delle parti il Giudice è giunto al punto fondamentale del provvedimento affermando che «la lettura che di detta valutazione medica fa il ricorrente è parziale e fuorviante dal momento che è stato espresso un giudizio astrattamente positivo per lo svolgimento delle mansioni di operaio, giudizio che, in concreto diventa negativo considerando che tutte le mansioni riconducibili alla posizione lavorativa dell'operaio esistenti in azienda comportano la necessità di movimentazione manuale dei carichi e, pertanto, trovandosi di fronte ad un primo giudizio sostanziale di inidoneità, l'azienda ha legittimamente sospeso dal lavoro il ricorrente per poi riammetterlo nelle stesse mansioni a seguito del secondo giudizio medico espresso dalla commissione…». La sospensione dal servizio dunque costituisce un meccanismo utilizzabile nei cennati casi in modo da consentire un approfondimento sullo stato di salute del lavoratore contemperando gli interessi di entrambe le parti prima dell'adozione della decisone finale da parte dell'azienda. V'è da dire, però, che nello svolgimento del suo ruolo il medico competente dovrebbe esprimere giudizi più specifici e non limitarsi ad affermazioni di sapore pilatesco sancendo l'idoneità con limitazioni in termini tali, però, da non consentire lo svolgimento della mansione. Il medico competente, infatti, è definito tale poiché - per quelle che sono le sue funzioni (vedi art.17 d.l. 626/1994) - dovrebbe avere una particolare competenza in ordine alle caratteristiche del processo produttivo aziendale. Egli dunque deve esprimere il giudizio di idoneità alle mansione specifica al lavoro senza limitarsi ad affermazioni astratte di idoneità con limitazioni che, sul piano dei fatti, rendono impossibile l'esecuzione della mansione.

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