RESPONSABILITA' PENALE DELLE SOCIETÀ
IL CASO SIEMENS AG
L’ESERCIZIO
DEL DIRITTO DI SCIOPERO
LE APPLICAZIONI NEL METALMECCANICO
NOVITÀ IN
TEMA DI APPALTI PUBBLICI
FIDUCIA NEL CONTRATTO
RESPONSABILITA' PENALE DELLE SOCIETÀ
IL CASO SIEMENS AG
Nuovi scenari e rischi derivanti da un’importante
ordinanza
di
Gennaro Stellato
Avvocato civilista
studiostellato@tiscalinet.it
In un articolo pubblicato nel 2003 si era già affrontata
la tematica relativa alla responsabilità penale delle società e
si erano evidenziati, in quella circostanza, i rischi che le imprese
potevano correre. In particolare si sottolineava l'importanza e il potenziale
devastante contenuto nella nuova normativa. Nella stessa analisi si poneva
l'accento poi sul fatto che solo le grandi aziende potevano riuscire in
tempi brevi a creare i cosiddetti "modelli organizzativi", gli
unici che potevano preservare (dimostrandone ovviamente l'applicazione concreta)
l'azienda stessa dalle conseguenze della nuova normativa. E ancora si metteva
in rilievo come gli imprenditori italiani tendessero a sottovalutare la
portata della nuova legge evitando di porre in essere gli strumenti necessari
previsti dalla stessa. A dimostrazione della reale esistenza dei rischi
prima indicati è arrivata,
come un fulmine a ciel sereno, l'ordinanza del GUP di Milano che, per
la prima volta, ha fatto comprendere a tutti la reale portata innovativa
della norma e le conseguenze gravissime che la stessa può provocare.
Per sintetizzare il provvedimento del GUP occorre ricordare che il Magistrato è quello
investito della vicenda Enelpower; nell'ambito del predetto procedimento
era stato ravvisato un tentativo di corruzione da parte di due dirigenti
Siemens nei confronti di due amministratori di Enelpower. In seguito
all'accertamento del fatto penalmente rilevante, il GUP Salvini ha emesso
un provvedimento, in applicazione del decreto legislativo 231/2001, con
il quale la Siemens AG è stata condannata in via cautelare ad un
anno di interdizione dalla contrattazione con la Pubblica Amministrazione.
Trattasi nella fattispecie di una sanzione interdittiva emessa nonostante
la società avesse
provveduto a rimborsare 180 milioni alla società Enel vittima dei
raggiri, che, anche a prescindere dal rilevantissimo aspetto economico,
rappresenta un punto di svolta sul quale è necessario riflettere.
Il Giudice di Milano, infatti, ha ritenuto che la Siemens non aveva adottato
un modello organizzativo vero e proprio ma si era limitata a seguire
un semplice codice etico dimostratosi totalmente inefficace tanto è vero
che nella motivazione si dichiara «l'assoluta inefficacia del modello
di controllo adottato da Siemens e l'inattività degli organi preposti
a verificarne l'osservanza, ma anche che l'ente considerava l'erogazione
di tangenti quantomeno come una possibile strategia imprenditoriale,
per l'attuazione della quale aveva anche provveduto a costituire fondi neri».
Si è, inoltre, ritenuto che la stessa società dopo l'apertura
dell'inchiesta nulla avesse fatto per adottare modelli che, anche in
via successiva, avrebbero potuto eliminare le carenze così da «fornire
risposte precise tali da poter assicurare che fosse stato adottato un
nuovo e migliore modulo organizzativo dopo la scoperta dei reati commessi
dai dirigenti, atti a prevenire il ripetersi di episodi simili e individuare
le aree di rischio esistenti». Qualche giorno dopo, sempre innanzi
il Tribunale di Milano si è avuta una nuova applicazione del D.Lgs.
231 con una sentenza di patteggiamento per quattro società implicate
nello scandalo sanità con sanzioni esclusivamente pecuniarie. In
tal caso è stata evitata l'applicazione della sanzione interdittiva
in quanto le società hanno dimostrato la loro immediata disponibilità risarcendo
il danno ed eliminando quelle carenze organizzative che avevano consentito
la commissione del reato. Trattasi quindi di situazioni che, pur in presenza
di identiche fattispecie di reato, hanno avuto un epilogo diverso in
virtù appunto
del comportamento delle società. Resta comunque la considerazione
che l'applicazione della norma appare certamente molto discrezionale
atteso che, in casi del genere, viene preso in considerazione il cosiddetto "danno
al mercato", l'incidenza cioè che il comportamento della società ha
avuto sul mercato e la libera concorrenza essendone evidente l'alterazione.
La valutazione è, quindi, sostanzialmente economica con tutto ciò che
segue da una simile impostazione. Risulta infatti evidente che l'applicazione
della misura interdittiva alla Siemens è destinata ad incidere in
misura rilevante non solo sulla società stessa che opera prevalentemente
con la Pubblica Amministrazione, ma anche e soprattutto sul mercato risultando
evidente una diminuzione della capacità imprenditoriale dell'ente
colpito dalla sanzione. Del resto lo stesso P.M., nel caso delle quattro
società che hanno richiesto il patteggiamento ha evidenziato le caratteristiche
di una legge che «non consente ai vertici di scaricare ai livelli
più bassi responsabilità che sono ascrivibili proprio a loro».
E ha proseguito rilevando che sulla questione dei modelli organizzativi
si sta procedendo in modo identico a quello in materia di infortunistica
sui luoghi di lavoro con le aziende che ritengono più conveniente
porre in essere tutti gli strumenti necessari per evitare problemi più gravi
che potrebbero portare addirittura alla chiusura dell'attività. Certamente
nel casi di Milano molto ha pesato il nome dell'azienda coinvolta e la
rilevanza economica del fatto, ma è indubbio che quelle problematiche
evidenziate ad una prima lettura della norma si sono rivelate sostanzialmente
esatte. Il punto chiave dell'intero impianto normativo è quello relativo
all'adozione di modelli organizzativi atti a scongiurare il verificarsi
di fenomeni di tal tipo e, soprattutto, la creazione di metodologie di
controllo sistematico che consentano l'effettiva applicazione dei predetti
modelli. Tale aspetto risulta ancora di difficile attuazione pratica anche
se, ad esempio, la stessa Confindustria ha creato da tempo uno schema di
modello organizzativo, peraltro portato ad esempio dallo stesso P. M. di
Milano, che potrebbe essere adottato da tutti. Il problema però è fare
in modo che tale modello sia seguito e che di quest’applicazione venga
fatto poi un reale controllo. Non era chiaro allora, e non lo è tutt’oggi,
infatti, chi dovrebbe procedervi non essendo prevista alcuna figura specifica
al riguardo: dovrebbero essere le aziende stesse, sia all'interno della
propria organizzazione, sia affidando all'esterno tale compito, in ogni
caso a provvedere in tal senso. Si tratta, però, di un punto essenziale
perché, come si è visto nel caso Siemens, è stata proprio
la mancanza di adozione di tali modelli a far adottare un provvedimento
indubbiamente grave anche sotto il profilo economico ed è anche l'unico
aspetto che lascia ampia discrezionalità al Magistrato. Credo sia
opportuna una rivisitazione della Legge non tanto sotto il profilo della
ratio, che è da tutti condivisa, quanto nei suoi aspetti pragmatici
soprattutto per evitare conseguenze irreparabili per aziende che rispetto
al colosso tedesco non sarebbero in grado di assorbire colpi così forti.
In sostanza, sarebbe necessaria una regolamentazione più dettagliata
sia in ordine ai modelli di comportamento che ai controlli sugli stessi,
essendo comunque evidente l'incertezza che riguarda tanto l'interpretazione
quanto l'applicazione della norma e risultando altresì chiaro che
la stessa non giova a nessuno poiché lascia ampi spazi ad interpretazioni
distorte le cui conseguenze non appaiono facilmente riparabili, soprattutto
in considerazione dei tempi della Giustizia italiana.
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