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  Dicembre 2012

Articoli - n° 5 Giugno 2004
 



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RESPONSABILITA' PENALE DELLE SOCIETÀ
IL CASO SIEMENS AG

L’ESERCIZIO DEL DIRITTO DI SCIOPERO
LE APPLICAZIONI NEL METALMECCANICO

NOVITÀ IN TEMA DI APPALTI PUBBLICI
FIDUCIA NEL CONTRATTO

RESPONSABILITA' PENALE DELLE SOCIETÀ
IL CASO SIEMENS AG
Nuovi scenari e rischi derivanti da un’importante ordinanza

di Gennaro Stellato
Avvocato civilista

studiostellato@tiscalinet.it

In un articolo pubblicato nel 2003 si era già affrontata la tematica relativa alla responsabilità penale delle società e si erano evidenziati, in quella circostanza, i rischi che le imprese potevano correre. In particolare si sottolineava l'importanza e il potenziale devastante contenuto nella nuova normativa. Nella stessa analisi si poneva l'accento poi sul fatto che solo le grandi aziende potevano riuscire in tempi brevi a creare i cosiddetti "modelli organizzativi", gli unici che potevano preservare (dimostrandone ovviamente l'applicazione concreta) l'azienda stessa dalle conseguenze della nuova normativa. E ancora si metteva in rilievo come gli imprenditori italiani tendessero a sottovalutare la portata della nuova legge evitando di porre in essere gli strumenti necessari previsti dalla stessa. A dimostrazione della reale esistenza dei rischi prima indicati è arrivata, come un fulmine a ciel sereno, l'ordinanza del GUP di Milano che, per la prima volta, ha fatto comprendere a tutti la reale portata innovativa della norma e le conseguenze gravissime che la stessa può provocare. Per sintetizzare il provvedimento del GUP occorre ricordare che il Magistrato è quello investito della vicenda Enelpower; nell'ambito del predetto procedimento era stato ravvisato un tentativo di corruzione da parte di due dirigenti Siemens nei confronti di due amministratori di Enelpower. In seguito all'accertamento del fatto penalmente rilevante, il GUP Salvini ha emesso un provvedimento, in applicazione del decreto legislativo 231/2001, con il quale la Siemens AG è stata condannata in via cautelare ad un anno di interdizione dalla contrattazione con la Pubblica Amministrazione. Trattasi nella fattispecie di una sanzione interdittiva emessa nonostante la società avesse provveduto a rimborsare 180 milioni alla società Enel vittima dei raggiri, che, anche a prescindere dal rilevantissimo aspetto economico, rappresenta un punto di svolta sul quale è necessario riflettere. Il Giudice di Milano, infatti, ha ritenuto che la Siemens non aveva adottato un modello organizzativo vero e proprio ma si era limitata a seguire un semplice codice etico dimostratosi totalmente inefficace tanto è vero che nella motivazione si dichiara «l'assoluta inefficacia del modello di controllo adottato da Siemens e l'inattività degli organi preposti a verificarne l'osservanza, ma anche che l'ente considerava l'erogazione di tangenti quantomeno come una possibile strategia imprenditoriale, per l'attuazione della quale aveva anche provveduto a costituire fondi neri». Si è, inoltre, ritenuto che la stessa società dopo l'apertura dell'inchiesta nulla avesse fatto per adottare modelli che, anche in via successiva, avrebbero potuto eliminare le carenze così da «fornire risposte precise tali da poter assicurare che fosse stato adottato un nuovo e migliore modulo organizzativo dopo la scoperta dei reati commessi dai dirigenti, atti a prevenire il ripetersi di episodi simili e individuare le aree di rischio esistenti». Qualche giorno dopo, sempre innanzi il Tribunale di Milano si è avuta una nuova applicazione del D.Lgs. 231 con una sentenza di patteggiamento per quattro società implicate nello scandalo sanità con sanzioni esclusivamente pecuniarie. In tal caso è stata evitata l'applicazione della sanzione interdittiva in quanto le società hanno dimostrato la loro immediata disponibilità risarcendo il danno ed eliminando quelle carenze organizzative che avevano consentito la commissione del reato. Trattasi quindi di situazioni che, pur in presenza di identiche fattispecie di reato, hanno avuto un epilogo diverso in virtù appunto del comportamento delle società. Resta comunque la considerazione che l'applicazione della norma appare certamente molto discrezionale atteso che, in casi del genere, viene preso in considerazione il cosiddetto "danno al mercato", l'incidenza cioè che il comportamento della società ha avuto sul mercato e la libera concorrenza essendone evidente l'alterazione. La valutazione è, quindi, sostanzialmente economica con tutto ciò che segue da una simile impostazione. Risulta infatti evidente che l'applicazione della misura interdittiva alla Siemens è destinata ad incidere in misura rilevante non solo sulla società stessa che opera prevalentemente con la Pubblica Amministrazione, ma anche e soprattutto sul mercato risultando evidente una diminuzione della capacità imprenditoriale dell'ente colpito dalla sanzione. Del resto lo stesso P.M., nel caso delle quattro società che hanno richiesto il patteggiamento ha evidenziato le caratteristiche di una legge che «non consente ai vertici di scaricare ai livelli più bassi responsabilità che sono ascrivibili proprio a loro». E ha proseguito rilevando che sulla questione dei modelli organizzativi si sta procedendo in modo identico a quello in materia di infortunistica sui luoghi di lavoro con le aziende che ritengono più conveniente porre in essere tutti gli strumenti necessari per evitare problemi più gravi che potrebbero portare addirittura alla chiusura dell'attività. Certamente nel casi di Milano molto ha pesato il nome dell'azienda coinvolta e la rilevanza economica del fatto, ma è indubbio che quelle problematiche evidenziate ad una prima lettura della norma si sono rivelate sostanzialmente esatte. Il punto chiave dell'intero impianto normativo è quello relativo all'adozione di modelli organizzativi atti a scongiurare il verificarsi di fenomeni di tal tipo e, soprattutto, la creazione di metodologie di controllo sistematico che consentano l'effettiva applicazione dei predetti modelli. Tale aspetto risulta ancora di difficile attuazione pratica anche se, ad esempio, la stessa Confindustria ha creato da tempo uno schema di modello organizzativo, peraltro portato ad esempio dallo stesso P. M. di Milano, che potrebbe essere adottato da tutti. Il problema però è fare in modo che tale modello sia seguito e che di quest’applicazione venga fatto poi un reale controllo. Non era chiaro allora, e non lo è tutt’oggi, infatti, chi dovrebbe procedervi non essendo prevista alcuna figura specifica al riguardo: dovrebbero essere le aziende stesse, sia all'interno della propria organizzazione, sia affidando all'esterno tale compito, in ogni caso a provvedere in tal senso. Si tratta, però, di un punto essenziale perché, come si è visto nel caso Siemens, è stata proprio la mancanza di adozione di tali modelli a far adottare un provvedimento indubbiamente grave anche sotto il profilo economico ed è anche l'unico aspetto che lascia ampia discrezionalità al Magistrato. Credo sia opportuna una rivisitazione della Legge non tanto sotto il profilo della ratio, che è da tutti condivisa, quanto nei suoi aspetti pragmatici soprattutto per evitare conseguenze irreparabili per aziende che rispetto al colosso tedesco non sarebbero in grado di assorbire colpi così forti. In sostanza, sarebbe necessaria una regolamentazione più dettagliata sia in ordine ai modelli di comportamento che ai controlli sugli stessi, essendo comunque evidente l'incertezza che riguarda tanto l'interpretazione quanto l'applicazione della norma e risultando altresì chiaro che la stessa non giova a nessuno poiché lascia ampi spazi ad interpretazioni distorte le cui conseguenze non appaiono facilmente riparabili, soprattutto in considerazione dei tempi della Giustizia italiana.

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