IL PROCESSO ITALIANO DI MODERNIZZAZIONE
PIÙ ATTRAENTI CON L’INNOVAZIONE
Il buon uso delle tecnologie digitali
aumenta l’efficienza e abbassa i costi
Lucio
Stanca
Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie
l.stanca@governo.it
di Raffaella Venerando
Per favorire la crescita e il consolidamento delle imprese, le nuove
tecnologie possono svolgere un ruolo di fondamentale importanza. Prendere
coscienza di queste e integrarle nelle proprie aziende, adattandone l'organizzazione,
significa predisporsi al cambiamento ma anche non precludersi la possibilità di
cogliere i benefici e le molteplici opportunità che la “grande
rete“ offre e promette. Con Lucio Stanca, Ministro per l’Innovazione
e le Tecnologie, abbiamo ripercorso le tappe fondamentali, e i problemi
a esso collegati, del processo di modernizzazione che sta interessando
il nostro Paese.
La prima fase del piano di e-gov si è conclusa. Si ritiene
soddisfatto?
La prima fase di attuazione dell'e-Government nelle Regioni e negli
Enti Locali, lanciata a fine 2001, sta fornendo importanti e positive
indicazioni sulla realizzazione della politica di modernizzazione del
Paese che stiamo portando avanti e che, per ovvii motivi, non può dare
risultati concreti nel breve periodo. Si tratta, infatti, di un cambiamento
profondo, oserei dire epocale, nell'amministrazione dello Stato e nei
suoi rapporti con i cittadini e in quanto tale richiede pazienza, attenzione
e professionalità. Al momento, abbiamo avviato i primi monitoraggi
per dare tangibili riscontri alle tre linee di azione che caratterizzano
la prima fase di e-Government: la promozione di progetti di e-Government
per lo sviluppo di servizi infrastrutturali (Regioni e Province) e
di servizi finali per cittadini e imprese (principalmente Comuni e
Comunità montane); la definizione di un comune quadro di riferimento
tecnico, organizzativo e metodologico per la realizzazione dei progetti;
la creazione di Centri Regionali di Competenza (CRC) per l'e-Government
su tutto il territorio nazionale per coordinare con le Regioni e gli
Enti Locali la preparazione e l'attuazione dei progetti. La prima linea
di azione si è realizzata mediante l'emissione di un Avviso
per il cofinanziamento di progetti di e-Government presentati da Regioni
ed Enti Locali. Su circa 400 progetti presentati, ne sono stati ammessi
134, per un valore complessivo di 500 milioni di euro, di cui 120 cofinanziati
e tutti avviati entro giugno 2003. Una delle caratteristiche fortemente
sollecitata dall'avviso di e-Government è stata la presentazione
dei progetti non da parte di singole amministrazioni ma in forme aggregate,
anche semplicemente, per il riuso dei risultati. Tale requisito ha
consentito la cooperazione sia orizzontale (tra Comuni e tra Province)
sia verticale tra i diversi livelli amministrativi favorendo una estesa
partecipazione ai progetti.
Quali saranno i progetti previsti per la seconda e le risorse
da impiegare?
La seconda fase di attuazione dell'e-Government ha come obiettivo principale
l'allargamento alla maggior parte delle amministrazioni locali dei
processi di innovazione già avviati per quello che riguarda
la realizzazione sia dei servizi per cittadini e imprese che di quelli
infrastrutturali in tutti i territori regionali. È nostra intenzione
realizzare anche servizi on-line per promuovere la cittadinanza digitale
(e-Democracy) e, soprattutto, adottare specifiche misure per l'inclusione
dei piccoli Comuni, per la promozione dell'utilizzo dei servizi on-line
e per la formazione e l'assistenza agli Enti Locali. In tal senso abbiamo
individuato cinque linee di azione: lo sviluppo dei Servizi Infrastrutturali
Locali, come ad esempio quelli delle reti regionali e/o territoriali
e le strutture per la loro gestione oppure i servizi di gestione delle
carte di servizi a livello regionale o, ancora, i servizi per l'interoperabilità dei
protocolli e della gestione documentale (fondi: 61 milioni di euro);
la diffusione territoriale dei servizi per cittadini e imprese, con
l'obiettivo di valorizzare il riuso delle soluzioni, estendendole alle
altre amministrazioni locali, realizzando così significative
economie di scala e promuovendo una standardizzazione delle soluzioni
su tutto il territorio nazionale (fondi: 86 milioni di euro); l'inclusione
dei piccoli comuni nell'attuazione dell'e-Government, con la costituzione
di Centri di Servizio Territoriali (CST) che avranno anche il compito
di fornire le necessarie risorse umane e tecnologiche alle amministrazioni
partecipanti (fondi: 41 milioni di euro); l'avviamento di progetti
per lo sviluppo della cittadinanza digitale (e-Democracy), al fine
di promuovere la partecipazione dei cittadini alla vita delle amministrazioni
pubbliche e alle loro decisioni (fondi: 10 milioni di euro); la promozione
dell'utilizzo dei nuovi servizi presso cittadini e imprese, attraverso
una campagna di comunicazione, per spostare fasce consistenti di utenza
dalla fruizione tradizionale dei servizi a quella mediante le nuove
modalità di erogazione (fondi: 9 milioni di euro).
Come si vede, si tratta di un grosso impegno finanziario (187 milioni
di euro) con fondi provenienti dalla vendita delle licenze UMTS, dal
Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) e
dalla Legge Finanziaria 2003.
Secondo l'Assinform, l'incremento di hardware
e software in Italia è solo dello 0,1% e le PMI utilizzano ancora
troppo poco la tecnologia. Non sarà anche perché questa
spesso si rivela troppo rigida rispetto ai bisogni gestionali di aziende
abituate all'informalità e
ai rapporti diretti?
In effetti il sistema delle PMI risente della sua frammentazione, della
limitata capacità non solo di "fare sistema", ma anche
di investire in ricerca e soprattutto nell'innovazione, sia per ragioni
culturali che finanziarie. Tuttavia va riconosciuto che l'utilizzo
delle innovazioni tecnologiche, in particolare quelle digitali, non
pregiudica in alcun modo l'informalità tipica delle piccole
e medie aziende e la loro capacità di mantenere proficui rapporti
diretti con i clienti e i fornitori; al contrario, esse offrono uno
strumento in più di comunicazione e di informazione. Inoltre,
un buon utilizzo delle tecnologie digitali contribuisce anche a potenziare
l'attività promozionale, soprattutto oggi che le imprese si
trovano ad operare in un contesto globale. Si pensi, per esempio, allo
strumento della posta elettronica per comunicare o per trasmettere
documenti in formato digitale, oppure alle banche dati computerizzate
e all'archiviazione ottica dei documenti con conseguente enorme risparmio
di carta e di spazio. Vi sono, infatti, piccole aziende costrette a
pagare cospicui affitti mensili per stanze nelle quali conservare migliaia
di documenti cartacei che potrebbero semplicemente essere archiviati
in un cd-rom. È vero, in ogni caso, che le PMI italiane utilizzano
ancora poco le Tecnolo- gie dell'Informazione e della Comunicazione
(ICT), nonostante sia stato dimostrato (da uno studio della Banca d'Italia)
che per ogni euro investito in ICT c'è una crescita del prodotto
pari a circa 1,8 euro, rispetto all'1,1 degli investimenti in capitale
non ICT. Inoltre, investire in ICT comporta un aumento dell'attrattività,
in quanto per ogni euro speso in ricerca e innovazione c'è un
aumento degli investimenti diretti esteri pari a 4 euro.
Cosa fare per ridurre il divario digitale che il progresso
tecnologico potrebbe causare?
Lo sviluppo delle nuove tecnologie rischia oggi di accentuare ulteriormente
il divario socio-economico tra i Paesi ricchi e quelli poveri. Paradossalmente
proprio nell'era della globalizzazione, che dovrebbe abbattere le distanze,
facilitare i contatti tra popoli e culture diverse, aumentare gli scambi
commerciali e le opportunità economiche, ci troviamo invece
di fronte ad un nuovo pericolo di discriminazione, che è stato
definito "digital divide". Per questo motivo sta emergendo
con forza la consapevolezza dell'impatto del "digital divide" planetario,
diven-tando la voce principale dei programmi di sviluppo economico
e sociale. Il nostro Governo, infatti, in occasione della Conferenza
Internazionale di Palermo del 2002, ha lanciato l'iniziativa italiana "e-Government
per lo Sviluppo", che parte da un approccio concreto, finalizzato
alla realizzazione di progetti operativi nei Paesi in Via di Sviluppo,
attraverso risultati misurabili. In un anno e mezzo, infatti, sono
stati predisposti 10 progetti di e-Government con Albania, Giordania,
Nigeria, Tunisia e Mozambico. Con queste iniziative l'Italia ha avviato
un nuovo metodo di cooperazione internazionale, in cui vengono realizzati
progetti che investono il cuore stesso del funzionamento della macchina
dello Stato: viene sviluppata una cooperazione "virtuosa" con
un positivo rapporto tra costi e benefici, rendendo anche più attrattivi
per gli investimenti stranieri quegli stessi Paesi, grazie alla garanzia
di maggiore sicurezza, trasparenza e certezza dell'azione amministrativa.
In questa ottica sono nati accordi di collaborazione e sostegno finanziario
con importanti Organizzazioni Internazionali come l'UNDESA (Nazioni
Unite), la Banca Interamericana per lo Sviluppo (BID) e la Banca Mondiale.
Inoltre, sono stati avviati rapporti di collaborazione in questo settore
con gli altri Partner del G8 per realizzare progetti congiunti in Africa
e America Latina.
L'idea: affrancare la posta elettronica contro lo spamming.
Questa la proposta del gruppo Microsoft che intende far pagare una
sorta di francobollo a chi fa invii in massa di e-mail in genere indesiderate.
Un primo passo verso una maggiore sicurezza?
Questa idea, come tutte le altre contro lo spamming, è la benvenuta.
Il fenomeno delle e-mail indesiderate è negativo, poiché riduce
l'utilità della posta elettronica e di Internet, ma va precisato
che le singole iniziative non sono in grado di risolvere il problema.
La proposta di Microsoft riguarda esclusivamente le spedizioni a grappolo,
in grande quantità: l'obiettivo è quello di introdurre
meccanismi per cui si possa arrivare a far pagare questo grosso traffico
e non il singolo messaggio inviato da utenti normali, che invece rappresenterebbe
un rallentamento enorme per la diffusione delle e-mail. Occorrono,
al contrario, politiche di sostegno e sviluppo di questo potente mezzo
di comunicazione.
Il Consiglio dei Ministri ha varato un DPR, elaborato
dal Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie, che riconosce validità giuridica
ai docu menti trasmessi per posta elettronica. Quali
saranno le ricadute più significative?
Lo schema di decreto approvato in Consiglio dei Ministri è un
atto di modernità poiché la posta elettronica sta diventando
sempre di più strumento quotidiano di comunicazione. Viene introdotta
la posta elettronica certificata che dà maggiore certezza della
spedizione e ricezione del messaggio elettronico, dandole validità giuridica.
Un po' come già avviene con la lettera raccomandata con avviso
di ricevimento rispetto alla lettera con affrancatura ordinaria. Con
questo provvedimento abbiamo posto le condizioni per una ulteriore maggiore
diffusione di questo moderno strumento di comunicazione nel Paese, che
sta avendo un sempre più ampio utilizzo anche nella stessa Pubblica
Amministrazione. Infatti, i messaggi elettronici scambiati fra amministrazioni
e fra queste e l'esterno nel 2003 sono stati oltre 31 milioni, rispetto
ai 14,6 milioni del 2002. Vi sono rilevanti conseguenze non solo in
termini di velocità e di efficienza, ma anche di risparmi. Ad
esempio, ogni lettera che la Pubblica Amministrazione invia con i sistemi
tradizionali comporta un costo stimato in almeno 20 euro, contro i circa
2 di una e-mail. Il Ministero degli Esteri con il passaggio dai tradizionali
telegrammi all'e-mail ha diminuito di oltre 17 tonnellate il consumo
di carta.
Con l'entrata in vigore delle disposizioni che consentono l'archiviazione
ottica e informatica di documenti fiscali e tributari, fatture, ricevute
e libri di inventari potranno abbandonare gli scaffali. Quali i vantaggi?
Si tratta di un altro fondamentale passo avanti nella modernizzazione
del Paese e nella riduzione dei costi aziendali per la conservazione
dei documenti e la gestione degli archivi. Il rilevante peso pratico
ed i benefici derivanti da questa “rivoluzione” sono confermati
anche dalle stime fatte dall'Agenzia delle Entrate, secondo la quale
si può ipotizzare che questa norma permetterà, solo nella
fase di avvio, di ridurre gli archivi delle diecimila imprese medio-grandi
di almeno un miliardo di fogli. Un numero destinato a crescere con la
progressiva adozione di questa modalità di archiviazione digitale
anche da parte delle imprese minori. Inoltre, vi sono vantaggi non facilmente
quantificabili da un punto di vista strettamente economico. Si pensi
alla rapidità con cui si può trovare un documento in mezzo
a migliaia di pratiche, sfruttando i motori di ricerca ipertestuali
sui documenti in formato elettronico.
Cosa ne pensa del progetto "Sanità Elettronica",
varato dal Comitato
Ministeriale per la Società dell'Informazione?
Con questo importante progetto la sanità italiana imbocca la
strada dell'ICT per conseguire non solo significativi risparmi, ma soprattutto
un innalzamento qualitativo dei livelli essenziali di assistenza, partendo
dalla prevenzione proattiva. Puntiamo, infatti, a costruire nei prossimi
anni un moderno sistema sanitario a rete tra tutti i soggetti e i cittadini,
in grado di modificare concretamente il funzionamento della sanità pubblica
e migliorare l'importante azione della prevenzione. Lo stanziamento
iniziale è di 44 milioni di euro per ridurre la crescita della
spesa complessiva della Sanità italiana; un innalzamento dei
livelli essenziali di assistenza erogati; un incremento della qualità dei
servizi percepita dai cittadini; una riduzione e un maggior controllo
dei tempi di attesa delle prestazioni e della degenza ospedaliera. Nel
dettaglio, viene predisposto l'avvio di un articolato utilizzo delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la realizzazione
di un sistema di prenotazioni on-line multicanale (telefono, Web, Tv
digitale); l'implementazione della “cartella clinica elettronica” in
tutti gli ospedali e la realizzazione della storia sanitaria elettronica
di ogni paziente, in modo da rendere più moderno ed efficiente
il servizio sanitario nazionale, riducendo anche i costi a carico dello
Stato.
Secondo un calcolo della Kaiser Foundation (California), infatti,
con queste tecnologie, a regime, si può conseguire un risparmio
del 2% annuo della spesa sanitaria nazionale, pari per l'Italia ad almeno
1,6 miliardi di euro. |